Witold Pilecki è un nome che a molti non dice granché, eppure così non dovrebbe essere. Nato nel 1901, in una famiglia della piccola nobiltà polacca, amava tanto la musica e la letteratura quanto la famiglia. Si sposò presto ed ebbe due figli. Era però anche un militare di carriera, come si usava appunto nella piccola nobiltà polacca di inizio Novecento. Nel 1919 fu tra i protagonisti dell’occupazione polacca di Vilnius.
Quando la Germania nazista invase la Polonia il 1° settembre 1939, Pilecki era tenente di cavalleria. La capitolazione del paese fu rapida, ma i tedeschi dovettero a lungo fare i conti con un nutrito esercito clandestino, l’Armia Krajowa, tra i cui soldati c’era anche Pilecki, impegnato in attività di spionaggio e sabotaggio.
Quando cominciarono a circolare voci su un campo di concentramento ad Auschwitz, all’epoca non ancora destinato allo sterminio sistematico della popolazione ebrea, Witold Pilecki si offrì come volontario per farsi arrestare in una retata della Gestapo ed essere internato nel campo per organizzare una rete di resistenza interna. Riuscì a farsi assegnare lavori che gli consentissero di sopravvivere alle terribili condizioni di vita del campo e nel marzo del 1941 fece arrivare agli Alleati angloamericani una relazione su quanto avveniva all’interno. Pilecki voleva convincere le potenze alleate a bombardare Auschwitz e dare modo a una rete di prigionieri da lui coordinata di insorgere contro i tedeschi. Tuttavia gli Alleati ritennerò la relazione di Pilecki esagerata e questa sottovalutazione impedì di raggiungere l’obiettivo. Witold Pilecki riuscì a fuggire da Auschwitz nel 1943.
La sua parabola proseguì con la partecipazione alla fallita insurrezione di Varsavia nel 1944. Imprigionato nuovamente dai nazisti, finì in un campo di prigionia per ufficiali fino alla liberazione. Non volendo proseguire la guerra contro la Germania al fianco dell’Armata Rossa, si unì quindi al Secondo Corpo d’armata del generale Anders, impegnato nella liberazione dell’Italia.
Tornato in patria al termine della guerra, la sua lotta al nazismo non fu utile a perdonargli il suo anticomunismo. Nel 1947 fu arrestato e accusato di essere stato un agente nazista e un «nemico del popolo». Venne a lungo torturato e infine condannato a morte al termine di un processo-farsa in perfetto stile stalinista. L’esecuzione della sentenza avvenne il 25 maggio del 1948, con un colpo di pistola alla nuca. Non contento di averlo assassinato, il regime lo condannò a una damnatio memoriae: di lui nessuno si doveva ricordare, i suoi figli furono bollati come «figli di un traditore», e il ricordo di Pilecki fu cancellato fino al crollo del muro di Berlino. Il merito di avere svelato gli orrori di Auschwitz venne persino attribuito a qualcun altro, Józef Cyrankiewicz, che nel 1970 diventerà Presidente della Polonia.
Come scrive lo storico Marco Patricelli, che a questo straordinario personaggio ha dedicato un libro “Witold Pilecki è un eroe dell’Europa e dell’umanità e può essere un simbolo della lotta al totalitarismo, a qualsiasi latitudine”.