L’articolo è stato pubblicato sul numero 78 della Gazzetta Italia (dicembre 2019 – gennaio 2020)
I recenti eventi drammatici di Venezia mi hanno fatto riflettere ancora una volta sui miei amici veneziani. Per quasi vent’anni ho avuto l’opportunità di attraversare le diverse fasi dell’esperienza della città, che mi ha permesso di vedere Venezia e i suoi abitanti da diversi punti di vista.
Il mio primo soggiorno a Venezia è stato quando studiavo ancora architettura. Sono stato anche dopo il primo anno di studi paralleli di storia dell’arte all’Università di Varsavia. Questo momento è stato speciale perché sapevo già molto sull’arte. Ho studiato a fondo la storia dell’architettura e la costruzione di città storiche. Ecco perché l’esperienza di Venezia ha avuto per me una valenza professionale importante fin dall’inizio. Ma cosa importa se tutte queste connotazioni scompaiono di fronte al turismo di massa e alle innumerevoli folle di persone che di fatto eliminano l’esperienza di autenticità di questa città. Dopo una più attenta riflessione si può rischiare la tesi che la folla che inonda questa città è paragonabile ad una alluvione che è quasi altrettanto distruttiva per la città quanto l’acqua alta.
Essendo a Venezia per la prima volta, nonostante la mia conoscenza delle discipline che in questa città sono rappresentate meglio che altrove, non ho potuto raggiungere il ”Cuore” della città, conoscerla a fondo, viverla così com’è. Venezia, attraverso la presenza permanente e temporale di persone provenienti da tutto il mondo in questa città, crea una barriera impenetrabile anche per chi è veramente interessato a Venezia, alla sua cultura e alla vita autentica dei suoi abitanti. Tutto quello che c’è intorno sembra creato, ostile ed ermetico. Pertanto, posso capire un po’ le testimonianze di turisti che mi convincono che: ”La città è bella, ma la folla di gente per le strade, i camerieri non simpatici, costi alti, e l’acqua dei canali ha un cattivo odore.” Il fatto è, tuttavia, che stanno fondamentalmente parlando di sé stessi, delle loro interazioni con la città e del loro ruolo in essa. Conoscere la città solo dal punto di vista di un turista rende difficile viverla davvero.
Negli anni successivi, quando come docente ho condotto seminari per gli studenti della Facoltà di Architettura dell’Università di Tecnologia di Varsavia, è stato solo grazie ai contatti con la comunità locale che ho avuto l’opportunità di conoscere la vera Venezia. Molte volte in quel periodo ci siamo posti nell’ambiente accademico la domanda: per chi è Venezia e chi è qui a casa: la comunità locale o i turisti. Grazie alla collaborazione con l’Università IUAV di Venezia, con il sostegno personale di Sebastiano Giorgi e del professore Piotr Barbarewicz dello IUAV, i nostri studenti svolgono ogni anno un semestre di studi di architettura a Venezia.
Conoscere e comprendere questa città richiede un vero e proprio impegno verso gli affari locali di Venezia. Ogni visitatore dovrebbe essere un po’ spinto ad interessarsi ai problemi dei cittadini. I veneziani, a loro volta, dovrebbero creare un’adeguata interazione, ad esempio creando punti di informazione sulla città di oggi, i suoi abitanti e le questioni importanti che ci si svolgono.
Durante le attività all’aperto e i workshop, gli studenti dell’Università di Tecnologia di Varsavia hanno potuto sperimentare pienamente le questioni locali, quindi l’acqua alta non è per noi oggi un’attrazione turistica, ma un problema importante che richiede un intervento rapido.
Venezia, come mai prima, oggi ha bisogno di sostegno. La città scompare, inondata da un alluvione di indifferenza e ignoranza verso il fondamentale tema della salvezza del tessuto sociale. Venezia non può più essere un prodotto in vendita. Le iniziative locali dovrebbero essere sostenute e la cooperazione con altri centri dovrebbe essere sviluppata agendo nel contesto locale.
tekst: dr inż. arch. Maciej Czarnecki – architetto, docente presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Tecnologia di Varsavia, membro di ICOMOS, DOCOMOMO International, Associazione degli storici dell’arte e dell’Associazione degli architetti polacchi
foto: Sebastiano Casellati
traduzione it: Karolina Wróblewska