L’articolo è stato pubblicato sul numero 78 della Gazzetta Italia (dicembre 2019 – gennaio 2020)
Insieme all’acqua, che regolarmente nel corso delle ultime settimane riempie la città, in questi giorni sale anche un’amara riflessione. Finora, in realtà dopo l’acqua alta del 1966, in tanti nel mondo non si rendevano conto della situazione quindi, le alte maree degli ultimi giorni, forse un lato positivo ce l’hanno.
Ovviamente non posso essere certa che questa riflessione sarà da tutti condivisa. Osservando i turisti che con una gioia ripugnante avanzano e saltano nell’acqua scattando foto mentre accanto qualcuno sta perdendo il lavoro di una vita, ho dei dubbi. Ovviamente ci saranno anche i turisti consapevoli per cui Venezia è qualcosa di più di una meta per lo shopping veloce e un buon soggetto per Instagram. È spaventoso che il potenziale della scienza, come cultura marinara o ingegneria idraulica o architettura, finiscano per piegarsi alle logiche contorte della politica, della corruzione, e dell’economia turistica. La priorità dovrebbe essere invece la cooperazione unita e bilanciata di tutte le istituzioni impegnate nella protezione dei monumenti storici e degli abitanti, la cooperazione che prende in considerazione che con l’acqua bisogna vivere in un simbiosi perfetta.
Prendendo in considerazione il valore di Venezia quale patrimonio dell’umanità voglio credere che l’impegno nella sua difesa sarà di livello mondiale. Voglio credere inoltre che le generazioni future non saranno forzate a soddisfare la loro curiosità verso Venezia nelle sue copie imperfette o nella plasticata Las Vegas. In quei posti non troveranno i vecchi e consumati palazzi testimoni di tanti eventi storici. In quei posti le loro narici non saranno disturbate dall’odore dei canali che di natura è poco piacevole ma è nello stesso tempo così caratteristico per la laguna. In quei posti non troveranno le trattorie locali con i veri veneziani che tra un bicchiere di vino e l’altro, tra un piatto di pasta o di frutti di mare freschi, ti raccontano la loro storia. Perché, alla fine, tutto è cominciato proprio da loro.
foto: Sebastiano Casellati