Un ricorso storico tirato per i capelli

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Lino Bortolini

“Il Presidente Napolitano ha richiamato in questi giorni i partiti italiani alla necessità di costituire un governo perché la situazione economico-finanziaria dell’Italia è sull’orlo del baratro…

Ha ricordato un simile frangente storico in cui l’Italia si trovò nel 1976 e che, secondo il suo parere, fu superato, per il bene della patria, con un accordo tra democristiani e comunisti, cioè il famoso “compromesso storico” e tra due ideologie che fino a quel momento erano sembrate inconcilibili.

A prima vista la situazione istituzionale attuale sembrerebbe confrontabile con quella del 1976.

In realtà, per chi conosce la storia, il richiamo del Presidente Napolitano non risulta proponibile e anzi, direi, chiaramente mimetizza una valutazione dei fatti di allora che, da parte del Presidente, non ha ancora evidentemente superato un residuo di ideologia e ancora non sembra voler tenere conto delle gravi conseguenze finanziarie, politiche e sociali che comporto’  quel “compromesso storico”.

In pratica Napolitano auspica oggi un accordo, sia pure temporaneo, tra il PD cioè l’ex partito comunista che anche se non è più comunista ha sempre la sua base fondamentale nella Sinistra, comprendente pure qualche frangia estrema, ed il PDL di Berlusconi che è partito di Destra, perché si possa superare la grave crisi economica che attanaglia il paese ed è accentuata come nel 1976 da una situazione di stallo nella lotta tra partiti che tutti dichiarano di aver vinto le ultime elezioni ed in realtà non riescono a fare un governo e dare al paese quelle decisioni urgenti che servono.

La storia che portò al compromesso storico è questa: dal 1969 al 1974 si susseguirono in Italia cinque governi guidati sempre dal democristiano Mariano Rumor e sostenuti da tanti piccolo partiti ad esclusione dei comunisti e degli ex-fascisti. Ogni nuovo governo era stato intramezzato da una quasi paranoica campagna elettorale della durata di 6 mesi in cui lo stesso governo non poteva governare.

La lira era intanto precipitata in una inflazione spaventosa ed il debito pubblico schizzato alle stelle perché dopo la Guerra israelo-araba del 1973 il petrolio era raddoppiato di prezzo e le nostre industrie manifatturiere, come tutto il mondo, ne erano uscite fortemente penalizzate.

I partiti discutevano di spartizioni macchiavelliche di potere negli apparati burocratici, nelle grandi aziende di Stato, nella Sanità, nelle Ferrovie, Poste, di appalti e della legge sul divorzio, ma non affrontavano mai i problemi della gente, dei salari degli operai, delle riforme della scuola, delle tasse.

Nel novembre del 1974 Moro riuscì a mettere insieme un governo cosiddetto monocolore DC perché formato esclusivamente da ministri democristiani, sostenuto in precario equilibrio da tutti i partiti esclusi sempre quello comunista ed ex-fascisti. Durerà un anno senza poter concludere riforme.

Nel febbraio del 1976 nasce un altro governo Moro che si dimette ad aprile dello stesso anno.

In luglio Andreotti realizza il compromesso e forma un governo con l’appoggio dei comunisti.

Ha avuto l’assenso del Vaticano, la promessa di Berlinguer, segretario del partito comunista, che anche quel partito aderiva al Patto Atlantico e non più a quello di Varsavia, ha concesso tutta una serie di aumenti ai funzionari statali, soprattuto incistiti nei Ministeri Romani, per garantirsi voti futuri.

Avvia l’emissione di buoni del Tesoro che saranno accaparrati subito principalmente dalle banche e dagli stessi partiti con i soldi provenienti dale tangenti e dallo scandalo petroli che si sviluppa in maniera parossistica proprio dal 1976 al 1979 con una perdita per il fisco di circa 2.000 miliardi in tasse sottratte allo Stato.

Per contro i partiti si attribuiscono finanziamenti pubblici enormi con i quali acquisteranno mediante prestanomi molti immobili e si approprieranno di attività imprenditoriali sottraendone i profitti ai privati fino alla paradossale situazione attuale in cui molti veri imprenditori non riescono più a fare impresa se non sono legati a qualche partito. Molti, troppi hanno dovuto farsi raccomandare e pagare tangenti per avere autorizzazioni amministrative, appalti, commesse…

Pur nella disastrosa situazione economica, che peraltro si ripete come nel 1976 solo per la gente comune e non per chi sta nella stanza dei bottoni, si notano oggi tra i due principali schieramenti, attualmente opposti, notevoli differenze rispetto a quelle verificatesi all’epoca del compromesso:

– Il partito comunista di allora era alla fame, mentre Il PD di oggi è il più ricco partito d’Italia.

– la Democrazia Cristiana di allora dominava l’economia ed era egemone nella burocrazia statale.

– il partito comunista di allora cercava ossigeno attraverso i sindacati mentre oggi ha in mano tutti i consigli di amministrazione delle più grandi banche, degli Enti di Stato, della Sanità. Gestisce le lotterie e le sale giochi, nonché tutto il mondo-sistema delle cooperative cosiddette rosse…

– il PDL di Berlusconi, pur vantando l’esigenza di creare lavoro attraverso nuove importanti opere pubbliche, come tutti i cosiddetti partiti liberali persegue più interessi di natura privatistica pperché intravede, e spesso giustamente, nella burocrazia statale un intralcio alle iniziative delle imprese gravate da un crescendo incomprensibile di adempimenti obbligati e di tasse, nonché ostacolate da un mal funzionamento della Giustizia che trascura del tutto le cause civili e non riesce a erogare sentenze contro i criminali che ormai hanno reso ovunque insicura la vita dei cittadini.

In sostanza nel 1976 Andreotti realizzò il compromesso storico aprendo la borsa ai comunisti che, avendo vinto le elezioni amministrative in molti comuni, avevano bisogno di finanziamenti, dando il definitivo benestare nella gestione delle cooperative rosse, chiudendo un occhio sulle provvigioni che il partito incassava nelle importazioni di bestiame e di petrolio dai paesi dell’Est:

Ottenne in cambio una tregua sindacale nelle fabbriche e una tregua dalla cosiddetta “magistratura rossa”, almeno come condizionamento psicologico, nelle inchieste sui numerosi scandali che lo vedevano all’epoca già coinvolto, cioè l’Italcasse, Sindona, lo Scandalo Petroli, la P2 ecc.

Nel 1976 l’Italia era un paese comunque in espansione, godeva di larga fiducia o almeno interesse politico all’estero, trovava investitori stranieri, dava scienziati, tecnici specializzati, inventori.

Oggi abbiamo un’Italia con debito pubblico difficilmente superabile, un’Italia sfiduciata dalla politica, senza soldi e senza prospettive sicure a causa sì di un mondo che è cambiato, ma soprattutto della devastazione provocata negli ultimi decenni nel tessuto sociale dall’inerzia dei partiti.

Altro che compromesso tra due partiti superati. Ora ci vuole un ricambio generazionale nella gestione del tessuto pubblico. Abbiamo migliaia di giovani laureate da inserire con idee creative con capacità di analisi e di programmazione…largo ai giovani.

Invece in questi giorni vediamo un Bersani incerto che evidentemente dice che vuole fare solo il bene dell’Italia e invece nasconde la evidente preoccupazione di una parte dei suoi alla domanda su come e dove andranno a finire i proventi delle cooperative rosse quando dovesse vincere Renzi.

Abbiamo un Berlusconi che dice di voler tornare a casa, ma non molla la possibilità di gestire direttamente il suo partito perché non riesce a pensare come andrà a finire il suo impero televisivo e come andranno a finire i processi intentati contro di lui se dovesse lasciare la politica.

Nel 1976 la crisi economia veniva malcelata dai partiti dietro le notizie relative ai crimini delle BR e dietro le discussioni sul divorzio e le tensioni ideologiche.

Oggi non c’è più nulla da discutere, siamo immersi nei debiti e ne avremo…per sempre!

Il compromesso invocato da Napolitano per salvare le Istituzioni, purtroppo, agli occhi della gente, oggi ha un solo significato: i vecchi politici vogliono garantirsi le poltrone ed i privilegi e, peggio, vogliono garantire un posto ben remunerato ed una pensione d’oro anche ai loro vecchi amici defenestrati che occupano spesso senza averne competenza poltrone di prestigio o inventate.

Un unico pensiero nessuno può dimenticare, riferito all’anno 1976: “[…] il “compromesso storico” provocò la deviazione dei Servizi Segreti e scatenò le BR”.

Anche stavolta un accordo di governo, sia pure solo programmatico e a breve scadenza,

se fallisse in economia potrebbe scatenare una nuova guerriglia, stavolta non ideologica e nemmeno dichiarata, ma altrettanto sanguinosa. Forse non tanto sanguinosa in termini di vittime delle armi, sicuramente in termini di povertà. Abbiamo già visto quanti suicidi.

Molti potrebbero avviarsi a proteste di piazza e chissà in cos’altro, visto che la protesta si è affacciata ormai anche in Parlamento.