Tropea

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La vampa del sole d’agosto

 

Anche se siamo arrivati di mattina, il sole ormai era abbastanza forte. Stavo su un asfalto bollente del parcheggio cercando un po’ d’ombra. Mi sono pentita di non aver portato le altre scarpe, più chiuse. Nonostante i soffi delicati del vento, anche camminando sentivo come il sole mi abbronzava le braccia ed i piedi fino a farli diventare rossi. Proseguivamo per le scale di pietra in alto verso il centro della città, il quale sembrava guardarci dall’alto. Pesante, resistente al caldo, spuntava piano piano davanti ai nostri occhi dagli angoli. Gli edifici alti, collocati stabilmente sulle scarpate sembravano aderire ad esse così solidamente come se da sempre fossero un’unica cosa. Come se quelle rocce ripide si fossero consapevolmente lasciate sottomettere dall’uomo perché quello avesse potuto costruirci le proprie case.

 

Folla rumorosa e statuette oscene

 

È difficile trovare città di mare ben situate che non siano consumate dal turismo e nello stesso tempo da esso mantenute. Per strada passiamo accanto alle ba[cml_media_alt id='113592']SAMSUNG CAMERA PICTURES[/cml_media_alt]ncarelle, ai negozi con i souvenir e con i prodotti locali. Vicino alle fontane pubbliche si formano le file dei passanti desiderosi di una rinfrescata. Le papriche rosse brillano al sole insieme alle cipolle, qualcuno ci ferma e ci chiede se non abbiamo voglia di fare una crociera, visto che da un porto vicino circolano le navi turistiche che portano i viaggiatori alle Isole Eolie. Ringraziamo, forse un’altra volta. Il centro di Tropea durante il giorno è un agglomerato di folla rumorosa degli abitanti locali e dei turisti. Alcuni vogliono vendere qualcosa a qualcuno, altri, in un impeto di shopping, vogliono entrare in ogni negozio per poi tornare con sé una grossa borsa piena di alimentari, brocchette e bracciali comprati alle bancarelle. Ed ancora altri semplicemente corrono storditi dal calore verso le spiagge.

 

Ci fermiamo vicino ad un negozio di ceramica, e la donna  dal bancone ci sorride e ci dice di guardare dentro un cassetto nascosto dietro una grande maschera. Ci guardiamo, e dentro vediamo i prodotti (suppongo artigianali, fatti da lei) a forma dei genitali maschili. La signora era tutta contenta dello scherzo di dubbio gusto fattoci, e la sua gioia è aumentata ancora di più quando ha notato un gruppo di adolescenti che davano un’occhiata da dietro le nostre spalle. 

 

La Chiesa che sembra in un’isola

 

Arriviamo al punto panoramico, dal quale si estende una vista sulla costa e una falesia pittoresca che è diventata lo sfondo di numerose fotografie scattate in quel momento. Ai piedi della costa invece c’è collocata la più famosa costruzione di Tropea, ovvero la Chiesa di Santa Maria dell’Isola, costruita su un alto sollevamento del terreno alla fine della costa e per questo sembra di essere situata su un’isola. Invece le spiagge sono bucate densamente dagli ombrelloni che sembrano stuzzicadenti piegati dalla brezza marina.

 

Un sentiero simile a quello seguito per salire ci riporta sulla costa. Il sole d’agosto non la dà vinta nemmeno all’ombra, e quando arriviamo in spiaggia mi sento come se avessi camminato tutta la giornata nel deserto. La discesa al mare è piana, una sabbia fine ci copre delicatamente i piedi che sul bagnasciuga affondano. Grazie alla forma della costa, la spiaggia è larga, e l’acqua per alcuni metri rimane abbastanza bassa, però le onde che si formano sono abbastanza forti per farti allontanare velocemente dalla riva. Andavamo così alla deriva per un po’, stremati dal sole che anche in un tardo pomeriggio non perdeva la propria forza.

 

Tartufo, Bonaparte e terra focosa

 

Al ritorno ci siamo fermati a Pizzo per addentare il famoso tartufo, ovvero un gelato alle nocciole a forma rotonda o di un cuore, abbracciato da una spolverata di cacao in polvere. Un ca[cml_media_alt id='113593']SAMSUNG CAMERA PICTURES[/cml_media_alt]ne, sdraiato su uno dei balconi ci guarda pigramente, come se fosse nello stato di dormiveglia. Anche lui sembra stanco del calore. Oltre al tartufo, a Pizzo ci è capitato un bel tramonto con una vista sul porto, ed il Castello Murat, il quale, come ho scoperto dopo, il proprio nome lo deve ad un prigioniero che li fu recluso, ovvero a Gioacchino Murat, il re di Napoli e cognato di Napoleone Bonaparte.

 

Le notti calabresi sono tranquille. La terra sembra riprendere fiato dopo un denso calore che durante il giorno pare penetrare dappertutto. Una notte, viaggiando in macchina, abbiamo notato un incendio del bosco su una delle colline. Le fiamme grandi piano piano entravano nel buio della notte. Erano ben visibili anche dalla distanza di pochi chilometri, alla quale ci trovavamo noi. Le autocombustioni delle foreste sono, a quanto si dice, un fenomeno abbastanza frequente d’estate.  Anche se, mentre ero ancora in Sicilia, ho pure sentito dire dei piromani che consapevolmente accendono il fuoco per radere i boschi di una terra ormai focosa.