Al confine tra le fredde acque del Mar di Groenlandia e i fianchi rugosi del fiordo Hornsund, nelle Svalbard, vi è un piccolo agglomerato di edifici. Appartengono alla Polska Stacja Polarna Hornsund, il centro di ricerca scientifico polacco più settentrionale di tutti. Qui si studiano i movimenti delle placche tettoniche, l’evoluzione dei ghiacciai, il magnetismo terrestre e l’atmosfera, contribuendo a capire come sta cambiando il clima del pianeta. Gli strumenti e i dati che la stazione raccoglie sono estremamente preziosi. Per la comunità scientifica polacca, naturalmente, ma anche per il resto del mondo. Ecco perché questo luogo fisicamente remoto è in realtà un centro cosmopolita che mette in contatto scienziati e istituzioni di ogni angolo della Terra, con numerose stazioni di ricerca appartenenti a diversi paesi, tra cui l’Italia. Uno dei luoghi più freddi del pianeta è un punto caldo della diplomazia scientifica.
La dimensione internazionale della scienza
Questa dimensione internazionale della ricerca non dovrebbe stupirci. Non solo la scienza è per sua natura un sapere collettivo, fondato su l’incessante dialogo tra i membri della comunità scientifica, ma le ricadute tecnologiche travalicano i confini politici e le strutture necessarie a portare avanti la conoscenza sono sempre più sofisticate e costose. «Oggigiorno è impensabile credere che una nazione possa essere autosufficiente dal punto di vista della ricerca. Anche i Paesi più avanzati non avrebbero un budget sufficiente a sostenerne i costi.» Inoltre, ci sono ambiti della ricerca che nascono per rispondere a sfide globali e necessitano dunque di dati raccolti in tutto il mondo e di approcci transnazionali. «Per questa ragione, ad esempio, la Polonia dà accesso alle proprie stazioni artiche a team di ricercatori dall’Italia, dalla Francia, dalla Germania, avviando vere e proprie collaborazioni per proseguire la ricerca sui ghiacci e sui cambiamenti climatici.»
Un evento dedicato
A parlare è la professoressa Monika Szkarłat, dell’Università Maria Curie-Skłodowska di Lublino, esperta di diplomazia scientifica in Polonia e in Europa: una degli ospiti ad un incontro dedicato alla dimensione internazionale della scienza organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia. Con lei c’erano Giacomo Destro, docente di Science Diplomacy presso il Master in Comunicazione della Scienza ‘F. Prattico’ della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste e il dottor Dariusz Ignatiuk, presidente del Polish Polar Consortium. I tre hanno messo in luce piani e prospettive in cui gli interessi scientifici d’Italia e Polonia si incontrano e si saldano, usando il polo nord come caso esemplare di questa impalpabile ma resistente rete di scienziati, figure istituzionali, accordi e collaborazioni che chiamiamo diplomazia scientifica.
Una definizione complessa
In realtà, non è semplice dare una definizione precisa della diplomazia scientifica. In Ragione di stato, ragione di scienza (Codice Edizioni, 2023), Giacomo Destro parte da uno dei primissimi tentativi di abbozzarne un ritratto ufficiale, presentandola come l’insieme di tre diverse linee d’azione. La prima si ha quando gli scienziati producono documenti che fungono da punto di riferimento per le politiche dei governi. Ne sono un esempio i report redatti dall’Intergovernal Panel On Climate Change (IPCC) che servono ad informare i decisori politici di tutto il mondo sullo stato dell’arte dei cambiamenti climatici e sulle azioni scientificamente fondate per mitigarne gli effetti. Il secondo tipo di attività si ha quando la politica dà il via a un dibattito internazionale che si conclude con la stesura di un accordo o un trattato a tema scientifico. Il caso più emblematico è il Protocollo di Montreal: un documento nato per mettere al bando le sostanze responsabili dell’assottigliamento dello strato di ozono; esempio virtuoso dell’operato della diplomazia scientifica, dato che effettivamente il problema si sta lentamente rimarginando. Il terzo ed ultimo caso è quello in cui la scienza dà avvio a un processo che, nel tempo, induce nazioni in contrasto su ogni altro fronte a parlarsi e dialogare. Un esempio importante è il laboratorio di ricerca SESAME, in Giordania, nel cui consiglio direttivo siedono e collaborano israeliani, palestinesi, iraniani, turchi e curdi.
La diplomazia scientifica in Italia e in Polonia
Se si guarda alla diplomazia scientifica portata avanti dalle Istituzioni, l’Italia è uno dei paesi europei più avanzati. «Il Ministero degli Affari Esteri Italiano ha sempre puntato su iniziative bi e multilaterali» cioè su accordi di collaborazione tra due o più paesi per realizzare obiettivi precisi «e la scienza si presta perfettamente a stendere legami di questo tipo» racconta Giacomo Destro. «Invece in ambito accademico la diplomazia scientifica è poco studiata.»
E in Polonia?
«Qui la maggior parte delle iniziative nascono in ambito accademico, nei centri di ricerca, dai team di ricercatori, mentre non c’è una struttura istituzionale specializzata e interamente dedicata alla diplomazia scientifica» spiega Monika Szkarłat. Per la dottoressa è un punto su cui varrebbe la pena lavorare, migliorando il coordinamento tra i ricercatori, l’uso dei fondi dedicato ai progetti internazionali e studiando le pratiche portate avanti dagli altri paesi. «Le nazioni con tradizioni diplomatiche più antiche rappresentano un’utile fonte di ispirazione, anche se non bisogna dimenticare che ogni paese ha una storia e una struttura economica precisa, e modelli e pratiche vanno sempre riadattati.»
Storie di scienza, storie di donne e di uomini
Tradizioni, strutture, pratiche che cambiano da stato a stato rendono il quadro della diplomazia scientifica estremamente variegato, ragione per cui poi rinchiuderla in una sola definizione diviene molto difficile. Forse allora sarebbe meglio descriverla come un insieme di storie che si incontrano e si scontrano. È la scelta che ha fatto Giacomo Destro in Ragione di Stato, Ragione di scienza: non un saggio in senso classico, bensì una raccolta di vicende che provano a restituire l’importanza e la complessità della diplomazia scientifica. Alcune sono esempi di scambi virtuosi, capaci di raggiungere posti sperduti come le stazioni di ricerca ai poli. Altre parlano di spionaggio, esperimenti efferati, armi di distruzioni di massa. «La scienza è un’attività umana» afferma Giacomo Destro. «E come molte altre questioni umane non dovremmo chiederci se è buona o cattiva di per sé, ma come vogliamo usarla».