Sorelle Melosik: la musica nel destino, l’italiano per passione

0
57
fot. Malinowski Fotografia

“Non potevamo che diventare cantanti!”

Inizia così l’intervista con Dagmara e Martyna Melosik, brave, splendide, simpatiche gemelle cantanti, autrici di musica e testi, già vincitrici del Premio del Pubblico al Festival di Opole 2018. Un DNA musicale ereditato dai genitori.

“Nostro padre e nostro fratello per formazione sono entrambi pianisti e direttori d’orchestra. Nostro fratello per vent’anni ha lavorato con Małgorzata Ostrowska, rock star polacca degli anni ’80. La sorella maggiore suona la viola e a noi, fin da piccole, è stato riservato il ruolo di cantanti”.

Loro suonavano e vi chiedevano di cantare?

“In realtà ci chiedevano di star zitte perché noi cantavamo senza sosta!”

E vostra madre?

“È chimica per formazione, ma ha orecchio pure lei. Il bell’aneddoto familiare è che lei qualche volta da ragazza si mise al Rynek di Poznan a suonare la chitarra. Nostro padre la vide. Riuscì a scoprire il suo nome e la via in cui abitava e la cercò bussando ad ogni porta di quella via! La trovò e la sposò!”

Ma che storia meravigliosa! Insomma eravate destinate a diventare cantanti!

“Sì anche se in realtà i nostri genitori ci avevano messo in guardia sulle difficoltà di fare una carriera in questo mondo, motivo per cui non abbiamo scelto il Conservatorio ma la Facoltà di Italianistica di Poznan e dopo il successo di Martyna al contest “Fabryka Gwiazd” ci siamo trasferite a Varsavia e abbiamo continuato lì gli studi”, spiega Dagmara.

Martyna ha vinto da sola?

“Sì, questo era il format di “Fabryka Gwiazd”, il talent show di Polsat non ammetteva duetti. Però subito dopo la mia vittoria siamo ritornate a esibirci insieme. Quel successo ha segnato la nostra vita non solo per il trasferimento a Varsavia ma anche perché abbiamo cominciato a scrivere le nostre canzoni”, racconta Martyna.

fot. archivio di famiglia

Siete due gemelle diverse? Ovvero con gusti e tonalità differenti?

“Dagmara fin da piccola giocava a far la cantante d’opera, lei prende le note più alte, io quelle più basse, lei amava Edyta Gorniak io Michal Jackson. Però, ascoltando qualche vecchia registrazione, anche noi a volte confondiamo le nostre voci. Per quanto riguarda l’aspetto fisico abbiamo trovato la soluzione: mi sono tagliata i capelli così non c’è rischio che ci confondano”, scherza Martyna.

Nessun problema neanche con i fidanzati?

“Per fortuna no! Anzi una volta è capitato che ci siamo innamorate dello stesso ragazzo polacco ed è stato un disastro!”, ricorda Dagmara!

E L’Italia?

“La scelta di italianistica è stata abbastanza casuale, volevamo studiare qualcosa che se un giorno avessimo dovuto mollare gli studi, per seguire la carriera musicale, almeno ci avrebbe lasciato qualche nozione utile, insomma non potevamo far medicina… Poi però ci siamo innamorate dell’Italia, senza contare che conoscere l’italiano per due cantanti dovrebbe quasi essere obbligatorio!”

fot. Jacek Poremba

Cosa c’è di italiano nella vostra vita?

“Possiamo dire che l’Erasmus, fatto insieme, a Bologna, ci ha insegnato tanto. Io ho imparato a prendere la vita con meno stress, a godere delle pause, ho capito che la vita è anche o soprattutto quello che succede tra un impegno e l’altro, ovvero il fermarsi a chiacchierare davanti ad un caffè o ad un buon piatto. E poi dopo quella esperienza abbiamo preso la bella abitudine di tornare in Italia almeno una volta l’anno anche per andare a trovare i nostri tanti amici che abbiamo tra Roma, Bologna e Firenze, e poi diciamo la verità l’Italia non annoia mai”, spiega Martyna.

“Per me è stata anche una scuola culinaria nel senso che ho capito quanto gli italiani diano importanza al cibo. All’epoca convivevamo con altri studenti e la spesa la facevamo a settimane alternate, quando è toccato a me ho comprato quello che serviva senza dare importanza alle marche e alla qualità. Il coinquilino romano, giovanissimo forse aveva 18 anni, mi ha fatto una lavata di capo spiegandomi che “noi siamo quel che mangiamo” e che dobbiamo aver rispetto per il nostro corpo e quindi mangiare solo cibi fatti con prodotti di qualità. Da quel momento la mia cultura culinaria ha svoltato!”, aggiunge Dagmara.

Torniamo alla musica…

“E anche nella musica abbiamo più feeling con gli italiani! Da adolescenti suonavamo il clarinetto (Dagmara) e il sassofono (Martyna) in una banda musicale di Tarnowo Podgórne, un comune polacco gemellato con una città tedesca e con l’italiana Rosate. Bè, ovviamente quando facevamo tutti insieme gli eventi musicali noi andavamo più d’accordo con gli italiani. Comunque dopo il successo di Martyna in Fabryka Gwiazd abbiamo iniziato una collaborazione con Paweł “Józek” Jóźwicki della casa discografica Jazzboy, che ha lanciato tra gli altri anche Ania Dąbrowska. È cominciata così la nostra amicizia con Ania con cui tuttora collaboriamo come sue coriste e paroliere. Dopo il Premio del Pubblico a Opole, con il nostro brano Batumi, abbiamo deciso di dedicarci seriamente a scrivere musica e testi originali. Il nostro primo album “Znam na pamięć dalszy ciąg” (Conosco il seguito a memoria) è uscito nel 2022.”

Come si può definire il vostro genere di musica?

“Direi che il primo album è abbastanza country con note pop, mentre il secondo in uscita quest’anno sarà soprattutto pop. Ci piace cantare a tre o quattro voci, per cui abbiamo nella nostra banda anche nostro fratello e a volte anche la sorella maggiore”.

Ma voi che musica ascoltate?

“Ti dirò la verità… quella che ascoltavamo a casa da bambine ovvero quella classica, siamo ossessionate da Chopin. Poi naturalmente ascoltiamo anche pop. Per quanto riguarda gli artisti italiani io apprezzo molto Gianmaria Testa e Simone Cristicchi”, puntualizza Dagmara.

Toglietemi una curiosità, la Polonia è un paese dalla straordinaria tradizione musicale, possibile che abbia così poco successo all’Eurovision?

“Perche’ non hanno scelto il nostro brano!” ridono le sorelle. “Forse il problema sta nella selezione della canzone da inviare. Si cerca un po’ troppo un pezzo che possa piacere a tutti ma così facendo si rischia di scegliere qualcosa di poco originale. Secondo noi è una tattica sbagliata. Bisogna sempre lasciare che i cantanti siano se stessi”.

fot. Jacek Poremba