Riviste femminili, specchio della condizione della donna

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Vivo in Italia già da tre anni e questo mi aiuta a cogliere alcune differenze culturali. Non è il classico discorso sugli uomini italiani donnaioli, o su il loro modo di fare e di corteggiare. Un paese mediterraneo come l’Italia è impossibile da paragonare alla Polonia slava, ma si può comunque registrare la grande differenza sul ruolo della donna nella società. E ho deciso di approfondire questo tema nella mia tesi di laurea triennale all’università di Bologna. Ho analizzato e studiato il contesto femminile tramite tre testate giornalistiche italiane: “Lidel” edizione del 15 gennaio 1927, “Grazia” edizione del 2 febbraio 1939, “La domenica della donna” edizione del 26 giugno 1949; e tre polacche: “Bluszcz” edizione del 5 giugno 1926, “Moja przyjaciółka” edizione del 25 giugno 1939 e “Przyjaciółka” edizione del 30 gennaio 1949. Volevo capire a fondo, attraverso una ricerca storica, da dove provengono queste differenze.

Al giorno d’oggi Polonia e Italia sono vicine più che mai, e rappresentano importanti paesi dell’Unione Europa. Invece nel periodo tra gli anni 20-40 del XX secolo l’Italia e la Polonia vivevano due situazioni completamente differenti. Anche la condizione delle donne era diversa, un ottimo esempio è il diritto di voto: le polacche possono votare dal 1918, mentre le italiane dal 1946.

In Italia prevale da sempre la cultura patriarcale, tipica del mediterraneo. In Polonia, invece, il ruolo della donna è opposto: la donna è stata da sempre una figura importante nella società. Anche l’odiato comunismo polacco stimolava le donne all’emancipazione e al lavoro, mentre all’opposto il fascismo spingeva le donne ad essere soprattutto le mamme di futuri fascisti.

Ma da dove vengono queste differenze sul ruolo della donna?

Ho iniziato la mia analisi da due periodici: “Bluszcz”, uno di primi giornali per donne in Polonia e “Lidel”, senza dubbio il suo equivalente italiano. Perché? Oltre al fatto che tutti e due cominciano ad avere una certa importanza giornalistica intorno agli anni Venti del secolo scorso, entrambi trattano le loro lettrici come casalinghe, potente target delle pubblicità, mantenendo al contempo un buon livello letterario. Dopo aver analizzato le riviste, ritengo che nonostante la ricchezza delle nobil donne italiane negli anni Venti (di cui parla “Lidel”), “Bluszcz” offra un contenuto più elevato e di maggior rispetto verso la donna. Sembra quasi che le donne polacche di quegli anni, nonostante le più umili condizioni economiche, non mostrino interesse solo verso la cura del proprio copro, della casa e del marito. Ma ambiscano ad avere una vera istruzione ed essere informate sulla politica, sulla situazione del proprio paese e soprattutto sull’emancipazione femminile. Temi che in “Lidel”, occupano poco spazio poiché la maggior parte delle pagine viene dedicata a gossip mondani, pubblicità, consigli su bellezza e moda.

La stessa tendenza si può notare paragonando “Moja przyjaciółka” e “Grazia” del 1939. “Grazia” si rivolge alle casalinghe o a giovani fanciulle ma senza offrire loro nessun contenuto pratico, non tratta dei problemi delle donne, di psicologia, e neppure consiglia su come mantenere la casa. Offre piuttosto alle proprie lettrici articoli sostanzialmente ingenui ad esempio: Come avere un vero sorriso? “Non il sorriso in serie di Hollywood, non il sorriso a freddo delle commesse che vi invitano ad acquistare ma il vero sorriso che parte dal cuore, caldo e spontaneo: questo deve essere il vostro sorriso”. Invece in “Moja Przyjaciłółka” la maggior parte dei testi tratta delle donne lavoratrici, degli eventi delle organizzazioni femminili, di libri, d’arte, ma anche dei lavori a maglia, dell’educazione dei bambini e delle ricette. “Przyjaciółka” e “La domenica della donna” sono un’altra occasione di paragone tra Polonia e Italia. Entrambi i periodici nascono negli anni 1948-1949 e sono dei popolari settimanali femminili di otto pagine. In entrambe le pubblicazioni non ci sono molti articoli di alto livello, ma le differenze si notano lo stesso. “La domenica della donna” non tratta minimamente il tema dell’emancipazione delle donne e come gli altri giornali italiani precedentemente citati non ha dei testi di valore letterario. In “Przyjaciółka” non mancano invece gli articoli di stampo femminista, culturali e seri, anche se non è una rivista libera, la propaganda comunista è ostentata.

Comunemente sappiamo che i giornali spesso rispecchiano il livello dei propri lettori oltre ad essere un mezzo fondamentale della comunicazione. Nella mia tesi attraverso l’analisi dei periodici ho scoperto che fin dagli anni Venti le donne polacche erano più emancipate e libere rispetto alle donne italiane, anche se nella vita quotidiana di polacche e italiane c’erano molte cose in comune come la cura per la casa e per se stesse e l’interesse per la moda e la cucina. Uguale come al giorno d’oggi anche novanta anni fa le donne volevano essere belle. Volevano piacere agli uomini, cucinavano il cavolfiore e mettevano il rossetto. Ritengo che nel progettare un giornale per le donne si dovrebbe innanzi tutto fare una scala di priorità tematiche. Come dev’essere un giornale per le donne? É soltanto un passatempo o dovrebbe contenere qualche “idea importante”? É solo una rivista ingenua, carta straccia dedicata alle casalinghe o un’importante testimonianza di un quadro sociologico dei tempi nei quali il giornale viene stampato? Provando a rispondere a queste domande sono convinta che i giornali femminili dovrebbero sempre più trattare temi importanti per le donne, e soprattutto rispettare le lettrici, considerandole come persone e non solo come oggetti di bellezza. Con dispiacere noto invece la tendenza delle riviste femminili ad inserire sempre meno contenuti di valore intellettuale. Dalla mia ricerca ho capito che le differenze culturali che mi colpiscono come polacca che vive in Italia provengono anche dalla storia, ovvero le donne italiane si sono emancipate molto più tardi rispetto alle donne polacche. Ancora oggi noto molte differenze sociali come la mancanza in concreto di eguaglianza di diritti tra uomini e donne oltre ad un diffuso maschilismo. Non posso che augurarmi che il futuro riservi a tutte le donne del mondo uno status migliore dell’attuale, magari rispecchiato da riviste femminili di alta qualità. Perché citando Oriana Fallaci:

“La rivoluzione più grande è, in un Paese, quella che cambia le donne e il loro sistema di vita. Non si può fare la rivoluzione senza le donne. Forse le donne sono fisicamente più deboli ma moralmente hanno una forza cento volte più grande.”