Da meta per la delocalizzazione industriale a paese in cui andare a vivere. La Polonia negli ultimi vent’anni di strada ne ha fatta molta scrollandosi di dosso l’etichetta di remoto stato ai margini orientali d’Europa per mostrarsi al mondo come paese dinamico e attrattivo di investimenti – che offrono anche tanti posti di lavoro qualificati – con città in grande sviluppo, un crescente livello degli standard della qualità di vita ed un interessante fermento culturale. Certo nel bilancio pesano ancora le enormi differenze tra le maggiori città e le aree rurali – che rappresentano la gran parte del paese – una burocrazia lenta e complicata, dei diritti dei lavoratori necessariamente da espandere a cominciare dal salario base, e una classe politica a volte poco sensibile verso il contesto internazionale. Problemi che però finiscono in secondo piano rispetto al complessivo quadro socio-economico.
Dall’entrata in Europa il Pil polacco è raddoppiato, le esportazioni triplicate, gli investimenti diretti dall’estero sono passati da 45 miliardi a quasi 200 miliardi di euro. Il tasso di disoccupazione è sceso dal 20% al 6,8% e sono stati creati oltre due milioni di posti di lavoro. Il tutto naturalmente spinto dai fondi europei (nel programma di finanziamento 2007-2013 la Polonia ha ricevuto 74 miliardi di euro), contributi che nella terra di Chopin hanno dimostrato di saper sfruttare fino all’ultimo centesimo, tanto che il paese è stato premiato dall’Europa che ne ha fatto il principale destinatario di Fondi Strutturali Europei per il periodo 2014-2020, con 82,4 miliardi di Euro. A questi vanno aggiunti i fondi per lo sviluppo rurale e altri finanziamenti comunitari per un totale di oltre 100 miliardi di euro (stima del ministero dell’Economia).
Una tale performance non sarebbe però stata possibile se i copiosi fondi europei non avessero trovato il terreno fertile di un territorio che, a differenza di altri paesi orientali del vecchio continente, ha dimostrato un profondo radicamento culturale europeo unito ad una sufficiente stabilità istituzionale e ad un alto livello d’istruzione della forza lavoro. Fattori che insieme al relativamente basso costo del lavoro e alle opportunità offerte dalle 14 Zone Economiche Speciali hanno fatto della Polonia una delle locomotive economiche dell’Europa, con punte di eccellenza industriali nei settori meccanico, aereo, automobilistico, cui vanno aggiunti numerosi centri di ricerca e servizi, soprattutto di società multinazionali, che danno lavoro a personale con un’alta formazione.
Una rappresentazione chiara delle capacità di questo Paese l’hanno data l’organizzazione e la gestione di alcuni grandi eventi tra cui i Campionati Europei di Calcio del 2012 e la Giornata Mondiale della Gioventù nel 2016. In particolare la Polonia ha colto l’occasione di Euro 2012 non solo per modernizzare o costruire stadi e dare una accelerazione allo sviluppo infrastrutturale, ma ha mostrato al contempo la volontà di investire sul capitale umano realizzando strutture sportive di base in tutto il paese tra cui mille campi da calcio. Stridente, a distanza di qualche anno, constatare la diversa evoluzione avuta da Polonia e Ucraina paesi co-organizzatori di Euro 2012. E oggi la difficile situazione sui confini orientali fa sì che la Polonia sia la principale meta per lavoro e vita degli emigranti ucraini, diventati in questi anni i maggiori acquirenti di immobili in Polonia.
E se l’immigrazione ucraina era abbastanza prevedibile, colpisce l’attrattiva crescente della Polonia come meta di vita, magari anche solo per qualche anno, per tanti europei. Anche la presenza italiana, storicamente forte a livello di investimenti e interscambi – le aziende italiane danno lavoro a decine di migliaia di persone – è da tempo in crescita anche tra chi decide di risiedere in Polonia. Ufficialmente gli italiani iscritti all’AIRE in Polonia sono cresciuti da 3 mila a 5 mila in pochi anni, numeri piccoli che non raccontano quella che è la vera presenza italiana, stimata in circa 15 mila persone, fatta sia di tanti neolaureati che accettano un primo impiego nelle multinazionali di servizi, che hanno le loro sedi soprattutto tra Varsavia, Breslavia e Cracovia, sia di professionisti e imprenditori che frequentando la Polonia per alcuni mesi l’anno per ragioni lavorative – l’interscambio tra i due paesi supera i 19 miliardi di euro – decidono poi spesso di prolungare la loro permanenza per godere della buona qualità della vita delle maggiori città polacche.
A questo si aggiunga che sta crescendo anche il turismo verso la Polonia. Il paese ha molto da offrire sia in campo storico e artistico, basti pensare a Cracovia, Danzica e Breslavia, senza contare i viaggi della memoria ai campi di concentramento nazisti, sia agli amanti della natura con innumerevoli percorsi montani a sud, i grandi laghi della Mazuria a nord-est e le spettacolari spiagge sabbiose sul Mar Baltico. Perfino Varsavia, considerata a lungo una città grigia e poco interessante, è oggi una meta apprezzatissima sia perché è il posto migliore dove respirare lo sviluppo della Polonia, con una offerta incredibile di locali, ristoranti ed eventi culturali, sia per apprezzare la città vecchia, i parchi e i tanti modernissimi musei nati in questi ultimi tempi.
Lavoro, sviluppo, cultura, turismo, qualità della vita mi fanno concludere – forte anche dell’esperienza personale maturata in questo paese – che oggi la Polonia è sicuramente uno dei paesi più interessanti d’Europa.