Pur essendo ormai assodato che la disoccupazione giovanile cresce ogni giorno e raggiunge livelli sempre più insostenibili , Lucia Foglia è l’unica intervistata tra i “Maceratesi nel mondo” che asserisce senza mezzi termini di essere stata costretta ad andarsene dall’Italia per disoccupazione. Un’Italia che ama, dove ha tutti i suoi affetti e dove avrebbe voluto restare. Se ne è dovuta andare solo ed esclusivamente per trovare lavoro dopo aver cercato in tutti i modi di inserirsi nella nostra zona. E si rammarica che il nostro paese, considerato così bello ed affascinante da tutti, si trovi ora in questa triste situazione. Se volessimo fare una statistica sui nostri intervistati fino ad oggi, potremmo affermare che una buona fetta di giovani se ne è andata soprattutto per sentirsi idoneamente occupata ed affermata nel proprio settore di studio e di specializzazione. Poi ci sono quelli che reputano che per fare carriera occorra comunque andare all’estero, conoscere le lingue straniere e fare esperienze lavorative da inserire nel proprio curricolo. Infine coloro che ammettono di essersene andati solo per guadagnare , ma la quasi totalità di questi ultimi ha comunque dichiarato almeno una passione per la scoperta che li ha spinti con entusiasmo all’avventura di espatriato fuori dalle nostre frontiere . Nel caso invece di Lucia , una giovane autenticamente appassionata della sua Italia, è più che evidente che si tratta di una scelta forzata. Lei avrebbe voluto restare qui. Sentiamo perché.
Dove sei nata e quando? A Macerata, 17 febbraio 1989 ma sono cresciuta a Recanati.
Da quanto tempo sei in Polonia? Sono in Polonia da più di otto mesi anche se nel futuro si potrebbe prospettare una distanza permanente, fatta di anni. Molto probabilmente lavorerò a Breslavia (Wroclaw in polacco) per evitare di stare a casa a Recanati, con un pezzo di carta in mano, aspettando la
manna dal cielo. Sono stata studentessa universitaria a Macerata, attiva nella Run (associazione studentesca), collaboratrice di Generazione turista (viaggi per studenti) e molto affezionata alla mia famiglia, ai miei parenti ed amici che ritengo siano ciò che di più importante ci sia nella vita per mantenere la pace mia interiore.
Di che cosa ti occupi ora? Ora sto preparando i bagagli per tornare qualche settimana a Recanati, anche se a settembre riparto per tre mesi a Budapest. In realtà non ho nulla di fisso, passo da un progetto all’altro, da un dormitorio all’altro, senza abitudini, senza nulla. Non mi trovo male. Anche se nel mio cuore qualcosa manca.
Significa che eri più felice in Italia? Perché allora hai scelto di partire? A parte che l’Italia non si lascia, ce se ne distacca. Un po’ come si fa con la mamma quando ci si sposa, ma non la si lascia mai effettivamente. Se devo spiegare la
motivazione con una parola: disoccupazione. La mia famiglia sta vivendo in pieno i segni della crisi. Nonni e genitori vengono dalla campagna, cerchiamo di darci da fare. I miei, per tirare a campare hanno comunque portato avanti anche un’attività di lavorativa esterna, poiché con i finanziamenti all’agricoltura chi è coltivatore diretto, ma non ha tanta terra, non campa facilmente. Ora io sono disoccupata, mio fratello si sta per laureare e mio padre fa di tutto per fare qualche ora in più e cercare di darsi da fare per pagare bollette e tasse. Io e mio fratello ci siamo sempre arrangiati per pagare anche il minimo: io mi spostavo tra ristoranti come cameriera, ho lavorato allo stadio come cassiera, ho fatto la promoter, ed è brutto dire che qualche volta (per non dire sempre) se ne approfittavano. Lavoravo senza regole, sottopagata. A volte, se non ti conoscevano bene, cercavano perfino di non pagarti affatto. Ancora aspetto i soldi da un lavoro fatto lo scorso dicembre.
Come è possibile che i datori di lavoro siano diventati così incivili e che i lavoratori non abbiano più alcun diritto? Non lo so. L’Italia sta regredendo a paese sottosviluppato. Un laureato viene mortificato e si può sognare di percepire gli otto dieci euro orari che percepisce una badante straniera. E’ una vergogna che tutto questo sia diventato la norma in Italia, così impunemente, e sotto gli occhi di tutti. Una norma che non è applicata solo dai datori di lavoro più ignoranti, ma da tutti. E’ un segno di inciviltà non riconoscere e sfruttare il lavoro delle persone.
Com’è il carattere e la vita della gente nella nazione in cui vivi’? I polacchi sono gente timida, umile, laboriosa. Ora ho
capito che cosa significa vivere all’italiana e perché quassù definiscono il nostro paese come la terra da “milk and honey” (latte e miele). Loro hanno paura di vivere la povertà, non si rendono conto a pieno, per motivi politici, che invece stanno crescendo moltissimo a livello economico e che la crisi da loro, specie in certe zone, è solo un miraggio. Certo, la paga non è alta, ma rispetto all’Italia si trova lavoro molto più facilmente e c’è più serietà da parte delle aziende (ovviamente dovuto anche ad un diverso clima e sistema economico e di tassazione). Lavorano, lavorano. Ovviamente sento lo stesso un pò di frustrazione: il lavoro di certo non ti può dare tutta la felicità che ti dà l’essere positivi con gli amici, il dialogo in casa, una bella cena romantica sulla spiaggia.
Dove abiti? Come vivi la nuova città? Ho vissuto un mesetto a Varsavia, nella capitale. Un mese e qualcosa a Poznan verso settembre, per poi ritornarvi a febbraio, dove abito ora in un’altra area per risparmiare (cerco di pesare economicamente il meno possibile sui miei e di tirare avanti con i risparmi che ho dai lavoretti fatti in Italia). È una città carina, vivace, attiva a livello studentesco e di lavoro. Certo che mi manca il mare e ovviamente i colori della città vengono dati molto più dagli amici con cui la si vive che dalla città stessa. È per questo che Macerata (o Recanati, dove sono cresciuta e ho studiato fino alle medie) rimangono sempre diamanti nel mio cuore.
Se viaggi per lavoro dove viaggi? Ora sto sfruttando il progetto di Erasmus + Traineeship, mi vado a fare tre mesi a Budapest alla Camera di Commercio Europea, speriamo bene.
Come vedi l’Italia da “fuori”? Si impara a capire l’Italia quando si va fuori, ancora prima di capire gli altri paesi. E si impara a capire quanto il rispetto delle regole sia fondamentale per lo sviluppo di una Varsavia, Grand Theatre società civile, così come l’onestà. L’Italia è il paese più bello del mondo, massacrato dalle tasse , dalla corruzione e dalla poca serietà. Ma il cuore, la generosità e l’essenza positiva vista in Italia, oltre al nostro romanticismo e passionalità, sono rarissimi nei paesi dell’est e del nord Europa.
Nel futuro pensi di tornare a Macerata o in Italia? E ci mancherebbe! Io la chiamo mamma Italia, morirei per la mia patria. Non capisco come facciano tanti giovani a sputarci sopra, per me l’Italia è l’Italia. È la terra che mi ha istruito, su cui i miei genitori hanno fatto tanti sacrifici e per cui la mia famiglia sta lottando, nel proprio piccolo, per tenersi in piedi. Perché abitare in campagna, con le spese ed il tanto lavoro che c’è, mentre si fa l’operaio (parlo per i miei) con due figli all’università, non dev’essere facile per niente. Per Macerata che dire?, ovvio! Non vedo l’ora di fare una capatina al Ca’BARet di Giorgio e Laura, di
comprare un po’ di pane al forno di Matteo, di passare a salutare in dipartimento Maurizio e Lucio, di leggere qualcosa alla biblioteca, aperta sempre fino a mezzanotte.
Che cosa non ti piace in particolare della tua vita in Polonia? La mancata positività delle persone e lo stile alimentare. Entrambi contribuiscono ad un benessere personale, che sia fisico o mentale. Mio padre, anche quando mia madre aveva un male da cui non sapevamo se sarebbe guarita, è stato sempre ironico in casa e abbiamo vissuto la cosa con meno pesantezza, risolvendo i problemi senza crearne di più grandi. A volte vedo la gente lamentarsi per delle stupidaggini qui, cosa che non comprendo. Il modo di mangiare a volte mi preoccupa (mi è capitato di mangiare per colazione zuppa di maiale), ma si tenga conto che vengo dalla campagna, dove per cucinare la pasta col pomodoro vado direttamente nel mio orto e colgo basilico e verdura fresca a mio piacimento. Il paragone non può reggere, ma ne capisco la ragione.
Ti senti almeno adeguatamente remunerata? Qui non pagano moltissimo però c’è da dire che il costo della vita è basso. Quindi c’è correlazione. In alcune zone dove lavoravo (e parlo anche di esperienze di miei amici) i costi di vita superavano quelli di guadagno. A Breslavia si paga un mese d’affitto con 80 euro e poco più per mangiare un mese. A Poznan sui 100 euro e poco più bastano per una stanza (magari in doppia), si sale a 120 per Varsavia ma poi dipende dalle esigenze.
Come ti sei organizzata? Semplice: meno spendo, meglio è. Tiro su tutto. Tranne che per scrivere ai miei amici (credo che spendere per gli altri non sia mai uno spreco, ci mantiene in contatto e fare felici le persone mi rende serena, quindi qualche volta spedisco regalini per lauree varie, compleanni, mando cartoline) e dare qualcosa ai più bisognosi.
Vivi sola o in compagnia? Dipende, ho vissuto da sola e in compagnia. A Breslavia se trovo una doppia è meglio, mi servirà per abbassare i costi. E poi vivere con qualcun altro fa sempre bene, si cresce e si conosce meglio sé stessi (oltre che si stringono grandi amicizie, ovvio!).
Quali tipi di lavoro si trovano con più facilità nel posto in cui vivi? Va forte chi è bravo col pc e con le lingue straniere anche al di là della laurea. Anche i laureati di filosofia e storia, se sono svegli su questioni informatiche a livello internazionale, trovano facilmente lavoro. Per i laureati di economia o diritto (il mio percorso, in pratica) ti contattano anche società di consulenza, il che è grandioso! Però senza lingue non si ottiene nulla, meglio sottolinearlo.
Ci sono altri Italiani? Quanti? Hanno un club? Ci sono ristoranti italiani? Come si mangia? A Poznan gli italiani non sono moltissimi, tutti mi scambiano per una rumena o una spagnola e quando dico “Italia” ne rimangono sorpresi. Molti italiani sono alla Facoltà di Medicina. A Breslavia invece ce ne sono di più, anche perché è là che molte multinazionali pongono interesse sui madrelingua (italiani, spagnoli e non solo) quindi è normale vedere più provenienze. Per Varsavia dipende dalle zone. Io stavo a Remertow e non c’era nemmeno uno straniero, visto che vivevo vicino un’università militare (dove ho anche studiato). Forse qualche russo, visto che c’era un campo militare. Ristoranti italiani? Moltissimi, ovunque. Ovviamente la maggior parte adatta il menu al gusto degli abitanti del posto. Per questo ti ritrovi pizza o pasta con il pollo, salse tipo maionese o ketchup su una già perfetta margherita e così via. A Torun (sempre in Polonia) mi è capitato di vedermi servita un’italianissima (??) pasta con pollo e spinaci di cui avevano inventato anche un nome. Poi c’è “pizza mafiosa” e tante altre cose anche simpatiche, se vogliamo vederle sul lato ironico. Il migliore fino ad ora è stato nel centro di Varsavia, un po’ più caro per i polacchi direi (molto curato con immagini della Vespa e Sofia Loren alle pareti e diciture in italiano) e una pizzeria qui a Poznan (pizza a pezzi) che davvero assomiglia a quella che ci mangiamo noi (tant’è che il pizzaiolo è italiano infatti).
Quale è stata l’esperienza più bella o le esperienze che hai fatto da quando sei fuori? Una volta mi hanno ospitato in una casa di campagna. Ho dovuto nascondere il viso alla vista del grano poiché i miei occhi hanno iniziato a riempirsi di lacrime per l’emozione. La mattina ci svegliavamo presto, portavamo a spasso le mucche, cucinavamo per i ragazzi che lavoravano nei campi e ci stringevamo la sera per raccontarci qualunque cosa. È come se per quella settimana fossi tornata a casa, da Mamma Italia, con i miei cari. Ringrazio ancora quella famiglia di cui tra l’altro ospiterò la figlia il prima possibile per ricambiare l’enorme gioia che mi hanno regalato.
Cosa vorresti dire ai giovani che stanno “arrabattandosi” ancora in Italia? A tutti i ragazzi, che restano o che se ne vanno, che leggeranno o che si faranno leggere gli articoli di Cronache Maceratesi riguardanti i ragazzi in giro per il mondo, vorrei esortare a non abbandonare mai moralmente l’Italia, a non ignorarla, a non rinnegarla. Nonostante la politica e tutto ciò che c’è di losco e che rende difficile lo stabilirsi di un tessuto industriale ed economico stabile che assuma giovani in maniera entusiasta e che non li tenga con finti stage per sfruttarli, l’Italia è un paese magico, dei sogni. Quante persone ho incontrato che vorrebbero a vivere da noi, terra di mare, olio d’oliva, terra di passione. Noi mettiamo sempre al primo posto la famiglia e questa prospettiva ci rende appagati e felici, situazione invidiabile ed invidiata da molti. Siamo positivi, in gamba, ci diamo da fare. Quello che ho in mente ora è di crearmi una posizione, aiutare economicamente la mia famiglia e poi, appena possibile, tornare vigorosa nella terra che amo ed entrare in politica, con la massima onestà, per cercare di cambiare qualcosa. Non so, non ho spinte, non pago mazzette, non ho importanti cognomi. Dite che sia un’utopia? Non so, ma io ci voglio provare vorrei tanto migliorare l’Italia! Si va fuori per farsi un’esperienza, migliorare il bagaglio culturale e linguistico, aprire gli occhi e la mente, racimolare qualche soldo. Ho preso il volo quando ho visto che anche da cameriera c’era scarsità di lavoro in tanti locali, un ristorante presso cui lavoravo ha anche chiuso. Siamo in tanti a cercare lavoro. Il tasso di disoccupazione giovanile è altissimo. Qualcuno come noi– senza figli o particolari situazioni familiari – deve pur darsi da fare e muoversi, sennò siamo in troppi a cercare posti di lavoro che per ora non sono abbastanza per sfamare tutti. Essere coraggiosi, positivi, onesti. Io credo nell’onestà, nonostante tutto. E spero che l’Italia si rimetta in piedi. L’Italia è la mia terra, non vedo l’ora di riabbracciarla, di farmi un tuffo di notte al mare e contemplare di nuovo le stelle, esprimendo un grande desiderio: che i miei cari e tutte le famiglie ritornino a vivere un clima sereno in casa, dove non ci sia tristezza dovuta a questa generale disoccupazione e dove la fiducia nel futuro si faccia sempre più salda.
di Maria Cristina Pasquali (www.cronachemaceratesi.it)
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