Barbara Monka
Jagna Kofta, una guida ed educatrice del Museo della Storia degli Ebrei Polacchi, è stata intervistata da Barbara Monka in occasione della recente apertura del nuovo Museo della Storia degli Ebrei Polacchi.
BM: Il percorso che ha portato all’apertura del Museo della Storia degli Ebrei Polacchi (MH?P) non è stato né breve né facile. L’idea della sua creazione è nata nel 1993, quindi esattamente vent’anni fa, presso l’Associazione “?ydowski Instytut Historyczny” a Varsavia. Due anni dopo si è deciso di iniziare la sua costruzione. Quando scrivevo sul MH?P nel 2001 (The Warsaw Voice, November 11, 2001 No 45(681)) Frank Gehry avrebbe dovuto essere l’architetto del museo e sembrava che potesse essere aperto da lì a breve… Invece l’inizio dei lavori è avvenuto soltanto nel 2007, mentre il palazzo progettato da Rainer Mahlamäki è stato aperto al pubblico lo scorso aprile. Anche se il museo non ospita al momento nessuna mostra, le guide hanno lo stesso tanto lavoro da fare. Chi viene a visitare il museo?
JK: Il Museo della Storia degli Ebrei Polacchi attrae turisti individuali e gruppi organizzati, tra cui quelli scolastici provenienti dalla Polonia e da altri Paesi. La nostra offerta educativa è rivolta ai bambini, agli adolescenti a agli adulti e comprende delle gite e dei workshop educativi. Per noi, lavoratori del museo, è molto importante che vengano a visitarci anche gli abitanti del quartiere Muranów, si può dire i nostri vicini di casa. Il posto in cui ci troviamo ha per noi una grande importanza. All’entrata del museo è appesa una mezuzah fatta da un mattone originale proveniente dall’incrocio di due strade di Varsavia che oggi non esistono più, ovvero via Nalewki e via G?sia.
BM: Visitando il museo è difficile non pensare immediatamente alla tragedia del massacro e della deportazione… Il museo si trova di fronte al Monumento agli Eroi del Ghetto.
JK: Dalle pareti in vetro del museo si vede il monumento costruito nel 1948, accanto ad esso si trova il primo monumento agli Insorti del 1946, la cui forma ricorda una botola della fognatura. L’architettura del museo sembra essere tranquilla se vista dall’esterno, invece all’interno è molto dinamica. La sua costruzione contiene molti simboli: la stessa entrata ricorda a molte persone la lettera ebraica taw ?, mentre l’imponente corridoio principale, grazie alla sua struttura e al suo colore, fa pensare al deserto della Giudea o all’attraversamento del Mar Rosso. L’intero edificio è coperto da vetri con delle iscrizioni sulle quali è possibile leggere anche la parola “Polin” che in ebraico significa Polonia e che, se tradotta alla lettera, significa “rimani qui”. Esiste una leggenda secondo cui i primi ebrei che mille anni fa arrivarono in Polonia, quando sentirono questa parola, la riconobbero come un segno di Dio e decisero di stabilirsi.
BM: Molti si stabilirono e oggi il museo può raccontare la loro storia. A differenza di molti “musei ebraici” al mondo, questo non è il museo dell’olocausto, ma è il museo della storia degli ebrei che vivevano qui da mille anni. Ma cosa bisogna fare perché la gente lo consideri in questo modo?
JK: Non a caso il museo ha un nome così lungo: Muzeum Historii ?ydów Polskich… Questo non è un museo dell’olocausto, anche se quest’argomento non sarà ovviamente omesso. La mostra principale sarà composta da otto gallerie disposte su una superficie di 4000 mila metri quadri e i visitatori invece di semplici esposizioni potranno assistere ad un racconto interattivo sulla storia, sulla cultura e sulla religione ebraiche basata sui numerosi materiali di base. La storia sarà raccontata nelle otto sale chiamate “Bosco”, “I primi incontri” (Medioevo), “Paradisus Iudaeorum” (XV–XVI secolo), “Una piccola città” (XVII–XVIII secolo), “Le sfide della modernità” (XIX secolo), “La seconda repubblica”, “L’Olocausto”, “Il Dopoguerra”. La fine simbolica della mostra sarà la galleria di carattere temporaneo “Patrimonio”. Il museo non è costituito soltanto dalle mostre ma anche da laboratori, da percorsi istruttivi, da corsi di formazione e da spettacoli e concerti. Ci auguriamo che il museo diventi un luogo che non solo permetta di conoscere la storia degli ebrei polacchi ma che sia anche terreno per un dialogo e per incontri interculturali.
BM: Quando sarà aperta questa mostra?
JK: L’anno prossimo ma prima si susseguiranno mostre temporanee. La prima “Le lettere a chi è lontano” è stata inaugurata lo scorso 18 maggio, durante la prima Notte dei Musei nella storia di questo edificio. Solo quella notte il museo è stato visitato da quasi 6 mila persone che attendevano pazientemente in file lunghissime per poter entrare.