(fot. Piotr Suzin)
Un ottimo Willem Dafoe non basta a fare di “Pasolini”, presentato oggi in concorso alla 71^ Mostra del Cinema di Venezia, un bel film. La scelta narrativa del regista Abel Ferrara è quella di raccontare Pierpaolo Pasolini attraverso la sua ultima giornata di vita. Affrontare il tema Pasolini non è operazione facile ma se si decide di farlo bisogna pur mettere in conto quale complessa eredità intellettuale, artistica, politica e finanche emotiva abbia lasciato uno dei maggiori intellettuali italiani del 20° secolo. Un lascito che Ferrara volutamente e scaltramente non scandaglia ma tratteggia sfruttando la straordinaria interpretazione di Dafoe la cui somiglianza con Pasolini è impressionante anche nelle movenze. Ma appunto si resta sull’estetica e Dafoe non è chiamato ad interpretare scene che esprimano con convinzione il pensiero o le idee politiche di Pasolini, ragione per cui la parte più interessante e coraggiosa del film, è quella in cui Ferrara si sbilancia a girare delle scene del film che il grande scrittore stava preparando, il “Porno-Teo-Kolossal” che nelle intenzioni di Pasolini avrebbe avuto come protagonisti Ninetto Davoli ed Eduardo de Filippo, quale coppia di giovane e vecchio che allegoricamente ascendono al cielo ragionando sui destini della terra. E in queste scene, secondo me tra le più riuscite del film perchè Ferrara può finalmente muoversi a mano libera, è bella l’idea di far interpretare proprio a Davoli, che giovane più non è, il ruolo che sarebbe stato di De Filippo e a Scamarcio quello del giovane che sarebbe spettato a Davoli. Personalmente il film mi ha lasciato una sensazione di incompiutezza, aggravata dall’ambizioso titolo “Pasolini” che se da un lato evidentemente aiuta a vendere dall’altro evoca per forza nel potenziale spettatore l’attesa di un’indagine un filo più profonda rispetto al compitino, senza infamia e senza lode, svolto da Abel Ferrara, su uno scrittore che ha invece fortemente diviso e forse continua a dividere l’opinione pubblica, uno scrittore che fece del coraggio delle sue idee il senso di una vita della quale, come lo stesso Pasolini ripeteva, era pronto a pagarne le conseguenze.