Parole da buttare (prima parte)

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Ognuno di noi ha delle parole che per qualche motivo non ama particolarmente, o preferisce non sentire, o addirittura non sopporta. A volte si tratta di neologismi non ancora registrati dai dizionari, oppure di tormentoni diffusi da mode più o meno passeggere o di vezzi (o vizi) linguistici che poi diventano popolari grazie ai mass media.

In ogni caso, stando ad alcuni sondaggi, ci sono delle parole particolarmente invise un po’ a tutti gli italiani. Vediamone alcune: 

  1. E QUANT’ALTRO

L’espressione e quant’altro, diffusa fin dagli anni Ottanta (registrata dallo Zingarelli dal 1994, dal DISC dal 2004), ma divenuta popolare solo negli ultimi anni, viene usata in chiusura di frase col valore di “e così via, eccetera” (in un registro più colloquiale si userebbe “e compagnia bella”). Probabilmente è una semplificazione della formula conclusiva, tipica del linguaggio burocratico, e/o quant’altro ritenuto utile/necessario, con perdita dell’elemento verbale. Questo uso ellittico dell’espressione crea un senso di sospensione, di inespresso che generalmente infastidisce.

  1. ASSOLUTAMENTE SÌ/ASSOLUTAMENTE NO

L’avverbio assolutamente ha valenza neutra: può avere valore affermativo o negativo a seconda del contesto e dell’intonazione con cui lo pronunciamo: “Sei d’accordo con me?” “Assolutamente!” (affermativo); “Non sei d’accordo con me?” “Assolutamente!” (negativo) e in questo caso i sinonimi sono del tutto, in assoluto, totalmente (GRADIT 1999-2000).

Il grande linguista Luca Serianni  fa notare che l’uso positivo di assolutamente (assolutamente sì) potrebbe risentire dell’inglese absolutely (usato come avverbio affermativo, che sarebbe più naturale tradurre con certamente).

Negli ultimi anni l’uso di assolutamente si è intensificato: l’uso (e abuso) isolato di questo avverbio era una caratteristica (ripresa poi da trasmissioni satiriche) del parlato di uno dei protagonisti della trasmissione televisiva Grande Fratello 2003 (È vero? Assolutamente; Sei d’accordo? Assolutamente; Ti piace? Assolutamente). Nel parlato la gestualità e l’intonazione fanno sì che non ci siano fraintendimenti (Nello scambio di battute Non ti piace? Assolutamente il secondo interlocutore avrà voluto esprimere totale accordo o disaccordo?). Anche i media ricorrono spesso (anzi, ne abusano) all’avverbio assolutamente in unione con sì o no e questo rientra nella tendenza generale all’uso di un linguaggio iperbolico e aggressivo (come si può notare nei telegiornali). 

  1. UN ATTIMINO

Attimo significa frazione di tempo e deriva dal greco atomos, quantità indivisibile. Per questo motivo la parola attimino, che dal punto di vista morfologico è un diminutivo, formato con l’aggiunta del suffisso -ino, non ha molto senso a livello logico, perché attimo indica già la più breve e indivisibile frazione di tempo. A partire dagli anni Ottanta, l’attimino si insinua tenacemente nelle conversazioni e rientra nell’uso, oggi frequente nell’italiano parlato-colloquiale, di diminutivi con valore attenuativo, di cortesia (aspetti un momentino) o di disimpegno nell’affermazione (Berruto). Successivamente, l’attimino ha esteso il suo valore semantico: da esclusivamente temporale ha assunto valore di qualità/modalità, nel significato di un po’ (sono un attimino stanca, aggiungiamo un attimino di sale…). E quest’uso di attimino modale-qualitativo resta, per il momento, fortemente avversato dai linguisti.

  1. PIUTTOSTO CHE

E come dimenticare il famigerato piuttosto che usato con valore disgiuntivo inclusivo (“o l’uno o l’altro, o anche entrambi”), anziché col valore disgiuntivo esclusivo previsto dalla norma linguistica (“o l’uno o l’altro, ma non entrambi”).

Il significato corretto di piuttosto che è invece di (Piuttosto che andare al cinema, faresti meglio a studiare = Invece di andare al cinema faresti meglio a studiare, cioè puoi fare solo una cosa), ma negli ultimi anni si è diffuso l’uso – scorretto – di piuttosto che nel significato di o, oppure (Puoi andare al cinema piuttosto che guardare un film in tv piuttosto che leggere qualcosa = Puoi andare al cinema o guardare un film in tv o leggere qualcosa, cioè puoi fare indifferentemente una o l’altra cosa). Piuttosto che può anche essere usato – correttamente – nel senso di pur di non (Piuttosto che rivelare il segreto si farebbe ammazzare = Pur di non rivelare il segreto, si farebbe ammazzare). L’uso di piuttosto che con valore disgiuntivo inclusivo è stato studiato da vari da vari linguisti a cavallo del 2000 e sembrava una moda di origine settentrionale, milanese, in particolare, circoscritta ad alcuni registri (come quello economico-finanziario) e venata di snobismo. Ma l’uso e abuso in televisione del piuttosto che disgiuntivo inclusivo hanno portato, negli ultimi dieci anni, a “sdoganarlo” non solo nel parlato, anche nello scritto. Quest’uso è ancora (fortunatamente) fortemente avversato da molti (linguisti e non) e a difesa dell’uso corretto del piuttosto che si possono trovare in rete video, canzoni, pagine Facebook (in particolare quella del FLPC – Fronte di Liberazione dal Piuttosto che).

Seconda parte: clicca qui