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In giro a far foto

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Autore: Mario Zaccaria

Una piccola presentazione, visto che è la prima volta che ci incontriamo in questi fogli; pur avendo frequentato quasi annualmente la Polonia dal 1978, ora vivo a Varsavia da tre anni abbondanti e faccio il fotografo pubblicitario da trent’anni, sempre abbondanti, così com’è abbondante il mio peso-forma, malgrado qualsiasi mio tentativo di riportarlo alla ragione; in questa velleità Varsavia mi da una mano perché è una città che mi invita a lunghe passeggiate a piedi in compagnìa della fedele (spero) macchina fotografica; al contrario di Milano, la mia città, dove auto e pedoni vivono in una promiscuità imbarazzante e dove molto spesso ci si accanisce nel dimostrare la già ormai dimostrata incompenetrabilità tra due corpi solidi; Varsavia no, Varsavia ha spazi aperti e ambiti in cui io, pedone, posso scorrazzare liberamente e distrarmi senza correre il rischio di trovarmi gli arti inferiori timbrati con il logo di uno degli innumerevoli produttori di pneumatici. Quando poi mi trovo a dover attraversare ambiti di competenza automobilistica, sono facilitato da sovra o sottopassaggi, questi ultimi molto spesso luoghi, per me, di perdizione perché pervasi dai profumi di fornelli al lavoro.

varsavia mario zaccaria gazzetta italiaAltro merito va riconosciuto alla maggior parte degli automobilisti polacchi che, per ora, considerano ancora l’auto come un semplice mezzo di trasporto, senza addossarle l’ingrato compito di rappresentare la propria mascolinità; vezzo così diffuso sul suolo italico, vezzo di cui spero la Polonia ne ritardi il più possibile l’importazione. Dicevo dell’automobilista polacco che si ferma per lasciarmi passare sulle strisce e che si stupisce quando, a mia volta stupito, lo ringrazio… D’altra parte cercate di capirmi: é ancora vivo il ricordo delle innumerevoli volte in cui a Milano, l’adrenalina mi arricciava i capelli del “coppino” allo stridere di pneumatici mentre ero nel bel mezzo di un passaggio pedonale.

Bene!… Cioè male: non ho ancora scattano alcuna foto; fa freddino e né le mani né la macchina fotografica hanno voglia di uscire dalla tasca, eppure di immagini degne di essere tramandate ai posteri ne ho viste parecchie.

Dimenticavo: le piste ciclabili; ce ne sono molte e mi sono riproposto di girare Varsavia a caccia di immagini stando in sella ad una bicicletta… Ma permettetemi di esprimere un po’ della mia mediterraneità: aspetto Primavera; il mio processo di “polacchizzazione” è ben avviato e procede a gonfie vele tuttavia sono ancora molto lontane la stoicità e la noncuranza con cui i polacchi consultano il termometro: oggi non fa freddo, ci sono solo -5°…

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Vitigni d’Italia: il tokaj friulano

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Che l’Italia e la Francia si contendano da sempre il primo posto quanto a Paesi produttori di vino è noto a tutti, anche ai non addetti ai lavori. Gli scaffali con i vini Italiani e i vini Francesi sono ovunque quelli più ampi nei supermercati e nei negozi di tutto il mondo.

jakot tokajNon tutti però sanno che l’Italia supera di gran lunga la Francia in quanto a numero di vitigni autoctoni, cioè vitigni che sono presenti da sempre, da quando è dato storicamente accertare, sul suo territorio in aree più o meno ampie di esso. Si calcola che contro i circa 500 vitigni autoctoni italiani la Francia possa opporne una quarantina appena. Certo, alcuni di quelli francesi hanno avuto successo nel mondo e sono diventati anzi ‘gli internazionali’, perchè si sono dimostrati capaci di attecchire e di produrre ottimi vini un po’ dovunque. Basti pensare all’onnipresente Cabernet Sauvignon o al Sauvignon blanc entrambi di origine bordolese, o all’altrettanto onnipresente Chardonnay proveniente dalla Borgogna. Ma in prospettiva futura, la ricchezza e la diversità del patrimonio ampelografico italiano può rivelarsi, e si sta già rivelando, la carta vincente nella competizione sul mercato globale.

In questa serie di articoli a tema enogastronomico, faremo una carrellata sui vitigni d’Italia, dai più caratteristici a quelli che solo da poco sono saliti all’onore delle cronache.

Uno dei vitigni fortemente legato alle tradizioni della regione in cui è ampiamente diffuso e si esprime ai massimi livelli, è il tocai. In Friuli il vino da tocai è il classico ‘bianco’ servito in osteria all’ora dell’aperitivo quando si chiede il tajut, il ‘taglietto’, ad indicare il segno sul bicchiere che indicava il giusto livello di liquido da servire. Che questo vitigno sia particolarmente amato dai friulani lo dimostra anche un detto locale per cui “cul Tocai a sparissin duc’i mai”(col Tocai spariscono tutti i mali).

Purtroppo da un paio d’anni il nome tradizionale di questo vitigno e del vino che se ne ottiene è stato bandito in seguito a una disputa legale con l’Ungheria che ne chiedeva l’uso esclusivo per il vino proveniente dalla regione di Tokaji, e si sa, le denominazioni territoriali hanno sempre la precedenza su quelle della varietà di uva. Basti però, a testimoniare la profondità del legame con la sua terra di origine, il nome scelto a sostituire quello bandito: semplicemente friulano.

È probabile che i frequenti scambi tra questa regione e i paesi dell’Europa centro orientale siano alla base del cortocircuito linguistico per cui il vitigno più rappresentativo del Friuli sia anche il nome di una città dell’Ungheria, e del suo vino – famosissimo nel mondo. Un cortocircuito in cui tutti rivendicano la primogenitura del nome. In un documento del 1632 nel patto matrimoniale tra la contessa Aurora Formentini e il conte ungherese Adam Batthyany erano comprese “300 viti di tocai” che la sposa portava in dote, il che testimonia la presenza in Friuli di viti ‘tocai’ ancora più antica.

Ma la battaglia sul nome in realtà non avrebbe ragione di esistere se si guarda a quello che questi nomi indicano: due vini completamente diversi l’uno dall’altro. Dolce e intenso il Tokaji ungherese, sempre secco il Tocai friulano. Considerando anche il particolare non secondario per cui il vitigno alla base del vino ungherese non è affatto il tocai friulano, bensì un vitigno autoctono locale, il furmint. Che qualcuno poi giocando con l’etimologia delle parole ha voluto collegare per assonanza al nome della suddetta contessa friulana … Insomma una matassa linguistica difficile da sbrogliare.

Un primo dato di chiarezza si è fatto recentemente studiando il DNA delle uve e stabilendo piuttosto un legame del tocai friulano con il sauvignonasse, un vitigno un tempo piuttosto diffuso in Francia.

In Friuli la battaglia persa sul nome ha generato molti malumori e c’è anche chi, non si vuole rassegnare a non scrivere più sulle proprie bottiglie che quello è vino Tocai, e quindi continua a farlo … magari scrivendolo al contrario (vedi figura).

Come vitigno, il tocai dà una produzione buona e costante ma risente degli eccessi di umidità. Predilige terreni di media fertilità calcarei non troppo siccitosi. Per questo ha trovato sistemazione ideale nelle zone collinari calcaree del Collio Goriziano e nella zona ciottolosa delle Grave in Friuli, che garantiscono un buon drenaggio allontanando i pericoli di ristagno dell’acqua e di eccessiva umidità.

Il vino prodotto da queste uve non è particolarmente aromatico, e accanto a note fruttate presenta solitamente sentori di fiori bianchi e vegetali. In bocca è rotondo, a volte strutturato, spesso poco acido. Presente una nota amara che diventa preponderante se vinificato male. Le migliori espressioni di questo vino vanno bevuti dopo due o tre anni dalla vendemmia, e allora esprimono fino in fondo la finezza del gusto e i tipici sentori minerali e una nota amarognola di mandorla e fieno.

Si sposa egregiamente a piatti di pesce alla brace, spaghetti alle vongole, tacchino al forno, e per tradizione si può abbinare a prosciutto di San Daniele durante l’aperitivo. Se vogliamo tentare un abbinamento con piatti tipici della cucina polacca è sicuramente da provare con la cotoletta di maiale ‘schabowy’ o un arrosto, sempre di maiale. Buono anche l’abbinamento con un piatto di sushi.

Il tocai friulano essendo ampiamente diffuso in Friuli e in parte anche in Veneto, entra a far parte di molte delle denominazioni di origine di queste regioni. Tra le principali ricordiamo solo Collio Goriziano, Colli orientali del Friuli, Friuli-Grave, Friuli-Isonzo e Lison-Pramaggiore.

In Polonia è possibile trovare alcuni vini di tocai dei produttori leader della regione quali Russiz Superiore e Roncus a prezzi che oscillano intorno ai 90 Z?oty a bottiglia.

 

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Nasce Gazzetta Italia

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numero zero gazzetta italia

Tentativo, innanzitutto, di aprire un ulteriore canale di comunicazione, che si spera possa essere efficace, comprensibile, fruibile per tutti. Il nostro è un tentativo di veicolare attraverso questo canale dei messaggi che abbiano un senso.

numero zero gazzetta italiaGrazie al lavoro dei Soci e dei collaboratori dell’Associazione “Italiani In Polonia” inauguriamo con questo numero pilota il giornale periodico della comunità italiana in Polonia.

Questo primo numero ha messo alla prova tutti noi e speriamo che i contenuti siano di Vostro gradimento.

Gazzetta Italia nasce con il desiderio di crescere e di suscitare interesse, con l’obiettivo di fornire agli Italiani in Polonia ed ai Polacchi che mostrano interesse verso il nostro Paese, un’informazione quanto più possibile completa e imparziale.

Nasce come un giornale gratuito perché non vuole fare commercio ma informazione, sia in versione digitale che in versione cartacea.

Abbiamo cercato di organizzare delle rubriche tematiche che rispecchino la cultura italiana: spettacolo, vino, sport, cultura e naturalmente le attività che l’Associazione promuove.

Vorremmo che questo giornale fosse il più interattivo possibile, che sia anche la voce di tutti. Nel più puro spirito pluralistico offre spazio a tutti i pareri, anche a quelli controversi. Siamo infatti convinti che la libertà di parola e di espressione sia alla base della democrazia,  pertanto chiediamo a tutti di inviarci commenti, suggerimenti e perché no, articoli da pubblicare.

Buona lettura a tutti e auguri allo staff Gazzetta Italia.

 

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