Aspettando la prima visione dell’ultimo film di Nanni Moretti, Habemus Papam, con curiosità immaginavo quali reazioni avrebbe suscitato in Polonia. Ero convinta che il regista de La stanza del figlio e de Il Caimano non mi deludesse, sapevo però che l’intenzione di Moretti avrebbe potuto essere mal interpretata dal pubblico polacco. Moretti – recentemente tornato sotto le luci della ribalta mondiale come presidente della giuria del Festival del Cinema di Cannes – è un regista controverso, lo si può amare o odiare. In più, il tema che ha deciso di affrontare nel film ha fatto sì che il pubblico polacco si dividesse. Per qualcuno il film è anticlericale e deridente il grande polacco, Giovanni Paolo II, altri invece hanno accolto il film con calore, considerando che è la storia di un uomo a cui capita di dover assumere una grande responsabilità che sente essere più grande di lui. Nanni Moretti ha affrontato il tema, come in tutti i suoi film, con distanza e arguzia. È difficile però che lo spettatore medio capisca l’idea del regista. Infatti non è facile interpretare le sue opere cinematografiche, sempre piene di metafore e simbologie. Prima di guardare un film di Moretti forse è meglio conoscere la figura di questo regista complicato e straordinario, che produce vero cinema d’autore. Come ammette lui stesso, Moretti cerca sempre di fare lo stesso film, ma di farlo ogni volta meglio. Conferendo ai protagonisti i suoi tratti di carattere, il regista combatte le proprie debolezze e deridendole crea qualcosa simile alla psicoanalisi. I motivi che ricorrono in tutti i suoi film, la politica, lo sport, l’infanzia, le manie e le ossessioni della psiche umana, confermano questa tesi. Tornando però a Habemus Papam, Moretti vi ha usato alcune riprese, che hanno come obiettivo verificare, se si percepisce l’opera filmica in modo realistico oppure simbolico. Il gioco inizia già dal titolo: “Abbiamo il papa”. Solo alla fine si rileva che per tutto il film Moretti ha bluffato, facendoci seguire la figura di un uomo normale, come tutti noi, che deve prendere una decisione molto difficile. Il protagonista, interpretato da Michel Piccoli (dall’aspetto molto simile a Giovanni Paolo II) si sottopone a sedute di psicoanalisi, per capire sé stesso, le sue angosce e i suoi desideri. Emerge che le emozioni represse nell’animo e la sua vera natura non sono adatte a fargli ricoprire l’incarico cui è stato chiamato. Il regista sottolinea la nostra umanità, la possibilità di fermarci e ripensare alla nostra vita. Moretti tocca una questione delicata, un uomo che preferisce essere attore invece che Papa. Non si deve però essere troppo severi verso il protagonista attraverso la cui figura Moretti ci ricorda che ogni nostra decisione deve essere saggia e in accordo con la nostra coscienza, questo è il vero messaggio del film.
Terremoto in Emilia Romagna, nessun disagio per i turisti
Con riferimento al terremoto che ha avuto per epicentro alcune aree dell’Emilia, in Italia, il Ministro degli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport, Piero Gnudi, intende rassicurare tutti coloro che hanno programmato o intendono programmare una vacanza nelle aree limitrofe. L’intera Regione Emilia-Romagna, le località balneari sul Mare Adriatico, i capoluoghi e le città d’arte nei territori prossimi a quelli direttamente interessati dal sisma, sono perfettamente fruibili. La riviera adriatica, in modo particolare, non ha subito alcun danno e tutte le strutture turistiche, sia ricettive che di servizio, sono perfettamente funzionanti.
L’epicentro e i maggiori danni dei terremoti del 20 maggio e del 29 maggio scorsi sono concentrati in alcune zone in aree confinanti delle Province di Modena, Ferrara, Reggio Emilia e Mantova. Con eccezione di queste specifiche zone, non vi è alcuna limitazione per lo svolgimento dell’attività turistica e ricettiva nel resto della Regione o nelle Province di Regioni vicine. Le vie di comunicazione stradali e ferroviarie sono perfettamente agibili, gli aeroporti funzionano regolarmente così come le linee di telecomunicazione. Gli alberghi e le altre strutture ricettive svolgono attività regolare e il patrimonio culturale di cui l’area è ricchissima è completamente visitabile.
Tre minuti con il Presidente
Certe mattine capita di alzarsi controvoglia. Guardo fuori dalla finestra: giornata uggiosa. È giugno ma a Varsavia c’è un’atmosfera da novembre italiano. Una giacca a vento da velista, occhiali da sole che riparano dalla vita più che dalla luce e un cappello da milizia sudamericana aiutano a lanciarsi nel traffico umano della capitale intento a spostarsi da casa all’ufficio. Devo dire che mi diverte a volte arrivare nella laboriosa Babka Tower con look da reporter di guerra, dividere l’ascensore con azzimati professionisti convinti che la scarpa a punta nera e le camicie bicolore, in genere un mix tra bianco infermiere e rosa culetto di bambino, siano lo status symbol del manager in carriera, magari con l’aggiunta comportamentale del tichettare nervosamente con le dita sul portachiavi automatico della macchina fieramente parcheggiata in garage. Ancora più divertente l’incontro con le profumate segretarie convinte, nella loro breve esperienza di vita, di saper distinguere al primo sguardo le persone che contano da quelle che non faranno mai carriera. Osservano gelidamente il mondo, compreso me nell’ascensore, dall’alto dei loro tacchi 12 costruendo una loro immaginaria piramide sociale attraverso giudizi estetici fondati sulla, per loro, solida base degli articoli di costume delle riviste glamour, pre-giudizi confermati dalla quotidiana visione dei loro boss.
Scivolo dentro l’ufficio alla chetichella, nell’aria riecheggia il furioso digitare sulle tastiere delle nostre intrepide giornaliste-traduttrici. Che notizie oggi? “C’è Napolitano a Varsavia”, annuncia il mio sabaudo socio. “Abbiamo chiesto di incontrarlo?” ribatto. “È una visita ufficiale nel programma non sono previsti incontri con i giornalisti”, la risposta. “Vabbè ma se andassimo ad aspettarlo sotto l’ambasciata per beccarlo nel breve transito verso la macchina?” rilancio. “Mah… la vedo dura. Però oggi parteciperà alla cerimonia di commemorazione del garibaldino Francesco Nullo morto per la libertà della Polonia, se vuoi possiamo andare a far due foto”, cerca di confortarmi il mio partner in job. “Certo! E gli diamo Gazzetta Italia!” rispondo ritrovando un motivo per dar senso a questa mattina di giugno-novembre. Il mio socio mi guarda negli occhi con una gentile perplessità piemontese. Si sa in quelle terre pedemontane lontane dal mare la gente ama pianificare, ordinare le proprie giornate, raggiungere obiettivi come conclusione di percorsi immaginati fin dai banchi di scuola. In Piemonte c’è la pazienza per far crescere il vigneto e cercare i tartufi. A Venezia invece siamo stati tirati su scambiando sulle tolde delle navi al miglior prezzo caffè e sale, pepe e seta, inventando ed esportando ahinoi nel mondo le banche, il cui nome (insieme a molti altri vocaboli che la Serenissima ha generosamente dato al mondo) viene da banco, il banco-giro dove a Rialto ebrei e cristiani, con limiti severissimi, concedevano prestiti. Così chi è nato in una città che fonda la propria solidità nella precarietà della palude lagunare e ha costruito la propria storia in un millennio di commerci in mercati lontani o negli umidi fonteghi del Canal Grande, è pronto a saltare ogni formalità per gettarsi sul carico di merce. Incontrare il presidente del proprio paese è merce rara. E allora via verso il parco Frascati, sì a Varsavia c’è un parco Frascati, alla caccia del monumento a Francesco Nullo. Arriviamo quando già il picchetto d’onore polacco è schierato. Sono rigidi e impettiti, fanno la loro bella figura anche se la posizione non è confortevole. Tutto attorno con tenuta da body guard e sguardo minaccioso si aggirano membri della sicurezza italiana e polacca. Io con look da inviato sulle tracce del subcomandante Marcos e il mio socio con impeccabile impermeabile da banchiere londinese veniamo garbatamente invitati a sottoporci a scansione. Un agente da un voluminoso borsone tira fuori uno scanner personale che ci viene passato su tutto il corpo. “Ora chiediamo alla sicurezza quando possiamo dare Gazzetta Italia a Napolitano, no?” rifletto a voce alta. “Seba è impossibile, non è previsto, non ci faranno mai avvicinare al presidente”, la diligente risposta del mio elegante socio che si defila andando a posizionarsi con la macchina fotografica dietro al monumento al fianco di due cameraman. Ma come, sta per arrivare Napolitano e noi ci accontentiamo di fargli una foto ricordo da lontano? Disturbo la sicurezza brandendo la tessera di giornalista. Spiego la semplicità del mio progetto: consegnare una copia di Gazzetta Italia nelle mani del Presidente, tempo tecnico 30 secondi. L’aver fatto il militare nei Carabinieri mi aiuta ad usare i vocaboli e l’atteggiamento giusti, ricevo una risposta non negativa: “chiamo la sicurezza che è con il presidente per capire se è possibile fare questa operazione, è una cosa fuori programma”. Il mio interlocutore si allontana, telefona e ritorna: “vediamo come va la cerimonia, se non fosse possibile può dare a me una copia del giornale che recapiterò al presidente”. “Certo, mi sembra la cosa migliore” rispondo pacatamente mentre entrambi già sappiamo che non andrà così. Passano decine di minuti, i volti dei soldati del picchetto sono lividi, tenere la posizione è impresa epica, muovono le dita delle mani per far circolare il sangue. Ma ecco finalmente l’avvicinarsi di macchine lampeggianti. Una, due, tre, quattro passano davanti al monumento, la quinta si ferma esattamente davanti, scende il Presidente della Repubblica Italiana. Scatta il picchetto, fibrillano le body guard. Napolitano incede verso il monumento. “L’austera cerimonia è breve ma sentita” immagino il commento con voce pacata del Cinegiornale Luce degli anni Sessanta. Corona di fiori deposta. Napolitano si volta ed inizia a tornare verso la macchina. Alessandro Vanzi, il mio corposo socio, alza le mani al cielo non in segno di vittoria ma per fotografare il presidente da sopra le teste dei cameraman che gli si sono messi davanti. Il mio interlocutore della sicurezza si avvicina rapido e dice la fatidica parola: “adesso!”. Non attendevo altro, mi scaravento sgomitando verso il presidente tra gli occhi stupiti della sicurezza polacca e quelli sornioni di quella italiana che hanno già previsto tutto. Sono davanti al mio presidente. Intorno si forma un capannello misto di Forze dell’Ordine in divisa, sicurezza in borghese, operatori TV, fotografi, soci eleganti. Tutti fermi a guardare l’improvvisa scena. Mi presento nel modo più rapido e chiaro possibile per far capire che non sono un intrufolato, tipo quello che mostra i preservativi alle spalle dei giornalisti TV davanti Palazzo Chigi. Consegno Gazzetta Italia. Gli occhi curiosi di Napolitano si accendono: “Bravi un giornale per gli italiani in Polonia, e quanti siete? Cosa fate principalmente?” Rispondo con frasi brevi e chiare mentre il presidente sfoglia interessato il nostro giornale. Cerco di comunicare in pochi minuti l’esistenza di un mondo di italiani in Polonia che hanno bisogno di avere un paese Italia forte alle spalle. Persone che si sono rimboccate le maniche e che con coraggio creano attività, spesso di successo, in un paese emergente. Ma accenno anche alla grande attenzione dei polacchi verso le infinite influenze italiane nell’arte, nella cultura e naturalmente nella moda e nella cucina. “Ma vivi qui?” domanda Mister President. “Esattamente a metà tra Varsavia e Venezia”, rispondo. “Che bel ponte culturale! Molto bene. Andate avanti così la vostra opera è importante per l’Italia” si congeda felicemente sorpreso Napolitano. Sale in macchina, il capannello si scioglie. Missione compiuta! Si torna in ufficio vincitori. Sono di nuovo nell’ascensore di Babka Tower. Guardo le porte che iniziano la loro noiosa corsa verso la chiusura, in quel momento fa in tempo ad entrare una manager. Una bella trentenne mora con occhiali squadrati che sprizza cosmopolitismo da tutti i pori. Saluta, si guarda allo specchio, sistema i capelli, si rigira verso di me e cerca di leggere dalla Gazzetta Italia che ho ripiegata in mano. “Tenga pure, è in italiano e polacco, lo facciamo qui al 15° piano” abbozzo sorridente allungandole il giornale. “Ah che interessante! Grazie!”, risponde incuriosita prima di scendere al 14° piano congedandosi con un allegro saluto. Non c’è dubbio era una manager non una segretaria.
Tre paesi in una settimana, Romney in visita in Polonia
Aleksandra Szumilas
Dal 30 al 31 luglio il probabile candidato repubblicano alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, Mitt Romney è stato in Polonia. Ha incontrato il presidente Bronis?aw Komorowski, l’ex presidente Lech Wa??sa, il premier Donald Tusk ed il Ministro degli Affari Esteri Radek Sikorski. L’ultimo atto della visita in Polonia è stato il discorso alla Biblioteca dell’Università di Varsavia organizzato da l’Istituto Polacco per gli Affari Esteri (PISM), The German Marshall Fund of the United States e l’Istituto di Lech Wa??sa. Tutti si aspettavano che il discorso fosse dedicato ai suoi programmi per la politica estera nel caso dovesse vincere le elezioni e di conseguenza sostituire Barack Obama. Ha invece parlato di storia facendo una sorta di riassunto dei rapporti polacco – americani ed un omaggio alla Polonia. Romney ha parlato della partecipazione di Kazimierz Pu?aski nella lotta per l’indipendenza americana, del movimento Solidarno??, di Giovanni Paolo II e di Lech Wa??sa. Ha indicato la Polonia come esempio di un paese che negli ultimi 20 anni si è trasformato in una nazione moderna. Ha parlato dell’economia polacca che malgrado la crisi continua a svilupparsi essendo nello stesso tempo un’eccezione su scala europea. Non ne ha parlato molto però. Non ha promesso niente. Non ha detto dei suoi programmi e cosa succederà se vincerà le elezioni. Sicuramente il fatto che abbiano parlato un po’ di più della Polonia negli Stati Uniti è una cosa positiva. Prima di venire in Polonia, Romney era stato in Inghilterra ed in Israele ed in tutti e due i paesi la visita è finita con qualche gaffe fatta dal politico. Tutti così si aspettavano cosa sarebbe successo in Polonia, ma nessuna gaffe. Dal punto di vista della comunicazione, la sua visita è stata un’ottima pubblicità per il nostro paese. Sullo sfondo delle gaffe e delle azioni di Obama giudicate male dai Polacchi, la visita di Romney è stata un segno positivo, ma non rimane nient’altro che sperare che gli incontri a porte chiuse siano stati più vantaggiosi e promettenti del suo discorso in Biblioteca. Pur avendo un significato positivo per la Polonia, è difficile dire se Romney ci teneva più a conquistare i cuori della Polonia americana oppure a dimostrare agli americani che è preparato in politica estera. Le elezioni si terranno a novembre ed anche se per adesso Barack Obama ha un vantaggio su Romney niente è sicuro.
Ostuni, una città da scoprire
Aleksandra Szumilas
Dicono che i viaggi rendono la nostra vita più ricca. Nella mia vita finora ho già viaggiato molto. Ma ci sono alcune parti del mondo che ho visto che mi son rimaste nel cuore. Tra queste c’è Ostuni, la Città Bianca in provincia di Brindisi in Puglia che sorge su tre colli ad un’altezza di 218 metri s.l.m. In Italia è famosa ma in Polonia no. E credetemi cari connazionali, ne vale la pena! Durante il mio soggiorno italiano l’ho visitata parecchie volte. Anche se ogni volta scoprivo qualche cosa nuova, quello che mi attirava sempre ugualmente era il mare pugliese. La cosa più peculiare che affascina sin dall’inizio è l’imbiancatura a calce delle case. Se voglio spiegare agli amici in cosa consiste la bellezza di Ostuni, dico sempre che assomiglia all’isola di Santorini ma senza il blu. La città è piccola visto che ci vivono circa 33 mila abitanti ma le passeggiate nel centro storico danno una sensazione straordinaria. Per un turista, un viaggio al sud d’Italia vuol dire avere una vera e propria esperienza della vita italiana. Per un anno sono vissuta a Milano. Ogni volta che scendevo a Ostuni, facilmente coglievo la differenza. I vecchietti che prendono il caffè nei bar sono sempre pronti a fare due chiacchiere. Nessuno ha fretta. Si conoscono tutti. Anche se questo può essere un aspetto negativo: uno straniero in città viene notato subito. Ma faceva niente, non è molto difficile fare amicizia in Puglia.
Il cuore della città è senz’altro Piazza della Libertà dove la vita non si ferma mai soprattutto durante le lunghe notti d’estate. La luce proveniente dai bar, il suono della musica ed il movimento delle ragazze in tacchi rendono la città viva fino alla mattina. Tutto si svolge sotto lo sguardo di Sant’Oronzo, il Santo Patrono di Ostuni e di Lecce che osserva la città dall’alto della sua colonna. Una tra le più antiche manifestazioni folkloristiche del Salento è la festa in onore di Sant’Oronzo. In realtà il santo patrono principale di Ostuni è San Biagio, Sant’Oronzo è considerato dagli ostunesi santo patrono della diocesi di Brindisi e di Ostuni quindi in secondo piano rispetto a Biagio, ma ugualmente benvoluto dagli ostunesi. La festa di Sant’Oronzo (24-27.08) si caratterizza dalla storica cavalcata organizzata in onore del Santo e che percorre le vie più importanti della città. La cavalcata, infatti, è tra le più antiche pratiche di devozione della città di Ostuni nei confronti del Santo.
Da notare è la passione della maggior parte dei ragazzi e anche delle ragazze ostunesi: le moto. La domenica si passa in giro con la moto se il tempo lo permette. Lo devo ammettere perfino io che ho sempre avuto paura delle moto: fare un giro al mare è una cosa incredibile. A Ostuni esiste anche un club dei motociclisti che ogni tanto si organizzano a fare giri lunghi insieme. Gli ostunesi condividono anche un’altra passione: la passione del mangiar bene. Anche se dire che gli piace mangiar bene è poco. Penso di non aver mai visto prima qualcuno appassionato talmente da un pezzo di carne. Uscire a mangiare con gli ostunesi è sempre una festa con gli antipasti, i primi, i secondi, i dolci ed i litri di vino. Quello che preferivo mangiare io durante le giornate trascorse a Ostuni erano i frutti di mare. Veramente, proprio lì ho imparato ad apprezzarli come si deve. La prima volta che ho visto un piatto di ricci, mi sono spaventata ma sono bastati 5 minuti per imparare ad apprezzare il loro sapore. È bastata una visita a Ostuni per imparare a godere il vino, il cibo e per sapere che ci dovevo tornare. Una sola volta Ostuni semplicemente non basta.
Federico Barocci
Scena Quinta: FEDERICO BAROCCI.
Urbino 1603. La bottega di Federico Barocci.
MUSICISTA: (Fuori scena, emette un suono con uno strumento)
BAROCCI: Perché sono fuggito da Roma e mi sono ritirato nella mia Urbino? (Gridando) Perché le strade di Roma son divenute così insicure, con tutti quei lazzaroni, plebe di campagna, che i viaggiatori sono invitati dalle autorità a dare la borsa in custodia ai banchieri. E a girare di notte per i vicoli non c’è da stare affatto tranquilli. Pefino il Papa, nelle cerimonie, prima di bere dal calice, deve servirsi della fistola, della storta. Ma soprattutto, mi sono ritirato nella mia Urbino, perché a Roma mi hanno avvelenato… il corpo, la mente, il sangue!
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: (Al centro della scena) E ora tutti mi vengono a dire che sono malato, perché, secondo loro, io starei vivendo il mio corpo come un luogo insidioso, inabitabile. Tutti bravi a dire! Io sto male, in conseguenza di quel subdolo ed infame avvelenamento. Altro che! (Pausa) Qui almeno io abito il mio corpo, nel senso che mi sento a casa! Soltanto qui, nella mia città, mi sento tranquillo, accolto da me, dentro di me, in uno spazio che mi riconosce e mi contiene. E ciò mi permette di sperimentarmi in un benessere che caratterizza la mia esistenza, il mio stare al mondo.
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: Io sono figlio e nipote di incisori e scultori. Ed anche se ho studiato l’arte del
mio conterraneo Raffaello e ho avuto rapporti con Michelangelo, col Vasari e con gli Zuccari, per me è stata determinante l’arte del mio vero ed unico maestro: Correggio. Infatti ho tradotto, in composizioni spesso teatrali, la grazia e la vivacità dei colori, proprie del pittore emiliano piuttosto che quella tragica ‘terribilità’ di Michelangelo. E poi, seppur col mio spirito cristiano, io non ho rappresentato e non rappresento in modo aulico i fasti della Chiesa, anche se tra i miei committenti c’è stato anche il papa, ma io ho inteso e intendo toccare direttamente l’animo dei fedeli, suscitando in loro una commozione tale che poi spesso ho visto e vedo tramutarsi in devozione.
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: (Al centro della scena) Checché se ne dica, non sto certo vivendo, al pari di taluni, la malattia come scelta di vita. Lo sa bene Lìlio, l’allievo che m’è stato sempre vicino! Se ora sento dolore allo stomaco e ieri alla testa, ripeto, è perché sono stato avvelenato. Invece giù tutti a sentenziare: “Il tuo isolamento ti sta portando progressivamente a sentirti turbato, quasi paralizzato in una situazione che prima o poi ti apparirà senza uscita. Se continui a vivere in quest’isolamento finirà che non potrai più vivere la tua vita. E sopraggiungerà lo sconforto quando t’accorgerai di non farcela più a vivere. E allora ti succederà di incominciare a bere per cercare d’alleviare il dolore e la disperazione. E così di fojetta in fojetta vedrai sparire anche quei pochi scudi d’oro che ti rimangono” .
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: Invece, a dispetto di tutti, io son qui che creo. E poi sono anche ritrattista, disegnatore ed incisore di acqueforti. E la mia vita è colorata. E i miei colori sono il rosa e l’azzurro del cielo, il colore delle arance, il grigio delle pietre umbre, il rosso ocra delle terre di Siena. Ho abbandonato Roma con dolore, non crediate! La Roma a me cara per la presenza di Caravaggio, del Cardinale Cesare Baronio, del Cavalier Marino, di Filippo Neri, del Cavalier D’Arpino di fra’ Deo Gratias, di Rubens, di Pomarancio. Per Pippo Bono ho dipinto una ‘Presentazione di Maria al Tempio’, per gli Oratoriani una ‘Visitazione’. Ma andate ad osservare la mia ‘Deposizione’, il mio ‘Trasporto di Cristo al sepolcro’, tutta la mia opera! Io dipingo in modo tale che lo spettatore che si avvicini ad un mio dipinto deve essere subito catturato come in una rete di affetti, di stati d’animo, di occhiate, tutte espressioni che voglio invitino a partecipare emotivamente a quel momento che io ho fissato sulla tela. Ogni mia opera ha sempre visto la luce dopo un lunghissimo e sofferto arco di tempo, caratterizzato da ripensamenti e impaginazioni compositive diversificate, perché io ho sempre cercato di raggiungere il modo più adeguato per aderire più intimamente all’essenza delle cose o dei momenti. Le mie figure devono sembrare animate dal di dentro come da un vortice di vento che arriva a scuotere i panneggi. E i miei guizzi luminosi contro cieli cupi devono apparire come riverberi della tempesta mentale dei miei personaggi.
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: (Al centro della scena) Ma ora lasciatemi stare! Lasciatemi solo! Dico anche a voi! (Indica il pubblico) Ricordate che noi tutti siamo in balia del Male. È lui che governa il mondo, che non ci consente di scegliere di nascere, che non ci consente, o quasi, di scegliere di ammalarci o di morire. Egli peraltro ci costringe ad essere spesso suoi strumenti: quando ad esempio minacciamo, aggrediamo o uccidiamo. Anche la natura è al servizio del Male. Guardate le sue catastrofi, le sue carestie, le sue epidemie. A volte mi vien da pensare che hanno ragione quelli della Riforma quando asseriscono che l’uomo in un certo senso nasce già predestinato. Sono la Predestinazione e la Grazia che tolgono all’uomo il libero arbitrio!
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: Se io dico queste cose è perché conosco il „vero”. Certo il mio „vero”, sia nella vita che nella pittura, è il mio „vero”, come il mio temperamento lo sente. Io, infatti, nella vita e nella pittura, sono un artista raffinato e sensibile, ma sono anche uno attento a tutto e a tutti. Sulle mie tele, come ho già detto prima, creo effetti particolari di luci, di forme evanescenti e sfaldate, di colori pastosi e leggeri, però prediligo le composizioni festose e adorne, nell’abbondanza di drappi e svolazzi, ma soprattutto amo creare composizioni affollate di persone e animali. Sì, di animali …, anime pure!
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: (Mentre lascia la scena per uscire) Certo, la vita stanca! Col passar del tempo la vita, di per sé, stanca chiunque. Scopriamo peraltro che la nostra vita sta volgendo al termine proprio quando sentiamo sopraggiunge questa stanchezza. Un po’ come quando avvertiamo la presenza del nostro cuore, che allora ci si accorge di avere quell’organo malato o quando incominciamo ad aver paura d’aver paura, che si prende coscienza d’aver perduta la serenità. Di questo ed altro ancora ne sa certamente qualcosa quel sant’uomo di Cesare Baronio che ha davanti agli occhi ogni momento la morte. Se non avesse la Fede a rigenerarlo, a ricrearlo… . Eppure, malgrado il mio egoismo di certi momenti, dettato dalla difesa al mio malessere , io sento che il Cardinal Baronio è con me, è dalla mia parte. Ho saputo che sovente egli è in meditazione davanti alle mie tele in Santa Maria in Vallicella, non crediate! Assieme a quell’anima santa di Pippo Bono (Pausa). Loro, tutti e due, sì che sono dalla mia parte!
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: Pippo Bono. Sì, Padre Filippo Neri! Ecco perché, prima di lasciare Roma, ho scelto di dipingere in suo onore, un’edicola proprio accanto alla sua antica Chiesa di San Girolamo della Carità, un medaglione da sospendere sullo spigolo del palazzo lì accanto, sorretto da due putti, con dentro una miniatura a tempera, dipinta su una lastra d’ardesia, che rappresentasse “Lui che si china a baciare il piedino del Bambino Gesù sotto lo sguardo dolcissimo della Madonna” . Ecco … (Esce di scena)
Europeo: salto in avanti dei polacchi!
L’8 giugno la Polonia è impazzita per Euro 2012. Un paese intero imbandierato, con sciarpe, berretti e tanti altri simboli bianco-rossi. La gente si riuniva a tifare per le nostre “Aquile”. Malgrado il fatto che già otto giorni dopo l’inizio dei Campionati la nazionale polacca ha dovuto salutare il torneo, lasciando un grande rimpianto nei cuori dei tifosi, i polacchi hanno goduto l’atmosfera dei Campionati Europei, perché l’Euro non è stato solo calcio ma è stato complessivamente un grande evento, una festa e un’occasione di sviluppo del paese. La verità è che sia per la Polonia che per l’Ucraina l’organizzazione di un torneo così importante è stata molto più difficile che di quanto lo sia stato organizzare gli Europei 2008 da parte dell’Austria e della Svizzera. Per i polacchi gli incontri del campionato del calcio, che sono durati circa un mese, sono stati l’apice di cinque anni di preparativi. L’Euro 2012 è stato uno stimolo per la modernizzazione delle infrastrutture, in particolare delle strade e della rete del trasporto pubblico. Inoltre ha sicuramente influito sulla consapevolezza dei polacchi, popolo abituato a lamentarsi ma che stavolta ha mostrato la capacità di mobilitarsi e organizzare un grande evento europeo. Senza l’Euro avremmo dovuto aspettare ancora tanto per un tale progresso non solo economico.
Dopo la conclusione dei Campionati rimangono gli investimenti fatti, di cui perfino gli euroscettici possono essere contenti: nuovi aeroporti, stazioni ferroviarie modernizzate, ampliata rete delle autostrade e delle strade statali. Gli investimenti che non sono stati conclusi, verranno finalizzati dopo l’Euro. Rimane un problema: gli stadi e il loro utilizzo dopo il torneo. Sappiamo bene quanto è costata la loro costruzione e quanti soldi ci vogliono per il loro mantenimento. Comunque essi sono stati creati con sguardo verso il futuro. Oggi per esempio lo Stadio Nazionale possiede le maggiori sale conferenza della Polonia che possono invogliare gli imprenditori ad organizzare eventi aziendali, incontri di business e banchetti. “Già a settembre non ci sono più posti liberi” ha detto il portavoce del NCS (Centro Nazionale dello Sport) Daria Kuli?ska. Senza dimenticare l’organizzazione dei concerti di Madonna o quello dei Coldplay. Una situazione simile riguarda l’impianto di Breslavia, dove verrà giocata la partita amichevole Brasile-Giappone. Non si sa quali altri eventi, oltre alle partite del calcio, si svolgeranno negli stadi di Danzica e di Pozna?, ma di sicuro ci sono dei progetti. Insomma a breve termine capiremo se gli stadi guadagneranno abbastanza per il loro mantenimento oppure sovraccaricheranno i budget delle città. Nel secondo caso, ne pagheranno i polacchi. Gli albergatori e i ristoratori contavano su maggiori profitti dall’Euro. Durante il torneo gli alberghi erano pieni al 90% e i prezzi più alti (oltre 200 euro per una camera) sono stati raggiunti nell’area delle Tre Città (Gdansk, Sopot, Gdynia). Finiti i campionati bisogna pensare a come attirare i turisti, visto il fatto che per adesso nessuno si aspetta un flusso turistico così grande come durante l’Euro 2012. Un altro aspetto importante della coorganizzazione dell’Euro 2012, oltre allo sviluppo delle infrastrutture e dell’economia, è stata la promozione della Polonia sulla ribalta internazionale. Sono arrivati molti tifosi che hanno visitato un paese interessante, sperimentando la vera ospitalità polacca, la disponibilità della gente e persone simpatiche e hanno assaggiato il cibo regionale. Gli ospiti dell’estero si sono convinti che siamo usciti dalla cortina di ferro, e che in Polonia non ci sono più le tracce del comunismo. I tifosi hanno visto un paese moderno e hanno sperimentato un’atmosfera accogliente. Grazie a ciò uno su due tifosi stranieri dichiara di voler tornare in Polonia. Tra i più soddisfatti della visita in Polonia c’erano i fantastici tifosi irlandesi e quelli cechi, che hanno visitato Breslavia.
Dal soggiorno in Polonia sono soddisfatti anche i calciatori. Iker Casillas, che ha passato il tempo libero con la sua fidanzata Sara Carbonero sulla spiaggia del mar Baltico, ha scritto sul suo blog “Fantastico Baltico”. Il difensore spagnolo, Gerard Piqué, è stato visitato da Shakira, che ha aprofittato dalle ciclopiste a Jurata e i portoghesi sono stati molto soddisfatti dal loro soggiorno a Opalenica.
Per i polacchi, un vero e proprio hit durante l’Euro 2012 erano i fan zone, dove l’atmosfera è stata fenomenale. Il numero dei partecipanti e la soddisfazione erano così sorprendenti che gli appasionati del calcio vogliono che tali eventi si ripetino durante le qualificazioni ai Mondiali in Brasile, che la nazionale polacca inizia a settembre. Malgrado un grande interessamento, è una proposta impossibile da realizzare, per via dei costi alti, ma è possibile che nel caso in cui i bianco-rossi entreranno nella fase di gruppo, i fan zone verranno creati.
La Polonia ha sfruttato pienamente il privileggio dell’organizzazione dei Campionati Europei. Malgrado il fatto che i nostri calciatori non sono usciti del gruppo, la Polonia ha già vinto questa partita modernizzando il paese per i primi cinque anni, aprendosi all’Europa e costruendo un’atmosfera accogliente e un immagine positiva durante i 23 giorni del torneo. Tutto questo costituisce la grande vincita dei polacchi e l’enorme passo in avanti. Gli effetti? I primi già si vedono: l’Europa inizia a fidarsi di noi permettendo di organizzare gli altri campionati europei. Questa volte nell’ambito del pallavolo, nel 2016!
Alta percentuale di divorzi tra le giovani coppie in Polonia
Iwona Pruszkowska
In Polonia, come in tutta Europa, l’istituzione della famiglia è sempre più fragile e meno durevole, i divorzi, invece, sempre più frequenti. Non bisogna più seguire l’esempio di Ferdinando del “Divorzio all’italiana” di Pietro Germi per liberarsi di una persona non più amata. Attualmente ci sono dei paesi in cui perfino la metà dei matrimoni stipulati finisce con il divorzio (tra questi ad esempio Austria, Repubblica Ceca, Norvegia, Lussemburgo). La percentuale maggiore dei divorzi concerne la Spagna, che nel 2005 ha introdotto i cosiddetti divorzi immediati. la possibilità di sciogliere il matrimonio è stata introdotta in Polonia all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso. È stato un risultato della laicizzazione della legge sui matrimoni (avvenuta nel 1945) e della rimozione del Concordato del 1923 da parte delle autorità comuniste. La nuova legge ha introdotto la possibilità della separazione e ha influito sulla dimensione del fenomeno dei divorzi. Dai dati del GUS (Ufficio Statistico Generale) risulta che nel 2010 in Polonia ci sono stati 61.300 divorzi a fronte di 228.337 matrimoni contratti. Anche se nei confronti con l’anno precedente il numero di divorzi è diminuito leggermente (nel 2009 si trattava di 65.345 divorzi) da alcuni anni aumenta la percentuale dei divorzi tra i giovani sposi (26,84 divorzi su 100 matrimoni stipulati). Dal 1991 la probabilità di divorzio è aumentata dal 15% al 30% (secondo i dati del progetto FAMWELL, elaborato da Marta Styrc, presso la SGH, Scuola Superiore del Commercio). Dalle valutazioni preliminari risulta che nel 2011 il numero dei divorzi è aumentato di nuovo e riguardava 65 mila coppie. Anche se la decisione di unirsi in matrimonio concerne persone sempre più mature, e quindi dovrebbe essere più ponderata, nel 2010 ci sono stati 13.767 divorzi tra sposi con anzianità di matrimonio tra 0 e 4 anni. Tra le cause più frequenti dei divorzi in Polonia ci sono: incompatibilità di carattere, assenza lunga di uno dei coniugi, tradimento, alcool. Ovviamente un fattore che influisce sull’aumento del numero di divorzi è il cosiddetto consenso sociale. Nel passato il divorzio era considerato una vergogna mentre adesso è una normalità. Inoltre per tanti giovani la carriera occupa il primo posto nella loro vita perciò non vogliono fare dei sacrifici per salvare la relazione. Tale situazione influisce ovviamente sulla vita dei bambini. Secondo i dati del GUS ci sono 52.165 bambini in Polonia (di cui 6.972 sotto i due anni) con genitori divorziati. Nelle scuole elementari è sempre meno frequente che un bambino abbia una famiglia completa. Dalla campagna sociale, elaborata dalla fondazione “Fundacja Mamy i Taty” alla fine del 2011, risulta che l’87% dei polacchi considera il fenomeno dei divorzi il secondo più grave problema sociale in Polonia (al primo posto nella classifica si è trovata la tossicodipendenza, indicata dal 91% dei polacchi). Grazie alla campagna è aumentata la consapevolezza dei polacchi delle conseguenze dei divorzi ed è cresciuta l’opinione secondo cui spesso le persone divorziano senza riflettere bene. “Vogliamo promuovere fiducia, responsabilità e sacrificio come fonte di felicità individuale e di coppia. Vogliamo raccontare ai giovani le cose che non sono apprezzate nella cultura moderna” ha detto Pawe? Woli?ski della fondazione.
Anastasi-Polonia, binomio perfetto
Marcin Lepa, Polsat Sport
Vi siete divertiti? Spero che vi siano piaciuti i Campionati Europei di calcio che si sono giocati sui campi di Breslavia, Danzica, Pozna? e Varsavia. Specialmente visto che la squadra italiana è partita carica a mille per la finale di Kiev: la semifinale di Varsavia è stata una partita entusiasmante per la squadra azzurra.
Da lunedì 2 luglio i tifosi polacchi erano già concentrati su le nuove emozioni sportive legate alle prestazioni della tennista Agnieszka Radwa?ska in campo a Wimbledon e alla World League di pallavolo. La squadra bianco-rossa è stata condotta in quel torneo ancora una volta dall’allenatore Andrea Anastasi di Poggio Rusco, ex allenatore delle squadre nazionali di Italia e Spagna, campione del mondo e d’Europa. Con la squadra polacca ha vinto tre medaglie nel 2011, in occasione dei Campionati europei (argento), della World League (bronzo) e della Coppa del Mondo (bronzo). Adesso, dopo la recente vittoria della World League, l’obiettivo comune della squadra e del suo allenatore italiano è vincere una medaglia olimpica.
“Sì, il nostro scopo è vincere una medaglia. Dobbiamo essere umili e lavorare sodo; il nostro gioco è in costante miglioramento, le vittorie con il Brasile possono soltanto cementare la forza all’interno del nostro gruppo. La medaglia è a portata di mano. Il torneo olimpico è una competizione difficile, però noi siamo pronti a fare la nostra parte. A volte la sfortuna o un piccolo infortunio possono contrastare i piani di partenza, ma bisogna essere ottimisti” dichiara un convincente Anastasi; in queste sue parole si può ritrovare tutto l’Anastasi che conosciamo: umiltà, lavoro duro e fiducia in se stesso.
Questo suo ritratto caratteriale sarà contenuto nel libro che è stato pubblicato poco prima dell’inizio dell’Olimpiade dalla casa editrice Sine Qua Non. Si tratta del nuovo volume di una serie di biografie di personalità molto conosciute e legate al mondo dello sport. Dopo Zlatan Ibrahimovi? e qualche altra stella del calcio, è il turno dell’allenatore della squadra di pallavolo polacca. I libri che trattano di sport non sono numerosi e la maggior parte è dedicata al mondo del calcio, quindi questo libro rappresenterà una rarità sul mercato.
Anche l’argentino Raul Lozano, allenatore dei polacchi vincitori della medaglia d’argento durante il mondiale in Giappone nel 2006, ha pubblicato la sua autobiografia. Il libro a cura di Aldo Pistelli che tratta della vita di Anastasi, dal titolo “Anastasi racconta”, è uscito in Italia nel 2010 e ora sarà edito anche in Polonia.
Allora che tipo è Anastasi? È il tipico “family man”, un uomo di famiglia e di cuore che ha trovato velocemente un linguaggio per comunicare con i fortunati pallavolisti. Ha anche una grande esperienza, quindi sa quando alzare la voce e sgridare i suoi giocatori.
“Il nostro allenatore sa sorprenderci: di solito è tranquillo, ma quando si arrabbia trema tutto” scherza ?ukasz ?ygad?o, palleggiatore della nazionale polacca e della Trentino Volley italiana, descrivendo il carattere del suo allenatore.
“La gente nata in quella regione è insolitamente laboriosa. Se gli chiedi il suo programma di allenamento odierno, lui saprà indicarti non soltanto quello, ma anche quello dei prossimi giorni. La sua carriera è caratterizzata dalla sua sistematicità. È stato uno dei primi allenatori italiani che si sono concentrati sulla preparazione mentale della squadra e dei singoli giocatori” racconta Ryszard Bosek, uno dei più grandi pallavolisti nella storia della nostra nazionale e membro del team vincitore della medaglia d’oro alle olimpiadi del 1976 a Montreal.
“Lo conosco da anni. Mi ricordo quando lui stesso era un giocatore; dal momento che era più basso di molti altri, compensava con un’ottima tecnica e con una sorprendente volontà” dice Bosek, ex pallavolista della squadra di Padova, aggiungendo che “era estremamente battagliero per via del suo carattere forte ma tutte le sue azioni erano rivolte al bene della squadra”.
Infatti, anche nella biografia di Pistelli viene disegnata l’immagine di un pallavolista estremamente talentuoso che già in campo manifestava le sue doti di comando. Quindi è diventato in poco tempo un allenatore: prima delle squadre dei club di pallavolo della Serie A, successivamente delle squadre nazionali di Italia e Spagna e adesso della Polonia, mietendo successi ovunque.
Anastasi racconta che adesso per lui sono più importanti i successi dei pallavolisti della Polonia, dicendo che “diventiamo sempre più forti come squadra. Ci hanno raggiunto due grandi giocatori, Micha? Winiarski e Pawe? Zagumny. La loro tecnica ed esperienza influiscono positivamente sul morale della squadra. Credo che questo farà effetto durante l’Olimpiade di Londra”.
La medaglia d’oro olimpica è il sogno di Anastasi ma non soltanto il suo: infatti, nella storia della pallavolo italiana, la nazionale azzurra non è mai riuscita a salire sul gradino più alto del podio. Anastasi fu vicino a centrare questo obiettivo allenando la squadra del suo Paese, ma ha fallito; ora ci riproverà con i polacchi.
La fase finale della World League che si è svolta a Sofia, capitale della Bulgaria, è stata una delle ultime prove prima dell’Olimpiade. È proprio lì che abbiamo parlato con Anastasi. “Siamo venuti qua per vincere. Siamo in buona forma. Quest’anno abbiamo già battuto tre volte il Brasile, e ancora una volta il destino ci ha associato con loro. È un po’ ingiusto, ma cercheremo di batterli di nuovo. Abbiamo affrontato il “diavolo” tante volte, ci proveremo ancora una volta” ha detto sorridendo Anastasi. I polacchi prima di questo successo non avevano mai vinto la World League: l’unica medaglia (di bronzo) vinta in questo torneo dai polacchi è stata conquistata nel 2011, condotti proprio da Anastasi, o meglio da “Antek”: visto che così viene soprannominato l’allenatore in Polonia.
Ce l’abbiamo fatta! I polacchi hanno battuto in bello stile le squadre dei “Canarinhos” brasiliani (3:2 eliminandoli dal torneo), e poi Cuba, Bulgaria e Stati Uniti, vincendo tutti i match 3 a 0. In quest’occasione, i bianco-rossi hanno vinto un premio di un milione di dollari.
“È una grande sensazione” ha commentato Anastasi a Sofia dopo aver trionfato per la quinta volta nella World League, infatti ha vinto per due volte come giocatore, due volte come allenatore della squadra italiana e adesso come guida tecnica del team polacco. “Sono commosso. Questo è un gran successo ma non possiamo dimenticare che è solo l’inizio della stagione e che il nostro obiettivo è vincere la medaglia olimpica. La vittoria ottenuta nella capitale bulgara ci darà fiducia in noi stessi e ci permetterà di lavorare con calma lungo le rimanenti settimane” ci ha raccontato Anastasi, durante la premiazione individuale dei suoi giocatori, che subito dopo hanno raggiunto il gradino più alto del podio.
Nel 2008 la squadra nazionale degli Stati Uniti ha vinto la World League in Brasile, per poi bissare il successo vincendo la medaglia d’oro a Pechino. Adesso sono in tanti a prevedere che la Polonia avrà lo stesso destino. “Avete un’ottima squadra all’interno della quale le eccellenti individualità si completano a vicenda” dice Andrea Zorzi, ex giocatore e collega in nazionale di Anastasi, attualmente impegnato come giornalista televisivo ed esperto principale del sito internet della Federazione Mondiale di Pallavolo www.FIVB.org.
Se anche Zorzi che in passato ha criticato costantemente la nostra nazionale, stavolta parla così bene di noi, cosa dovrebbe pensare Anastasi? Anche lui sente la grande chance di scrivere il nome della Polonia nella storia dello sport, ma questo non ci meraviglia… “Antek” è un uomo sicuro di sé, sorridente, con un atteggiamento positivo verso la vita: questi sono i tratti caratteriali dell’allenatore proveniente dalla provincia di Mantova. Desiderate conoscere meglio questo simpatico italiano? Desiderate sapere come ha cominciato la sua carriera? Come dalla piccola Poggi Rusco è arrivato ai tornei italiani e poi a quelli mondiali? Desiderate scoprire perché un pallavolista così basso ha giocato nei più importanti club d’Italia? Allora leggete la sua storia! Quanto vorremmo che la Polonia vincesse per tutti noi tifosi la medaglia d’oro durante queste Olimpiadi… meglio non dir nulla! Per scaramanzia è meglio non dirlo ad alta voce!
Un’altra cosa è invece sicura, se nel prossimo futuro desideraste di nuovo vivere una vera e propria festa tra i tifosi, recatevi ancora alla Fan Zone, per cantare assieme ai tifosi di pallavolo “Polska bia?o-czerwoni”; ricordiamo che nel 2014 a Varsavia arriveranno le migliori squadre del mondo per competere nei campionati mondiali di pallavolo. In quell’occasione, ancora una volta, la squadra polacca sarà allenata da Andrea Anastasi.
Alla faccia del gentil sesso!
Lo scrittore francese Jacques Lacarriere ha scritto: “… ma cos’è un viaggiatore? È colui che in ogni paese percorso, per il semplice nuovo incontro di altri e attraverso l’essenziale oblio di se stesso, ricomincia la sua nascita… “
La potenza del viaggio in moto a volte , più che da un luogo turistico preconfezionato o un monumento, la percepisci lungo la strada.
Nei racconti dei grandi viaggiatori motociclisti, ho sempre cercato di scovare e di carpire i segreti dei loro straordinari incontri e inevitabili colloqui durante i loro viaggi intorno al mondo.
L’incontro con Anna Jaczkowska, motociclista e viaggiatrice in solitaria, autrice di due libri dal titolo “Donne in moto” e “Solitudine nei Balcani” mi elettrizza per varie ragioni.
Ho rintracciato questa esile bionda dal fisico molto sportivo per puro caso cercando durante le mie notti insonni nuovi itinerari per i miei viaggi avventura.
Oltre ad essere molto carina nei modi di fare, questa ragazza si manifesta subito con una sorprendente umiltà e semplicità nel raccontarmi alcuni dei suoi stupendi viaggi avventura.
Anna sostiene che ogni viaggio fa storia a se e le ha dato differenti emozioni e sensazioni. Per esempio, il viaggio nei Balcani, avvenuto un anno dopo la tragica morte del fratello più giovane, le ha rilevato, nei momenti di solitudine, il fatto che non aveva ancora superato il trauma. Quindi in assenza di interazioni, l’individuo è portato a ritrovare l’essenza di se stesso senza compromessi.
Le chiedo se ha mai incontrato situazioni di pericolo per la sua vita derivanti da pericoli legati alle persone incontrate. Con grande sorpresa mi racconta che l’unica situazione di vero rischio l’ha vissuta in Romania sotto un forte temporale, e percorrendo ad alta velocità una strada secondaria si è trovata dinanzi una massa indefinita nera che poi si è scoperto essere una grossa mucca!
“Il viaggio in Argentina, ha messo a dura prova la mia resistenza alla solitudine percorrendo centinaia di chilometri senza incontrare anima viva! Ho avuto l’impressione di assorbire l’umore a seconda dei paesi che attraversavo. In Argentina triste, negli U.S.A dopo aver ballato la musica country il mio animo era pieno di felicità ma anche energia”.
Anna è una vera sportiva. Oltre al motociclismo coltiva altri interessi per sport estremi tipo il freeclimbing ma anche il ciclismo.
Le chiedo allora come deve essere il suo partner ideale e lei mi spiega che il suo partner è una persona tollerante che riesce a mediare con il forte carattere di Anna ma anche capisce l’esigenza di solitudine che caratterizza Anna.
Mi piacerebbe moltissimo provare a fare un viaggio con questa wonder woman della moto. Una ragazza che sotto il casco nasconde una forte femminilità e umanità.
Sta preparando il terzo libro che racconta il suo viaggio in America e ci garantisce che sarà denso di aneddoti e storie vere e vissute.
Il mio augurio è che le case motociclistiche prestino maggiore attenzione al fenomeno crescente del mototurismo e dedichino risorse anziché investire in pericolose gimkane e altre iniziative futili e antieducative.