Slide
Slide
Slide
banner Gazzetta Italia_1068x155
Bottegas_baner
Banner_1068x155
baner_big
Studio_SE_1068x155 ver 2
FA-721-Xmass_banner_1068x155_v1 (1)

Home Blog Page 328

“Bitwa pod Wiedniem”, la maggiore produzione italo-polacca della storia

0

Quell’11 settembre (sì proprio 11 settembre…) del 1683 la Storia arrivò ad uno dei suoi crocevia. Un secolo dopo la disfatta di Lepanto, la più cruenta battaglia navale di sempre (6 ottobre 1571), vinta dalla flotta della Lega Santa – che riuniva le forze navali di Venezia, della Spagna (con Napoli e Sicilia), dello Stato Pontificio, di Genova, dei Cavalieri di Malta, del Ducato di Savoia, del Ducato d’Urbino e del Granducato di Toscana – l’Impero Ottomano tentò nuovamente di islamizzare l’Europa. Un’espansione fermatasi a Vienna, in seguito a quella epocale battaglia che vide ergersi a protagonisti due personaggi diversi ma armati di medesimo coraggio: il re polacco Giovanni Sobiewski ed il cappellano militare Marco D’Aviano che ebbe il merito di riunire le forze cristiane e di convincere Sobiewski a partecipare allo scontro nonostante la contrarietà iniziale dell’Austria. E attorno a queste due figure è costruito il nuovo film del regista Renzo Martinelli in uscita in questi giorni in Polonia, con il titolo “Bitwa pod Wiedniem”, e a febbraio in Italia probabilmente come “September eleven” prima al cinema e poi, con qualche scena in più, in una versione televisiva. Un film-colossal, forse la più costosa produzione europea del 2012, realizzato attraverso una complessa partnership tra Italia e Polonia che rappresenta sicuramente la maggiore produzione cinematografica realizzata insieme dai due paesi. “Non è stato facile tenere insieme le varie componenti, soprattutto nei due anni di lavorazione del film durante i quali la collaborazione polacca non è stata sempre all’altezza della situazione”, racconta Alessandro Leone che con la sua “Agresywna Banda” è stato il trait d’union tra i due paesi. “Il film è costato circa 12 milioni di euro di cui il 60% finanziato dalla RAI, il 20% dal Ministero Italiano dei Beni Culturali ed il restante 20% dalla Polonia. È una pellicola spettacolare, storica e solenne che”, spiega Alessandro Leone “vanta un cast d’eccezione tra cui il premio Oscar Murray Abraham che impersona Marco D’Aviano, Enrico Lo Verso che interpreta il turco Kara Mustafà e molti attori polacchi di spicco tra cui: Piotr Adamczyk, nelle vesti di Leopoldo I, Alicya Bachleda-Curus, la Duchessa di Lorena, Jerzy Skolimowski, nel ruolo di Sobiewski, e poi ancora Daniel Olbrychwski e Boris Szyc. Ma in “Bitwa Wieden” oltre alla qualità c’è anche la quantità con ben 110 attori, 10.000 comparse, 3.000 cavalli, 6.000 costumi e 2.500 inquadrature VFX, ovvero effetti speciali digitali”. Un film che, oltre a suscitare in questi giorni la grande curiosità del pubblico, ha anche una genesi molto interessante legata al nordest italiano, terra d’origine del beato Marco D’Aviano. “La prima del film “Vajont” diretto da Martinelli si doveva proiettare all’aperto sulla famosa omonima diga. Una serata speciale in occasione della quale era stata costruita una speciale platea sollevata. Martinelli spesso racconta l’aneddoto di quel giorno in cui pioveva a dirotto e, mentre l’organizzazione stava decidendo di sospendere la serata, il sindaco di uno dei paesi che furono interessati dalla tragedia del “Vajont” rassicurò così il regista: “Martinelli stia tranquillo, stiamo pregando Marco D’Aviano stasera non pioverà”. E così fu! Da quel momento Martinelli volle sapere tutto su D’Aviano e iniziò a pensare ad un film su di lui. Da lì si arrivò alla produzione del film sulla “Battaglia di Vienna” che fu un evento cruciale nella vita di D’Aviano e nella storia europea. Il ruolo di D’Aviano in questo passaggio storico fu fondamentale perchè fu lui a sollecitare l’alleanza tra gli eserciti europei, nonostante la contrarietà della Francia, e fu D’Aviano a richiedere l’intervento, che si rivelò poi strategico nella vittoria di Vienna, del re polacco Sobiewski che le altre casate europee cercavano di emarginare in quanto non di stirpe nobile. Sobiewski arrivò con i suoi 25 mila ussari quando il re d’Austria era già scappato da Vienna e la battaglia sembrava ormai irrimediabilmente compromessa. Quindi, pur con modalità diverse, alla fine furono D’Aviano e Sobiewski gli eroi di questa battaglia”.

Uno scontro che si svolse l’11 settembre, data che ci fa subito correre la memoria all’attacco del 2001 alle Torri Gemelle.
“Secondo alcuni storici la scelta dell’11 settembre da parte degli attentatori vuole simboleggiare la rivincita della sconfitta dell’11 settembre 1683, per riportare così d’attualità lo scontro tra cristianità e Islam ripartendo da quella fatidica data. E questo è anche il motivo per cui fuori della Polonia il film dovrebbe intitolarsi “September eleven”.”

La responsabilità penale dei membri del CdA (e non solo) nei confronti della società

0

Un aspetto che spesso lascia sorpresi i soggetti esteri (e soprattutto italiani) è in merito alle responsabilità dei terzi nei confronti della società.  In molti sistemi giuridici si guarda con un occhio di clemenza agli atti illeciti che i membri del Cda, e soprattutto nei confronti dei soci, che possono compiere atti a danno della società, questo per via del fatto che i sistemi giuridici dei due Paesi vedono in luce diversa la società come persona giuridica, in Italia vale il punto di vista che la società appartiene ai soci i quali, entro certi limiti, ne fanno un po quello che vogliono mentre Il rapporto con il Cda (se si tratta di persone diverse dai soci) è un rapporto squisitamente tra i Soci (proprietari della società) ed il Cda (persone ai quali è stato dato mandato di gestire i beni della società ed ovvero dei soci).

In Polonia il punto di vista è nettamente diverso, la società, anche se posseduta da privati, è vista come una parte del patrimonio economico e sociale del Paese e con particolare durezza sono perseguiti, d’ufficio, i reati a danno della società.

L’art. 296 del Codice Penale Polacco (kodeks karne) ,ed I relativi paragrafi, prevedono pene pesanti per questo tipo di reato, in caso di danno di grande entità anche 10 anni di reclusione, ma analizziamo più in dettaglio cosa prevede l’art. 296.

Il Par. 1 definisce chi e’ soggetto a tale responsabilità e la pena base:

 

Art. 296. § 1. Kto, b?d?c obowi?zany na podstawie przepisu ustawy, decyzji w?a?ciwego organu lub umowy do zajmowania si? sprawami maj?tkowymi lub dzia?alno?ci? gospodarcz? osoby fizycznej, prawnej albo jednostki organizacyjnej nie maj?cej osobowo?ci prawnej, przez nadu?ycie udzielonych mu uprawnie? lub niedope?nienie ci???cego na nim obowi?zku, wyrz?dza jej znaczn? szkod? maj?tkow?, podlega karze pozbawienia wolno?ci od 3 miesi?cy do lat 5.

 

Art. 296 § 1. Colui il quale, soggetto ad obbligo sulla base degli articoli di Legge, decisione di organi preposti o contratto, a curare gli interessi patrimoniali o l’attività economica di persone fisiche, giuridiche o unità organizzate che non hanno personalità giuridica, abusando dei propri poteri o per omissione dei propri doveri, causa alla stessa un rilevante danno patrimoniale, è punibile con una pena di reclusione da mesi 3 ad anni 5.

 

Commento: evidentemente l’articolo indica come persona punibile l’individuo il quale ha dovere di curare gli interessi societari, sia questo dovere derivante per Legge, imposizione di un Ente o da contratto, faccio notare che I soci, in quanto organo societario regolato per Legge, hanno l’obbligo anch’essi di curare gli interessi societari. Si noti che il danno arrecato può avvenire sia per dolo (abuso) o incuria (omissione) pertanto anche il soggetto che, avendo l’obbligo, viene meno al suo dovere,  anche nel caso che non ottenga dal suo comportamento profitto,  è punibile con una pena reclusiva da mesi 3 ad anni 5

 

§ 2. Je?eli sprawca przest?pstwa okre?lonego w § 1 dzia?a w celu osi?gni?cia korzy?ci maj?tkowej, podlega karze pozbawienia wolno?ci od 6 miesi?cy do lat 8.

 

§2 Qualora il colpevole del delitto di cui al §1 agisca con il fine di ottenere un ingiusto profitto, è soggetto ad una pena con la reclusione da mesi 6 ad anni 8

Commento:  in caso vi sia l’aggravante del dolo al fine di aver ingiusto profitto la pena va da mesi 6 ad anni 8

§ 3. Je?eli sprawca przest?pstwa okre?lonego w § 1 lub 2 wyrz?dza szkod? maj?tkow? w wielkich rozmiarach, podlega karze pozbawienia wolno?ci od roku do lat 10.

 

§3 Qualora il colpevole del delitto di cui ai § 1 o §2 provoca un danno patrimoniale di grandi dimensioni, è soggetto ad una pena con la reclusione da anni 1 ad anni 10

 

Commento: Qualora il danno sia grande la pena è maggiorata, da notare che non si da un parametro per il “grande”, le sentenze, in genere, rapportano l’entità del danno agli effetti che questo ha nei confronti alla società, per esempio possiamo trovarci di fronte ad un danno considerate “grande” ma di entità patrimoniale non elevato ma “grande” nel senso che grande è il danno che ha arrecato alla società

 

§ 4. Je?eli sprawca przest?pstwa okre?lonego w § 1 lub 3 dzia?a nieumy?lnie, podlega karze pozbawienia wolno?ci do lat 3.

 

§4 Qualora il colpevole del delitto di cui ai § 1 o 3 agisca in modo inconsapevole, è soggetto ad una pena con la reclusione fino ad anni 3

 

Commento: beh, se non l’ha fatto apposta e, ovviamente, non con l’obiettivo di arricchirsi (§2), allora la pena è ridotta.

 

§ 5. Nie podlega karze, kto przed wszcz?ciem post?powania karnego dobrowolnie naprawi? w ca?o?ci wyrz?dzon? szkod?.

 

§5 Non è soggetto a pena colui il quale, prima dell’inizio della procedura penale, di propria volontà ripara interamente il danno arrecato

 

Commento: se viene ad estinguersi il danno, di propria volontà, allora cessa il reato.

Considerazioni finali: è vero che gli organi giudiziari non sono molto ben preparati nella identificazione dei reati commerciali né tantomeno  nella persecuzione degli stessi, con processi che si trascinano per anni tra il balletto dei periti e la confusione dei Giudici I quali, spesso, non comprendono  la materia commerciale, è anche vero che le pene previste  sono tali da far si che il potenziale colpevole ci pensi bene prima di agire a danno della società.

Solonia City: Alla ricerca dell’armonia

0

Un grosso carico di lavoro e lo stress mi hanno ghermito come dei demoni malvagi. “Occuparsi di se stessi, a volte bisognerebbe aver tempo per farlo”, mi ripeto queste parole e al contempo le ignoro. Un turbine di pensieri incupisce questa mattina così serena: la mattinata di un giorno libero. Come fare a non pensare alle preoccupazioni e a rilassarsi?

Mi metto davanti al mio computer con un buon caffè italiano accanto. Lo stress può logorare più di un pessimo partner. Secondo l’Istituto Americano dello Stress, il 90% delle malattie, a partire dai disturbi del sonno per arrivare alle malattie cardiache, è causato proprio dallo stress eccessivo. Bisogna quindi sapere come rilassarsi velocemente. Ma come riuscirci? Navigando su internet ho appreso una tecnica di tre passi che consente di recuperare velocemente l’armonia con se stessi, ovvero la sincronia del corpo che si rilassa, che sprona la creatività e illumina la mente. Quindi decido di passare ai fatti, leggendo ed eseguendo: “Primo passo: concentrati sul tuo cuore e sulla zona circostante (puoi poggiare la mano sul petto). Secondo passo: respira per un minuto così come se respirassi col cuore, contando fino a 5 o 6. Il respiro deve diventare calmo ed equilibrato. Terzo passo: continua a respirare “col cuore” e trova in te stesso dei sentimenti positivi; può essere un apprezzamento per qualcuno o qualcosa, un pensiero verso un luogo o un animale o un’attività che ti piace particolarmente fare. Quanto avrai trovato questo sentimento, trattienilo continuando a respirare e concentrandoti sul cuore”. Ha funzionato. Respiro, pensando al mio gatto Michal e infatti mi sento meglio. Funziona! Perfetto! Non ridete per favore, il mio collega di redazione appassionato di cucina, Seba Giorgi, penserebbe sicuramente agli spaghetti.

Ritorno alla realtà più rasserenata. Guardando le foto sto ricapitolando i momenti piacevoli dell’ultimo mese. Settembre rimarrà nella mia memoria grazie ai suoni esotici del festival “Skrzy?owanie Kultur” che, nonostante non  mi fossi mossa da Varsavia, mi ha regalato l’impressione di aver viaggiato nei più remoti angoli del pianeta. Questo evento particolare che si svolge ogni anno a Varsavia sotto un tendone nei pressi del Palazzo della Cultura e della Scienza, è oramai un vero e proprio evento culturale. Posso confermare che tutti coloro che vi hanno partecipato almeno una volta hanno percepito un’insolita atmosfera presente all’evento. Non esagero, tutti i biglietti sono stati venduti prima dell’inizio del festival e le file degli interessati a caccia di uno posto libero prima di alcune esibizioni individuali erano davvero impressionanti. Quest’anno l’Oriente è stato l’argomento principale. Durante la cerimonia di chiusura del festival erano presenti anche alcune importanti personalità polacche: in una foto sono ne state immortalate tre in un colpo solo: Klaudiusz ?lusarczyk (regista teatrale), Kayah (cantante pop famosa) e… me!
Un antico detto latino dice: “mens sana in corpore sano” e io aggiungerei a questa massima anche che “il corpo è felice se vestito in un bell’abito”. Probabilmente tutte le rappresentanti del gentil sesso saranno d’accordo con me. Vado dunque all’incontro con Dagmara Czarnecka, che ho conosciuto in occasione del festival. Dagmara è una stilista e viaggiatrice. I simboli pre-slavi stampati sul tessuto con un’aspetto grafico tridimensionale costituiscono l’argomento principale dei suoi progetti. Questi tessuti vengono da lei stessa acquistati durante i suoi viaggi. Le sue collezioni, una volta pronte, vengono immediatamente vendute subito dopo alle sfilate di moda. Mentre sorseggiamo un buon tè caldo, Dagmara mi racconta dei suoi viaggi e della sua passione, ovvero del cucire vestiti: “sono praticamente una designer di abiti. Non mi ispiro ad altri stilisti, creo dei modelli completamente inediti. Di solito mi dedico esclusivamente ad un cliente alla volta, aiutandolo a trovare uno stile che sia confacente alla sua natura e alle sue esigenze individuali. Insieme cerchiamo la giusta tonalità di colore e le corrette modalità per esprimere la sua personalità”. Questo discorso di Dagmara è stato soltanto l’inizio, perché dopo abbiamo guardato le sue stoffe colorate, abbiamo scelto le fantasie e abbiamo progettato in armonia. È stato tutto bellissimo. A seguire, un buon pranzo, cinema, una lunga passeggiata e un bagno caldo. La giornata è stata fantastica. La missione “alla ricerca del relax” si può dire adesso compiuta. Buonanotte!

Ulteriori informazioni relative al festival “Skrzy?owanie Kultur” e a Dagmara Czarnecka, che incrocia le culture nella moda, le potete trovare sul mio blog. Vi invito tutti e vi auguro tanta serenità.

KALININGRAD: umowa między UE, Polską i Rosją o swobodnym ruchu granicznym z byłymi Prusami wschodnimi

0

Davide Denti

Od sierpnia Kaliningrad znajduje się trochę bliżej Europy. To rosyjskie miasto nad Bałtykiem, miejsce urodzin Kanta, nabyło prawo dla swoich mieszkańców do poruszania się w dwóch przygranicznych regionach Polski i Rosji bez konieczności okazywania wizy. Dzięki dwustronnemu porozumieniu pomiędzy Polską a Rosją oraz zmianom regulacji prawnych Unii Europejskiej, wszystkie osoby zamieszkałe w Obwodzie Kaliningradzkim mają teraz większą swobodę w przekraczaniu granic.

Przystąpienie do Unii Europejskiej wielu państw ze środkowo-wschodniej Europy spowodowało przesunięcie się na wschód granicy ustalonej na mocy układu z Schengen, a także miało dodatkowy skutek w postaci obostrzenia regulacji celnych na granicach, które wcześniej charakteryzowały się silną dynamiką gospodarczą i społeczną. W celu złagodzenia tych negatywnych efektów, układ z Schengen przewidział możliwość podpisania dwustronnych porozumień o małym ruchu wizowym (LBT) pomiędzy jednym państwem Unii Europejskiej a Państwem trzecim. Takie porozumienia dają mieszkańcom obszarów przygranicznych, oddalonych najwyżej o 30 kilometrów od granicy obu państw (w niektórych przypadkach także o 50 kilometrów), możliwość przekraczania granicy bez konieczności okazywania wizy, dzięki oficjalnemu dokumentowi, który należy odnawiać co pięć lat, oraz do swobodnego poruszania się w wyznaczonej strefie. Polska zawarła już taką umowę z Ukrainą w 2009 roku. Inne porozumienie tego typu, dotyczące arktycznej granicy pomiędzy Norwegią a Rosja, weszło w życie w 2011 i utorowało drogę polsko-rosyjskiemu porozumieniu w sprawie Kaliningradu.

Podpisanie porozumień LBT sprawdziło się już w wielu przypadkach, lecz w przypadku rosyjskiej enklawy Kaliningradu byłoby paradoksalne, ponieważ miasto Kaliningrad, centrum polityczno-ekonomiczne regionu liczące 500.000 mieszkańców (około połowa liczby mieszkańców obwodu), jest oddalone o więcej niż 50 kilometrów od granicy, a zatem jego mieszkańcy nie mogliby skorzystać z zawartego porozumienia. Polsko-rosyjskie porozumienie, negocjowane w latach 2008-2010, przewidywało jednak, że cała ludność rosyjskiej enklawy, o ile mieszka tam przynajmniej od trzech lat, będzie mogła skorzystać z układu i udawać się do północno-wschodniego regionu Polski (część Warmii i Mazur) jednorazowo na 30 dni oraz w sumie maksymalnie na 90 dni w roku.

Jednakże to porozumienie było sprzeczne z unijnymi regulacjami prawnymi, zatem dwóch ministrów spraw zagranicznych poprosiło o możliwość odstąpienia od prawa Unii Europejskiej. Wniosek został przyjęty przez Komisję Europejską, a następnie zatwierdzony w niemal jednomyślnym głosowaniu (556 głosów na tak i 69 głosów na nie) przez Parlament Europejski w grudniu 2011r., co pozwoliło na uznanie całego Obwodu Kaliningradzkiego za wyjątek i nadanie mu statusu regionu przygranicznego. W ten oto sposób umowa LBT pomiędzy Polską a Rosją weszła w życie 27 lutego 2012, a prawie dwa miliony polskich i milion rosyjskich obywateli nabyło prawo do swobodnego poruszania się w tych dwóch regionach przygranicznych. Omawiany obszar, poza obwodem Kaliningradzkim, rozciąga się również na Trójmiasto, Elbląg i Olsztyn. Krótko mówiąc, porozumienie pozwala na „wskrzeszenie” obszaru Prus wschodnich, podzielonych w 1945. W praktyce liberalizacja wiz między Obwodem Kaliningradzkim a północno-wschodnią Polską, niesie ze sobą zarówno ryzyko jak i korzyści. Możliwość swobodnego przemieszczania się wzmocni współpracę kulturalną i naukową oraz będzie korzystnie wpływać na turystykę i handel. Polscy obywatele prawdopodobnie pojadą do Rosji, aby zatankować do pełna swoje samochody, ponieważ tam benzyna kosztuje o połowę mniej, podczas gdy Rosjanie będą robić zakupy w Polsce, gdzie wiele produktów jest o wiele tańszych z racji korzyści płynących ze stanowienia części rynku wewnętrznego UE. W Braniewie, niedaleko granicy, już budowane jest nowe centrum handlowe. Miasta polskiego wybrzeża skorzystają ponadto na zwiększonej liczbie rosyjskich turystów, którzy już teraz chętnie odwiedzają ten obszar. Kaliningrad jest silnie uzależniony od importu towarów, a więc jeśli obecne porozumienie LBT będzie miało takie same efekty jak to polsko-ukraińskie, dzięki któremu w ciągu trzech lat wartość wydatków Ukraińców w Polsce podwoiła się, to obydwa regiony na tym skorzystają. Jeśli chodzi o ryzyko, to najbardziej nagłośnione i chyba jednak najbardziej przesadzone, są kwestie bezpieczeństwa i imigracji. Komisja Europejska odnotowała do tej pory tylko kilka przypadków naruszenia warunków pozostałych umów LBT. Spontaniczne kontrole przeprowadzone poza obszarem przygranicznym mogą doprowadzić do nałożenia zakazu wstępu do strefy Schengen przez okres 5 lat w stosunku do obywateli państw trzecich naruszających ustalone zasady. W związku z możliwością, iż to polski system zarządzania granicami będzie bardziej obciążony z powodu zwiększonej liczby przekroczeń granicy, zostały zatem przewidziana budowa odpowiednich punktów granicznych dla mieszkańców obwodu.

Porozumienie LBT dotyczące Kaliningradu wywołało duże zainteresowanie polskiej dyplomacji, ale nie spotkało się z tym samym entuzjazmem wśród litewskich władz. Wilno nie zaakceptowało idei rozciągnięcia strefy przygranicznej na cały Obwód Kaliningradzki; rozwiązanie, które spowodowałoby otwarcie dla rosyjskich obywateli regionu Litwy, w którym znajduje się Kowno, drugie największe miasto w kraju. Litwini zachowali więc dystans, chcąc zobaczyć, jak Polska będzie kontynuować tę inicjatywę. Również nastawienie władz rosyjskich nie było zawsze takie samo. W czerwcu 2011r. w Soczi Putin skrytykował ten specjalny status nadany regionowi, mając na myśli równe traktowanie wszystkich obywateli rosyjskich, obawiając się również, że mogłoby to doprowadzić do opóźnień w liberalizacji wiz dla całej Rosji. Obwód Kaliningradzki odgrywa szczególną rolę w Rosji; z jednej strony stanowi główną bazę wojskową bałtyckiej floty (w 2008 Putin zagroził skierowaniem rakiet Iskander przeciwko projektowi amerykańskiej tarczy antyrakietowej), z drugiej zaś strony jest regionem narażonym na separatyzm i wprowadzenia zachodnich idei, poprzez powstanie związku Solidarność i antyrządowych protestów w 2010 roku. Jakkolwiek, wejście w życie porozumienia LBT będzie stanowić ważny test dla następnego, ewentualnego dialogu o liberalizacji wiz między Unią Europejską a Rosją, któremu przychylne są Francja i Niemcy.

“Alpi”, Grecia, 2011

0

Esce nei cinema un nuovo film greco intitolato “Alpi” di Yorgos Lanthimos che ha vinto l’Osella per la migliore sceneggiatura alla 68ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Un bambino canta una canzone per la sua mamma, la stessa che le cantava in occasione dell’onomastico. Per illudersi la madre lo mette sulle ginocchia e si commuove fino al pianto. La mamma dice alla figlia che è tornata sola dalla partita: “Adesso mettiti le scarpe e bevi un po’ di acqua. Dopo la partita di tennis ricordati di bere sempre tant’acqua”.

Sia il bambino che la ragazza tennista sono morti. In entrambi i casi si finge la vita prima della morte.

La storia del bambino è tratta da un scrittore surrealista, Raymond Roussel. Nel Locus Solus Roussel ha creato una storia di “una risurrezione artificiale” dei morti. Il protagonista del libro, Cantarel, sperimentando sui cadaveri,  inventa due sostanze: il “vitalium” e la “risurettina”. Inseriti nel cervello causano una scarica elettrica che produce una risurrezione temporale del corpo umano. Una volta rianimato, il morto ricostruisce i momenti validi della sua vita. Per farlo comunque ha bisogno dell’aiuto dei vivi per conservare l’equilibrio dei suoi movimenti. Ci si trovano tante persone che vogliono vedere i propri cari ancora una volta. E proprio qui che troviamo il punto di tangenza con il film “Alpi” dal quale viene la storia della ragazza tennista. “Alpi” rappresenta un gruppo di persone (infermieri, ginnasta e il suo allenatore) che rendono servizi straordinari. I membri di “Alpi” sostituiscono i morti. Le persone che hanno perso un proprio caro possono prendere in prestito uno dei membri che si incarna in un deceduto. “Alpi” aiuta le persone che non possono elaborare il lutto. Il servizio non è gratuito, aggiungerei.

Come ha scritto Freud in un saggio di 1915 “Lutto e melanconia”, a differenza della malinconia non consideriamo il lutto uno stato patologico e non affidiamo il soggetto che ne è afflitto al trattamento del medico. Confidiamo, invece, che il lutto verrà superato dopo un certo periodo di tempo e riteniamo inopportune qualsiasi interferenza. Come scrive il creatore della psicanalisi, “nel lutto il mondo si è impoverito e svuotato, nella melanconia lo è l’io stesso”.

Nel mondo degli „Alpi” il lutto viene confuso con la malinconia. Qui è vietato morire, si regge la vita per forza fino al momento in cui il lutto diventa una malattia. La ripetizione degli stessi brani della vita dei defunti come nel libro di Roussel, ci fa ricordare che la vita è solo un ruolo da interpretare. Fino al momento in cui l’infermiera impersona la ragazza, tutto va bene. Comunque, privata del ruolo essa perde il senso di ogni cosa. Svolgendo un ruolo i protagonisti coprono la solitudine. Trasformando la quotazione di Freud, nel mondo in cui non c’è il lutto, non c’è il mondo, c’è solo l’io stesso con la stessa melanconia. “Alpi”, come il titolo del libro stesso, è un locus solus affascinante .

Il film è tenuto all’interno di una poetica naturalista, brutale e persino iperrealista. Dopo il “Dogtooth” dello stesso regista e “Attenberg” di Athina Rachel Tsangari –  film cosiddetti “New Greek Wave” – è il caso di andare a vedere anche questo nuovo film greco che di sicuro possiamo chiamare cinema d’avanguardia.

Calcio e motori, passioni italiane

0

L’Italia con cosa viene solitamente associata? Con la pizza, con il buon vino, con le spiagge, con le montagne, con la moda? Italia non è soltanto sinonimo di buonissima cucina, vigneti toscani, lunghissime coste sabbiose o cime imbiancate delle Dolomiti; è anche sport, che in questo Paese spesso viene trattato quasi come se fosse una religione. I bambini italiani crescono facendo sport sin dalla prima infanzia.

Il calcio è in assoluto lo sport più popolare. Chi è stato in Italia almeno una volta ha sicuramente  visto i bambini giocare a calcio per strada o in un cortile oppure, entrando in un bar, ha sentito  con quanto trasporto la gente ami commentare le partite. La squadra nazionale degli “Azzurri” è sacra per gli italiani e i calciatori vengono trattati come se fossero degli dei. Sono proprio loro, i quattro volte Campioni del Mondo, a tenere incollati ogni volta davanti agli schermi televisivi milioni di tifosi. Anche se il calcio italiano viene considerato da alcuni come poco attraente e noioso, trovandosi in Italia vale comunque la pena di cercare di vedere almeno una partita tra due squadre di club o, se si è fortunati, della nazionale azzurra.

Non dimentichiamo però che lo sport in Italia non si limita soltanto al calcio. Questo Paese è anche la patria dell’automobilismo: da questa terra provengono i leggendari e prestigiosi marchi Ferrari, Lamborghini, Alfa Romeo e Ducati, ma anche il più famoso studio di design Pininfarina. Grazie a questa tradizione, non mancano le piste da gara sulle quali, ogni anno, si svolgono alcuni tra i più grandi eventi sportivi del mondo.

Guardare lo sport in TV è di certo piacevole, ma non è soddisfa completamente. Molti di noi sicuramente sognano di vivere le emozioni sportive dal vivo. Perché allora non esaudire i propri sogni? Vi invito in Italia!

Iniziamo la nostra avventura a Milano, dove atterra il nostro aereo. Settembre è il mese ideale per il riposo e per lo sport. Le spiagge italiane non sono più congestionate, il mare è ancora tiepido e tutto attorno è un susseguirsi di eventi e iniziative, soprattutto di tipo sportivo. La prima tappa del nostro viaggio è Monza: proprio qui, a 18 chilometri da Milano, si trova uno dei più vecchi circuiti automobilistici del mondo. Ogni anno, a settembre, in questa città si svolge il Gran Premio Italiano di Formula 1. Quest’evento attira tifosi da tutto il mondo: il gruppo di tifosi più numeroso è quello della Ferrari, per i quali questa gara è l’occasione migliore per dimostrare il proprio attaccamento al team del cavallino rampante. L’Autodromo Nazionale di Monza, questo è il nome ufficiale della pista, viene molto spesso chiamato dagli italiani “la Pista Magica”. Comprando i biglietti “weekend” (validi 3 giorni) bisogna arrivare alla pista già giovedì, visto che nelle ore pomeridiane il Paddock viene aperto ai turisti. Si può vedere dal vivo come vengono assemblati i bolidi, come vengono sostituiti i pneumatici, ed è possibile anche incontrare i piloti. Dal momento che la pista è composta perlopiù da rettilinei, muoversi su essa non è molto semplice. La distanza tra l’entrata e le tribune è a volte di qualche chilometro: in questo caso bisognerebbe valutare la scelta di un buon posto e trovare un giusto mezzo di trasporto per raggiungerlo.

Consiglio solo ai tifosi più accaniti della Formula 1 i camping delle vicinanze, dal momento che durante il fine settimana delle gare, sia durante il giorno sia la notte, i motori funzionano a piena potenza e dagli altoparlanti vengono trasmesse le cronache delle gare passate. Tutto ciò ha un suo fascino e quindi personalmente vorrei rivivere quest’esperienza, ma a tutti coloro che apprezzano la tranquillità e il silenzio consiglio gli alberghi di Milano e di Monza.

Essendo a Milano non dimentichiamo di visitare il Duomo, il castello degli Sforza, la Scala e i canali, dove ci sono moltissime caffetterie accoglienti. Questa città, da sempre associata alla moda,  ha tante altre cose da offrire, quindi vale la pena di ascoltare i consigli dei suoi abitanti, visto che loro sapranno indicarvi dove mangiare bene, cosa vedere e dove divertirsi.

Controlliamo anche il calendario di settembre della Serie A o delle partite di qualificazioni ai Campionati Mondiali e facciamo una visita a San Siro. Ricordo quando nel 2007, trovandomi in Italia in occasione della gara di F1, ho potuto assistere alla partita Italia – Francia (valida per le qualificazioni di Euro 2008). Nonostante la partita sia finita a reti inviolate, ritegno che sia valsa la pena vederla, anche per via della straordinaria atmosfera.

Lasciamo adesso Milano per recarci un po’ più a sud. La prossima fermata è Bologna. Questa città antica e pittoresca, lontana 216 chilometri da Milano, è un buon punto di riferimento per approfondire la conoscenza della storia dell’automobilismo italiano. A soli 8 chilometri dalla città si trova la fabbrica e il museo delle motociclette Ducati, che è un paradiso per gli amanti delle due ruote. Qua possiamo vedere sia i modelli prodotti in serie che quelli da gara del team che prende parte alle gare della MotoGP. Anche tutti coloro che apprezzano la velocità delle moto ma preferiscono ad essa la comodità delle auto potranno trovare qualcosa per sé. Un po’ più lontano, a circa 30 chilometri dal centro della città, troveremo la fabbrica e il museo delle velocissime Lamborghini.

Andando un po’ più a Nord, in direzione di Modena, vale la pena allontanarsi di qualche chilometro dalla strada principale per visitare una località davvero leggendaria: Maranello. È qui infatti che vengono prodotte le più famose autovetture sportive del mondo, ovvero le Ferrari. Entrando in questa piccola cittadina, noteremo subito i negozi, le caffetterie e gli edifici decorati con le bandiere rosse col cavallino nero al centro. Anche la gente è vestita in maniera insolita: le numerose tute rosse che vedremo non ci stupiranno così tanto quando verremo a sapere che la maggior parte dei cittadini lavora per la Ferrari. Anche se probabilmente non riusciremo ad entrare nella fabbrica, vale la pena dare un’occhiata al museo locale, dove sono stati raccolti quasi tutti i modelli di questo marchio italiano, assieme ai motori, ai premi, ai bolidi di F1 e agli altri cimeli legati alla Ferrari. La pista di Fiorano, collocata a poca distanza dal museo, costituisce un’altra attrazione. Proprio qui vengono testate le macchine e i bolidi della Ferrari.

Ho un’altra sorpresa per tutti coloro che amano la classe italiana e la velocità. Non molto lontano da Modena troveremo la cittadina di Cittanova, dove potremo vistare un museo che, anche se non è molto famoso, è tuttavia molto interessante: si tratta del museo “Panini”. Al suo interno c’è una collezione dedicata al marchio Maserati che comprende tante vetture antiche e per collezionisti: potremo ammirare i modelli  Boomerang, Eldorado, Berlinetta ed altri.

Visto che visitare i musei non piace a tutti, propongo quindi di spostarci si nuovo sulle piste. Recandoci a sud, a 45 chilometri da Bologna, raggiungeremo Imola. Qui si trova l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, chiamato così in onore del fondatore del marchio Ferrari Enzo e di suo figlio Dino. Grazie a dei lavori per modificare il circuito di Monza, a partire dal 1980 anche a Imola si sono svolte delle gare di Formula 1. Il Gran Premio di San Marino si è svolto qui ininterrottamente fino al 2006. Gli amanti degli sport automobilistici sicuramente associano questa pista a un tragico weekend: qui nel 1994, durante la sessione di qualificazione, morì il pilota austriaco Roland Ratzenberger e il giorno dopo trovò la morte il tre volte Campione del Mondo di Formula 1, il brasiliano Ayrton Senna. La pista è insolitamente importante non solo per via della sua storia, ma anche perché dà la possibilità di rendere omaggio a questi piloti così tragicamente scomparsi.

L’ultima fermata del nostro viaggio sportivo si trova nei dintorni di Rimini, più precisamente a Misano. Qui c’è l’ultima tappa, l’ultimo evento da vedere: il MotoGP. La pista di Misano è il secondo circuito in Italia dopo il Mugello, sul quale si svolgono le gare di questo campionato. Sia i piloti del MotoGP che quelli di Moto 2 e Moto 3 competono qui per raccogliere i punti nel Gran Premio di San Marino. La collocazione all’aperto della pista e la sua costruzione su un campo aperto fanno sì che da ogni punto si possa avere una buona visuale su ciò che sta accadendo. Per gli amanti della Ducati è stata creata una tribuna speciale dalla quale si possono vedere le gare soltanto in compagnia dei tifosi di questo team.

La gara di quest’anno ha avuto un’importanza particolare per i tifosi e i piloti. Non era infatti presente Marco Simoncelli, morto tragicamente l’anno scorso sulla pista di Sepang. Tutti hanno ricordato questo pilota italiano, nato nelle vicinanze della pista, sulla quale ha iniziato la propria carriera sportiva. Sia i tifosi che i piloti hanno reso omaggio alla memoria di questo pilota, mettendo il suo numero #58 e l’iscrizione “Ciao Sic” sulle magliette, sulle moto, sulle macchine, sulle bandiere e sugli striscioni. Ricordo che dal mese di novembre dello scorso anno la pista di Misano porta il nome “Misano World Circuit Marco Simoncelli”.

Sia la Formula 1 che il MotoGP necessitano di essere viste almeno una volta nella vita, dal momento che l’atmosfera, il rombo dei motori e le sensazioni dal vivo non potranno mai essere sostituite dalla migliore telecronaca o da un resoconto di un amico. Bisogno viverlo! Non guardiamo l’Italia solo attraverso gli stereotipi, visto che il Bel Paese ha veramente tanto da offrirci. Bisogna soltanto spronare la fantasia.

Laureati disoccupati, la difficoltà di trovar lavoro

0

“A chi si sforza d’imparare, non gli mancherà mai il pane” con queste parole le persone sagge cercano di incoraggiare i giovani all’apprendimento. Tuttavia, in questi tempi di crisi diventa sempre più difficile mettere in pratica tutto ciò che si è imparato. In Polonia i neolaureati hanno delle grandi difficoltà nel trovare un’occupazione in un qualsiasi settore, per non parlare di quei mestieri per cui si sono preparati con anni di studio. La situazione occupazionale dei giovani costituisce oggi uno dei paradossi della Polonia. La maggior parte delle aziende cerca lavoratori esperti, ma preferibilmente giovani, laboriosi e con una visione fresca del mondo. Ma come trovare una persona giovane molto esperta, se nessuno vuole dargli la possibilità d’imparare e quindi fare esperienza? Le statistiche parlano chiaro: secondo il GUS (Ufficio di Statistica Generale), soltanto il 43% dei laureati ha trovato un lavoro nel settore professionale di competenza: questa percentuale è estremamente bassa. Che cosa succede con il resto dei laureati? Lavorano in un altro settore, spesso meno pagato, oppure non lavorano affatto. Accade abbastanza spesso di vedere un neolaureato in psicologia, in sociologia o in relazioni internazionali lavorare in qualità di commesso in un negozio alimentare. Sempre più spesso registriamo giovani che vanno all’ufficio di collocamento per apporre la propria firma nell’elenco mensile dei disoccupati. Cosa gli rimane da fare? Dimenticare i propri sogni e tutto quanto imparato durante gli studi e trovare un’occupazione da qualche parte? Oppure continuare a cercare un lavoro nell’ambito della professione preferita, rischiando di rimanere però a lungo disoccupato? Una cosa è certa, nessuna di queste due soluzioni è piacevole e rassicurante per i giovani. L’attuale mercato del lavoro trabocca di laureati sfornati dalle università umanistiche. Attualmente, la facoltà di giurisprudenza, così apprezzata dagli studenti, non garantisce più un posto di lavoro sicuro.  I politecnici stanno attraversando un vero e proprio boom di popolarità, gli studenti delle materie scientifiche sono molto ricercati. Tra le facoltà che godono maggiore popolarità vanno elencate quelle di geodesia, cartografia, meccanica e robotica nonché ingegneria e costruzione. Le prospettive per i giovani tecnici sono molto ottimistiche; in Polonia infatti nel prossimo futuro cominceranno a mancare gli esperti nel settore dell’edilizia. Il problema sta nel fatto che la gente continua a preferire le materie umanistiche. In relazione alla continua espansione dei grandi consorzi orientali, sul mercato del lavoro polacco sono ricercati i laureati in filologia cinese e giapponese. É chiaramente molto difficile passare tutti gli esami d’ammissione a queste facoltà e imparare a fondo queste due lingue, ma una volta fatto saranno i datori di lavoro a cercarvi. Le facoltà di economia e di ragioneria godono ancora di grande popolarità presso i giovani. Nonostante la crisi, i grandi consorzi stranieri intendono ampliare la propria attività in Polonia e perciò cercano economisti e ragionieri. I polacchi sono lavoratori molto ricercati, visto che possiedono le stesse qualifiche dei loro colleghi dell’Europa occidentale, ma le loro esigenze retributive sono molto più contenute. Un buon metodo per trovare un’occupazione dopo gli studi è… iniziare a lavorare già durante il proprio corso di laurea! Paradossalmente, per gli studenti è più facile trovare un lavoro quando si studia ancora. Come mai? La risposta è facile. Il datore di lavoro può assumere uno studente part-time, può pagarlo di meno e non dovrà pagargli i contributi pensionistici allo ZUS (Fondo Nazionale di Previdenza Sociale). Un’altro aspetto da considerare è che questo lavoro provvisorio molto spesso non è legato alla materia studiata, anche se comunque i giovani lo accettano di buon grado, dal momento che lavorare è preferibile ad un periodo di inattività. È importante ricordare che comunque un magazziniere o una commessa in una profumeria non guadagnano poco, dal momento che i loro stipendi medi ammontano a 1800 z?oty. Se uno studente incontrasse delle difficoltà nel trovare un lavoro, potrebbe cercare almeno di fare uno stage oppure un lavoro no profit. Un giovane deve in qualche modo iniziare la propria carriera e man mano acquistare l’esperienza necessaria, altrimenti non avrà successo sul mercato del lavoro.

Targi Turystyczne w Polsce

0

Zważając na fakt, że w Warszawie dopiero co zakończyły się Targi Turystyczne w MT Polska, chciałbym poświęcić ten artykuł tak ważnemu dla Włoch sektorowi, jakim jest turystyka.

Za każdym razem kiedy udaję się na Targi Turystyczne czuję tę samą adrenalinę, którą czułem kiedy będąc dzieckiem chodziłem na karuzelę. Ta mieszanka kultur, kolorów i tradycji skoncentrowanych w kilku pawilonach wystawowych, ożywia moje marzenie zwiedzenia przynajmniej 100 krajów (dotychczas udało mi się odwiedzić 77 państw).

Po wejściu na Targi, moim pierwszym zmartwieniem była zmniejszona, w porównaniu do ubiegłego roku, liczba pawilonów poświęconych moim ukochanym Włochom. L’Enit (Włoska Organizacja Turystyczna) z powodu cięć funduszy, mogła sobie pozwolić na zaprezentowanie jedynie niektórych włoskich regionów (około 6). Chciałbym pozdrowić przyjaciół z Abruzji, którzy mieli okazję przeczytać Gazzetta Italia (wierzcie mi, w takich momentach moje ego rośnie).

Spotykam Gidlę Ventura, odpowiedzialną za region Trentino. To właśnie Trentino jest dla mnie przykładem skutecznego marketingu turystycznego, prężnie działającego na terenie Polski. Trentino nie tylko sponsoruje rajd rowerowy po Polsce (Giro di Polonia), ale również będzie w 2013 roku organizatorem dwóch etapów tej imprezy na pięknej przełęczy Pordoi. Po raz pierwszy w historii Giro di Polonia, dwa etapy wyścigu będą odbywały się poza granicami Polski. Dziesięć na dziesięć dla Trentino.

Podczas Targów Turystycznych jedną z głównych atrakcji było jedzenie pochodzące z różnych zakątków świata. Żeby nie pozostawić żadnych wątpliwości, jak tylko poczułem pierwsze oznaki głodu i chęć wypicia kawy, udałem się do jednego z włoskich stanowisk, gdzie rozpoznałem ciasto crostata alla marmellata z restauracji San Lorenzo. Ciasto wraz z kawą zasługują na ocenę 10 z wyróżnieniem.

Kontynuując moją wycieczkę po różnych stanowiskach wystawionych na Targach, miałem okazję docenić stanowisko regionu Kalabria. Stanowisko było przygotowane bardzo starannie, a broszury dotyczące regionu wydane nie zważając na ich wysoki koszt. Dostaję komplementy za artykuł poświęcony miejscowości Le Castalle w pobliżu Capo Rizzuto odpowiadając, że czekam na zaproszenie do Kalabrii w celu lepszego jej poznania. Ocena za moją bezczelność: 5.

Nie zabrakło również włoskich miejscowości narciarskich. Jedno z dobrze przygotowanych stanowisk, które zapamiętałem było poświęcone Maso Corto. Nasze góry są coraz bardziej doceniane przez Polaków, którym przestaje wystarczać Zakopane.

Prawie zapomniałbym wspomnieć o stanowisku Gazzetta Italia, które zostało zaszczycone prestiżową wizytą Prezesa Włoskiej Izby Handlowej, Pana Donata di Gilio. Ocena 8 na 10.

Jedynym minusem tych trwających trzy dni Targów, okazał się polski zespół folkowy, który co dwie godziny występował z nieprawdopodobnymi piosenkami typu “o sole mio” śpiewanymi na całe gardło. Ocena 4 na 10.

Walka pomiędzy różnymi organizatorami targów powoduje marnotrawstwo środków. Następne targi odbędą się w Poznaniu, a w listopadzie podobna impreza będzie miała miejsce na Stadionie Narodowym.

Czy nie byłoby rozsądniej połączyć te wszystkie imprezy w jedną?

Stella al Merito per Enrico Bologna, presidente BREMBO

0

Lo scorso 20 settembre il dott. Enrico Bologna, presidente della Brembo Sp. z o. o. e membro del Direttivo della Camera di Commercio e dell’Industria Italiana in Polonia, ha ricevuto la Stella al merito del lavoro – un’onoreficenza della Repubblica Italiana per i lavoratori italiani distintisi per singolari meriti di perizia, laboriosità e buona condotta morale. La decorazione comporta il titolo di Maestro del lavoro. La cerimonia si è tenuta presso l’Ambasciata d’Italia a Varsavia, dove S.E. Riccardo Guariglia Ambasciatore d’Italia in Polonia ha insignito Bologna.  Messaggi di congratulazioni sono pervenute da tutta la comunità italiana in Polonia.

È tempo di Spritz!

0

Negli italici usi l’aperitivo si beve tra amici prima di cena. Si finisce di lavorare e ci si trova al bar a chiacchierare davanti ad un bicchiere prima di sedersi a tavola. Un’abitudine che a Venezia da oltre un secolo si declina con lo spritz. Spritz all’Aperol, il più diffuso, al Bitter, più amaro preferito dagli uomini “veri”, al Select, per veri veneziani, o perfino al Cynar, per chi anche nel momento del piacere pensa alla salute. Ma perché mai un aperitivo veneziano dovrebbe chiamarsi spritz, ovvero con un vocabolo dalle teutoniche sonorità? Dopo la caduta della Serenissima Venezia fu venduta, sì ahinoi proprio venduta, da Napoleone all’Austria. Nonostante questi repentini passaggi di autorità la città non perse affatto la sua vena sociale tant’è che traboccava di caffetterie, malvasie (mescite di vino) più o meno malfamate, e osterie. Era abitudine consolidata dei veneziani trovarsi a bere e giocare in questi locali che per molti avventori erano delle sorte di prolungamento di casa visto il tempo che ci passavano. Locali caldi e accoglienti che col tempo attirarono anche i soldati austriaci che presidiavano la città. Per i nordici invasori “l’ombra de vin” (il bicchiere di vino) che si beveva in quei locali era troppo forte (in quanto abituati al più leggero vino austriaco della regione di Wachau) tant’è che iniziarono a chiedere agli osti che nel bicchiere insieme al forte vino bianco veneto si aggiungesse uno “spritz” (cioè una iniezione) con un po’ di selterswasser (acqua minerale) o meglio ancora una spruzzata (e spruzzare in tedesco si dice appunto “spritzen”) di tecnologico “seltz” (i sifoni per la soda erano disponibili già a partire dal 1830). Anche i veneziani cominciarono col tempo ad affezionarsi allo spritz che però essendo troppo leggero per i palati lagunari venne corretto con altri alcolici, dando origine nel tempo alle attuali varianti. spritz_varsaviaNel corso dell’occupazione austriaca delle zone del Piave, nel 1917, durante la Prima Guerra Mondiale, poi, pare che sia nata tra le colline di Valdobbiadene e di Conegliano, dove regnava il Prosecco, la variante che prevede l’utilizzo del vino frizzante, in luogo di quello fermo. Due secoli dopo la dominazione austriaca di Venezia e la nascita dello spritz ecco che questo venezianissimo aperitivo approda sulle sponde della Vistola a 1500 km a nord dalla città lagunare, nella capitale di un paese che vanta radicate tradizioni di birra e vodka. Aiutato dalla diffusione “dell’Italian Way of Life” lo spritz, per il momento esclusivamente all’Aperol, si sta ritagliando un suo spazio nelle abitudini polacche tanto che ormai a Varsavia si può ordinare uno spritz in molti bar del centro. Ma il bello è che molti polacchi iniziano a comprare l’Aperol e ad offrire lo spritz agli ospiti di casa, senza contare la rapida diffusione dello spritz tra gli studenti, soprattutto quelli del Politecnico di Varsavia, che organizzano spesso settimane di studio a Venezia e al loro ritorno, per nostalgia delle serate veneziane, cercano lo spritz! Intanto nella città-madre dello spritz questo popolare aperitivo diventa protagonista perfino in una istituzione culturale del livello del Museo Guggenheim che in primavera organizza degli apprezzatissimi incontri serali socio-culturali tra spritz e collezioni d’arte. Ma ecco, per chi volesse preparare per i suoi ospiti l’antico aperitivo veneziano, la semplice composizione dello spritz: 30% di buon vino bianco (o prosecco), 30% di Aperol (oppure Bitter, Select, Cynar), 30% di acqua gassata. Lo spritz va poi servito con una fetta di arancia tagliata e infilata a metà sul bordo del bicchiere e con un lungo stuzzicadente (perché una volta messo dentro il bicchiere deve averne una lunga parte che sporge) con infilate 1-2 olive denocciolate. Alla salute!