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Il Redentore, la festa più amata dai veneziani

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Nel ricchissimo calendario veneziano di feste popolari, consolidate nei secoli tra ricorrenze sacre e profane, ce n’è una che almeno una volta nella vita tutti dovrebbero provare: la Festa del Redentore. Centomila persone, migliaia di barche a gremire il Bacino di San Marco, quaranta minuti di fuochi d’artificio, sono i numeri di una straordinaria serata veneziana in cui i più fortunati assaporano cibi tradizionali, come “l’anatra arrosto” o le “sarde in saor”, mangiati in barca o serviti su lunghissime tavolate preparate dai veneziani nei campi e lungo le rive. E perfino in questi anni di massicce invasioni turistiche della città, che in parte spogliano dell’anima autentica gli eventi lagunari, la Festa del Redentore rimane invece un baluardo di venezianità, un momento vissuto con protagonismo dal popolo serenissimo. Il Redentore si celebra ogni anno il terzo weekend di luglio, quest’anno la sera del 20 luglio ci saranno i fuochi d’artificio ed il 21 le regate di voga alla veneta. Una due giorni in cui ci si riappropria di una venezianità verace che si è invece diluita in molte altre feste veneziane oltreché purtroppo nella quotidianità di una città che fatica a trattenere residenti e attività tradizionali. Ma diamo qualche cenno storico sulla festa. Il Redentore è una manifestazione popolare che mescola, come spesso avviene nelle celebrazioni a Venezia, sacro e profano. Una festa amata dai veneziani che ancora oggi vivono “la notte famosissima dei foghi” come un appuntamento liberatorio in ricordo di quel lontano 1577 in cui Venezia uscì da una delle più gravi epidemie di peste che si ricordino. La leggenda narra come il morbo sia stato diffuso da topi (a loro volta infettati dalle pulci) scaricati nei magazzini veneziani insieme alle merci che le galere veneziane portavano dall’Oriente. E proprio in quei tempi i gatti, predatori di topi, diventarono degli animali quasi sacri per i veneziani tanto da essere addirittura importati in gran numero dalla Siria (gatti soriani) perché contribuissero a combattere il flagello. Oggi invece perfino i gatti randagi sono rarissimi in città… Ma nella tradizione veneziana si ricordano naturalmente le devozioni pubbliche al Cristo Redentore nonché il voto solenne fatto dal Doge in nome della città, di erigere un tempio magnifico qualora la Serenissima fosse scampata al totale annientamento della popolazione che tali epidemie minacciavano. Si pensi che quella famosa epidemia di peste del 1577 si portò via oltre 50.000 abitanti, tra cui anche il grande pittore Tiziano Vecellio. Scemata la peste la Serenissima volle mantenere il voto fatto dal Doge, commissionando ad Andrea Palladio la progettazione di una maestosa chiesa alla Giudecca. Posta la prima pietra del grande tempio, si costruì provvisoriamente, nella 3^ domenica di luglio, una chiesetta in legno e quindi venne gettata una lunghissima passerella galleggiante su centinaia di chiatte per unire l´isola della Giudecca a Piazza S. Marco. Da qui, in segno di gratitudine, sfilarono in processione verso il tabernacolo il Doge Sebastiano Venier alla testa delle Scuole d´Arti e Mestieri, delle Confraternite Religiose e del popolo. La chiesa definitiva fu sollecitamente portata a termine e da quattro secoli, quindi, le proporzioni classiche della chiesa del Redentore ricordano ai veneziani e agli ospiti della città il terribile dramma occorso all´allora Dominante. Una tradizione arrivata fino ai giorni nostri compreso il ponte galleggiante che oggi nel weekend del Redentore unisce la riva delle Zattere alla Giudecca. La “notte famosissima”, tra il terzo sabato di luglio e la domenica, calamita migliaia di veneziani e foresti in un Bacino S. Marco brulicante di barche ricolme di persone e piatti tipici. Fin dalla mattina del sabato dei “foghi” alcuni veneziani, quelli che solitamente s´incaricano dell´organizzazione, iniziano a preparare la cena del Redentore. C´è chi cucina per decine di commensali, chi cerca già il posto barca migliore in Bacino S. Marco e chi appende i palloncini colorati alla barca, all´altana (la famosa terrazza in legno che si può ammirare sui tetti di molte case veneziane) o alla terrazza da dove poi con gli amici si guarderanno i “foghi”. Alle 23.30 il via ai fuochi d´artificio, che illuminano di colori palazzi e acqua, nel palcoscenico più bello che l´uomo abbia mai realizzato. Come tutte le feste popolari, anche quella del Redentore si è arricchita nei secoli di manifestazioni collaterali: oltre allo spettacolo del sabato, la tradizione prevede la festa con le bancarelle e la pesca al patronato della chiesa del Redentore e le regate alla veneta che si svolgono la domenica nel canale della Giudecca che così, almeno per un giorno, non è sferzato dal moto ondoso creato dai mezzi a motore.

Il programma

SABATO 20 LUGLIO 2013

Ore 19.00 Apertura del ponte votivo che collega le Zattere con la Chiesa del Redentore all’isola della Giudecca.

Ore 23.30 Spettacolo pirotecnico in Bacino di San Marco

DOMENICA 21 LUGLIO 2013, nel pomeriggio

Regate del Redentore – canale della Giudecca:

Regata dei giovanissimi su pupparini a 2 remi

Regata su pupparini a 2 remi

Regata su gondole a 2 remi

Santa Messa Votiva presso la Chiesa del Redentore all’isola della Giudecca

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Il Palio di Siena

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Lucia Morgantetti

Luca Betti

 Se Siena può sembrare una città enigmatica ai non senesi, il Palio conferma l’unicità e la fuga dagli stereotipi di questa terra e della sua gente con tutto il suo fascino e le sue contraddizioni. Persino il grande poeta Mario Luzi, scomparso da qualche anno, definiva il Palio come “una sacra epilessia inintelligibile ai senesi stessi, pur essendo la quintessenza della senesità”

Cosa è davvero il Palio, che a un primo sguardo superficiale può sembrare solo una corsa di cavalli, anche se in una cornice particolare?

Affondando le mani nel mito troviamo come Siena stessa sia figlia di un Palio: la corsa di Aschio e Senio – fuggiti da Roma su due cavalli, uno bianco e uno nero – altro non è che un palio ante litteram. Ma abbandonando la bellezza del mito e addentrandoci nella storia inquadriamo il Palio come il momento culminante dei festeggiamenti dedicati a Maria Assunta, il 15 agosto, che vedeva i cavalli giungere di fronte alla Cattedrale dopo una corsa, senza fantini, lungo le vie della città. Nel Seicento la festa viene codificata, assume l’aspetto attuale e il suo svolgimento è circoscritto nella splendida cornice della Piazza del Campo: da allora sostanzialmente nulla è cambiato. Le diciassette contrade, una sorta di istituzioni autonome in cui è suddivisa la città, prendono parte alla Festa rispettando regole e riti ben definiti. Persino i confini tra le contrade, motivo di frequenti litigi e spesso all’origine delle attuali rivalità, furono stabili con bando della sovrana Beatrice Violante di Baviera nel 1729.

Ogni contrada ha un suo “parlamento”, l’assemblea generale che elegge il “governo”, con a capo un Priore: questo ne gestisce ogni aspetto durante l’anno, coadiuvato da uno staff di persone che, come in un vero governo, hanno precisi incarichi. Con esclusione della gestione della corsa del Palio, che è affidata direttamente dall’assemblea della contrada a un Capitano e a due “tenenti” o “mangini” che lo affiancano nel difficile compito di definire le strategie per conseguire la vittoria o per determinare la sconfitta della contrada avversaria. Qui le differenze tra Siena e la società sono marcate: le cariche sono elettive, durano in genere due anni (possono esserci differenze tra contrada e contrada), ma sono assolutamente gratuite. Anzi, visto che la contrada si sostiene con le donazioni volontarie di chi ne fa parte (i “protettori”, che pagano una quota annuale) spesso chi ha incarichi di prestigio contribuisce con cifre maggiori rispetto ai semplici contradaioli.

Le Contrade come le conosciamo oggi sono rimaste immutate dal 1729. Precedentemente erano molte di più ma da quell’anno la Governatrice Violante Beatrice di Baviera sancì con un “Bando sui confini” l’attuale suddivisione della città all’interno delle mura. Siena è oggi suddivisa in 17 Contrade che corrispondono a 17 territori della città. I nomi delle Contrade sono: Aquila, Bruco, Chiocciola, Civetta, Drago, Giraffa, Istrice, Leocorno, Lupa, Nicchio, Oca, Onda, Pantera, Selva, Tartuca, Torre, Valdimontone.

Ogni Contrada è contraddistinta dai propri colori. Le insegne delle Contrade non furono sempre come quelle che oggi conosciamo. I più importanti cambiamenti, specialmente nel colore della bandiere, avvennero dal secolo XVI al secolo XVIII. Poi si stabilizzarono. I colori subirono modifiche a causa dei moti politici e delle denominazioni delle diverse epoche, oppure a seconda del sentimento d’orgoglio e del capriccio delle Contrade. Qualche esempio? L’Onda aveva la bandiera bianca e nera, ma nel 1713, in occasione di una solenne riappacificazione con la rivale Torre, decise di cambiare il nero con il colore del mare. La Tartuca nel 1847 aveva un’insegna gialla e nera, ma la cambiò in gialla e bianca (i colori del Vaticano) sull’ondata degli entusiasmi per le riforme concesse da Pio IX; due anni dopo, delusa dal Papa, tornò alle tinte originali. Infine, nel 1858 mutò il nero con il turchino, perché i senesi in Piazza fischiavano la sua comparsa, in quanto il giallo e il nero erano i colori dell’Impero. L’Oca nel 1546 aveva un’insegna tutta verde. Nel 1702 fece la bandiera tricolore; ma, per gli eventi politici seguiti alla Rivoluzione Francese, nel 1799 dovette togliere il rosso, che rimise diversi anni dopo. Più famoso è il cambiamento che fu imposto all’Oca dal 1849 al 1859 per ordine di Leopoldo II di Lorena: la Contrada dovette cambiare il rosso con il rosa, perché la sua bandiera era troppo “patriottica”.

Nel 1947 un gruppo di senesi ha fondato il Comitato Amici del Palio con la finalità di mettersi a supporto del Palio da innumerevoli punti vista che vanno dal miglioramento di alcuni aspetti della festa fino alla sua divulgazione.

Nel 1981, poi, si è sentito il bisogno di dare vita ad un organismo come il Consorzio per la Tutela del Palio che controllasse, senza fini speculativi, l’immagine del Palio in Italia e nel mondo.

Il Palio di Siena si corre il 2 luglio e il 16 agosto. La corsa del Palio consiste in 3 giri di Piazza del Campo, su di una pista in tufo tracciata all’interno dell’anello sovrastante la conchiglia. È importante sapere che, ad ogni Palio, corrono solo dieci delle diciassette Contrade, con un meccanismo di sorteggio che avviene almeno venti giorni prima. Corrono di “diritto” le sette Contrade che non hanno corso il Palio dell’anno precedente nella stessa data; le altre tre vengono sorteggiate tra le dieci che invece vi avevano partecipato. Si comincia dalla Mossa, formata dai canapi – due grosse funi – all’interno dei quali si dispongono 9 contrade in un ordine stabilito da un sorteggio. La decima contrada, entrando al galoppo, e per questo la decima posizione viene definita “rincorsa”, determina la partenza. Ottiene la vittoria la contrada il cui cavallo, anche senza fantino, arriva primo al termine dei 3 giri. Anche se la corsa  dura solo poco più di un minuto la Festa vera e propria si snoda in quattro giorni intensi, ricchi di vari appuntamenti, la cui preparazione dura tutto l’anno.

Il premio per la vittoria è un drappellone di seta dipinta. In origine il “pallium “ era il drappo di stoffa preziosa, adornato di preziosi pelli di vaio (una sorta di scoiattolo) che nel medioevo costituiva il premio per la corsa. Poi, con la regolamentazione della Festa, a fianco del drappo di stoffa che le contrade usavano per addobbare gli altari della propria chiesa, ma che talvolta vendevano come un qualunque oggetto di valore, viene dato un drappo dipinto. Il più antico è conservato dalla contrada dell’Aquila ed è del 1719. Questo drappo a partire dalla fine dell’Ottocento presenta alcuni elementi essenziali ben determinati: in alto la Madonna, al centro un motivo allegorico, che spesso fa riferimento all’evento a cui viene dedicato il Palio stesso, e gli emblemi delle contrade che prendono parte alla corsa.

Inizialmente il drappellone, detto anche affettuosamente “cencio”, dai contradaioli, era un semplice stendardo processionale, con gli elementi decorativi ridotti ai minimi termini. Assume in seguito caratteristiche di dipinto vero e proprio quando la commissione viene affidata – siamo nell’ultimo ventennio dell’Ottocento – ai puristi senesi. Lentamente, come uno specchio del tempo, inizia a riflettere i gusti estetici e diviene inizialmente di gusto liberty, per poi confrontarsi con le tematiche sociali, patriottiche, civiche nel dopoguerra fino a mostrarci una enorme luna applicata su serigrafia nel palio del 1969, dedicato appunto alla conquista del nostro satellite da parte dell’uomo. È questo un palio di profonda cesura. Successivamente, con una forte accelerazione, il cencio diviene opera d’arte contemporanea, ed è spesso affidato a artisti di fama internazionale tra cui Guttuso, Folon, Mitoraj, Botero.

Ma a Siena, quando si tratta di vincere il Palio, non conta come è dipinto e da chi è dipinto. Un modo di dire frequente è “anche bianco, ma daccelo!”

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HANNA SUCHOCKA ŻEGNA SIĘ Z WATYKANEM

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Hanna Suchocka była pierwszą w historii kobietą sprawującą urząd premiera RP. To za jej kadencji został podpisany w 1993 roku konkordat regulujący stosunki Polski ze Stolicą Apostolską.

W Watykanie przywitał ją Jan Paweł II – na jego ręce złożyła listy uwierzytelniające. Było to 3 grudnia 2001 roku. Reprezentowała Polskę w czasie trzech pontyfikatów. Była tu w momencie śmierci papieża Polaka, wyboru jego kolejnych następców oraz jego beatyfikacji.

Spośród działalności Hanny Suchockiej na szczególne wyróżnienie zasługują prace podejmowane przez nią od 1994 roku w Papieskiej Akademii Nauk Społecznych oraz towarzyszenie Janowi Pawłowi II w sierpniu 2002 roku podczas jego ostatniej pielgrzymki do Polski. W maju 2006 roku udała się do Polski z Benedyktem XVI.

We Włoszech głośny stał się list protestacyjny, jaki Hanna Suchocka skierowała do redakcji dziennika “La Repubblica”, w którym opublikowano artykuł “Sieroty Wojtyły, polski dwór żegna się z Rzymem”. Autor artykułu pisząc o polskich współpracownikach Jana Pawła II wyraził opinię, że Benedykt XVI będzie się ich stopniowo pozbywał. W reakcji na ten tekst ambasador stwierdziła, że wyraźnym zamiarem tej publikacji jest postawienie w złym świetle polskiego środowiska kapłanów pracujących w Rzymie.

Ambasador RP organizowała także spotkania o charakterze politycznym, na przykład debatę przewodniczących Polsko-Rosyjskiej Grupy do spraw Trudnych Adama D. Rotfelda i Anatolija Torkunowa w październiku 2011 roku w Rzymie. Obaj przewodniczący mówili o wzajemnych kontrowersjach wokół zbrodni katyńskiej i różnych spojrzeniach na przyczyny katastrofy smoleńskiej. Rok później uczestniczyła w międzynarodowym sympozjum na temat pedofilii wśród duchowieństwa zorganizowanego z udziałem biskupów ze 110 krajowych konferencji episkopatów oraz przełożonych 30 zakonów na Papieskim Uniwersytecie Gregoriańskim w Rzymie.

Ambasador Suchocka zasłużyła się nie tylko na polu dyplomatycznym. W sposób szczególny leżała jej na sercu promocja polskości. Zaowocowało to wieloma koncertami i innymi wydarzeniami kulturalnymi. Zorganizowała recital chopinowski pianisty Piotra Palecznego w Rzymie. Zaprosiła również górali, którzy w rzymskim Teatrze Capranica wystawili operę o wizytach Jana Pawła II na Podhalu.

Po śmierci polskiego papieża i w oczekiwaniu na włączenie go do grona błogosławionych, kierowana przez nią placówka zorganizowała wiele upamiętniających go uroczystości. W salonach ambasady niedaleko placu Weneckiego z jej inicjatywy prezentowano prace polskich artystów inspirowane nauczaniem Jana Pawła II. Hanna Suchocka, ceniąc również kulturę włoską, objęła mecenatem koncert młodego pianisty Francesco Pianicciego, który skomponował utwory na podstawie wydarzeń z życia Jana Pawła II.

O swojej misji w Watykanie Hanna Suchocka mówi, że próbowała nadać stosunkowo młodej, bo istniejącej od 1989 roku, ambasadzie rozmach oraz że w dużej mierze udało jej się sprostać temu wyzwaniu.

Podczas audiencji pożegnalnej 10 czerwca papież Franciszek dziękował Hannie Suchockiej za jej liczne działania i zaangażowanie na forum dyplomatycznym. Po audiencji polska ambasador podkreślała m.in. ogromną serdeczność Ojca Świętego, któremu przekazała swoją książkę “Rzymskie pasje” mówiąc, że jest w niej zawarta jej miłość do kościołów rzymskich.Swój urząd pełnić będzie do 30 czerwca 2013 roku. Pozostanie jednak w kontakcie ze Stolicą Apostolską, nadal będąc członkiem Papieskiej Akademii Nauk Społecznych. Następcą Hanny Suchockiej na stanowisku ambasadora RP będzie Piotr Nowina Konopka.

 

Dall’autostop al carpooling, avventura o pericolo?

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Magdalena Radziszewska

Finalmente è arrivata, lungamente attesa da tutti, l’estate! Strade immerse nella luce del sole, il cielo azzurro e la bava del vento fanno venir voglia di vivere e…viaggiare. L’estate è la stagione in cui normalmente viaggiamo di più. In montagna o al mare, in un paese esotico o in qualche lago non lontano dalla città, non importa dove. L’importante è la possibilità di staccare dalla vita quotidiana, dimenticando i problemi quotidiani e cambiando ambiente. Come ha scritto il poeta Kazimierz Wierzy?ski “Solo il mondo visto viaggiando vale qualcosa” (Tylko ?wiat przew?drowany jest co? wart). I viaggi istruiscono l’uomo, ampiano i suoi orizzonti e gli fanno vedere il mondo in un altro modo, si capisce tutto più chiaramente di quello che ci circonda. Per qualcuno viaggiare significa soprattutto conoscere altri popoli con le loro diverse abitudini, modo di vivere e cultura. Sono proprio i contatti con altre realtà a cambiare la nostra concezione del mondo, mentre noi stessi diventiamo molto più ricchi d’esperienza.

Ma ognuno ha il suo modo di viaggiare. Tutto dipende dalle nostre propensioni e dal carattere del viaggio che vogliamo compiere. Si dice anche che spesso a fare di un viaggio un’avventura indimenticabile possa contribuire la scelta di farlo in…autostop. Un modo di spostarsi vecchio come il mondo, da alcuni visto però come un sistema discutibile e pericoloso. Qual’è la verità?

Fino a trenta, quaranta anni fa in Polonia viaggiare facendo autostop era la norma, molte persone sceglievano quel modo di muoversi viste la pessime condizioni delle strade in quel tempo. E il fatto che avere una macchina fosse un lusso unito alla rarità con cui passavano i bus interurbani stimolavano la scelta dell’autostop. I giovani si mettevano lo zaino in spalla e aspettavano sul ciglio della strada, esponendo un cartello con la destinazione desiderata, e bastava questo per trovare facilmente un passaggio. Quelli che viaggiavano facendo autostop avevano anche dei “libretti d’autostoppista”, un tipo d’assicurazione che aveva anche dei talloncini che gli autostoppisti davano agli automobilisti nelle varie tappe del viaggio, e che poi gli automobilisti mandavano al centro turistico PTTK, dove venivano sorteggiati dei premi. Era un tipo di competizione tra autostoppisti ed in più, i libretti dopo tanti anni sicuramente diventavano degli ottimi souvenir. Gli autombilisti aiutavano gli autostoppisti molto volentieri. Di solito erano persone simpatiche, affamate di avventure vacanziere. Purtroppo, molto è cambiato da quei tempi. Al giorno d’oggi, con un alto grado di delinquenza non abbiamo fiducia nella gente e l’idea di viaggiare in macchina con uno sconosciuto fa rizzare i capelli! Nonostante tutto ci sono sempre però ancora molte persone che viaggiano con l’autostop e lo considerano un’avventura molto interessante che rende i loro viaggi indimenticabili. Su internet si possono trovare dei portali per autostoppisti in cui si cercano compagni di viaggio, ci si scambiano ricordi o si danno consigli utili a chi non è ancora esperto.

Ma tutto in questo mondo si evolve, anche viaggiare facendo autostop. È nato anzi un nuovo fenomeno: il carpooling, detto anche e-autostop. E ci sono specifici portali internet che si occupano dell’organizzazione di trasporti collettivi con una viva attenzione alla tutela dell’ambiente e nell’occasione di risparmiare i soldi sia dei viaggiatori che degli automobilisti. Uno di tali portali è carpooling.com. È la più grande piattaforma in Europa che rende possibile per automobilisti e viaggiatori progettare un trasporto collettivo. Chi vuole compiere un viaggio in questo modo si registra sul portale e lì può trovare delle persone che si recano nella stessa direzione. L’idea di questa iniziativa è soprattutto limitare l’emisione del CO2 nell’atmosfera, e nello stesso tempo promuovere trasporti collettivi come confortevole maniera di viaggiare che dà la possibilità di diminuire le spese e di stringere amicizie interessanti. Il carpooling è quindi un esempio di una nuova forma di viaggiare facendo autostop. Il rischio collegato con viaggiare in questo modo è più basso, visto che non si sale in una macchina qualsiasi, con persone totalmente sconosciute, ma si viaggia con qualcuno con cui si è già stabilito un contatto online.

Il portale carpooling.com possiede già otto versioni in altrettanti paesi, tra cui la Polonia (www.carpooling.pl) e l’Italia ( www.carpooling.it). Pronti a partire?

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Cosa hanno in comune Stevie Wonder, Celine Dion e Tina Turner?

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Matteo Mazzucca

autore: Matteo Mazzucca

Speech Level Singing significa “cantare come parlare”. È una tecnica che consente di cantare in modo rilassato e naturale lungo tutta l’estensione vocale, rimanendo in perfetto equilibrio tra i registri vocali, senza dannose tensioni muscolari, senza “break” vocali.

Ho conosciuto la tecnica Speech Level Singing quando mi è capitato tra le mani un libro di canto scritto da Seth Riggs, il vocal coach più famoso negli USA.

La storia di Seth Riggs è incredibile ed affascinante: partendo da studi sul Belcanto italiano, Seth ha ideato una tecnica di canto innovativa ed eccezionale, adatta ad ogni stile di canto: lo “Speech Level Singing”. Seth Riggs ha insegnato questa tecnica a grandi stelle come Stevie Wonder, Michael Jackson, Ray Charles, Celine Dion e Tina Turner, aiutandole a raggiungere un enorme successo.

Dopo una breve ricerca su internet, ho scoperto che Seth Riggs ed i suoi collaboratori hanno creato una scuola internazionale per insegnanti di canto, volta a formare istruttori certificati del metodo Speech Level Singing.

Incuriosito e desideroso di apprendere la tecnica delle star, ho deciso di studiare gli insegnamenti del vocal coach americano, iscrivendomi al corso istruttori che si tiene periodicamente in Irlanda. Ho così incontrato i più grandi vocal coach del mondo, sono diventato insegnante certificato del metodo di Seth Riggs ed attualmente insegno questo metodo a Varsavia con grande passione.

Lo Speech Level Singing è una moderna evoluzione del Belcanto italiano. Seth Riggs è stato infatti allievo del grande tenore italiano Tito Schipa. Gli stessi principi belcantistici sono rimasti intatti e sono stati sfruttati dalle più grandi star della musica moderna. Tito Schipa ha detto del canto: “Si canta come si parla, aggiungendo alla parola la melodia.”

Questa tecnica innovativa sta avendo molto successo in Polonia. Nel mio studio di Varsavia incontro ogni giorno giovani aspiranti cantanti. Inizialmente si avvicinano allo studio del canto con timidezza, ma grazie all’efficacia del metodo ormai diffuso in tutto il mondo, acquistano velocemente la tecnica e la sicurezza dei cantanti esperti.

E’ questo per me un motivo di grande soddisfazione, che mi stimola a continuare lo studio ed il perfezionamento del metodo Speech Level Singing. Oltre che a Varsavia, insegno il metodo anche su internet in video-conferenza a studenti e studentesse di tutta la Polonia e di altri Paesi.

Organizzo periodicamente alcuni incontri gratuiti finalizzati a valutare le potenzialità vocali di ogni studente. Mi piace dialogare con i miei allievi sulle tematiche legate al canto attraverso il mio profilo su Facebook.

www.lekcje-spiewu.com  www.lezionidicanto.net

Matteo Mazzucca
Matteo Mazzucca

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Trendy Warsaw, Ewa Solonia: „Polscy mężczyźni muszą zmienić look”

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Dziennikarka, bloggerka, ale przede wszystkim bohaterka warszawskiego życia underground, Ewa Solonia zasila szeregi „Trendy Warszawy” , czyli tego wibrującego, nieprzewidywalnego świata niespokojnych warszawian oddanych najróżniejszym sztukom i pasjom. Rozproszona społeczność, która wciąż się powiększa i ożywia noce nad Wisłą na trasie pomiędzy placem Zbawiciela a Soho Factory, zaglądając do tysięcy galerii sztuki i setek alternatywnych sklepów modowych, które zaczynają charakteryzować to miasto jako jeden z najbardziej “cool” przystanków w Europie.

Dla Ewy Solonii początek przygody z modą ma włoskie korzenie, prawda?

Odkąd byłam małą dziewczynką moja ciocia wysyłała mi ciuchy z Włoch, co zdecydowanie bardzo na mnie wpłynęło, na tyle, że z biegiem lat nauczyłam się kochać i eksperymentować z połączeniami i związkami stylów, kolorów, tkanin. Nadal pamiętam mój pierwszy autentyczny look ze stretchowymi spodniami z lycry i paznokciami pomalowanymi białym lakierem, czułam się jak królowa mody. Ale pasja do poszukiwania i eksperymentowania prowadzi nieuchronnie do ryzyka i przesady, tak jak wtedy kiedy mając 13 lat zaprezentowałam się na urodzinach przyjaciela ubrana jak bohaterka clipu Michaela Jacksona „ Dirty Diana” . W końcu musiałam poprosić mamę, żeby przywiozła mi parę normalnych jeansów…

Kiedy zaczęłaś projektować własne ciuchy?

W miarę tego jak rosłam, zamawiałam u mamy ciuchy, które ja projektowałam, a ona szyła. Wciąż pamiętam lniane koszulki z narysowanymi rycerzami z XV wieku lub t-shirt zainspirowany szpitalem psychiatrycznym. Jednak moją pierwszą prawdziwą kolekcję zaprojektowałam po tym jak zdobyłam dyplom.

Co jest elementem charakterystycznym twojego stylu?

Znakiem szczególnym moich ubrań są często malowane elementy dekoracyjne. Moją filozofią jest myśl, że ciuchy powinny łączyć modę i sztukę w bardziej dosłowny sposób, ponieważ dla mnie moda jest sztuką. I dlatego sprzedaję moje dzieła, bez rozróżniania, zarówno w galeriach jak i na targach mody.

Mocny styl do zaproponowania Warszawie, która wydaje się chętnie przyjmować artystyczne bodźce.

Wydaje się, że Warszawa ma ambicje, aby doścignąć Mediolan i inne europejskie stolice w dziedzinie mody. Tutaj utwierdza się styl mocno awangardowy, powiedzmy bardziej look Bjork, niż Madonny. Warszawianie lubią pokazywać się jako oryginalni i eklektyczni i ma tu miejsce ciągły rozkwit projektantów, a wydarzenia poświęcone modzie robią furorę.

Teraz przedstawiłaś nową linię zadedykowaną przede wszystkim mężczyznom, dlaczego?

Moja kolekcja nazywa się „Polski len” i ma za zadanie gloryfikować prostotę i praktyczność wzbogacając ją ekstrawaganckimi elementami. Wyobrażam sobie polskich mężczyzn, którzy uwielbiają komfort i cieszą się wakacjami. W ten sposób moje ciuchy są dostosowane do chwil relaksu, czy to na plaży, w górach, na kempingu, czy na rowerze. Użyłam naturalnych i przewiewnych tkanin, które w Polsce często są niedoceniane. Powiedzmy, że skupiam się na mężczyznach, ponieważ kobiety zawsze były w stanie dobrze się ubrać. Czuję natomiast potrzebę przyczynienia się do polepszenia looku polskiego mężczyzny, który naprawdę tego potrzebuje! W tym zakresie polscy mężczyźni powinni bardziej podpatrywać wygląd mężczyzn we Włoszech.

Aby uzyskać informacje na temat kolekcji Ewy Solonii:

www.facebook.com/SoloniaCity

mail: solonia@tlen.pl

www.soloniacity.blogspot.com

 

Avvocati italiani a Varsavia

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Kancelaria Adwokacka Adwokat Joanna Lesiewska tel. +48.607.540.004 sito www.giuristi.pl  02-309 Warszawa ul. S?upecka 7/7

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Smoktunowicz&Falandysz  tel. +48.22.826.44.99 sito www.smok.pl   00-029 Warszawa ul. Nowy ?wiat 39

Studio prawne tel. +48.22.394.05.68 sito www.studioprawne.pl   00-137 Warszawa ul. Elektoralna 21 48 – Pawe? Surma

 

In questo elenco riportiamo l’elenco degli Studi Legali iscritti all’Annuario delle Aziende Italiane in Polonia 2012, edita da Comunicazione Polska.

Volontariato, piacere o obbligo?

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Julia Szaw?owska

Le occasioni di fare volantariato a breve termine all’estero non suscitano grande interesse tra chi progetta le sue vacanze. La mancanza di prospettiva di riposo a fronte del lavoro continuo, non è molto invitante. Ma il lavoro fatto come volontariato lascerà ricordi indelebili?

Tre anni fa, mi sono lasciata convincere da una opportunità di far volontariato in Inghilterra per aiutare, con l’organizzazione di One World Summer Festival, un festival che diffonde uno stile di vita sano. Devo ammettere che questa esperienza è stata una delle più interessanti della mia vita. Recentemente ho deciso di andare in Spagna, dove ho trascorso due settimane, vivendo in un castello medievale e aiutando nei lavori archeologici. Un’altra esperienza eccezionale, nonostante il caldo e la stanchezza. Molte persone non si rendono conto che tali viaggi possono essere un’eccellente opportunità per conoscere le diverse culture e stringere amicizie profonde, che spesso durano per tutta la vita. Ma come trovare l’occasione di volontariato adatta a ciascuno di noi? Basta cercare sui siti web specializzati, come per esempio www.workcamps.pl oppure www.projects-abroad.pl. Vale la pena di cominciare la ricerca dei progetti qualche mese prima, perché i posti sono pochi, e il numero di interessati è sempre in aumento.

 

Toto Cutugno e I Ricchi e Poveri a Varsavia

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Matteo Mazzucca

Lo scorso 26 maggio Toto Cutugno e I Ricchi e Poveri si sono esibiti a Varsavia nel concerto “I Love Italia”. Dopo il grande successo della prima edizione del concerto tenutasi a ?odz, le star della musica italiana si sono ritrovate di nuovo a Varsavia per un evento unico: più di due ore di concerto dal vivo. Il pubblico ha avuto la possibilità di ascoltare i più grandi successi di Toto Cutugno e de I Ricchi e Poveri, brani indimenticabili come “L’italiano”, “Solo noi”, “Mamma Maria” e “Acapulco”, che toccano le corde nascoste dell’anima e provocano grandi emozioni e ricordi.

Toto Cutugno è uno dei cantautori italiani più famosi al mondo. Durante la sua lunga carriera, ha vinto il festival di Sanremo e l’Eurovision. Ha scritto brani di enorme successo per star come Adriano Celentano e Joe Dessin. Ha inoltre duettato con Ray Charles. Le sue canzoni sono molto conosciute e cantate in tutto il mondo.

I Ricchi e Poveri sono tra gli artisti italiani con il maggior numero di dischi venduti nel mondo, con più di 20 milioni di copie. Hanno vinto il festival di Sanremo con la canzone “Se m’innamoro”.  Nel 2008 hanno festeggiato i loro 40 anni di carriera artistica.

Il concerto “I Love Italia” si è svolto presso il palazzetto dello sport di Torwar. La struttura è in grado di ospitare fino a 8.000 spettatori. Sul palco di Torwar si sono esibite in passato star di fama internazionale come: Depeche Mode, Pearl Jam, Rihanna, REM, Oasis, 50 cent, Lenny Kravitz e Alicia Keys.

Polin – tu pozostań…

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Barbara Monka

Z Jagną Koftą, przewodniczką i edukatorką Muzeum Historii Żydów Polskich, rozmawia Barbara Monka.

BM: Droga do otwarcia Muzeum Historii Żydów Polskich nie była krótka ani prosta. Idea jego powstania pojawiła się w 1993 roku, dokładnie dwadzieścia lat temu, w Stowarzyszeniu Żydowski Instytut Historyczny w Warszawie. Dwa lata później zapadła decyzja o jego budowie. Gdy pisałam o MHŻP w 2001 roku (The Warsaw Voice, November 11, 2001 No 45(681)) architektem Muzeum miał być Frank Gehry i wydawało się, że zostanie otwarte wkrótce… Tymczasem wmurowanie aktu erekcyjnego nastąpiło dopiero w 2007 roku, a otwarcie budynku zaprojektowanego przez Rainera Mahlamäki w kwietniu bieżącego roku. W Muzeum nie ma jeszcze wystaw, a przewodnicy i tak mają pełne ręce roboty. Kto odwiedza to muzeum?

JK: Muzeum Historii Żydów Polskich odwiedzane jest przez turystów indywidualnych oraz grupy zorganizowane, między innymi szkolne – z Polski i innych krajów. Nasza oferta edukacyjna skierowana jest do dzieci, młodzieży i dorosłych. Prowadzone są wycieczki oraz warsztaty edukacyjne. Dla nas, pracowników Muzeum, bardzo ważne jest to, że odwiedzają nas również mieszkańcy Muranowa, nasi sąsiedzi. Miejsce, w którym się znajdujemy ma duże znaczenie. Przy wejściu do Muzeum wisi mezuza, zrobiona z autentycznej cegły wydobytej z miejsca, gdzie krzyżowały się nieistniejące już ulice przedwojennej Warszawy -Nalewki i Gęsia.

BM: Odwiedzając Muzeum trudno nie myśleć o tych, którzy zginęli… Muzeum znajduje się vis-a-vis Pomnika Bohaterów Getta.

JK:. Zza oszklonych ścian Muzeum widać Pomnik, który zbudowano w 1948 roku, obok znajduje pierwszy pomnik Powstańców z 1946, przypominający właz do kanału. MHŻP stanowi niejako trzeci pomnik. Konstrukcja budynku na zewnątrz wydaje się spokojna, wewnątrz jest dynamiczna. W jego konstrukcji można odczytać wiele symboli. Samo wejście wielu osobom przypomina hebrajską literę taw ת, a imponujący hol główny, strukturą i kolorem – Pustynię Judejską lub niektórym – Morze Czerwone. Cały budynek pokryty jest szkłem z napisami – możemy przeczytać słowo Polin, które po hebrajsku oznacza Polskę, a jednocześnie, w dosłownym tłumaczeniu „tu pozostań”. Istnieje legenda, że gdy tysiąc lat temu pierwsi Żydzi, którzy dotarli do Polski usłyszeli to słowo, uznali je za znak od Boga i postanowili się osiedlić.

BM: I osiedlili się, dzięki czemu Muzeum może teraz przedstawić ich historię. W odróżnieniu od wielu „żydowskich muzeów” na świecie, to nie jest muzeum Holokaustu, lecz muzeum historii Żydów, którzy mieszkali tu od tysiąca lat. Ale co zrobić, by tak właśnie zaistniało świadomości ludzi?

JK: Nie bez przyczyny muzeum ma tak długa nazwę – Muzeum Historii Żydów Polskich… To nie jest Muzeum Holokaustu, choć oczywiście nie zostanie to pominięte. Wystawa Główna będzie składała się z ośmiu galerii, na powierzchni ponad 4000 metrów kwadratowych, zwiedzający zamiast eksponatów zobaczą interaktywną opowieść o historii, kulturze i religii żydowskiej opartą na licznych materiałach źródłowych. Zostanie ona opowiedziana w ośmiu galeriach: Las, Pierwsze Spotkania (średniowiecze), Paradisus Iudaeorum (XV–XVI wiek), Miasteczko (XVII–XVIII wiek), Wyzwania Nowoczesności (XIX wiek), II Rzeczpospolita, Zagłada, Powojnie. Symbolicznym zakończeniem Wystawy ma być galeria o charakterze czasowym – Dziedzictwo. Ale MHŻP to nie tylko wystawy, ale też warsztaty, spacery edukacyjne, szkolenia oraz spektakle i koncerty. Liczymy, że Muzeum stanie się miejscem nie tylko umożliwiającym poznanie historii polskich Żydów, ale też polem dialogu i spotkań międzykulturowych.

BM: A kiedy ta wystawa zostanie otwarta?

JK: W przyszłym roku, ale wcześniej będą już wystawy czasowe. Pierwsza „Listy do tych, co daleko”, została otwarta 18 maja, w pierwszą w historii tego budynku Noc Muzeów. Tylko tej nocy odwiedziło nas niemal 6000 tysięcy osób. Stały one w długich kolejkach, by wejść do Muzeum.