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Vola in Polonia la più prestigiosa “Elle” del XIV Lucania Film Festival

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Joanna Longawa

BASILICATA: Vola in Polonia la più prestigiosa “Elle” del Lucania Film Festival. Il premio Amaro Lucano Award della XIV edizione della kermesse di Allelammie per il miglior short film è stato assegnato a Ziegenort di un giovane regista polacco Tomasz Popakul di Trzebie?a (nato il 1986). L’artista ha debuttato con i suoi primi film Frustratu:Herzleid (2004) e Life 1.0 (2006) a Szczecin per poi svolgere i studi di regia presso PWSFTviT w 2007. Quest’anno Popakul con il suo corto conquista il mondo vincendo tutti i possibili festival dall’International Film Festival Rotterdam a quello di Brooklyn. “Ziegenort” è una storia di un ragazzo-pesce Fish Boy alle prese con i problemi dell’adolescenza. Per la prima volta il film vincitore è stato presentato da THE KRAKOW FILM FOUNDATION ed è disponibile su: http://vimeo.com/57812202. Gli altri premi sono stati assegnati a Elena Costanzo (La miglior attrice – Italia), Goga Devdariani (La miglior fotografa – Giorgia), Daniel Hopfner (La miglior tecnica – Germania). Sono stati anche premiati la Fondazione Carical (Italia), Next Future (Olanda) e film L’esecuzione di Enrico Iannaccone (Italia).

Corti rinascimentali extraurbane, un modello di cultura tra Italia e Polonia

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Lo scorso settembre si è svolto un interessante convegno internazionale dedicato alle Corti rinascimentali come modello di cultura tra Italia e Polonia. L’evento si è caratterizzato come occasione di dialogo interdisciplinare tra storici di architettura e di letteratura provenienti dalla Polonia e dall’Italia. Il tema del Convegno si richiama a un’idea derivata dall’espansione in terraferma che la politica economico-culturale della Serenissima Repubblica di Venezia favorì nella prima metà del Cinquecento.

Causa il massiccio acquisto di “beni inculti”, furono infatti creati spazi in cui necessità legate all’amministrazione di proprietà terriere si combinarono con le aspirazioni artistico-letterarie dei rispettivi possessori. Così nacque l’idea della villa extraurbana come “luogo di delizie”, in cui si amministra, ma soprattutto si impiega il tempo libero nel piacere di colloquiare con le Muse. Tale tematica fu spesso affrontata dalla saggistica italiana e gli studi sulle relazioni tra cultura e ville venete sono particolarmente approfonditi. Mancano però a tutt’oggi studi che mostrino l’influsso di queste molteplici relazioni sulle culture delle nazioni che intrattennero rapporti con la Serenissima. Analizzando le vicende culturali polacche, si evidenzia come i discepoli del “Gimnasium Patavinum” (nonché viaggiatori e diplomatici) provenienti dalla Polonia cercassero d’imitare modelli individuati in Italia – specialmente nell’entroterra veneziano – già all’inizio del Cinquecento.

La mancanza di studi che affrontino questo fenomeno crea spazi per analizzare testimonianze presenti nell’architettura polacca, nonché in documenti redatti da umanisti che soggiornarono nel territorio della Serenissima. Il comitato scientifico si è concentrato su alcune significative attuazioni del concetto, realizzando il Convegno presso: Barco della Regina Cornaro ad Altivole, Loggia ed Odeo Cornaro a Padova, Villa Emo a Vedelago, Villa Barbaro a Maser e Villa dei Vescovi di Luvigliano di Torreglia. Al Convegno – guidato dal comitato d’onore composto da Miroslaw Lenart (presidente), Elia Bresolin, Elzbieta Barbara Lebart, Alina Nowicka-Jezowa, Fiorenzo Silvestri, Giuseppe Volpato, Mikolaj Winnicki – hanno partecipato noti professori di Atenei Universitari Italiani e Polacchi e i temi portanti sono stati: le analisi letterarie ed architettoniche che dimostrano l’importanza delle molteplici relazioni culturali ed economiche intrattenute tra polacchi ed abitanti dei territori della “Serenissima” nella prima metà del Cinquecento; l’importanza di colmare i vuoti negli studi che affrontano il fenomeno; produrre documentazione scientifica con la redazione di un volume che raccoglie gli studi presentati durante i lavori. Le relazioni del Convegno hanno evidenziato in particolare lo sfondo storico-culturale del modello di villa rinascimentale nel territorio della Serenissima fino alla prima metà del XVI secolo, le realizzazioni architettoniche ispirate a modelli italiani nel territorio della Polonia nel XVI secolo, gli aspetti letterari ed artistici della villa rinascimentale in Polonia e in Italia nel Cinquecento. Durante i tre giorni della manifestazione si svolte anche una serie di spettacoli. Presso Barco di Regina Cornaro ad Altivole gli attori del Teatro Nazionale ‘Stary’ di Cracovia, Boleslaw Brzozowski e Juliusz Chrz?stowski, hanno rappresentato il poema di Jan Kochanowski, ‘Il Satiro o Uomo Selvaggio’. Invece Bruno Lovadina del Bel Teatro di Padova accompagnato dal liuto di Luca Chiavinato si sono esibiti ne La Prima Orazione, di Ruzzante. Il terzo giorno del Convegno i docenti sono saliti a bordo di una serie di splendide Rolls-Royce. Una scelta non casuale quella delle Rolls Royce in quanto le vetture hanno la calandra identica al panteon greco e anche all’entrata delle ville palladiane, una citazione quindi del Palladio il maggior architetto del periodo trattato dal Convegno. La Cena di Gala si è svolta a Villa dei Vescovi, Luvigliano, Torreglia (PD), un luogo che affascinò così tanto i viaggiatori polacchi durante il rinascimento che basandosi sui piani di questa villa hanno costruito la Villa dei Vescovi di Cracovia a Pr?dnik nella meta del Cinquecento. Un Convegno curato in ogni dettaglio tanto che perfino la cena è stata in tema rinascimentale con ricette e accompagnamenti musicali dell’epoca. Il Convegno è stato ideato brillantemente organizzato dall’Accademia dei Rampanti associazione, che si richiama all’idea delle accademie rinascimentali, nata dalla volontà di raccogliere intellettuali rappresentanti di varie discipline scientifiche ed artistiche intorno alle idee di humanitas e christianitas in quanto elementi fondanti per la cultura europea.

Storicamente l’Accademia dei Rampanti continua la tradizione dell’Accademia fondata dagli studenti polacchi e attiva a Padova alla fine degli anni quaranta del Cinquecento. L’ispiratore e creatore della storica organizzazione fu Wojciech (Adalberto) Kryski, che studiò in Italia tra il 1543 ed il 1548, un personaggio insolito che si distingueva per le sue virtù e capacità intellettuali. Insieme con Jan Der?niak e Andrzej Kostka e probabilmente anche con Stanis?aw Wapowski e Aleksander Myszkowski egli ha cercato di creare un gruppo di discussione fra i giovani Sarmati che si trovavano a Padova.

I membri dell’Accademia rappresentavano l’avanguardia intellettuale e culturale non solo tra gli studenti presenti a Padova, ma anche in Polonia dove intrapresero poi brillanti carriere. Il primo accenno storiografico all’Accademia, rinvenuto finora, proviene dal libro di ?ukasz Gòrnicki “Dworzanin Polski” (Il Cortigiano Polacco) pubblicato a Cracovia nel 1566. Il libro di Gornicki era un rifacimento rinascimentale del “Libro del Cortegiano” del Castiglione.

L’Accademia dei Rampanti è oggi un’organizzazione internazionale ed i suoi membri appartengono, o sono appartenuti in passato, ad una delle seguenti categorie: scienziati, artisti e studenti dell’Università di Padova. I soci dell’Accademia dei Rampanti nella forza dell’atteggiamento morale, nell’intelletto e nel genio artistico degli individui vedono la forza più significativa e creativa per la cultura. L’aspirazione dei membri dell’Accademia è stata espressa nel motto posto sullo stemma: AD VERITATIS LUCEM CONTENDIMUS.

Va sottolineato che l’organizzazione del Convegno è stata possibile grazie al supporto di Regione del Veneto, Provincie di Treviso, Padova e Venezia, Istituto Regionale Ville Venete, Comune di Altivole e di Padova, Rettore della Basilica di Sant’Antonio di Padova, Veneranda Arca di Sant’Antonio, Museo di Casa Giorgione, Bel Teatro di Padova, proprietari di Villa Emo, Villa Barbaro, Barco Loggia e Odeo Corsaro, Villa dei Vescovi per il loro prezioso aiuto, supporto logistico e tecnico.

STANISŁAW IGNACY WITKIEWICZ

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Triest / Studio Tommaseo

Inicjatywa ku czci wielowymiarowej postaci artysty – Stanisława Ignacego Witkiewicza – odbędzie się w dniach pomiędzy 18 października a 18 grudnia w Trieście. Inicjatywa jest promowana przez Komitet na rzecz Współczesnego Triestu, w ramach badań nad historią sztuki Europy Wschodniej, którym triesteńska instytucja poświęca uwagę od 1995 r. Pieczę nad inicjatywą, realizowaną we współpracy ze Stowarzyszeniem Artspace, sprawuje Gabriella Cardazzo. Eventy rozpoczną się w piątek 18 października międzynarodową konferencją naukową, która odbędzie się w Studio Tommaseo: polscy oraz włoscy eksperci będą rozmawiać na temat wielowymiarowej osobowości Witkiewicza – artysty, fotografa, poety, pisarza teatralnego i filozofa żyjącego w latach 1885-1939 i nadal mało znanego we Włoszech. .

Przewidziane są wystąpienia Pawła Polita, Milady Ślizińskiej, Przemysława Strożka i Giovanny Tomassucci.

Tego samego dnia, na zakończenie kongresu, odbędzie się inauguracja dokumentalnej wystawy fotografii polskiego artysty, wybranych z kolekcji Stefana Okołowicza. Dwadzieścia ważnych portretów, wykonanych między rokiem 1910 i latami trzydziestymi XX w. Pośród nich znajduje się portret Artura Rubinsteina oraz wielkiego polskiego antropologa, twórcy antropologii społecznej, przyjaciela Witkiewicza, Bronisława Malinowskiego.

Wystawa zdjęć – która potrwa do 18 grudnia i będzie miała bogatą część historyczną i dokumentalną – będzie punktem wyjścia dla dalszych analiz poświęconych teatrowi, kinu i sztuce wizualnej.

Odbędą się dwa spotkania poświęcone teatrowi. Pierwsze z nich będzie miało miejsce 19 października, a opiekować się nim będą Loriano Della Rocca i Ludmiła Ryba. W czasie spotkania zostaną odczytane fragmenty “Niemytych dusz”, “Wstępu do teorii Czystej Formy w teatrze”, “Kurki Wodnej”, “Wariata i zakonnicy”. Kolejne spotkanie odbędzie się w środę 18 grudnia, w dniu zakończenia inicjatywy. W spotkaniu będzie uczestniczył Andrzej Welmiński i będzie ono poświęcone grze aktorskiej według Witkiewicza. Kino będzie głównym tematem 14 listopada, kiedy to odbędzie się pokaz serii filmów dokumentalnych, we współpracy z Telewizją Polską, oraz filmu “Lovelies and Dowdies” Kena McMullena (Wlk. Brytania, r. 1974, 30’), pokazującego wpływ Witkiewicza na Tadeusza Kantora. Pod koniec listopada będzie miało miejsce specjalne wydarzenie: wielki artysta sztuk multimedialnych Józef Robakowski będzie mówił na temat spuścizny Witkiewicza i poświęci wyjątkowy film jednemu z wątków w jego produkcji historycznej.

poniedziałek-sobota, g.17-20

wstęp wolny

Wroclovely!

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Carissimi,

Vi invito a Wroclaw, chiamata Wroclove, luogo di incontri, capitale polacca del divertimento che, nel 2016, sarà Capitale Europea della Cultura. Sono un’abitante di Wroclaw che, dopo tanti anni passati in altre metropoli, è ritornata nuovamente nella sua città.

Porto con me molti modi di sentire questa città, quando cammino per la città vado dove mi portano le gambe, attraverso le scorciatoie più belle, i sentieri lunghi e tortuosi, è la prima volta nella mia vita che alzo lo sguardo, scuoto la testa e sono felice! È un vero piacere scoprire posti nuovi, sconosciuti ed entusiasmanti, respiro felicemente l’atmosfera, i numerosi eventi e faccio nuove conoscenze. C’è molto da vedere, la città di Wroclaw vive e sboccia continuamente. Poco tempo fa ho sentito dire da un mio conoscente italiano che il bello di Wroclaw è che qui c’è tutto ed è a portata di mano. È arrivato l’autunno e devo dire che il mese d’agosto non è bastato per riposare dai fantastici festival estivi che si svolgono a Wroclaw ogni anno come il Brave Festival (luglio), diretto da Grzegorz Bral, la festa delle culture dimenticate e marginalizzate insieme a T Mobile Nowe Oryzonty (luglio/agosto), il più grande festival dei film in Polonia, e sulle musiche di J.S. Bach è iniziata l’emozionante stagione autunnale. Intitolato quest’anno Viaggio in Italia, il quarantottesimo Festival Internazionale Wratislavia Cantans mi ha rallegrata e riportata ai tempi d’oro e alla scuola, anche se non senza riserve. Il concerto di inaugurazione nella Chiesa Universitaria è stato premiato dalle ovazioni del pubblico in piedi, uno spettacolo d’alto livello, che poi non tutti gli altri spettacoli sono riusciti a mantenere. A denti stretti ho resistito alla prima metà dell’oratorio di Mozart e, come la maggior parte degli ascoltatori, non posso smettere di stupirmi del fatto che i concerti testardamente organizzati nella chiesa di S. Maria Maddalena, o non si sentono affatto, o si sentono male. Per fortuna, accanto a questo monumento costruito a dispetto dell’acustica, c’è l’OK Wine Bar per affogare la tristezza in un bicchiere di prosecco! In compenso il giorno dopo ho ricevuto un regalo direttamente dall’Italia: il Quartetto di Cremona e il suo concerto intitolato “Una pianta fuori clima” (“Ro?lina spoza klimatu”). Tre secoli di musica italiana per quartetto d’archi.

Felicità pura e in aggiunta, nella bellissima ala barocca Auli Leopoldina, dove nonostante il cigolio delle vecchie panche, ogni suono si sente perfettamente. La ciliegina sulla torta è stato un pezzo di bravura del violoncellista Giovanni Sollima durante il concerto di chiusura del festival, che ho ascoltato più volte senza riuscire a credere come si possa suonare in quel modo. Basta con la musica classica, Wroc?aw ha altro da offrire! Dico addio ad un festival mentre do il benvenuto al prossimo, a ottobre ci sarà il festival teatrale (Festival Internazionale del Teatro DIALOG), e filmico (American Film Festival), sono previste alcune mostre ed eventi che non mancherò di raccontarvi la prossima volta. Fino ad allora bisogna senza dubbio visitare il Muzeum Wspó?czesnego, dove da venerdì 13 settembre è aperta la bellissima e insolita esposizione d’arte autobiografica intitolata La giornata è troppo breve (Dzie? jest za krótki). Ma bisogna anche andare a… all’aereoporto, dove solo fino al 4 ottobre sulla parete est del terminal si possono vedere le stupende, dinamiche e grandissime opere pittoriche dell’artista di Wroc?aw Urszula Wilk. Non è facile dire addio all’estate e ai miei sentieri estivi a Wroc?aw, le colline sulla riva dell’Odra in bicicletta, l’aperol spriz a Karavan, la pizza con i carciofi al ristorante Capri, d’obbligo in mezzo ad un giardino rumoroso, le gite notturne a Winnica, le passeggiate a Nadodrze e Szajbie. Anche se, su, è arrivato il momento di iniziare un nuovo percorso, l’autunno. Oggi mi ha abbagliato l’invasione dei tanti e diversi funghi freschi tra le bancarelle del mercato Hala Targowa, che è la fermata obbligatoria di ogni buongustaio, e i miei tacchi già tremano al pensiero dei giochi del sabato al club Puzzle. Percorrere i miei sentieri autunnali rallegra la mia soggettiva visita guidata attraverso Wroc?aw, della serie Comprendi la città, con cui anche gli abitanti di questa città possono scoprire posti nuovi ed entusiasmanti.

Arrivederci a Wroc?aw, ciao, baci!

 Link:

Wratislavia Cantans: http://2013.wratislaviacantans.pl

Mi?dzynarodowy Festiwal Teatralny DIALOG: http://dialogfestival.pl/

American Film Festival: http://www.americanfilmfestival.pl/

Brave Festival: http://2013.bravefestival.pl/

Mi?dzynarodowy Festiwal Filmowy T-Mobile Nowe Horyzonty: http://www.nowehoryzonty.pl/

Muzeum Wspó?czesne Wroc?aw: http://muzeumwspolczesne.pl

Urszula Wilk: http://galeriam.com/linie-urszuli-wilk-w-porcie-lotniczym-wroclaw/

OK Wine Bar: http://www.okwinebar.com/

Karavan: http://krvn.pl/

Capri: http://capripizza.pl/

Winnica: http://www.winnicanasolnym.pl/

Szajba: http://www.szajba.wroclaw.pl/

Puzzle: https://www.facebook.com/klubpuzzle

Ogarnij Miasto: http://ogarnijmiasto.com.pl/

 

Un tenore italiano a Rzeszow

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Barbara Pajchert

Dalla terra italiana alla terra polacca lo ha portato l’amore per una bellissima donna. Sostiene che vivere a Milano, Roma o New Jork non dia affatto la certezza di trovare un lavoro o di fare carriera. “Anche Rzeszow va bene”, afferma Guglielmo Callegari.

Barbara Pajchert: L’opera è per tutti?

Guglielmo Callegari: Per tutti nel senso di ascoltatori, pubblico?

BP: Sì. Tutti possono o dovrebbero ascoltare arie e andare all’opera?

GC: Secondo me sì. Tutti possono ascoltare l’opera, a qualunque età. L’opera è fatta di sentimenti: odio e amore, felicità e tristezza. È la vita umana cosparsa di intrighi, con un po’ di pepe e un pizzico di pazzia. Ci rispecchia tutti. Tuttavia consiglierei prima di andare ad uno spettacolo di leggere la trama, la descrizione, eventualmente pre-ascoltare l’opera, e solo allora recarsi all’opera col libretto in mano.

BP: Molte persone sostengono che l’opera sia una forma d’arte di nicchia, destinata ad un pubblico selezionato e musicalmente sofisticato.

GC: Certamente gli appassionati di questo genere musicale non sono tanti quanto quelli della musica pop o rock. Questo non significa tuttavia che non meriti di essere suonata o promossa. Sono dell’opinione che più si ha l’occasione di “ascoltare” qualcosa, più entriamo in contatto con un certo genere musicale, più possiamo conoscerlo e col tempo persino apprezzarlo. Limitandone l’accesso o spingendola in un angolo facciamo in modo che l’opera diventi un genere destinato a pochi, inaccessibile e incomprensibile per molti. Purtroppo incontro spesso ragionamenti di questo genere che affermano “non è popolare, perciò meglio cantare qualcosa di pù semplice, più facile”. Mentre l’opera è bellissima, basterebbe avere fiducia nel pubblico, concedergli la possibilità di conoscerla. Parlando in termini moderni è il cosiddetto product placement. Diamole una chance! Basta ascoltare qualche volta un’aria come “E lucevan le stelle”, penso che col tempo chiunque che se innamorerebbe. Se pensiamo ai concerti di Pavarotti ci accorgiamo che tra l’immensa quantità di spettatori c’erano sia gli appassionati del genere, sia un pubblico che solitamente ascolta un’altro genere di musica. E tutti erano incantati.

BP: E cosa ne pensi del tentativo di alcuni artisti di rendere più popolare l’opera modernizzandola, cantando al microfono, entrando nel repertorio pop?

GC: Sono a favore del tentativo di rendere più popolare l’opera, rendendo l’accesso più facile, e facendo un maggior numero di rappresentazioni nelle città, dove l’opera non c’è, cioè nelle piccole città e paesi. Ad esempio in Armenia quasi tutti ascoltano l’opera. Un tempo era così anche in Italia. Quasi ogni italiano conosceva Puccini o Verdi. Non bisogna cambiare nè inventare nulla, ma bisogna dare più spesso e più facilmente la possibilità al pubblico di ascoltare un’opera o un’aria. In quanto ai micrifoni sono contrario, soprattutto in luoghi dove non è necessario, come ad esempio nelle chiese o nelle sale da concerto. La voce naturale è decisamente più bella, non elaborata artificialmente. Non sono a favore neanche dell’entrata dei cantanti d’opera nel repertorio pop. Purtroppo la modernizzazione ha portato con sé l’invasione dei CD e fin troppa elettronica nell’opera che rimane più bella dal vivo. Il cantante può trasmettere ogni volta altre emozioni, interpretare in modo leggermente diverso, a seconda della giornata, anche la voce può essere diversa.

BP: Plácido Domingo, Luciano Pavarotti, José Carreras i famosi tre tenori sono considerati oggi anche stelle della musica pop. A tuo avviso è questa la strada per promuovere l’opera?

GC: Come ho già detto io sceglierei una strada diversa verso la popolarità, attraverso un accesso più ampio. Senza dubbio i Tre Tenori con i loro concerti hanno fatto in modo che una maggiore quantità di persone ascoltasse l’opera. Tuttavia vorrei sottolineare che hanno scelto questa strada alla fine della loro carriera. Prima hanno cantato in grandi teatri e sono stati molte volte sulla scena.

BP: Chi è il tuo più grande maestro?

GC: Purtroppo non ho avuto la possibilità di conoscere personalmente i miei maestri, quelli che sono stati un esempio per me non sono più in vita. Per me il re incontrastato dell’opera è stato Franco Corelli. La sua voce sonora e la sua espressività sono eccezzionali e irripetibili. Franco Bonisolli faceva disperare i dirigenti per via del suo carattere e per il suo modo deciso forte e agguerrito di cantare. Laura Volpi aveva una voce incredibilmente forte. Quando ha cantato all’Arena di Verona la sentivano anche da fuori… senza microfono.

Tuttavia c’è ancora un maestro che mi piacerebbe conoscere: Angelo Laforese, grande tenore, oggi ha circa 90 anni e ancora ha una bella voce.

BP: E tra quelli d’oggi?

GC: Non c’è, non l’ho ancora trovato. Forse troppa elettronica fa sì che anche i grandi cantanti che si esibiscono al NET o a La Scala, spesso durante i concerti utilizzino microfoni e amplificatori. Mi chiedo perché….., nonostante vengano utilizzati sempre più di frequente anche all’opera. Il microfono sostituisce l’esercizio e la tecnica.

BP: I tenori polacchi… Ne conosci qualcuno? Cosa pensi di loro?

GC: Sento spesso parlare di Piotr Becza?, e credo sia veramente, veramente bravo. La sua carriera procede benissimo. Purtroppo non ho avuto occasione di ascoltarlo dal vivo.

BP: Cantare arie all’opera è stato il tuo sogno fin da bambino?

GC: Hahaha, da bambino e da ragazzino non ascoltavo e non capivo l’opera. Come la maggior parte dei giovani amavo la musica pop. Gli anni Ottanta sono stati fantastici, veri musicisti scrivevano e cantavano canzoni.

BP: Come ti sei interessato alla musica e al canto?

GC: Per puro caso. Dei conoscenti di mia madre le chiesero di cantare nel coro della parrocchia, ma lei non era molto convinta, allora andai io al suo posto. Ed è così che tutto è iniziato… Allora avevo già 21 anni.

BP: Per te qual’è la cosa più importante nel canto?

GC: La cosa più importante sono le emozioni, “la pelle d’oca” durante l’interpretazione dei brani, la soddisfazione che ti dà il pubblico, la possibilità di entrare in contatto con le persone. Mentre canto “dialogo” col pubblico. L’interpretazione è molto importante. Quando canto cerco di trasmettere diverse emozioni e sentimenti, e il pubblico, dopo avermi ascoltato, mi restituisce le sue impressioni e sensazioni. Si vede sui volti, dagli applausi, dall’atteggiamento.

BP: Come ti prendi cura della tua voce?

GC: La voce è uno strumento complesso, anche se non sembra. Se c’è qualche problema, i migliori metodi sono quelli naturali (forse non sono molto piacevoli, ma funzionano), come l’aglio crudo (quello polacco!), buono come antibatterico e calmante. Le corde vocali non possono essere sostituite, perciò quando la gola fa male e non ci sentiamo bene meglio riposare e non cantare. Cerco di non soggiornare in locali climatizzati, non utilizzo mai l’aria condizionata neppure in macchina, anche quando fa molto caldo. A parte questo, quando la voce è riscaldata, ad esempio dopo i vocalismi, non esco direttamente all’esterno, all’aria fredda, senza qualcosa che mi protegga come una sciarpa ben avvolta attorno al collo. E ricordiamo che cantando brani del proprio repertorio, adatti alla propria voce, possiamo mantenerla in forma per molti anni!

BP: Ricordi il tuo primo concerto in assolo? Avevi paura del palcoscenico?

GC: Ricordo bene sia il concerto in assolo sia quello col coro. Adesso è abbastanza divertente, ma allora…Il primo concerto col coro l’ho fatto 4 mesi dopo avere iniziato a cantare. È stato il requiem di Mozart. Ho preso tranquillamente il mio posto insieme agli altri membri del coro, ma quando ho sollevato la testa e ho visto una folla di persone…L’emozione ha prevalso. Una paura terribile. Invece dopo tanti anni di studi, quando dovevo fare il mio primo concerto in assolo, mi cominciò a tremare la gamba dalla paura. Non voleva fermarsi. Ho cantato tutto il tempo chiedendomi se il pubblico mi stesse ascoltando o se stesse guardando le mie gambe. Adesso è completamente diverso, sono più consapevole, ma per questo ci vuole tempo ed esperienza.

BP: Da due anni abiti in Polonia, a Rzeszow. In realtà, sorprende il fatto che un cantante italiano decida di trasferirsi in Polonia, dove l’opera non gode di grande popolarità. Cosa ti ha portato dalla terra italiana a quella polacca?

GC: L’amore. La ”colpa” è di Anna, o piuttosto di una decisione comune. Dopo aver finito il conservatorio abbiamo deciso di venire a vivere in Polonia, dove vive la famiglia di Anna. È vero, l’opera in Polonia non è molto popolare, motivo in più per restare e collaborare alla sua diffusione. E poi non è che abitare a Milano, Roma o New Jork ti dà la certezza di trovare un lavoro o di fare carriera

BP: Dove vi siete conosciuti? In Polonia o in Italia?

GC: Ci siamo conosciuti dodici anni fa, quando sono venuto con il coro in tournee in Polonia, Anna era l’interprete a disposizione del coro. Qualche settimana fa ci siamo sposati.

BP: Ti piacciono la Polonia e i polacchi?

GC: Sì, certamente!!! Qui mi trovo molto bene. La Polonia è un grande paese, un paese in continuo sviluppo. Penso che qui ci siano molte possibilità, bisogna soltanto avere la volontà di sfruttarle. Unica cosa la lingua polacca… un po’ difficile, ma in qualche modo mi abituerò e imparerò.

BP: La mentalità polacca è molto diversa da quella italiana. Cosa ti attrae dei polacchi?

GC: Siamo un pò diversi, ma alcune cose sono simili. Quello che apprezzo molto, almeno qui dove vivo, è il fatto che sia i vicini che i conoscenti, senza fare alcuna domanda sono pronti ad aiutarti in ogni momento. Ultimamente ho incontrato spesso persone gentili, vera collaborazione e calore umano. È davvero commovente. All’inizio siete molto chiusi, in confronto agli italiani, ma dopo avervi conosciuto meglio tutto cambia. Avete anche altri pregi, che inizio a conoscere sempre meglio, come il patriottismo, la fede, un grande rispetto per la scuola, anche solo per il fatto di vestirvi elegantemente il primo giorno, alla fine e durante gli esami.

BP: Come va la tua carriera in Polonia, a Rzeszow non c’è un teatro dell’opera, dove canti?

GC: Purtroppo non c’è un teatro dell’opera né a Rzeszow né in tutta la regione. C’è la filarmonica, ma i miei concerti avvengono in diversi luoghi, anche nei palazzi, nelle scuole di musica, nelle sale da concerto e nelle chiese. Mi esibisco in diverse parti della Polonia, ma anche all’estero. Ho cantato a Londra, Roma, Milano, Shanghai, Abu Dabi, Praga, Berna ecc. A parte questo mi occupo di insegnare le tecniche del canto lirico e di mettere “in piedi” un coro lirico amatoriale.

BP: Quali sono i tuoi piani per il futuro?

GC: È difficile adesso parlare di piani a lungo termine, perché cambiano ogni giorno, si modificano, si aggiungono nuove incombenze. A breve terrò alcuni concerti a Rzeszow (Polskie Radio Rzeszów, Filharmonia Podkarpacka) e preparerò il progetto di un disco di arie, napoletane e spagnole. Di altro al momento non voglio parlare per  scaramanzia.

Grazie

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Uno gnomo italiano a Wroclaw!

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Wroclaw è la cittá degli gnomi. Oltre ad essere una trovata originalissima e un potente strumento di marketing, queste simpatiche e spiritose sculture di bronzo hanno una storia precisa. Durante il periodo di piombo attraversato dalla Polonia negli anni Ottanta, infatti, i militanti di un movimento artistico surrealista underground, noto come Pomaranczowa Alternatywa (ita. alternativa arancione), cominciarono a disegnare gnomi sui muri ogni qualvolta il regime comunista si affrettava a cancellare sugli stessi gli slogan e le scritte contro le autoritá. Gli gnomi acquistarono quindi immediatamente una valenza politica e diventarono un modo geniale per opporsi pacificamente ad una realtá quotidiana fatta di prepotenza e soprusi.

Nella Wroclaw di oggi, gli gnomi sono diventati una presenza che permette di visitare la cittá in un modo totalmente diverso. Sbucano nei luoghi più impensati: alcuni sono proprio in mezzo alla strada, altri invece si arrampicano sui muri, pescano nel fiume, si abbuffano di pierogi o regalano girasoli. Sono rappresentati nelle mansioni tipiche delle professioni piú comuni: c’è il muratore, il pompiere, il macellaio, il guardiano, la birraia, il postino. Soprattutto, considerando che i piú piccoli ne vanno pazzi e i turisti vanno a caccia di gnomi con in mano cartine che ne segnalano la posizione, molti sono diventati dei veri e propri punti d’incontro!

A maggio di quest’anno, sull’onda dell’interesse mediatico letteralmente scatenatosi intorno al fenomeno Little Italy a Wroc?aw, Marcello Murgia ha lanciato sulla piattaforma di crowdfunding Indiegogo il progetto “Gnomo Italiano a Wroclaw”. Marcello è autore del blog Un Italiano a Wroc?aw, menzionato proprio nel servizio che La Repubblica ha dedicato alla presenza italiana in città all’inizio di maggio.

Nel giro di un mese è stato possibile raccogliere 6.500 z?otych, l’importo necessario alla realizzazione del nuovo esponente del popoloso mondo degli gnomi a Wroclaw.

L’iniziativa deve il suo successo anche al contributo fondamentale di Luca Montagliani (alias Laca de la Vega), membro fondatore della Genoa Comics Academy. Vedere lo Gnomo Italiano a Wroclaw nei suoi progetti grafici ha dato un forte impulso alla raccolta fondi.

Lo Gnomo Italiano a Wroclaw lo trovate in via Wi?zienna 21 a pochi passi dal Rynek. É stato inaugurato lo scorso 27 agosto con una festa per i benefattori presso la trattoria-pizzeria Capri che vigila quotidianamente sullo gnomo che è ospitato sulla muretta dello stesso locale!

A confermarne l’assoluta italianità: il fiasco di Chianti che tiene con la destra, la caffettiera e la targa ITA-WRO. Per non parlare della Vespa 125 e dei tranci di pizza che mostra orgogliosamente ai passanti!

Per chi volesse la maglietta con lo gnomo italiano ricordiamo che è in vendita al punto di informazione turistica Rynek 14.

 

Wajda racconta Wałęsa

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“Erano gli operai a saper parlare meglio di chiunque altro con le autorità comuniste, perché gli esponenti del partito erano convinti che le coscienze degli operai fossero state formate dal regime comunista e quindi fossero più vicine al dialogo con le autorità. Invece la situazione era opposta perché proprio gli operai sono stati la categoria sociale più provata fra tutte durante quegli anni.” Così racconta Andrzej Wajda durante il breve incontro concessomi il giorno successivo dell’applaudita premiere del suo ultimo film “Wałęsa, l’uomo della speranza”, presentato fuori concorso al 70° Festival del Cinema di Venezia. Parole e concetti, quelli del grande regista, che riportano ad un mondo di cortine di ferro, a società che idealizzavano e imponevano con la forza presunte uguaglianze sociali, tempi lontani ma non troppo.

“In quel momento la genialità di Walesa si espresse nella capacità di dialogare con le autorità della Repubblica Popolare di Polonia senza mai arrivare alla rottura. La possibilità che i carri armati arrivassero a Varsavia e nell’intero paese era concreta. I militari russi erano pronti a entrare in Polonia sia da est che dall’allora Germania socialista. Walesa seppe tenere aperto il dialogo con il potere alternando rivendicazioni a parole che tranquillizzavano le autorità. E faceva così anche in privato perché sapeva d’essere spiato. Proprio qui a Venezia mi ha confessato che aveva scoperto un microfono nascosto su una lampada e non l’ha mai tolto utilizzandolo per dire frasi che potevano aiutare la situazione a non degenerare. Così Walesa ripeteva spesso, conscio d’essere ascoltato, che i carri armati russi non sarebbero intervenuti in Polonia perché non ce n’era bisogno. Frasi che erano una sorta di criptica comunicazione col governo polacco. Una tecnica che evidentemente funzionò.”

Lei è sempre stato d’accordo con Wałęsa e con le sue scelte politiche?

“Per un breve periodo sono stato anche il suo consigliere per la cultura ma questa è tutta un’altra storia. Credo sia invece importante sottolineare che fu la persona giusta al momento giusto, il suo successo di leader fu importante perché coincise con la libertà ritrovata per un’intera nazione. Il fatto se poi Wa??sa fosse o non fosse all’altezza della nuova situazione creatasi dopo la caduta del muro non è un tema di cui volevo occuparmi nel film.”

Comunque il tema del ruolo di questo personaggio nella storia polacca emerge all’interno della storica intervista di Oriana Fallaci a Wałęsa. Incontro che Lei ha scelto quale filo conduttore del suo film.

“Quando la Fallaci pose la domanda sul suo futuro, Wałęsa rispose che da allora, ovvero dall’apice del successo in cui era, sarebbe potuto solo scendere perché i tempi stavano cambiando rapidamente ed erano per lui ormai inadatti, non poteva più essere il trascinatore che era stato, la società e i media da quel momento in poi avrebbero sottolineato soprattutto i suoi insuccessi. Sapeva di essere un uomo politico che aveva rivestito la parte di eroe, ma era anche conscio di essere l’espressione di un preciso momento storico. E in fondo perché avremmo dovuto pretendere che si adattasse ad un’altra epoca? Dal punto di vista cinematografico è evidente che ci sarebbero stati altri eroi nazionali polacchi più facili da delineare per un regista perché la loro vita terminava nel momento in cui ottenevano il massimo successo. Quello che a me interessava era raccontare Wa??sa come di un uomo insostituibile. Ovviamente se non fosse esistito il Kor, un’organizzazione creata da intellettuali, pensata per difendere i lavoratori e se non ci fosse stato l’aiuto della chiesa, Solidarno?? non avrebbe mai avuto quel ruolo fondamentale che poi ebbe nella storia polacca.”

Quanto è stato difficile girare un film su un eroe contemporaneo? Complicato relazionarsi con Wałęsa?

“Non era il suo film ma il mio, il produttore mi ha quindi lasciato completamente mano libera. Invece per quanto riguarda la scelta di usare l’intervista della Fallaci è stato un escamotage che mi ha consentito di tratteggiare meglio gli aspetti caratteriali del personaggio. Poi c’è un dettaglio importante da sottolineare ovvero che io ho fatto un film di tre ore ma per ragioni di distribuzione è stato ridotto a due, quindi mancano alcuni episodi che volevo raccontare. Ed anche la scelta del titolo ha a che fare con la comunicazione, se il titolo fosse stato semplicemente “Walesa” il pubblico l’avrebbe catalogato solo come un film storico ancor prima di vederlo, il titolo “Walesa, l’uomo della speranza” penso induca ad una riflessione più ampia.”

Nel film ci sono molte scene con immagini autentiche dell’epoca, sequenze importanti anche perché sono la testimonianza del lavoro fatto allora da quei cameraman polacchi.

“A quei tempi le telecamere potevano essere usate per documentare solo eventi ufficiali e istituzionali. Io arrivai subito a Stocznia Gdanska per riprendere gli eventi. All’epoca ero presidente dell’Associazione Registi polacchi e alle istituzioni dicemmo che il nostro ruolo era quello di far le riprese e che poi sarebbe stato il governo a decidere che fare con quel materiale, ma intanto giravamo.”

In quella Polonia dalla libertà limitata il cinema polacco, grazie a Lei e a molti altri registi di spessore, era una nouvelle vague mondiale. Oggi in una Polonia libera i film prodotti sembrano non aver la forza di superare i confini nazionali e conquistare l’attenzione del pubblico internazionale.

“Vero ma è un fatto che non riguarda solo il cinema. In generale in Polonia stiamo vivendo un periodo di scarso spessore culturale un po’ in tutte le arti purtroppo”, risponde Wajda prima che l’addetta stampa lo requisisca per altre interviste.

Wajda si alza e faccio appena in tempo ad aggiungere “a chi mi chiede dove abito a Varsavia racconto sempre con fierezza che abito a Żoliborz, stesso quartiere di Wajda, e che sicuramente prima o poi incontrerò casualmente il maestro in qualche bar a bere un caffè”.

“E perché no? molto volentieri vengo a bere un caffè con Lei, restiamo in contatto!”, ribatte Wajda sorridente mentre la sua assistente prende una copia di Gazzetta Italia insieme al mio biglietto da visita.

Non so se il mio sogno di un caffè con Wajda si realizzerà mai, ma di certo la sensazione costante che ho quando giro per Zoliborz che Wajda sia in zona e che magari potrei incontrarlo per caso a Plac Invalidow o vederlo seduto a bere un caffè in Plac Wilsona ne esce rafforzata.

Włosi w Gdańsku: polska osobliwość

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Roberto M. Polce

Na tle dużych polskich miast bardzo zadziwia sytuacja Gdańska, jeśli chodzi o włoską obecność. Megalopolis zwane Trójmiastem (które na włoski tłumaczy się jako “tricittà”, tak jak “trójząb” to “tridente”, “trójkąt” – ”triangolo”, a “trójbarwny”- “tricolore”) składa się z trzech miast – Gdańska, Sopotu i Gdyni – i jest czwartym miastem pod względem liczebności mieszkańców (743.000), po Warszawie, Krakowie i Łodzi. I tak oto ponownie Gdańsk okazuje się – w tej, jak i w innych kwestiach historycznych i społecznych o mniejszym lub większym znaczeniu – rodzajem osobliwości, przypadkiem samym w sobie na tle całego kraju. W czasach, gdy prawie we wszystkich pozostałych miastach arytmetycznie wzrasta liczba Włochów, starszych lub młodszych, zamieszkujących tam dłużej lub krócej, mniej lub bardziej zapracowanych, w Trójmieście – które wraz z obszarem miejskim, na który składają się miasta satelickie posiada 1.224.000 mieszkańców, według danych przytaczanych przez GUS (Główny Urząd Statystyczny) – żyją nieliczni Włosi. Być może nawet w Szczecinie albo w Lublinie czy Toruniu można ich więcej zliczyć, jeśli za miarę przyjmiemy obecność wydziałów italianistyki na tamtejszych uniwersytetach. W Gdańsku natomiast nie istnieje nawet wydział italianistyki, jak gdyby nie odczuwano potrzeby przygotowania młodych, którzy byli by w stanie nawiązać kontakty biznesowe z Włochami. Zdaje się, że nikt, nawet honorowy konsulat Włoch w Gdyni, nie ma dokładnych danych na temat mieszkających tam na stałe lub czasowo Włochów. Oficjalnymi statystykami powinna dysponować Ambasada Włoch w Warszawie; będą to jednak dane dotyczące jedynie Włochów zarejestrowanych w Aire, Stowarzyszeniu Włochów Mieszkających Zagranicą. Na e-mail, w którym proszę o dane na temat Trójmiasta i województwa pomorskiego nie otrzymuję niestety odpowiedzi. Przez telefon urzędnik mówi mi, że niestety nie posiadają wyodrębnionych danych dla miasta i regionu, i dopiero z innych źródeł, wiarygodnych lecz nieoficjalnych, dowiaduję się, że mieszkających w Polsce Włochów powinno być około trzech tysięcy. W Trójmieście i na obszarze podlegającym Włoskiemu Konsulatowi w Gdyni – który obejmuje samo Pomorze oraz kilka granicznych regionów – mieszkających na stałe Włochów, którzy z takiego czy innego powodu skontaktowali się z konsulatem, nie ma więcej niż kilkudziesięciu. Nawet przy szczodrych szacunkach nie będzie ich więcej niż kilkuset. Równie liczna będzie grupa Włochów “czasowych”, Erazmusów i pracowników zatrudnionych na kontrakcie w rafinerii Lotos lub w tym, co pozostało po stoczniach, a oprócz tego będzie jakaś dziewczyna lub chłopak czy emeryt z żoną lub partnerką Polką. Niektórzy spośród nielicznych osiedleńców uczą włoskiego, garść prowadzi jakąś pizzerię albo restaurację… I wygląda na to, że było by ich tylko tylu. W ostatnich latach wzrost liczby Włochów szukających pracy w Gdańsku i na Pomorzu był minimalny, prawie niezauważalny. Równie niewielkie, w porówaniu z miastami Polski południowej, były inwestycje włoskich firm i przedsiębiorców. Zgodnie z danymi przytoczonymi przez warszawską siedzibę ICE, rządową Agencję Promocji i Internacjonalizacji Przedsiębiorstw Włoskich, na tym obszarze nie ma więcej niż 7-8 włoskich spółek, przy tym prawie wszystkie są raczej małe, i często są to firmy rodzinne. W ten sposób potwierdza się to że, jak się zdaje, Gdańsk historycznie i kulturowo – oprócz tego że geograficznie (a w związku z tym również logistycznie) – znajduje się bardzo daleko od Włoch, i zwrócony jest bardziej w kierunku północnym i zachodnim (Skandynawia, Niemcy), a nawet na wschód (Litwa oraz rosyjski obwód kaliningradzki) niż na południe. Bez znajomości polskiego, albo przynajmniej bardzo dobrej znajomości angielskiego lub niemieckiego, nie da się tutaj znaleźć pracy. Doświadczyli tego ostatnio moi włoscy przyjaciele, którzy przeprowadzili się do Trójmiasta, ale po daremnych poszukiwaniach musieli wrócić do Krakowa lub Wrocławia, nic nie wskórawszy. Z drugiej strony wiadomo: to firmy outsourcingowe, a nie nasze włoskie, małe czy duże, oferują usługi związane z obsługą klienta, księgowością, marketingiem, itp. i przyciągają do Polski spore fale młodych włoskich pracowników. A firmy te, co jest już oczywiste, wybrały Polskę centralną i południową – w szczególności Kraków i Wrocław, oprócz stolicy, Warszawy – z racji dogodniejszego położenia geograficznego w sercu Europy. Nie potrzeba jednak danych statystycznych, aby zrozumieć, że tutaj w Trójmieście Włochów jest bardzo mało. Widać to gołym okiem, a raczej da się to wyłowić uchem: wystarczy pokręcić się po mieście po zakończeniu sezonu turystycznego, a wtedy na opustoszałej Drodze Królewskiej i ulicy Mariackiej w Gdańsku, czy też na ulicy Monte Cassino i na sopockim molo włoski można usłyszeć tylko w jakiejś restauracji. Zresztą na całym świecie, jeśli nie znamy języka używanego w danym miejscu, ani ludzi tam żyjących, najbardziej naturalną rzeczą jest spotykanie się w lokalach prowadzonych przez naszych rodaków, w których czujemy się jak w domu i w których rozbrzmiewa ojczysta mowa. Tak jak na przykład w sopockiej restauracji “Tesoro”(www.restauracjatesoro.pl), która stała się, dzięki wiadomości podawanej w ust do ust, tradycyjnym miejscem spotkań Włochów trafiających do Gdańska z powodu pracy. Wydaje się natomiast, że mieszkający tam na stałe Włosi, z wyjątkiem wyjść do restauracji z rodziną lub przyjaciółmi, nie organizują wspólnych spotkań. Na niewiele się zdają wspierane przez stowarzyszenie Italianissima (www.italianissima.pl) przedsięwzięcia – nie udaje się wywabić ich z ukrycia. Italianissima to sympatyczne i prężne stowarzyszenie, które organizuje spotkania, wystawy, koncerty, wieczorki integracyjne, podróże do Włoch, koncentruje się na kulturze i gastronomii oraz winiarstwie najwyższej jakości, a organizowane przez nie eventy zazwyczaj przyciągają dość znaczną ilość osób zakochanych w Italii. Prawie wszystkie te osoby to jednak Polacy, poza nielicznymi wyjątkami. Od ponad roku działa również Włoski Klub w Gdańsku (www.facebook.com/ClubItalianoDanzica), który organizuje w różnych kawiarniach i księgarniach prezentacje książek, podaganki na temat podróży, wystawy sztuki i fotografii, pokazy filmów. Ale i w tym wypadku na włoskie wieczory przychodzą nie Włosi, a głównie Polacy, którzy już znają język włoski albo się go uczą. Wygląda na to, że naprawdę tutaj na wybrzeżu bałtyckim Włochy z trudem zapuszczają korzenie. A jednak i tutaj, tak jak i w pozostałych częściach Polski, istnieje duże zainteresowanie Italią i sympatia wobec niej. Tak czy inaczej ani Italianissima, ani Włoski Klub nie poddają się rozpaczy. Nie wątpią, że – z winy kryzysu, którego końca nie widać, wbrew optymistycznym deklaracjom – wcześniej czy później Włosi, po tym jak zapełnią się inne duże polskie miasta, będą musieli “najechać” także Trójmiasto.

Nowe tygrysice włoskiej muzyki

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Matteo Mazzucca

‘’Chiaro, Twoja świeżość, czystość, klasa i niewinność daleko Cię zaprowadzą’’. Taką wiadomość Mina, sławna wokalistka włoska wysłała do Chiary.

Mina, zwana inaczej ‘’ Tygrysicą z Cremony’’ ze względu na siłę swojego głosu i determinację z jaką śpiewa, w tych właśnie słowach gratulowała młodej piosenkarce o płomiennorudych włosach.

Chiara Galiazzo, znana jako po prostu jako Chiara, absolwentka ekonomii Katolickiego Uniwersytetu w Mediolanie stała się sławna po zwycięstwie w szóstej edycji programu X Factor we Włoszech.

Chiara uczestniczyła w ostatnim Festiwalu w Sanremo z piosenką ‘’Il futuro che sarà’’ (‘’Przyszlosc, która nadejdzie’’). Utwór, dzięki melodyjnym wstawkom akordeonowym, przypominał konwencją tango, a tekst napisany przez Bianconi mówi o sprzecznościach w życiu,

‘’Wierzę w anioły ale przestaję z piekłem’’; ‘’Chwytam okazje nawet bez potrzeby’’, ‘’Czytam horoskopy lecz wierzę w wieczność”, ‘’Gra akordeon lecz nikt go nie słyszy’’.

Piosenka kończy się przekazem dotyczącym przyszłości: “przepowiedz mi przyszłość, powiedz, że coś się zmieni’’

Chiara w nagraniach telewizyjnych przedstawiana jest jako nieskomplikowana, zwykła dziewczyna zamierzająca żyć normalnym życiem swoich rówieśników. Właśnie dlatego w w spotach telewizyjnych pojawia się w obecności swojej siostry i przyjaciółki.

W międzyczasie inna rudowłosa ‘’tygrysica’’ odnosi warty odnotowania sukces na włoskiej scenie muzycznej. Noemi. Veronica Scopellti – pseudonim artystyczny Noemi – piosenkarka z Rzymu, która interesowała się muzyką od dziecka, zachęcana w dzieciństwie do gry na pianinie przez swojego ojca, wielbiciela muzyki,

Noemi udowodniła, że ma piękny, charakterystyczny głos i została słusznie zauważona przez ekspertów, którzy natychmiast zaproponowali jej udział w programie X Factor, słynnym talent show telewizji Rai Due. Noemi nie wygrała, ale została doceniona ze względu na swój wyrazisty głos.

Od tamtej pory, ‘’krok po kroku’’ ta rudowłosa dziewczyna zdobywa coraz większe uznanie, a jej utwory są transmitowane przez wszystkie włoskie stacje radiowe.

Wystąpiła z popularnymi piosenkarzami ze sceny włoskiej i międzynarodowej, jak Simply Red czy Zucchero.

Na koncercie w Turynie spełniła jedno ze swoich marzeń występując z Vasco Rossim jako jego support. I to właśnie Vasco Rossi razem z Gaetano Currieri ze Stadio zadbali o realizację jej słynnego utworu ‘’Vuoto a perdere’’.

Venice Summer Outfits Lo scanzonato osservatorio sullo stile dei turisti a Venezia

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Ogni anno Venezia attira migliaia di viaggiatori d’ogni tipo che giungono in laguna per diversi motivi: il Carnevale, la Biennale e la Mostra del Cinema o il solo piacere di visitare una città d’arte unica al mondo. Visitatori che si sommano al numero crescente di turisti così detti “mordi e fuggi” che dalle navi da crociera e dai molti pullman si riversano nelle calli di questo straordinario palcoscenico. Finora in molti si sono occupati di descrivere il fenomeno in maniera quantitativa e qualitativa, calcolando il numero di ingressi in città e talvolta, denunciando i comportamenti barbari di chi la calpesta. Venice Summer Outfits è un progetto che ha tentato un’analisi del fenomeno da un punto di vista diverso e assolutamente originale, che ha il suo fondamento nelle nuove possibilità di condivisione e partecipazione date dai social network. Attraverso la fotografia descrive una realtà che accomuna molte città d’arte, l’esistenza di un pubblico particolare che nell’abbigliamento esprime una propria libertà, un individualismo che in altri luoghi potrebbe risultare eccessivo. A questi però si accompagna una folla che, sentendosi in vacanza, veste molto comoda, come nel salotto di casa, dimenticando decoro ed educazione.

Che cos’ha scatenato il fenomeno Venice Summer Outfits? È semplice, siamo italiani. Per quanto pittoreschi e conformi agli stereotipi che ci attribuiscono, abbiamo un’idea di stile: la semplicità e l’eleganza. Non finiremo mai di stupirci per i sandali con i calzini bianchi o le mise di certe raffinate visitatrici della Biennale. Non è snobismo, la diversità e l’originalità ci piace, ma ha le sue regole di “stile”. Le eccentriche ragazze nipponiche, le donne di mezza età sui toni dell’arcobaleno, gli escursionisti barbuti in tenuta da trekking sono i modelli più fotografati dai membri dell’omonimo gruppo facebook di cacciatori di look, paparazzati nelle loro stravaganze imbarazzanti.

Che Venezia sia un luogo tollerante dove le persone si sentono accettate e libere di esprimere, attraverso l’abbigliamento, il loro anticonformismo è un fatto positivo. Ma dalle immagini ne esce anche una Venezia che dall’estrema eleganza dei tacchi a spillo e degli abiti da sera, non viene poi rispettata, nella sua immagine di “salotto più bello d’Italia” dai tanti personaggi che in ciabatte da piscina a torso nudo si aggirano per la città senza essere da nessuno ripresi e multati, come accadrebbe in qualsiasi altra capitale europea.

Attraverso la nostra pagina facebook, cui tutti possono contribuire inviando le loro foto di look stravaganti, stiamo così creando un “bestiario” comportamentale ed estetico che rappresenta in modo concreto gli stravaganti approcci a Venezia che hanno molti dei 21 milioni di turisti l’anno che arrivano da queste parti.

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