Fabio Pantano è uno chef calabrese, con diploma tecnico della ristorazione presso l’Istituto Alberghiero di Tropea, che possiamo considerare maestro della cucina italiana mediterranea, specializzato nelle ricette di pesce fresco.
Originario di Capo Vaticano, una piccola località turistica del comune di Ricadi (VV), inizia la sua attività nella cucina del rinomato Hotel Ristorante Calabrisella del papà Agostino, dove sfrecciando fra le pentole, è cresciuto apprendendo i segreti della vera cucina italiana. Proprio lavorando al finaco del padre ha scoperto la sua profonda passione per la cucina. Un’infanzia che ha il profumo di piatti cucinati con amore e affetto. Durante gli studi all’Istituto Alberghiero di Tropea, nelle stagioni estive lavorava al fianco della sua famiglia, poi col passare degli anni ha deciso di allargare i suoi orizzonti per fare nuove esperienze lavorative a Roma e Berlino. Poi, l’incontro che gli cambia la vita, ovvero l’arrivo a Capo Vaticano della sua compagnia polacca con cui oggi hanno due splendidi bambini. Hanno deciso di vivere in Polonia, dove dal 2020 risiedono stabilmente. Fabio Pantano ha così importato in Polonia i suoi saperi culinari diventando un promotore della vera cucina italiana sia collaborando con l’apprezzato ristorante “Da Gero” (Żelazna 87, Varsavia) sia facendo consulenze per altri ristoranti. Attualmente ricopre anche il ruolo di Segretario della Federazione Italiana Cuochi (FIC sezione POLONIA) dove insieme agli altri cuochi italiani iscritti divulgano e difendono l’autentica cucina italiana.
Un seduttore, certo, ma anche un mago, un matematico, un baro, un medico praticone, un gastronomo, una spia, un massone, ma soprattutto un letterato: era tutto questo Giacomo Casanova, nato 300 anni fa, il 2 aprile 1725, che noi conosciamo soprattutto per essere stato un “casanova”. L’etichetta del donnaiolo impenitente gli è stata appiccicata addosso nel XIX per vendere le sua autobiografia, dopo che era diventato un perfetto sconosciuto. Un’operazione di marketing, e ben riuscita, visto che oggi è uno dei tre veneziani più conosciuti nel mondo, assieme a Marco Polo e ad Antonio Vivaldi.
Eppure quand’era in vita le cose stavano diversamente: non solo non era l’avventuriero più famoso del suo tempo – Cagliostro lo sopravanzava, e di molto – ma neppure il Casanova più conosciuto. Il fratello Francesco, pittore di battaglie, un genere all’epoca molto richiesto, era ben più noto, tanto che quando viene presentato a Caterina di Russia, l’imperatrice lo raggela chiedendogli: «Siete il fratello del pittore?» al che Giacomo replica piccato: «Questo imbrattatele».
Il veneziano potrebbe essere definito un influencer del suo tempo che grazie ai post (le opere che scrive) cerca di agguantare il rango sociale che non gli era stato garantito dal sangue e, attraverso la scrittura, intende ottenere l’immortalità. Giacomo era molto probabilmente figlio naturale di un patrizio veneziano all’epoca molto conosciuto e potente, Michele Grimani, e per questo si sentiva parte di una classe sociale che invece lo escludeva; l’essersi fatto chiamare cavaliere di Seingalt costituisce un tentativo di auto-nobilitazione. Casanova era logorroico e grafomane, conosciamo la prima caratteristica grazie alle testimonianze («Parla in eterno», osserva il governatore austriaco di Trieste, Karl von Zinzerdorf) e la seconda attraverso i suoi scritti arrivati fino a noi: le 3682 pagine del manoscritto di Histoire de ma vie, innanzi a tutto, ma anche quelle del suo ricchissimo archivio oggi conservato a Praga, arrivato lì dal castello boemo dove Casanova è morto il 4 giugno 1798.
Giacomo ha fatto di tutto per diventare famoso, per esempio intratteneva i salotti europei di quella che era la “società della conversazione” con il racconto della sua rocambolesca fuga dai piombi di Venezia – le celle nel sottotetto di palazzo Ducale – nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre 1756. Aveva bisogno di due ore, e se non aveva a disposizione quel tempo minimo, si rifiutava di raccontare. Quando già si trovava a Dux (oggi Duchcov), relegato a fare il bibliotecario del conte di Waldstein, pubblica nel 1788 in francese la Storia dalle prigioni della Repubblica di Venezia, chiamate piombi, opera in seguito entrata a far parte di Storia della mia vita. L’opera ha un discreto successo, così come Il duello, ovvero il racconto della sua singolar tenzone alla pistola, avvenuta nel 1766 a Varsavia con il conte Franciszek Ksawery Branicki, podstoli (viceciambellano) del re di Polonia Stanislao Augusto Poniatowski; la pubblicazione avviene nel 1780, ovvero due anni prima che Casanova lasci per sempre Venezia.
Se questi sono i due lavori a stampa di maggior successo di Casanova, la sua attività pubblicistica è ben più ampia, poiché il conto totale arriva a quarantatré opere, certo, alcune sono semplici opuscoli, ma si tratta di una produzione letteraria di tutto rispetto. È probabile che se si fosse chiesto al veneziano che mestiere facesse, avrebbe risposto: il letterato. Istoria delle turbolenze della Polonia, della quale Giacomo aveva pubblicato due volumi e un terzo è stato ritrovato manoscritto tra le sue carte di Dux, rivela il suo interesse per la storiografia e Icosameron, è pur sempre uno dei primi romanzi di fantascienza della storia della letteratura, anche se è stato un flop totale che lo ha pure rovinato finanziariamente poiché lo aveva stampato a spese proprie.
Qualcuno ha definito la vita di Casanova un «viaggio gastrosessuale nell’Europa del Settecento» poiché il veneziano è in perenne movimento: è stato calcolato che abbia visitato un centinaio di località diverse, da Londra a Costantinopoli, da Madrid a Pietroburgo. Racconta di alberghi, di carrozze e anche di quel che mangia e beve, il cibo e il vino sono presenti lungo tutto il dipanarsi di Storia della mia vita, da quando descrive il suo primo rapporto sessuale, con le sorelle Nanette e Marton, precisando che è andato a casa loro portando con sé due bottiglie di vino di Cipro e una lingua affumicata, fino agli ultimi anni nel castello del conte di Waldstein, rallegrati da fumanti piatti di maccheroni (che poi erano gnocchi di farina). «Ho molto amato anche la buona tavola e insieme tutte le cose che eccitano la curiosità», scrive Giacomo, e la sua vita inizia e finisce all’insegna dei gamberi. «Mia madre mi mise al mondo a Venezia il 2 aprile 1725, domenica di Pasqua. La vigilia ebbe una gran voglia di gamberi. A me piacciono moltissimo», sottolinea. Mentre il 6 maggio 1798, un mese prima della morte, un’amica gli comunica: «Non sono ancora in grado di mandarvi una zuppa di gamberi» e come la madre aveva una voglia di gamberi prima di partorire, così Giacomo rimane con la voglia di gamberi prima di morire.
Alessandro Marzo Magno, nato a Venezia nel 1962, laureato in Storia all’università di Venezia, vive e lavora tra Venezia e Milano. Giornalista, ha pubblicato ventidue libri di argomento storico, da qualche tempo con la casa editrice Laterza. Gli ultimi sono “Venezia. Una storia di mare e di terra” (2022), in uscita in polacco, e “Casanova” (2023).
Nel cuore pulsante della Ciociaria, a pochi passi da Arce, sorge Palazzo Tronconi, un luogo che è riuscito a catturare l’anima del passato e a proiettarla nel futuro attraverso la produzione di vini biodinamici. L’edificio del XVIII secolo, sapientemente restaurato, offre una finestra unica su tradizioni vinicole quasi dimenticate. Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Marco Marrocco, l’ideatore del mondo di Palazzo Tronconi, per scoprire i segreti e la passione che animano questo progetto straordinario.
Storia e Filosofia di Palazzo Tronconi
Palazzo Tronconi è nato dal desiderio di rispettare la natura e riscoprire le tradizioni vinicole della Ciociaria. “La produzione dei nostri vini biodinamici,” spiega il fondatore, “è guidata dai principi di Rudolf Steiner e si basa sull’armonia con i cicli naturali. Usiamo metodi agricoli sostenibili per mantenere un ecosistema equilibrato e coltiviamo varietà autoctone come il Maturano Bianco e il Lecinaro. Ogni nostro vino racconta una storia di autenticità e passione.”
Una cucina tutta da scoprire
L’esperienza del palato non si limita ai vini. L’esperienza è arricchita dalla presenza dell’Osteria, dove la Head Chef Ewelina Kahla, polacca di Białystok, rinnova la cucina locale attraverso piatti dal sapore unico. “Ogni piatto è pensato per celebrare il territorio e si abbina perfettamente ai nostri vini,” racconta il Marrocco. “Ewelina riesce a regalare ai nostri ospiti un’esperienza culinaria indimenticabile.”
Dal vigneto alla tavola: un viaggio esperienziale
Palazzo Tronconi non è solo una cantina, è un’esperienza sensoriale completa. “Offriamo visite guidate ai vigneti e degustazioni per permettere ai visitatori di immergersi nella nostra filosofia biodinamica”, racconta Marrocco. Ogni visita è un viaggio alla scoperta dei vitigni autoctoni e delle pratiche biodinamiche. L’esperienza culmina in degustazioni di vini, accompagnati da piatti preparati da Ewelina. E per chi desidera prolungare il soggiorno, le camere del B&B, arredate con stile locale, offrono un rifugio di pace e tradizione.
Oltre ai vini, quali altri prodotti si possono trovare presso il vostro agriturismo?**
Oltre ai nostri vini biodinamici, offriamo miele di altissima qualità prodotto dalle nostre api, che impollinano i vigneti e le coltivazioni circostanti. Inoltre, produciamo olio extravergine d’oliva ottenuto dalle olive coltivate con metodi sostenibili. Questi prodotti riflettono la nostra attenzione per la sostenibilità e la naturalità.
Raggiungere e vivere Palazzo Tronconi
Per chi desidera vivere appieno questo angolo di paradiso, raggiungere Palazzo Tronconi è semplice. Situato in una posizione strategica, è facilmente accessibile da Roma, Napoli e altre grandi città. Il viaggio può proseguire su strade pittoresche, incorniciate dal paesaggio unico della Ciociaria. “A chi arriva, offriamo un’esperienza che va oltre la semplice visita,” sottolinea il fondatore. I visitatori possono partecipare a workshop di cucina, corsi di degustazione e anche alla vendemmia. Ogni esperienza è progettata per far vivere il territorio, la natura e la tradizione di Palazzo Tronconi.
Il futuro di Palazzo Tronconi
Guardando al futuro, il progetto prevede un’espansione della produzione vinicola, con l’introduzione di nuove varietà autoctone e una continua innovazione nell’ospitalità. “Vogliamo crescere, ma sempre nel rispetto delle nostre radici,” ci confida il fondatore. “Ogni nuovo passo è un modo per valorizzare la Ciociaria e offrire ai nostri ospiti un’esperienza sempre più ricca e autentica.”
Palazzo Tronconi rappresenta un viaggio estatico tra natura, storia e passione. Questo luogo non è solo una tappa per chi ama il vino, ma un’esperienza coinvolgente per chi cerca un legame profondo con il territorio, la tradizione e l’innovazione. Anche grazie alla maestria di Ewelina, il connubio perfetto di sapori e culture è assicurato, rendendo ogni visita a Palazzo Tronconi un’occasione indimenticabile di scoperta e piacere.
I vini dell’azienda Tronconi sono distribuiti in Polonia da Fattorie del Duca.
La Cucina Italiana: un viaggio culinario con API Food
Non dobbiamo probabilmente convincervi che scoprire le sfumature dell’autentica cucina italiana sia un’impresa che richiede anni. Noi, in questa intricata materia, ci troviamo piuttosto bene, grazie alla presenza di Cesare Bracco, fondatore dell’azienda, originario di Torino, e di Anna Wójtowicz, che vive in Italia da oltre trent’anni. La combinazione di una prospettiva italiana e di quella di una straniera porta risultati straordinari. Sappiamo distinguere i prodotti italiani realizzati sia dalle grandi aziende internazionali che troviamo nei supermercati italiani, sia da quelli artigianali, prodotti da piccole aziende familiari con una lunga tradizione.
L’azienda API è stata fondata nel dicembre del 1999 e inizialmente rappresentava i costruttori italiani di macchine per l’industria delle materie plastiche.Tuttavia, in quegli anni, sul mercato polacco i prodotti alimentari italiani erano scarsi, e ciò ci ha spinti ad approfondire questo settore, dando vita ad API Food. La prima specialità italiana che abbiamo introdotto in Polonia è stato un classico: il Parmigiano Reggiano di altissima qualità, proveniente da un caseificio amico, membro del Consorzio Parmigiano Reggiano. Questo formaggio straordinario è ancora oggi uno dei nostri bestseller!
Negozio di alimentari online
La crescente domanda di prodotti italiani ci ha ispirato, nel 2011, ad aprire il negozio di alimentari online: La Cucina Italiana. Ci siamo impegnati ad includere nella nostra offerta i prodotti italiani che rispettano la tradizione culinaria del paese: realizzati con metodi tradizionali, spesso provenienti dalle regioni geografiche tipiche, senza artifici, e prodotti nello stesso modo da generazioni.
Abbiamo conosciuto e visitato ciascun produttore delle specialità che offriamo. Abbiamo osservato i processi produttivi e le coltivazioni, come quelle delle olive, dei carciofi, delle nocciole piemontesi, o l’allevamento delle mucche il cui latte è destinato alla produzione del nostro Parmigiano Reggiano.
Cucina Italiana: crescita aziendale, contatti e amicizie
Ovviamente, la presentazione delle nostre specialità italiane comporta costanti contatti nel settore: fiere, show cooking, incontri con blogger e chef. Negli anni abbiamo partecipato a numerose fiere di settore, in particolare agli eventi specializzati come Giornate delle Allergie e Intolleranze Alimentari o Gluten Free Expo. Abbiamo avuto l’onore di essere partner del progetto Sapori della Vita di Magda Gessler, presentando la cucina italiana insieme a Cristina Catese nell’ambito della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo, organizzata, tra gli altri, dall’Ambasciata d’Italia. Da anni collaboriamo con i blogger Jola Słoma e Mirek Trymbulak di Atelier Smaku (Atelier del gusto), che, dopo i nostri viaggi in Italia, raccontano sul loro canale YouTube le esperienze vissute e preparano ricette utilizzando le nostre specialità. Jola e Mirek sono veri amanti di Venezia, avendo appena acquistato un appartamento lì, e creano anche gioielli in ambra con elementi di maschere veneziane. Apprezziamo anche la collaborazione con Magda Ciach-Baklarz, l’autrice di uno dei più apprezzati blog di viaggi, Italia poza Szlakiem (L’Italia fuori dai sentieri battuti), che ha scritto più volte delle nostre specialità, in particolare di quelle legate alle tradizioni natalizie, raccontando ai lettori polacchi le storie e le tradizioni di dolci come panettone, pandoro e colomba.
I nostri sapori italiani
Le specialità tradizionali italiane rappresentano per noi la base e il punto di partenza per scoprire anche le ultime tendenze del mercato alimentare italiano. Sugli scaffali virtuali del nostro negozio si trovano classici come: olio d’oliva di alta qualità, pasta, salse di pomodoro, pesto, formaggi come parmigiano, pecorino, caprino, ma anche prodotti di nicchia, come formaggi a caglio vegetale di carciofo, succo di melograno italiano spremuto a freddo, cioccolato prodotto “dalla fava alla tavoletta” e una vasta gamma di prodotti senza glutine: pasta, biscotti, salse, pane, snack e altre specialità tipiche italiane che seguono le tendenze attuali del mercato “free from”.
Per noi, la cucina italiana acquista un vero sapore solo se accompagnata dalla cultura, dai paesaggi locali e, soprattutto, dalla competenza e dal cuore degli italiani nel creare i migliori prodotti. La nostra attività è una sorta di viaggio culinario, una fonte di gioia, conoscenza e benessere. Siamo felici di esserci guadagnati un posto speciale tra i buongustai polacchi!
VIII Premio Gazzetta Italia: tra arte, letteratura, calcio e Belcanto
Si è svolta mercoledì 26 febbraio 2025, al Teatr Kamienica di Varsavia, l’VIII edizione del Premio Gazzetta Italia.
Durante la magnifica serata di gala, cui hanno partecipato oltre 230 ospiti, hanno ricevuto il riconoscimento della rivista bilingue (italiano-polacco) Gazzetta Italia, cinque apprezzati personaggi e due importanti aziende che rappresentano un vero ponte culturale ed economico tra Italia e Polonia, e proprio questo è l’aspetto cruciale del Premio ideato nel 2015 dal giornalista Sebastiano Giorgi, direttore di Gazzetta Italia e del
notiziario Polonia Oggi.
La serata è stata aperta dall’intervento dell’Ambasciatore d’Italia Luca Franchetti Pardo che nel complimentarsi per la scelta dei premiati ha parlato dell’importante ruolo svolto da Gazzetta Italia nel Sistema Italia in Polonia sottolineando “non so quante altre comunità straniere possano vantarsi di avere qui in Polonia una rivista di tale valore”.
A fargli eco il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia, Fabio Troisi – co-organizzatore della serata – che ha elogiato l’impegno di Gazzetta Italia nel dedicare ampio spazio di approfondimento a temi culturali e artistici che raramente trovano tale spazio nelle riviste.
La prima ad esser premiata con statuetta e piatto in vetro artistico Yalos Murano – dalle mani della console italiana a Cracovia Katarzyna Likus – è stata l’interprete e docente dell’Università Jagellonica di Cracovia, autrice di diversi saggi, Magdalena Wrana, membro dell’Associazione Internazionale Professori d’Italiano, dell’Associazione degli Italianisti nonché della Società degli Italianisti Polacchi.
Secondo premiato – dalle mani del poeta e scrittore Jarek Mikolajewski – uno dei maggiori scultori contemporanei polacchi: Krzysztof Bednarski, che vive tra Roma e Varsavia, autore di monumenti funebri di numerose personalità polacche, tra cui quelli dei registi Krzysztof Kieślowski e Krzysztof Krauze e di molti altri attori e politici, autore dei sarcofagi del compositore Krzysztof Penderecki e del poeta Adam Zagajewski collocati nel Pantheon Nazionale di Cracovia. Ha inoltre realizzato monumenti in spazi pubblici dedicati a Federico Fellini e Frederic Chopin.
Per la sezione Sport è stato premiato con una motivazione letta dal giornalista di Polsat Marcin Lepa, il famosissimo calciatore Kamil Glik, terzo per presenze nella nazionale polacca, che ha giocato ben 10 anni in Italia tra Palermo, Bari, Benevento e soprattutto Torino dove nel 2013 è diventato capitano della gloriosa formazione granata.
Il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia Fabio Troisi ha invece premiato Luigi Marinelli titolare della Cattedra di Polonistica all’Università Sapienza di Roma, dove è stato fra l’altro direttore del Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali. Si è occupato di molti temi e autori della letteratura polacca, dal Medioevo ad oggi, con un particolare interesse per i rapporti italo-polacchi, ed ha pubblicato circa 300 fra monografie, curatele, articoli e traduzioni, fra cui la Storia della letteratura polacca edita da Einaudi, pubblicata anche in polacco da Ossolineum, e il Corso di lingua polacca della Hoepli.
Preceduta da un video di una sua magnifica interpretazione di “O mio babbino caro”, è stata premiata, dalle mani del direttore d’orchestra Massimiliano Caldi, la straordinaria soprano Aleksandra Kurzak che da anni calca i più importanti palcoscenici del mondo, tra cui l’Opera National de Paris, la Royal Opera di Londra e la Metropolitan Opera a New York. Interprete sia del Belcanto italiano che delle opere veriste, si è esibita in tutti i maggiori teatri italiani da La Scala di Milano, al Teatro La Fenice di Venezia, al Teatro Massimo di Palermo, all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma, al Teatro Regio di Torino, al San Carlo di Napoli, al Teatro dell’Opera di Roma arrivando fino all’Arena di Verona, dove a luglio (2025) si esibirà in Carmen e Aida, e poi debutterà anche come Tosca al Festival Puccini.
Importanti le due Menzioni Speciali date dalle mani del direttore dell’Ufficio Ice di Varsavia Roberto Cafiero a realtà economiche che rappresentano un significativo ponte tra Italia e Polonia: Sirmax, azienda con sede centrale a Cittadella e con due impianti a Kutno in Polonia dove impiega 137 dipendenti. Con oltre 60 anni d’attività alle spalle Sirmax è specializzata nella produzione di granuli termoplastici destinati a diversi settori di applicazione. È un’azienda globale con 13 stabilimenti produttivi tra Europa, Asia e America, circa 850 dipendenti e un fatturato che ha raggiunto nel 2024 i 430 milioni di euro.
La seconda Menzione Speciale l’ha ricevuta GPoland il maggiore importatore di marchi italiani della moda in Polonia e insostituibile punto di riferimento per tutte le aziende che vogliono penetrare questo mercato. Oggi GPoland gestisce sul mercato polacco oltre 90 prestigiosi marchi internazionali di abbigliamento, calzature ed accessori, la maggior parte dei quali italiani – tra cui Elisabetta Franchi, Pinko, Boggi, Emporio Armani, Trussardi, Furla, Pollini, Patrizia Pepe, Max Mara. Nel proprio showroom e sede operativa in via Domaniewska, nel cuore di Varsavia, GPoland impiega oltre cento professionisti – specialisti in vendite, retail, marketing e PR.
Le premiazioni sono state intervallate dalle apprezzate esibizioni delle cantanti Siostry Melosik che nei loro brani hanno eccezionalmente alternato strofe in italiano e in polacco.
È stata nel complesso una bella e piacevole serata d’amicizia italo-polacca, cui hanno partecipato i vertici delle Istituzioni Italiane in Polonia, il Nunzio Apostolico Antonio Filipazzi, i rappresentanti delle associazioni di categoria (AICE, Camera di Commercio, Confindustria Polonia) e un ampio spaccato economico e culturale italo-polacco, tra cui moltissimi imprenditori, manager, docenti universitari e rappresentanti di istituzioni culturali polacche come il Castello Reale e il Parco Lazienki di Varsavia.
Il gala organizzato da Gazzetta Italia e dall’Istituto di Cultura di Varsavia – patrocinato da Ambasciata d’Italia e ICE-ITA Varsavia – è stato sostenuto da: Generali, Yalos Murano, BNP Paribas, Horizon, Sirmax, GPoland, Core, GiGroup, Dolce Casa Italia, Faraone, Confindustria Polonia, Adalbert’s Tea, Connecting Europe, Fattorie del Duca, Ferrero, Venice Berr, Le Barbatelle, Hotel Warszawa, Cagiel Beauty.
Agnieszka Tiutiunik si occupa di comunicazione, branding e strategie di PR nel settore della cultura, mentre Przemek Pozowski è giornalista sportivo presso Radio TOK FM. Insieme hanno creato il blog e il profilo instagram tavolo_per_due e, guidati dall’amore per l’Italia, hanno scritto il libro “Stolik dla dwojga. Włoskie miasta i miasteczka” (Wydawnictwo Bezdroża, 2024). Gli stessi autori affermano che non è una guida o un compendio di conoscenze storiche, ma piuttosto un’ispirazione e una proposta della loro personale percezione di una determinata città con tutti i sensi.
Il libro contiene la descrizione di 75 luoghi più o meno famosi, con curiosità culinarie e turistiche, il tutto illustrato con le bellissime foto. Durante la nostra conversazione, che ha spaziato liberamente dai viaggi al calcio, dalla cucina ai nuovi progetti, ho scoperto che in preparazione c’è la seconda parte del libro. Una parte del lavoro è già stata fatta, poiché 31 storie non sono entrate nel primo volume. Non resta quindi che verificare che tutti i luoghi consigliati siano ancora aperti e selezionare gli altri per completare l’opera.
Quando gli ho chiesto di indicare i tre migliori momenti dei loro viaggi, hanno parlato di Bergamo, Napoli e Rocca Calascio in Abruzzo.
Per la prima volta in Italia insieme siamo andati a Bergamo, nella primavera del 2012. Ci siamo innamorati dell’Italia e poi ci siamo innamorati l’uno dell’altra, ma questo è avvenuto probabilmente durante la nostra seconda visita in Italia. Il nostro primo pensiero era di andare a Milano, ma alla fine è stata Bergamo ad affascinarci di più, racconta Przemek.
“La vista dalla Città Bassa è magica. Se si alza lo sguardo da Porta Nuova, si vede la Città Alta, spesso immersa nelle nuvole. (…) Non sappiamo esattamente di cosa si tratti: probabilmente è un’emozione indescrivibile o semplicemente un sentimento. Siamo stati a Bergamo più di una volta; quando camminiamo per queste vie con sanpietrini, ci sentiamo a casa.” („Stolik dla dwojga. Włoskie miasta i miasteczka”, ss. 39, 41)
Le prime impressioni sono probabilmente le più memorabili, quindi il secondo momento più bello è stato il nostro primo viaggio a Napoli, dice Agnieszka. Dopo ci siamo tornati altre volte e amiamo la città per il suo caos, la sua sfrenatezza e la sua pluridimensionalità. Abbiamo dormito in un hotel in Piazza Garibaldi, un albergo poco appariscente e poco stellato che doveva avere il suo massimo splendore negli anni Settanta. Siamo arrivati abbastanza tardi, abbiamo lasciato i bagagli e siamo subito andati a fare una passeggiata notturna. Completamente ignari, abbiamo esplorato a fondo la zona di Porta Nolana, tra montagne di rifiuti e persone che vendevano piaceri carnali. Il giorno dopo, l’addetto alla reception, mostrandoci su una cartina dove si trovava il mercato locale, ha sottolineato di non girare vicino Porta Nolana di sera, perché era una zona molto pericolosa. Quella sera non ci è successo nulla probabilmente grazie alla fortuna dei principianti, visto che all’epoca stavamo appena iniziando a conoscere la città.
A Napoli, inoltre, abbiamo conosciuto per la prima volta un vero e proprio mercato italiano, dove si sentivano grida in dialetto dalle bancarelle che contenevano di tutto: statue di Maradona accanto alla Vergine Maria, pesci spada e tonno accanto alla croce. Un folclore e un eclettismo che ci hanno incantato.
Oltre alle città e ai paesi, l’Italia è anche affascinante per i paesaggi, quindi il nostro terzo momento più bello è legato alla natura e all’Abruzzo.
“Il silenzio può essere una delle cose più belle del mondo. Soprattutto se lo si sperimenta sotto il bel sole autunnale nei pressi di Rocca Calascio, una fortezza che domina la vetta più alta dell’Appennino, il Corno Grande. (…) Durante il nostro viaggio in Abruzzo non abbiamo visto altrove uno spazio così vasto, rasserenante e tranquillo. Dalla fortezza si estende una vista mozzafiato sui quattro lati del mondo. È un’esperienza visiva e acustica indimenticabile”. („Stolik dla dwojga. Włoskie miasta i miasteczka”, s. 57)
Agnieszka e Przemek sono felici quando le persone approfittano delle loro segnalazioni. Gli piace ricevere foto o messaggi dai luoghi descritti nel libro, ma rifiutano sempre quando qualcuno gli offre pubblicità a pagamento. Sono d’accordo sul fatto che tavolo_per_due deve essere un piacere, un diario di viaggio e deve ispirare gli altri, ma non vogliono che diventi un altro lavoro.
E dove vorrebbero abitare se potessero trasferirsi in Italia?
Questo è un argomento che continua ad emergere nelle nostre conversazioni. C’è una linea di demarcazione nord-sud tra di noi. Agnieszka sceglierebbe sicuramente qualche paesino microscopico, ipotizza Przemek, io sceglierei Bergamo, Bologna o Roma.
Confermo, l’ideale sarebbe un’isola, più piccola è più sono felice, ammette Agnieszka. Ma in realtà ci piace sempre la città o la regione da cui siamo appena tornati, quindi scegliere un solo posto in questo momento sarebbe impossibile. Bisogna continuare a esplorare.
Scannerizza il codice QR per andare in viaggio in Italia sulle orme di Agnieszka e Przemek.
Alessandro Marvelli si è trasferito a Los Angeles dopo aver studiato cinema digitale all’Università La Sapienza di Roma. È membro dell’Art Director Guild Of America e tra le sue passioni c’è la pittura. Ha vinto molti premi prestigiosi e ha lavorato con star come Brad Pitt, Al Pacino, Danny DeVito, Bradley Cooper. Negli ultimi 15 anni si è occupato soprattutto di spot pubblicitari, video musicali e lungometraggi. Ho conosciuto Alessandro a Los Angeles e sono rimasta affascinata dalla sua arte, che ho iniziato a collezionare. Il 21 novembre di quest’anno, in un’asta tenutasi a Cracovia, il suo quadro intitolato “Corona” è stato venduto per un prezzo molto alto.
Da dove nasce la tua arte?
Non lo so e non voglio saperlo. L’arte è un bisogno naturale, come respirare. Non l’ho scelta, è sempre stata con me. Non mi interessa scavare per trovare risposte: preferisco accettare che tutto sia così com’è. Il mistero è parte della sua bellezza.
Ti senti più artista, scenografo o comunicatore?
Non mi considero un artista. Quella parola appartiene ai grandi della storia, a chi studiamo e ammiriamo da lontano. Io sono un comunicatore. Ricevo messaggi, non so bene da dove: forse dal mio inconscio, forse da qualcosa di più grande. Li trasformo in immagini che parlano. La scenografia, invece, è il mio lavoro quotidiano, molto pratico e razionale. È problem solving puro, un continuo bilanciamento di idee, budget e responsabilità. Nei miei quadri, però, lascio spazio alla libertà: è lì che posso davvero esprimere ciò che ho dentro, senza filtri e senza dover rendere conto a nessuno.
I tuoi quadri sono messaggi permanenti. Qual è il loro cuore?
I miei quadri sono per tutti: un bambino, un adulto, chiunque può trovarci qualcosa di diverso. Non controllo ciò che trasmettono. Quello che desidero è che siano un invito alla speranza, un ponte per connettersi con sé stessi. Uso molto i colori per attirare l’attenzione: se una persona li nota anche solo per un attimo e poi li lascia andare, è già abbastanza.
Hai definito il tuo lavoro come una “matrice.” Cosa rappresenta questa parola?
La matrice è l’origine di tutto, il punto da cui tutto parte. È ciò che connette ogni cosa: visibile e invisibile, umano e divino. Nei miei quadri cerco di rendere visibile questa connessione, di creare un ponte tra quello che sento dentro e ciò che gli altri possono percepire. Questo concetto mi accompagna da sempre, fin da bambino, anche quando non avevo le parole per descriverlo.
Come concili il tuo lavoro di production designer con la pittura?
Non mescolo mai le due cose. La scenografia è razionale e concreta. È fatta di dettagli, calcoli e soluzioni rapide. Ogni progetto è diverso: una squadra nuova, una città diversa, un regista da soddisfare. È un mestiere che richiede energia mentale e fisica, ma mi appassiona. La pittura, invece, è il mio spazio intimo. È la mia terapia, un momento per riconnettermi con me stesso. Ho bisogno di entrambi: non potrei vivere solo con l’una o con l’altra. Anni fa, ho avuto l’occasione di abbandonare il filmmaking per dedicarmi esclusivamente alla pittura. Era un’opportunità enorme, ma non ce l’ho fatta. Ho capito che ho bisogno di questa dualità per essere equilibrato: la concretezza del filmmaking e la libertà della pittura si completano a vicenda.
Un messaggio per chi guarda i tuoi quadri?
Non cerco che i miei quadri siano capiti o interpretati in un certo modo. Non devono essere fermati, osservati o decifrati. Sono lì per esistere, per vivere una loro vita. Io li realizzo e poi li lascio andare. Che poi trovino significato in una casa, in un ufficio, o semplicemente nel cuore di chi li guarda, non è più una mia scelta. E questo mi dà una libertà incredibile.
“Casanova, 300 anni di mito”, è uno degli articoli di punta di Gazzetta Italia 109. Un numero molto divertente e musicale in cui spiccano l’intervista alle cantanti Siostry Melosik, che hanno vinto il premio del pubblico al Festival di Opole, la riflessione sui film che hanno reso celebre la Commedia Italiana, l’approfondimento sul Festival di Sanremo. Importante ed interessante l’intervista al direttore dell’ICE-Ita Roberto Cafiero sui rapporti economici tra Italia e Polonia e poi come sempre ci sono le nostre varie rubriche di moda, cucina, salute e letteratura di cui segnaliamo l’articolo sulle forme della poesia attraverso l’analisi di un componimento di Szymborska, articolo del professor Tucciarelli che grazie al QRCode si può anche ascoltare dalla sua viva voce.
Correte agli Empik! Gazzetta Italia si esaurisce rapidamente! E se non la trovate potrete acquistarla online, cartacea o digitale, sul sito www.gazzettaitalia.pl
Utilizzando questo qrcode è possibile ascoltare la lettura in italiano di questo articolo da parte dell’autrice Francesca Ceci.
Nel 2025 si celebra a Roma il venticinquesimo Giubileo universale ordinario della Chiesa cattolica, che vedrà affluire nell’Urbe milioni di pellegrini e visitatori. Il Giubileo è da sempre sentito come un’imprescindibile occasione religiosa per recarsi nella Città Santa. Anche gli aristocratici, compresi principi e teste coronate, sentivano l’obbligo e il desiderio di compiere questo pellegrinaggio.
Tra le nobili signore spinte da questo pio desiderio ricordiamo due ex regine di grande fama e rilevanza europea: Cristina di Svezia, convertitasi al cattolicesimo e trasferitasi a Roma dopo aver abdicato al trono di Svezia, che partecipò al Giubileo del 1675, e Maria Casimira Sobieska, giunta nella città per il Giubileo del 1700. Entrambe vissero da protagoniste illustri e famose le celebrazioni giubilari romane.
Sempre nel 2025 è prevista a Roma, nei Musei Capitolini, una mostra intitolata Una Regina in Campidoglio: Maria Casimira e le memorie romane della famiglia reale polacca dei Sobieski, dedicata appunto alla regina Maria Casimira de la Grange d’Arquien, regina vedova del gran re Jan III Sobieski, l’eroe della battaglia di Vienna del 12 settembre 1683 che fermò l’avanzata ottomana in Europa, e ai membri della sua famiglia che vissero a Roma. Tra questi vi fu anche la nipote Maria Clementina Sobieska, sposa nel 1719 del pretendente al trono di Inghilterra Giacomo III Stuart, la quale visse come ‘regina senza regno’ la sua breve vita a Roma e fu sepolta in Vaticano, nella Basilica di San Pietro, mentre il suo cuore è conservato, in un’urna monumentale, nella Basilica dei Santi XII Apostoli.
Il trono perduto
Maria Casimira, che veniva chiamata affettuosamente dal marito Marysieńka, partì dalla Polonia nel 1699 per recarsi a Roma, ufficialmente per prende parte al Giubileo, mentre in realtà si trattava di un vero e proprio esilio, causato dalle vicende politiche verificatesi all’indomani della morte di Jan III. L’elezione al trono di Polonia, infatti, non era ereditaria e quindi basata sulla discendenza della famiglia del re in carica, ma si trattava di una monarchia elettiva, dove il titolo reale era concesso dall’assemblea dei nobili polacchi a pretendenti anche di origine straniera. Sfumarono così le ambizioni di Maria Casimira di vedere il regno assegnato a uno dei suoi figli, e anzi fu “caldamente” invitata a lasciare il paese, che non rivide mai più da viva. Oggi la regina riposa nelle tombe reali del castello di Wawel a Cracovia, accanto all’amatissimo marito.
Il viaggio verso Roma
La regina vedova giunse a Roma dopo un lungo viaggio trionfale che dalla Polonia la condusse sino alla città papale, con al seguito una corte di più di 200 persone tra parenti, cortigiani, personale di vario tipo e un abbondante corredo di cavalli, carrozze e ricchissimi bagagli. Ogni città toccata dall’itinerario reale accolse la Regina con feste e onori di cui conosciamo anche i particolari. Infatti il tutto è accuratamente narrato nel diario di viaggio redatto dal padovano Antonio Bassani, canonico di Varmia al seguito della regina, e intitolato Viaggio a Roma della Sacra Reale Maestà di Maria Casimira Regina di Polonia vedova dell’invitissimo Giovanni III per il voto di visitare i luoghi santi et il supremo pastor della Chiesa, Innocenzo XII, dedicato al cardinale Carlo Barberini, protettore del regno di Polonia che lo fece stampare a sue spese nella stamperia di famiglia.
Il volume rappresenta un prezioso resoconto del viaggio a Roma di Maria Casimira e interessantissime sono le descrizioni delle accoglienze, dei banchetti, delle feste nelle città dove il corteo reale fece sosta (come Venezia e Bologna), della tappa alla Santa Casa della Madonna di Loreto, e in generale delle cerimonie e degli omaggi organizzati anche nei centri più piccoli per accogliere degnamente la regina celebre per essere la vedova di Jan III, difensore della cristianità e del Papato.
I Sobieski e Roma
La presenza della famiglia reale Sobieski, ricevuta con tutti gli onori dal Papa e dalla nobiltà romana, sollevò un grande interesse – misto a curiosità – in ogni strato sociale della Roma dei Papi, che guardò sempre con attenzione a questi illustri personaggi stranieri, soffermandosi volentieri su particolari che incuriosivano il popolo così come l’aristocrazia. Si pensi alle stravaganze del vecchio padre, il marchese divenuto cardinale Henry de la Grange d’Arquien (il cui monumento funebre si trova nella chiesa di San Luigi dei Francesi) e alle avventure galanti, in alcuni casi alquanto incresciose, dei figli Costantino (con una celebre cortigiana romana) e Alessandro (che ebbe un figlio da una dama veneziana).
Di questi eventi, come di altri ancora, si ha riscontro anche in brevi scritti satirici e politici anonimi noti con il nome di “Pasquinate”, attaccati segretamente su una statua romana detta Pasquino, la più celebre delle “statue parlanti” di Roma e ancor oggi situata nella piazza omonima. Ai piedi e al collo della statua erano appesi cartelli con versi sarcastici che deridevano personaggi pubblici, in alcuni casi anche il Papa, esprimevano i malumori del popolo romano verso il potere e sbeffeggiavano personalità famose.
Quadro raffigurante la Regina Maria Casimira Sobieska dipinto da Halina Skroban nel 2022 con la tecnica di olio su tela, 80X100 cm
Il Diario di Roma
La fonte principale sulla vita di Maria Casimira è il Diario di Roma dell’ecclesiastico, erudito, scrittore e antiquario romano Francesco Valesio (1670-1724), il quale trascrisse nel suo Diario di Roma ogni fatto da lui considerato degno di nota accaduto a Roma, conservatosi a partire dall’agosto del 1700 fino al marzo 1742 ma con una lunga lacuna dal 1711 al 1724.
Questa testimonianza rappresenta una fonte eccezionale per la storia di Roma nella prima metà del XVIII secolo per la ricchezza e accuratezza delle annotazioni sulla cronaca politica, religiosa e sociale della città. Valesio riporta anche ogni vicenda che vide protagonista la famiglia Sobieski e la loro corte, così come pure, più tardi, i fatti riguardanti Maria Clementina Sobieska Stuart e il suo sfortunato matrimonio con Giacomo III Stuart.
L’Accademia dell’Arcadia
Maria Casimira, una volta giunta a Roma (nella notte tra il 23 e il 24 marzo del 1699) e aver soggiornato a Palazzo Odescalchi in piazza Santi Apostoli, affittò Palazzetto Zuccari, oggi sede della Biblioteca Hertziana in via Gregoriana. Qui allestì la propria piccola corte, con tanto di convento per alcune suore francesi, le Benedettine della Adorazione Perpetua del Santissimo Sacramento, che vi risiedettero per un breve periodo. La regina vedova polacca allestì anche un piccolo “teatrino domestico”, che divenne un importante centro culturale dedicato alla musica e alla lirica, molto rinomato e frequentato dall’aristocrazia romana.
Va infatti ricordato il ruolo svolto da questa corte polacca nella vita culturale della città, tanto che Maria Casimira fu la prima donna a divenire membro dell’Accademia dell’Arcadia, insignita di questo onore il 26 settembre 1699, pochi mesi dopo il suo arrivo nell’Urbe, prendendo il nome poetico di Amirisca Telea.
Anche il figlio, il principe Alessandro Benedetto, appartenne all’Accademia col nome arcadico di Armonte Calidio, e si occupò con passione dell’attività artistica svolta nel “teatrino” di casa Sobieski, dove furono rappresentate opere liriche, cantate e musiche composte dai maggiori talenti musicali attivi a Roma.
Maria Casimira di Polonia e Cristina di Svezia
L’attività di mecenatismo di Maria Casimira fu ispirata da quella di un’altra regina straniera che visse a Roma, Cristina di Svezia, personaggio eccezionale nell’Europa della sua epoca, la quale ebbe una corrispondenza con il re Jan III in occasione della vittoria di Vienna del 1683 e che ambì anche – ma senza successo – al trono di Polonia.
Le due ex sovrane che elessero Roma quale dimora del dorato esilio furono ricevute in forma ufficiale in Campidoglio dai Magistrati Capitolini, i quali vollero commemorare la loro visita con due splendide epigrafi monumentali sovrastate dal loro ritratto ed esposte nei Musei Capitolini, ancor oggi visibili, una a fianco all’altra.
Oppressa da ristrettezze economiche e da problemi di salute, il 29 maggio 1714 Maria Casimira si trasferì nella natia Francia, nel castello Blois, dove due anni dopo morì all’età di 75 anni.
Numerose sono le testimonianze romane della famiglia reale Sobieski, sia monumentali che documentarie.
Oltre ai monumenti già ricordati, si aggiungono le due placchette metalliche dedicate alla battaglia di Vienna visibili nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e inserite nella “Meridiana Clementina”, alcuni dipinti conservati nella Chiesa di san Stanislao dei Polacchi, ai Musei Vaticani il grande dipinto di Jan Mateiko dedicato alla battaglia di Vienna con Jan Sobieski vincitore, il monumento funerario di Alessandro Sobieski nella Chiesa dei Cappuccini in Via Veneto, i grandi medaglioni dipinti su tela realizzati per celebrare la messa funebre nella Chiesa di San Stanislao dei Polacchi (oggi nei depositi di Palazzo Barberini a Roma ma oggetto di un accordo di restauro tra Polonia e Italia) e numerose lettere, stampe e documenti conservati nei maggiori archivi della città e del Vaticano.