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L’Ambasciatore Luca Franchetti Pardo: tra Italia e Polonia un’amicizia storica su cui fondare il futuro

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Luca Franchetti Pardo ha assunto lo scorso febbraio il ruolo d’Ambasciatore Italiano in Polonia dopo aver ricoperto – in una carriera diplomatica iniziata nel 1989 – una lunga serie di incarichi in Italia e all’estero tra cui ricordiamo l’esperienza in qualità di Vice Capo Missione a Tel Aviv, alla Rappresentanza Permanente d’Italia presso il Consiglio Atlantico a Bruxelles e poi a Washington. Ambasciatore presso il Consiglio Politico e di Sicurezza della UE e, da ultimo, Vice Direttore Generale per gli Affari Politici e Direttore per la Sicurezza al Ministero degli Esteri.

A Varsavia Franchetti Pardo ha vissuto, diplomaticamente parlando, un battesimo di fuoco con l’arrivo in Polonia delle massime cariche istituzionali italiane: il Presidente della Repubblica Mattarella, due visite del Presidente del Consiglio Meloni, il Ministro del Made in Italy Urso, il Ministro dello Sport e della Gioventù Abodi, il Ministro per il Made in Italy Adolfo Urso, il Ministro della Cultura Sangiuliano, senza contare l’organizzazione della imponente e partecipata Festa della Repubblica Italiana con circa mille ospiti.

“In effetti è stato un battesimo intenso con la visita della premier Giorgia Meloni solo cinque giorni dopo l’avvio del mio mandato. Una visita molto importante anche dal punto di vista simbolico in quanto svoltasi nel giorno del primo anniversario dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Poi dopo un mese è stata la volta del ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso a Varsavia e dopo neanche due mesi c’è stata la prestigiosa visita di Stato del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una missione lunga e importante che ha portato il Presidente Mattarella anche a Cracovia e ad Auschwitz nel giorno della “Marcia dei vivi” cui hanno partecipato 10 mila persone tra cui tante scuole e alcuni sopravvissuti italiani alla Shoa’”.

Com’è stato l’impatto con la comunità degli Italiani in Polonia?

Pur conoscendo la vivacità della nostra comunità, sono comunque rimasto molto favorevolmente colpito. C’è una rete di imprenditori italiani ben radicata nella società polacca, non sono qui a far affari in modo passeggero ma sono integrati con il paese. E poi c’è anche una intensa interrelazione culturale che si alimenta di tante iniziative ed eventi e che mostra così di portare avanti il testimone delle storiche secolari relazioni tra Italia e Polonia. In proposito, tengo a ricordare la recente visita del Ministro della Cultura Sangiuliano per l’inaugurazione della importante mostra, attualmente in corso, presso il Castello Reale di Varsavia, incentrata sugli albori del Rinascimento italiano.

Oggi la Polonia, vista la sua nuova centralità geopolitica, è un paese ancora più strategico per l’Italia?

La Polonia, per dimensione, demografia e crescita economica è uno dei cinque paesi più importanti d’Europa e in particolare centrale per la sua influenza tra quelli dell’area baltico-danubiana. La guerra in Ucraina ha fatto emergere chiaramente questo dato di fondo. I Polacchi ne stanno prendendo crescente consapevolezza e credo che nell’assumere questo nuovo ruolo cerchino degli alleati. L’Italia sicuramente è un paese amico per la Polonia, sia per le antiche relazioni storico-culturali, sia per l’assenza di retaggi conflittuali che invece esistono verso altri paesi. Un humus di positività tra Roma e Varsavia che ha consentito ai due paesi di sviluppare in questi anni rapporti economici straordinari che raggiungono i 34 miliardi di euro di interscambio. Cifre che, oltre ad essere superiori a quelle che abbiamo con paesi enormi come Brasile e India, mostrano come la strada dell’euro-atlantismo sia un faro di sviluppo. Mi spiego, la pandemia, con l’interruzione delle catene di valore, ha mostrato che l’epoca del globalismo tout court è finita. Oggi il nostro mercato interno è l’Europa ed è in questo contesto che è importante continuare ad investire, perché le catene di valore sono più sicure sia in fatto di distanza sia in fatto di “catene di valori”: ovvero abbiamo a che fare con paesi che hanno standard anche etici simili ai nostri. Questo non vuol assolutamente dire che bisogna fare un “fortino Europa”, tutt’altro, l’Italia ha un’economia fortemente internazionalizzata e ha sempre prosperato dagli scambi internazionali – pensiamo solo al legame economico con gli Stati Uniti – ma ritengo che non bisogna dimenticare quanto sia importante sviluppare le relazioni con i nostri vicini europei.

Alla luce di questa visione cosa succederà il giorno dell’auspicata fine della guerra in Ucraina?

Per prima cosa festeggeremo la fine di una tragedia e, ne sono convinto, una pace giusta per l’Ucraina. In questa prospettiva è chiaro che occorre sin da ora avviare un impegno enorme per la ricostruzione dell’Ucraina, sia a livello infrastrutturale, sia come regole per avvicinare il paese all’Unione Europea che è la sua naturale destinazione. In questa ricostruzione Polonia e Italia possono giocare un ruolo importante, e si stanno già muovendo in questa prospettiva. Degli stretti rapporti polacco[1]ucraini sappiamo tutto ma va sottolineato che anche l’Italia è fattivamente vicina a Kiev: siamo stati infatti tra i promotori della concessione all’Ucraina dello status di candidato ad entrare nell’UE per l’Ucraina. E poi c’è la partita di Expo 2030. La candidatura di Odessa è caduta in conseguenza della guerra e laddove Roma (unica candidatura europea e capitale di un paese, come detto, apertamente schierato a fianco di Kiev) venisse prescelta, si sta muovendo per individuare efficaci formule di collaborazione con Odessa. Mi sembrano tutti ottimi argomenti per sperare di potere contare sul sostegno della Polonia.

Cosa ne pensa della crescita del numero degli iscritti AIRE in Polonia?

La presenza degli italiani in Polonia è in effetti in crescita e mi auguro che questo fenomeno contribuisca a far da volano alle relazioni tra i due paesi. Tra l’altro sappiamo bene che la presenza e la crescita superano ampiamente i dati ufficiali. Come ambasciatore cerco di sviluppare quella che il Vice Primo Ministro del Consiglio e Ministro degli Esteri Tajani chiama “diplomazia della crescita”, ovvero una diplomazia che aiuti l’Italia a crescere economicamente all’interno e nel mondo dove c’è domanda della nostra cultura, economia e lingua: i tre pilastri sinergici dell’italianità all’estero. Per questo siamo attenti anche alla prospettiva di aumentare nei licei polacchi le sezioni in cui si insegni l’italiano e, perché no, anche un istituto integralmente in italiano.

C’è un obiettivo particolare che le sta a cuore e che vuole realizzare in questo suo mandato?

Premesso che il ruolo della diplomazia, e quindi anche il mio, è di dedicare attenzione a tutte le iniziative che rafforzano le relazioni tra Italia e Polonia nei diversi campi, mi piacerebbe che tra le università italiane e polacche si creassero maggiori interscambi e progetti comuni. L’Italia vanta un sistema formativo di base e specialistico di altissimo livello. Siamo un paese che investe in ricerca e innovazione e per questo vogliamo attrarre aziende e giovani dall’estero e naturalmente anche dalla Polonia.

 

Convengo Internazionale: Mezzo secolo di Italianistica a Cracovia. L’Italia e il suo punto culturale, letterario e linguistico

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Convengo Internazionale

 Mezzo secolo di Italianistica a Cracovia.

L’Italia e il suo punto culturale, letterario e linguistico

27-28 ottobre 2023

VENERDÌ, 27 ottobre

10.00-10.30 INAUGURAZIONE, via Krupnicza 33a, sala niebieska (aula blu) con la partecipazione delle Autorità Universitarie e dell’Ambasciatore d’Italia in Polonia

 

10.30-13.00

Emanuela Piemontese, Università di Roma “La Sapienza”, Don Lorenzo Milani e l’educazione linguistica democratica. Quale ruolo ha la “parola” nella scuola e nella società di oggi?

Francesco Avolio, Università dell’Aquila, Nuove prospettive della dialettologia e della geolinguistica italiane a 150 anni dai Saggi ladini di Ascoli

Monika Wożniak, Università di Roma “La Sapienza’. Orate, rifiuti e donne facili: la Sicilia del commissario Montalbano

Piotr Salwa, Università di Varsavia, Ancora sulle traduzioni. Appunti disimpegnati.

 

13.00-14.30 PAUSA PRANZO

 

COLLEGIUM PADEREVIANUM, via Mickiewicza 9B

 

14.30-15.45: SESSIONE IA Letteraria, aula 301

Cecilia Spaziani, Università LUMSA di Roma, La vite e il biancospino nei paesaggi di Pasolini:

«Se tu vieni quaggiù cosa vedi»?

Lucinda Spera, Università per Stranieri di Siena, Calvino: ancora su paesaggi, città e memoria Malgorzata Ślarzyńska, Università Cardinale S. Wyszvński di Varsavia, Altre Italie: i paesagei insoliti di Guido Ceronetti e Giorgio Manganelli

 

14.30-15.45: SESSIONE IB Letteraria, aula 306

Silvia Tolusso, Università Roma Tre, Filippo Sassetti e le lettere dall India: per la diffusione degli esotismi in italiano

Natalia Chwaja, Università Pedagogica di Cracovia, Fuori dal canone. Letteratura italiana in Svizzera

Anna Jamrocik, Università Pedagogica di Cracovia, Il dialogo tra la letteratura italiana e la storia tradizione mitteleuropea nelle opere di Paolo Maurensig

 

14.30-15.45: SESSIONE IC Glottodidattica-Linguistica, aula 502

Luca Palmarini, Università Jagellonica di Cracovia, Un “mezzosangue” contro “i maestri della notte”:

Il linguaggio del fumetto nella serie horror italiana Dampyr

Vesna Koceva, Jovana Karanikik Josimovska, Università Goce Delcev di Stip, Repubblica della Macedonia del Nord, Gli elementi culturali nella classe di italiano LS in contesto macedone: studio di materiale didattico offerto in classi di lingua a livello universitario

Carmela Panarello, Università di Messina, In Aspromonte la grecofonia può dirsi praticamente spenta… (Paolo Martino)

 

14.30-15.45: SESSIONE ID Linguistica, aula 503

Maria Zalęska, Università di Varsavia, Le riflessioni metalinguistiche sull’italiano: dal benessere

al malessere linguistico

Anna Zingaro, Università di Bologna, Se solo avessi le parole: il periodo ipotetico nella canzone italiana

Franck Floricic, Università della Sorbona Nuova, Riflessioni sui costrutti causativi dell’italiano

 

15.45-16.15 PAUSA CAFFE 1

 

COLLEGIUM PADEREVIANUM, via Mickiewicza 9B

 

16.15-17.30: SESSIONE 2A Linguistica, aula 301

Piotr Kowalski, Università di Łódź, Verso una grammatica del romanesco analisi degli approcci precedenti

Katarzyna Maniowska, Università M. Curie-Sklodowska di Lublino, Italiano vero? Perché in italiano si vende meglio

Magdalena Bartkowiak-Lerch, Università Jagellonica di Cracovia, Nuove sfide del linguaggio

non sessista

 

16.15-17.30: SESSIONE 2B Letteraria, aula 306

Anita Kłos, Università di Lublino, L’opera di Italo Caivino nel teatro polacco

Katarzyna Biernacka-Licznar, Natalia Paprocka, Università di Breslavia, Paesagglo dopo la rivoluzione. Sul destino delle case editrici polacche lillipuziane nel 2016-2020

Alicja Paleta, Università lagellonica di Cracovia, L’incontro tra Pietro Metastasio, Caterino Mazzolà e Wolfgang Amadeus Mozart ossia alcune considerazioni sulia Clemenza di Tito di Metastaslo/Mazzolà

 

16.15-17.30: SESSIONE 2C Glottodidattica, aula 502

Aleksandra Kostecka-Szewc, Università SWPS di Varsavia, La tecnologia nei manuali d’italiano

Serafina Santoliquido, Università Jagellonica di Cracovia, Gli usi modali dell’imperfetto nei manuali di italiano per stranieri

Sebastiano Scarpel, Università Pedagogica di Cracovia, Insegnare i tempi passati dell’italiano a studenti di madrelingua polacca: spunti didattici in ottica contrastive

 

16.15-17.30: SESSIONE 2D Linguistica, aula 503

Aleksandra Pronińska, Università Pedagogica di Cracovia. La nomenclatura nosologica italiana in prospettiva deonomastica

Anna Dyda, Università Jagellonica di Cracovia, Etnonimi e toponimi nella terminologia medica

Barbara Stagnitti. Università Cattolica del Sacro Cuore. Brescia, Se avessi dovuto darle un nome». Spigolature antroponomastiche muliebri nell’opera in prosa di Ada Negri

 

18.30 CONCERTO Aula „Florianka” Akademii Muzycznej im. Krzysztofa Pendereckiego, via Sereno Fenn’a 15

 

20.00 CENA ristorante “Trzy rybki, Hotel Stary, via Szczepańska 5

 

SABATO, 28 ottobre

 

9.00-11.30 COLLEGIUM PADEREVIANUM, via Mickiewicza 9B, aula 505

Luigi Marinelli, Università di Roma “La Sapienza“, Il “gioco dell’uguale e del diverso” nella sentenza mariniana e nel suo doppio polacco (in occasione di altri due anniversari)

 Marino Alberto Balducci, Università di Stettino, Pandemia e Alchimia nell Inferno di Dante

Rita Verdirame, Università di Catania, Leonardo Sciascia: la scrittura saggistica e la lezione di Montaigne

Michele Cortelazzo, Università di Padova, Italiano letterario vs italiano neostandard?

 

11.30-12.00 PAUSA CAFFÈ 2

 

12.00-13.30: SESSIONE 3A Letteraria, aula 301

Piotr Podemski, Università di Varsavia, Il populismo invenzione italiana? Le radici dell’antipolitica da Benito Mussolini a Giorgia Meloni

Battista Liserre, Università della Picardia (Université de Picardie, TrAm), Il De bello italico di Bernardo Ruceliai: primo testo di scienza politica moderna

Justyna Łukaszewicz, Università di Breslavia, L’immagine della Sardegna nella traduzione polacca del romanzo La via del male di Grazia Deledda

Leonardo Masi, Università UKSW di Varsavia, Le canzoni italiane in Polonia: aspetti culturali

e traduttologici

 

12.00-13.30: SESSIONE 3B Letteraria, aula 306

Magdalena Wrana, Università Jagellonica di Cracovia, Petrarca à rebours. Traduzioni latine della trilogia degli artifici (RVF 132, 133, 134) in eta moderna

Izabela Napiórkowska, Università di Varsavia, Dante, l’italianità degli italiani e il centenario fiorentino del 1865

Magdalena Maria Kubas, Università di Torino, Una Maddalena dimenticata: sulleredità del Settecento, piemontese ed europeo

Fabio Boni, Università Pedagogica di Cracovia, Avvenimenti, luoghi e persone nei “Giornali

di Napoli” di Domenico Confuorto (sec. XVII)

 

12.00-13.30: SESSIONE 3C Linguistica, aula 502

Anna Grochowska-Rejter, Università di Poznan, L’infisso -ise- e il doppio paradigma verbale nelle grammatiche di italiano per stranieri: un’analisi diacronica dal 500 fino ai giorni

Artur Gatkowski, Università di Lódź, La fortuna di -issimo e di altri suffissoidi italianeegianti nella formazione dei marchionimi polacchi

Ilario Cola, Università di Łódź, Fonetica correttiva e pronuncia emotivamente marcata: una proposta didattica nell’insegnamento dell’italiano come LS

Monica Mosca, Università di Breslavia, La morfolocia verbale dellitaliano L2 in apprendenti israeliani

 

12.00-13.30: SESSIONE 3D Linguistica, aula 503

Agnieszka Kwapiszewska, Università di Varsavia, Gusto o sapore, ovvero come si dice smak in italiano

Ruska Ivanovska Naskova, Università di Skopje, Su alcuni italianismi nel macedone dell’arte e della letteratura

Thomas Scharinger, Università Friedrich-Schiller di Jena, L’apporto dell’italiano al lessico schermistico del francese nel Rinascimento

Katarzyna Kwapisz-Osadnik, Università della Slesia di Katowice, Essere dentro in casa ed essere dentro nella politica: le preposizioni italiane in e dentro sono diverse? Un’analisi in chiave cognitive

 

13.30-15.00 PAUSA PRANZO

 

15.00-16.15: SESSIONE 4A Letteraria, aula 301

Stefano Rosatti, Università d’Islanda, Lo “stilismo lombardo” dei Frammenti lirici di Rebora:

una categoria da rivedere?

Andrea F. De Carlo, Università di Napoli L’Orientale, Dalla Polonia alla Sicilia. La questione contadina nell’opera di J.I. Kraszewski e di G. Verga

Ewa Nicewicz, Università Cardinale S. Wyszyński di Varsavia, Tutti gli usi della parola a tutti.  Sul pensiero pedagogico di Gianni Rodari

 

15.00-16.15: SESSIONE 4B Letteraria, aula 306

Joanna Pietrzak-Thebault, Università Cardinale S. Wyszyński di Varsavia. Aldo Manuzio a Cracovia: vero e falso, pur sempre unico

Maurizio Rebaudengo, Università di Zurigo, “I classici hanno quella potenza emotiva assoluta”: La metanarrazione sinestetica nella drammaturgia di Damiano Michieletto

Elisa Donda, Università di Ferrara, Le “Novellacce” di Giorgio Fano. Verso l’edizione di tre racconti inediti

 

15.00-16.15: SESSIONE 4C Linguistica, aula 502

Eva Klimová. Università della Slesia di Opava. Considerazioni sulle tendenze all’analiticità in italiano a confronto della lingua ceca

Dorota Kozakiewicz-Kłosowska, Małgorzata J. Lewandowska, Università di Varsavia, L’aspetto verbale come patrimonio linguistico-culturale italiano e polacco (a confronto)

Maciej Durkiewicz, Università di Varsavia, Aspetti linguistici e testuali delle tesi universitarie in linguistica redatte in italiano da polonofoni. Analisi a partire da un confronto con gli elaborati dei madrelingua italiani

 

15.00-16.15: SESSIONE 4D Linguistica, aula 503

Alessandro Aresti, Università di Cagliari, La Storia per tutti. Sulla lingua della divulgazione storica in rete

Kamila Miłkowska-Samul, Università di Varsavia, La scrittura digitale e gli algoritmi: strategie

di adattamento

Stefano Ondelli, Floriana C. Sciumbata, Università di Trieste, I luoghi dell’italiano letterario: analisi delle ambientazioni in un corpus di prosa italiana e tradotta (XIX-XXI secolo)

 

16.15-16.45 PAUSA CAFFÈ 3

 

16.45-18.00: SESSIONE SA Letteraria, aula 301

Tanja Habrle, Università di Pula, Una pittrice, attraverso lo sguardo di Enrica Grasso

Stefano Cavallo, Università di Lódź, Risurrezione di Roma (Chiara Lubich) e Viaggio al termine della notte (Louis-Ferdinand Celine)

Rafał Wodzyński, Università di Toruń, Tra identità culturale e identità nazionale – alcune riflessioni in base ai romanzi di Laila Wadia e Igiaba Scego

 

16.45-18.00: SESSIONE 5B Linguistica, aula 502

Fabio Romanini, Università di Ferrara, Fraseologie travisate. Proposte per un repertorio di deformazioni lessicali

Giulio Vaccaro, Università di Perugia, Ahó, a Nando, ti sei attrippato? Il romanesco tra identità linguistica municipale e metadialetto dell’italiano

Franco Finco, Università Pedagogica della Carinzia, Klagenfurt, Identità linguistiche multiple e contrapposte nella cartellonistica del Friuli Venezia Giulia

 

18.00 CHIUSURA CONVEGNO-aula 303

Le aziende italiane vi invitano alla fiera HoReCa di Cracovia e alla conferenza Focus Day Italia

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TESTO: PIBW-CAPI

La Camera degli Affari polacca in Italia, CAPI, e Smart Iting hanno invitato le aziende italiane a esporre dall’8 al 10 novembre 2023 alla fiera HoReCa Gastrofood di Cracovia.

Ospite d’eccezione sarà l’Istituto Regionale del Vino e dell’Olio della Sicilia, che potremo visitare allo stand B33, e che porterà sei aziende che presenteranno le specialità locali: Az. Agr. Fisicaro Sebastiana – Frantoio Galioto, Az. Agr. Lo Grasso Francesco, Tenuta Arena SS Agricola, Frantoio Oleario Gaspare Sarullo, Az. Agr. Agr. Tramontana Rosario, Az. Agr. Ventura Vincenzo.

Avremo modo di conoscere il Gorgonzola DOP con l’Azienda Si INVERNIZZI, rappresentata da Marco Invernizzi quarta generazione della famiglia Invernizzi, che propone presso lo stand B31 il Gorgonzola più famoso in Italia: per informazioni, accedere al sito web dell’azienda gestito anche in polacco, con molte curiosità e ricette: https://www.igorgorgonzola.com

Dal nostro desk: Il Gorgonzola e gli altri formaggi a pasta filata sono ottimi alleati della salute. Lo conferma uno studio dell’Università di Copenhagen, pubblicato sulla rivista American Journal of Clinical. I ricercatori danesi hanno studiato tre gruppi composti da 39 volontari a cui sono state servite tre diete diverse per 12 settimane. Un gruppo ha consumato almeno 80 grammi di formaggio duro al giorno, tra cui il gorgonzola. Al termine dello studio, nessuno dei volontari di questo esperimento ha registrato un aumento di peso o di zuccheri nel sangue o di colesterolo cattivo LDL. Al contrario, si è registrato un aumento della quantità di colesterolo “buono” HDL. Si potrebbe essere tentati di dire che mangiare gorgonzola vale il peccato! L’occasione per provarne uno di altissima qualità sarà la fiera HoReCa di Cracovia (HORECA Międzynarodowe Targi Wyposażenia Hoteli i Gastronomii)

Programmiamo anche una visita a VYARA con il suo marchio AQUAMARIS, stand E40, rappresentato da Bruno Patanè, che propone uno straordinario gin a base di acqua di mare del Mediterraneo, e l’anteprima assoluta del prodotto dell’azienda in fiera – vi invitiamo a scoprire insieme cosa sarà. Una cosa è certa: un’esperienza incredibile per le papille gustative garantita (www.aquamaris.it)

La Camera degli Affari Polacca in Italia, desiderosa di presentare al meglio le possibilità del mercato italiano il 10 novembre dalle 10.00 alle 13.00, vi invita a una conferenza che si concluderà con una degustazione e un’estrazione a premi – FOCUS DAY ITALIA 10.11.23 Sala Vienna.

Un evento per presentare il settore alimentare italiano con le sue specificità, i suoi prodotti di nicchia e le sue novità. Durante l’evento, i visitatori potranno degustare le specialità italiane e anche porre domande o parlare direttamente con i partner italiani. Per ulteriori informazioni, contattare direttamente la Camera di Commercio Polacca in Italia all’indirizzo www.capiplit.eu, info@capiplit.eu.

 

Adalbert’s Tea immergiti nel mondo del miglior tè dello Sri Lanka

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Tamil women plucking tea leaves near Nuwara Eliya, Sri Lanka ( Ceylon ). Sri Lanka is the world's fourth largest producer of tea and the industry is one of the country's main sources of foreign exchange and a significant source of income for laborers.

Il miglior gusto del tè in una bella confezione.

Osservare le conversazioni quotidiane dei nostri amici davanti a una tazza di tè ci ha ispirato a creare dei Tè Premium unici che non solo sorprendono per il loro gusto unico, ma che meritano anche una confezione elegante e prestigiosa. La nostra ispirazione ci ha portato nello splendido Sri Lanka. E nel luglio 2015 abbiamo potuto gustare il nostro tesoro di Ceylon: una collezione di tè classici Adalbert’s con un accattivante elefante dorato sulla confezione. Questo tè è diventato rapidamente un simbolo di qualità unica, creando un’atmosfera di relax e unicità. Questo ci spinge a creare sempre più gusti, per soddisfare i palati più esigenti.

WOJCIECH DMOWSKI, membro del Consiglio di Amministrazione, Adalbert’s Ltd.

Quando i fondatori del marchio Adalbert’s Tea hanno assaggiato per la prima volta il tè in una pittoresca piantagione dello Sri Lanka, sapevano di dover condividere questo gusto unico con il mondo. Era più di una semplice bevanda: c’era amore in ogni goccia, che ora risiede in ogni tazza di questo tè unico.

Cosa rende Adalbert’s Tea così speciale?

La risposta è semplice: l’origine. E quando parliamo di tè davvero unici, parliamo di Adalbert’s Tea. Questa bevanda unica affonda le sue radici nello splendido Sri Lanka, patria di alcune delle più antiche e apprezzate tradizioni di produzione del tè. Ormai da anni il paese è rinomato per il miglior tè nero del mondo. Grazie alla combinazione ideale di condizioni climatiche, terreno fertile, altitudine variabile e foglie di tè di alta qualità, questo gioiello dell’Asia offre un’esperienza di gusto e aroma senza pari a ogni sorso. Tutti i tè provengono dalla stessa pianta Camellia Sinensis, ma sono disponibili in diverse varietà e cultivar. La selezione del tè è un processo composto da passione e esperienza. Lo selezioniamo con cura da diverse regioni dello Sri Lanka per garantire una tavolozza di sapori variegata e unica. Cerchiamo inoltre le foglie di tè della migliore qualità, che vengono raccolte a mano dalle persone esperte nel settore.

Adalbert’s Tea è l’essenza dello splendido Sri Lanka racchiusa in una foglia di tè.

Come è prodotto Adalbert’s Tea?

Il processo di produzione di Adalbert’s Tea è una combinazione di metodi tradizionali e tecnologia moderna, che rende ogni tazza davvero unica. Primo passo: la raccolta delle foglie. Ogni mattina, prima che il sole raggiunga lo zenit, il nostro personale esperto raccoglie a mano con cura solo le due foglie più fresche e il germoglio delle foglie di tè. Seconda fase: l’essiccazione. Le foglie vengono poi decomposte ed essiccate per inibire il processo di fermentazione. Si tratta di una fase fondamentale che preserva il sapore e l’aroma delicato del nostro tè. Terza fase: la fermentazione. In seguito le foglie vengono delicatamente pressate e sottoposte al processo di fermentazione. È durante questo processo che il Tè Adalbert’s acquisisce il caratteristico colore e l’intensità. Quarta fase: essiccazione e confezionamento. Infine, le foglie vengono nuovamente essiccate e poi confezionate direttamente in Sri Lanka per garantire la massima qualità e freschezza. Lo conferma il logo con un leone stampato su ogni confezione di Adalbert’s Tea di Ceylon.

 Adalbert’s Tea è una sinfonia di sapori, il cui segreto risiede nell’attenta lavorazione e nella conoscenza del suolo di Ceylon. E l’esclusivo logo con il leone dorato sulla confezione ne garantisce l’origine, la freschezza e la massima qualità.

Tamil women plucking tea leaves near Nuwara Eliya, Sri Lanka ( Ceylon ). Sri Lanka is the world’s fourth largest producer of tea and the industry is one of the country’s main sources of foreign exchange and a significant source of income for laborers.

Momenti speciali con Adalbert’s Tea

Adalbert’s Tea non è solo tè di altissima qualità, ma anche un’esperienza gustativa e sensoriale. La varietà di gusti offerti soddisfa le preferenze anche dei clienti più esigenti, poiché oltre alle varietà classiche offriamo composizioni uniche, che nascono dalla combinazione di ricette tradizionali e tendenze moderne. Questo permette ai consumatori di scoprire nuove e insolite miscele di sapori e aromi.

Adalbert’s Tea si distingue anche per l’estetica e l’eleganza, che si possono notare sia nella confezione del tè che nel processo stesso di preparazione e degustazione. Ogni tazza di Adalbert’s Tea è anche uno straordinario momento di riposo e piacere o un gioioso incontro con i propri cari. Ogni tazza offre inoltre un risveglio per il corpo e la mente quando ne avete bisogno. Vi invitiamo a scoprire i nostri tè della collezione classica di Adalbert’s Tea: composizioni di sapori ideali per ogni momento della giornata.

Concedetevi di vivere ogni giorno momenti meravigliosi e speciali con Adalbert’s Tea.

Innamoratevi della collezione natalizia Adalbert’s Tea

Il tè è per noi parte fondamentale del periodo natalizio. Tutto il team di Adalbert’s ama questo periodo. Per questo motivo, su richiesta dei nostri consumatori, quest’anno abbiamo preparato una bellissima collezione natalizia di Adalbert’s Tea. Vogliamo rendere questo periodo speciale e pieno di magia. Vi sorprenderemo non solo con il gusto e l’aroma delle collezioni di tè appositamente selezionate, ma anche con l’originalità progettuale della confezione. Innamoratevi della nostra collezione natalizia! Per maggiori dettagli, consultate il sito www.sklep.adalberts.pl.

Preparando una tazza di tè della collezione natalizia di Adalbert’s Tea porterete la magia e il profumo di Natale nella vostra casa.

 

 

 

Satisfashion Milano 2023

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Emilio Bonadio, fot. Monika Mraczek, @monikamraczek

Nella cornice di Milano Fashion Week, il 24 settembre 2003, presso I Chiostri di San Barnaba, si è svolta la sfilata di moda SatisfashionMilano organizzata da Mystyle-Events. Satisfashion è un evento creato per sperimentare il piacere e la gioia che ci regala la moda. Ogni anno la sfilata riunisce gli stilisti internazionali e anche quest’anno più di venti stilisti e marchi hanno presentato le loro ultime collezioni. Il tutto in una serata all’insegna della moda e del design.

La sfilata era divisa in due parti, ha messo in mostra collezioni di stili e tecniche diverse. Questo straordinario insieme ha offerto agli spettatori una rassegna delle attuali tendenze nella moda. Abbiamo avuto la possibilità di vedere le nuove collezioni di Emilio Bonadio, Gera Skandal, MUSUBI, Katerina Eksioglu, Aline Celi, Feyza Kurtulmus, Monika Gruber, Madame MG Couture, Mon Blanche, Nodesha Fashion, SOURA, Magdalena Arlukiewicz, Joanna Niemiec, Ewa Zbaraszewska, Basia Olearka & K. Paluch, Pudu Design & Dorota Cenecka, Angelika Kauffmann, Momoka Tokyo, Naghmeh Kiumarsi, Roxanne Design e il collettivo di designer Alwayssupportalent di Flavia Cannata.

Pudu Design and Dorota Cenecka, fot. R.Poschmann / @posh_foto

Per tutta la serata gli ospiti dell’evento hanno potuto provare i prodotti cosmetici di Clinect, sponsor di Satisfashion, e degustare i vini e il prosecco di Passiamo, grazie alla generosità di TiM Wine Company, partner di Satisfashion.

L’organizzatore e ideatore di SatisfashionMilano è Mystyle-Events, agenzia di moda con sede in Germania e background polacco e ucraino, diretta da Kasia Stefanów, fortemente impegnata nella promozione e divulgazione della moda d’autore sul mercato globale. Prima di tornare a Milano, Mystyle-Events ha organizzato, con grande successo, eventi di moda nelle principali capitali della moda e in città chiave come Parigi, Berlino, Roma, Lviv, Monaco, Varsavia e Dubai.

Satisfashion Milano è stato organizzato in collaborazione con il Consolato polacco di Milano.

Gazzetta Italia 101

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La suggestiva copertina di Gazzetta 101, disegnata da Agnieszka Molęda-Orella in occasione della XXII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, rappresenta un ponte di parole che unisce diversi paesi e culture, un ponte di comprensione di cui abbiamo tanto bisogno. Dentro il nuovo numero, come sempre, tanti temi interessanti da approfondire tra cui: l’intervista a Marco Saverio Loperfido che spiega come si può proteggere la natura cambiando il modo di viaggiare. Anna Ewa Białkowska ci racconta la sua vita da nomade digitale. Con Luca Palmarini, il professore di Italianistica dell’Università Jagellonica, parliamo della sua esperienza in Polonia. E inoltre ricordiamo Luciano Pavarotti, una delle voci più potenti al mondo, in occasione dell’anniversario della sua morte; e Michela Murgia, scrittrice e femminista, scomparsa lo scorso 10 agosto. Riveliamo il dietro le quinte della Mostra del Cinema di Venezia e parliamo del teatro con l’attore Andrea Pennacchi. Vi aspettano anche le nostre rubriche: cucina, motori, nutriceutica, lingua e tanti libri! Tutto questo con un layout leggermente modificato. Speriamo che vi piacerà! Prendete la vostra copia a Empik, Relay, o Inmedio o comprate direttamente dal nostro sito! Abbonamento Annuale Digitale (6 numeri), Roczna prenumerata wydania CYFROWEGO (6 numerów) or Gazzetta Italia 101 (digitale)

Cheesecake al frutto della passione

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Ingredienti (per 8/10 persone)
Per la base:

200 g di biscotti tipo digestive
100 g di burro fuso

Per la crema di formaggio:

120 g di ricotta
60 g di yogurt intero bianco
120 g di formaggio spalmabile
75 g di zucchero semolato
7 g di colla di pesce
375 g di panna fresca da montare

Per la gelèe:

300 g di purea di frutto della passione
10 g di colla di pesce
70 g di zucchero semolato
Frutta estiva per decorare

Procedimento:

Per prima cosa preparate la base di biscotti. Riducete in polvere i digestive, poi aggiungete il burro fuso a temperatura ambiente.

Rivestite una teglia apribile da 20-22 cm di diametro con un foglio di carta forno sul fondo e una striscia lungo tutti i bordi. Inserite sul fondo l’impasto e premete bene, aiutandovi con il dorso di un cucchiaio o con una spatola gommata. Mettete in frigorifero mentre preparate il ripieno. Mettete a bagno la colla di pesce in acqua fredda.

In una ciotola montate la panna fino ad una consistenza morbida. In un’altra ciotola, montate la ricotta con lo zucchero, lo yogurt e il formaggio spalmabile. Strizzate ed asciugate la gelatina, fatela sciogliere a bagnomaria o al microonde con un cucchiaio abbondante di panna liquida. Aggiungete quindi la gelatina al composto di ricotta e mescolate bene, infine unite la panna semimontata mescolando delicatamente dal basso verso l’alto. Trasferite il composto sulla base di biscotto e mettete in frigorifero per almeno 3/4 ore. Trascorso questo tempo, preparate la gelée di frutto della passione. Mettete a bagno in acqua fredda la colla di pesce, dopo 10 minuti strizzate e asciugate bene. Prelevate 2 cucchiai di purea di frutto della passione, scaldatelo al microonde o a bagnomaria poi aggiungetevi la colla di pesce, mescolando finché non si è sciolta.

Aggiungete questo composto alla purea fredda di frutto della passione, unitevi lo zucchero e trasferite la gelée sulla cheesecake. Riportate in frigorifero almeno 1 ora per fare rassodare lo strato superiore. Decorate con frutta fresca e servite.

Ferrara Segreta

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La Cattedrale di Ferrara

Ferrara appartiene ai sogni. Sospesa nella pianura, si nasconde tra le pieghe della nebbia per apparire quando la luce riesplode sul fiume. È un dialogo a distanza quello tra la città e il Po, ma entrambi ricordano quando la corrente accarezzava le banchine del porto urbano.

Acqua e terra, fango di palude, bruschi risvegli, sguardi inquieti a scrutare l’orizzonte che si alza e si abbassa seguendo ritmi antichi eppure sempre difficili da decifrare: siamo in un mondo mobile, che solo la faticosa opera dell’uomo ha stabilizzato in qualche modo. Sin quando dura.

Oggi servono i versi di Ludovico Ariosto per vedere una delle bellissime di ogni tempo che aspetta, sciolti i capelli al vento, il ritorno dell’amato vittorioso a poppa dell’ammiraglia nemica catturata. Per un veneziano, questo riporta alla mente immagini consuete e il ricordo di una delle peggiori sconfitte di San Marco. Perché la donna in attesa è Lucrezia Borgia e il celebre marito è Alfonso I d’Este, Signore di Ferrara e famoso come il “duca artigliere”. Il poeta di Reggio Emilia celebrava il trionfo estense nella Seconda Battaglia di Polesella, combattuta il 22 dicembre 1509. L’alto livello del Po, quel giorno, aveva messo le navi veneziane, in cerca di rivincita, a tiro dei cannoni ferraresi trascinati sugli argini.

Castello Estense

La gentile e gioiosa Ferrara, la città di palazzo Schifanoia, nome emblematico; della Dama di Palazzo Isabella d’Este, marchesa di Mantova; del primo teatro d’Europa, una rinascita dopo la fine di quelli dell’Antichità; di poeti e artisti, filosofi e giuristi, ma anche la fucina ingegnosa e versatile del nuovo padrone dei campi di battaglia: il cannone. Singolare città dove tutto inizia in un modo e termina in un altro. Al pari della sua struttura urbana, spaccata in due prima dalla natura e poi da volontà umana. Al di là e al di qua del fiume all’inizio; cuore medievale, il nucleo compatto della zona sud-orientale, ed espansione successiva, il poderoso sviluppo dell’Addizione Erculea, poi. Proiettata a nord e concepita sotto il governo del duca Ercole I d’Este, da cui il suo nome, e perfetto esempio di utopia umanistico-rinascimentale.

Non solo. Libero Comune e quindi Signoria di una dinastia longeva e importante, quella degli Este, diventa parte delle Legazioni dello Stato della Chiesa: perde una delle corti più brillanti d’Europa, un tempio dell’arte e della cultura dove venivano celebrati i fasti della riscoperta del pensiero classico, in particolare neoplatonico, per trasformarsi in periferia di un potere chiuso in sé stesso e lontano. La memoria del glorioso passato strangolata da un presente senza orizzonte: perché anche la sconfinata pianura si trasforma in limite e trappola, a volte.

Via delle Volte

Eppure tutto intorno racconta un’altra storia e suggerisce un diverso futuro possibile. La città restituisce agli abitanti la linfa vitale che scorre tra i mattoni, intessuta alle strade e pronta ad affacciarsi dalle finestre. Ciò che è stato, semplicemente, non muore ma si rigenera. Di continuo. Come questa terra appesa ai capricci del Po, sempre incerto su quale via seguire e se dilagare o meno oltre gli argini. E allora Ferrara muta pelle, trasformandosi da animale anfibio in signora della terra polverosa, cotta dal riverbero del sole per ripiombare tra le dense e odorose cappe spumose d’autunno che avvolgono e stritolano. Anche i pensieri.

In questa tensione tra attaccamento a quanto è stato e proiezione verso il nuovo e l’inesplorato si trova la chiave per cercare di comprendere la città, la sua storia e il presente. Forse anche l’unico modo concreto per provare a decifrarne l’avvenire. Ferrara è un’opera d’arte. Certo, nel senso che racchiude e conserva innumerevoli tesori di grande valore. Soprattutto, però, perché rappresenta un perfetto esempio di come l’uomo intervenga su città e territorio per adattarli ai propri bisogni e speranze. Entrambi, in fondo, parti essenziali della natura e delle creazioni della nostra, specialissima, specie. Il messaggio trovato venendo qui e rilanciato da ogni angolo della città, dai volti scolpiti da artisti insonni e dalla crudezza della vita, ripetuto dalle mille voci di una storia viva nelle parole di ogni giorno.

Alla fine del viaggio, anche a Ferrara resta la sensazione di aver tralasciato molto. Forse troppo. Luoghi non visti, personaggi dimenticati, storie non raccontate. Percezione inevitabile che accompagna ogni vero “viaggio in Italia”: impossibile riuscire a esaurire gli stimoli offerti dal Bel Paese, la cui vicenda artistica e politica solca il tempo con le stigmate della genialità.

Le prigioni del Castello Estense

Perché questo è quanto resta di Ferrara, mentre ci si allontana verso sera e la luce radente del tramonto allunga le ombre, sfumando i contorni. Ci si rende conto di aver incontrato il lascito di donne e uomini di straordinario valore, nei quali l’abilità e l’importanza personali sono semplici manifestazioni contingenti, inserite nel contesto del loro tempo e di vite particolari, ma la cui vera radice si trova nelle profondità segrete della Penisola. Chiamiamolo come facevano i nostri antichi progenitori genius loci, se così fa piacere, ma nel senso che pare esisterne uno capace di abbracciare l’intero spazio tra le Alpi e la Sicilia, con un’estensione a occidente verso la Sardegna e isole varie sparse per il Mediterraneo e il Mondo. Da esso se ne generano di infiniti particolari, unità molteplice nel segno del frattale, l’ente geometrico frazionato in cui si riproduce quello intero di partenza. Qualunque sia la scala.

L’Italia, dunque, come insieme di frattali capaci di declinare in mille modi l’unità di fondo all’insegna del talento e della creatività. In ogni campo. Un dato spesso ricordato, ma non sempre approfondito a sufficienza, meno ancora fatto proprio da quanti abitano questa terra. L’avventura di Ferrara, città nata da volontà umana e adattata di continuo alle necessità concrete senza negare spazio alla possibilità dell’utopia, ne è un esempio perfetto.

Quanto incisiva possa risultare l’azione dei singoli individui, del resto, è dimostrato dalla vicenda degli Este. La famiglia veneta di ascendenza franca, infatti, esercita la propria egemonia e il governo effettivo per un arco di tempo lungo, ma non così tanto da giustificare a prima vista il fatto di venire associata per sempre e ovunque alla città. Perché Ferrara ed Este sono una coppia inscindibile. Per tutti. La ragione risiede nell’intensità con cui alcuni suoi membri sono intervenuti nel modellarne lo spazio urbano e sociale. Andando ben oltre ai puri bisogni del momento.

Palazzo dei Diamanti

Sia chiaro, un progetto come l’Addizione Erculea supera di gran lunga le necessità militari messe in luce dalla Guerra del Sale. In fondo, il duca Ercole I poteva accontentarsi di una nuova cinta bastionata allargata. Invece, vuole una “città nuova”, che sia ornamento spirituale per sé stesso e la dinastia, certo, ma anche in grado di dare corpo e forza al futuro urbano di Ferrara. In una prospettiva sicuramente non di corto respiro.

Se il disegno di Ercole I, tradotto in sostanza da Biagio Rossetti, risulta perfino sovrabbondante, è perché in breve lo stato estense perde slancio espansivo e poi si vede ridotto alle sole Modena e Reggio. La splendida e grande capitale immaginata si trasforma in una sonnacchiosa città di provincia. Siamo ben distanti dal destino sognato dai suoi duchi per il centro incavallato sul Po. L’Addizione Erculea stupisce ancora oggi non solo e non tanto per la modernità, per altro recuperata dall’urbanistica antica, per concezione e realizzazione, quanto per essere riuscita a interpretare il moto espansivo urbano accompagnandolo o, per meglio dire, guidandolo per secoli. Un lungimirante interventismo socio-economico da cui ci sarebbe molto da imparare, specie in un’epoca votata alla consumazione effimera di tempo e risorse.

Palazzo Schifanoia Salone dei Mesi, particlare

Se c’è un insegnamento generale da distillare dopo il nostro viaggio è proprio questo: la bellezza è il bisogno di coltivare una visione di ampio respiro e di lungo periodo. Ben oltre gli angusti confini dell’umana esistenza, almeno. Solo così si spiegano anche singole opere quali il Castello e la Cattedrale, ma anche costruzioni per così dire “minori”, quale palazzo Schifanoia. Anzi, sotto certi aspetti sono proprio tali realizzazioni meno ambiziose a fornire la migliore chiave di lettura di una cultura: se anche per un edificio destinato al divertimento episodico si destinano risorse e intelligenza in grande quantità, significa dispiegarsi su orizzonti quasi infiniti.

Avere coscienza della propria fragile limitatezza, ma agire come se si fosse eterni: non è forse il destino migliore dell’essere umano? Gli Este sembrano averlo compreso alla perfezione. Forse perché nutriti dal pensiero classico, riversato nelle loro menti dall’amorevole cura con cui i bambini venivano educati, oppure per il talento nell’intercettare il sentimento prevalente di epoche
sempre sospese tra percezione di una fine imminente e speranza in un domani libero da paure.

Sempre gli Este: senza dimenticare che sono solo gli eredi di una tradizione già ricca quando Obizzo II diventa Signore della città. Costruita e sviluppata nelle pieghe dell’avventura comunale in grado di produrre il capolavoro del Duomo. Non so se sia proprio un caso la persistenza nella titolazione al guerriero San Giorgio: simbolo di virtù eroiche, che spingono ad affrontare qualunque pericolo e ogni prova pur di continuare a inseguire un ideale difficile. Il parallelo con la figura di Eracle/Ercole, divinizzato dopo le celebri dodici fatiche compiute per riscattare la colpa di cui si è macchiato, balza subito agli occhi. Certo, Giorgio non ha un crimine iniziale da cui emendarsi, ma essendo uomo resta comunque macchiato dal peccato originale.

Il messaggio sembra essere chiaro. Non c’è ostacolo che la volontà umana non possa superare lungo la faticosa via della redenzione e della salvezza, in questa e nell’altra vita. Tocca a noi. Alla nostra determinazione. Alla perseveranza. Al coraggio nell’affrontare la strada necessaria, qualunque essa sia. Un’impostazione senz’altro fatta propria da quanti hanno governato questa città tra Medioevo e Rinascimento. Quella che si ritrova cesellata in ogni pietra e mattone di Ferrara.

Vita di Casanova: la turbolenta gioventù (II)

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Ponte dei Sospiri e Palazzo delle Prigioni, Venezia

Il 1743 segna profondamente la vita del giovane Giacomo che appena diciottenne si ritrova solo in una Venezia che in quegli anni riafferma il ruolo di capitale libertina d’Europa, tanto da essere definita più tardi da Guillaume Apollinaire “la città umida, sesso femminile d’Europa”, sicuramente una continua fonte di tentazione per il giovane, e poco convinto, abate che ha già deciso che la tonaca non sarà il suo futuro, interrompendo anche l’esperienza con il vescovo di Martorano che l’aveva voluto in Calabria al suo fianco.

L’esperienza del salotto buono di Ca’ Malipiero era stata utile per entrare nelle grazie di alcuni componenti del patriziato veneziano e il giovane Casanova se ne sarebbe servito di lì a breve per dare una svolta alla sua vita e tentare la scalata ad un mondo che lui riteneva più adatto alle sue attitudini.

Giacomo apprende in questo periodo da una lettera da Dresda della madre che la stessa non farà più ritorno a Venezia e che ritiene opportuno liberarsi della costosa casa di calle della Commedia vendendone anche tutto il mobilio.

Parte del mobilio ed alcuni arazzi erano già stati venduti, all’insaputa di tutti, dallo stesso Casanova che motiva il gesto definendo gli oggetti l’eredità di suo padre e di averli venduti per evitare di contrarre debiti, manifestando l’intenzione di vendere per suo conto anche il resto ma quando torna nella casa vi trova apposti i sigilli e di guardia Antonio Razzetta, uomo di fiducia della famiglia Grimani, che con modi molto sbrigativi gli impedisce di entrare.

Michiel Grimani, ipotetico padre biologico di Giacomo, mentre la madre di quest’ultimo è impegnata come attrice di corte presso l’Elettore di Sassonia, è incaricato di prendersi cura del ragazzo e dei fratelli, compito che proverà ad assolvere tra molte difficoltà tanto che, in accordo con la madre, si decide di portare il giovane a Forte Sant’Andrea dove dovrà passare un breve periodo di confino per calmare i bollori giovanili ed addivenire a più miti consigli.

Il soggiorno al forte, dall’aprile al luglio del 1743, fu tutt’altro che tranquillo e fu caratterizzato da una serie di episodi tra i quali la conoscenza del conte Giuseppe Bonafede, avventuriero, scrittore, alchimista, mercante d’armi e poi anche confidente della Repubblica che farà conoscere all’aspirante libertino la giovane figlia la contessina Lorenza Maddalena che, con la scusa di farsi accomodare una scarpa, svelerà a Casanova le sue meraviglie segrete sotto la gonna, tanto da fargli scrivere che dopo quella visione rischiò di “cadere morto”; fu in quel momento che Casanova decise che le gonne femminili saranno un’occupazione a tempo pieno.


Uscito dal forte tenta la carriera militare ma la paga non sembra adatta a finanziare il costoso tenore di vita che si era prefissato di adottare quindi, rientrato a Venezia, ripiega sul più umile mestiere di violinista di fila al teatro di San Samuele ed è questo il periodo del Casanova più dissennato ma anche quello del Casanova forse più autentico, quello che passa le nottate tra Magazini, Bastioni ed Osterie ed una in particolare è citata nelle sue memorie: quella “de le Spade a San Mattio di Rialto”. L’episodio che colloca il libertino in questa osteria avviene durante il carnevale del 1745 ed è narrato con dovizia di particolari ne “l’Histoire de ma vie”, parla di un tiro mancino fatto ad una popolana di San Giobbe che dovette sottostare ai desideri sessuali del Casanova e dell’allegra banda composta da altri sette amici per una notte intera, dopo che il marito ed altri suoi due amici, con un pretesto, vennero portati sull’isola di San Giorgio Maggiore e lasciati lì fino al giorno dopo. Come violinista di fila, mestiere da lui ritenuto umile ma adatto a guadagnarsi la pagnotta, accetta anche ingaggi per feste private e sarà proprio uno di questi incarichi che gli cambierà di colpo la vita. L’incontro con il senatore Matteo Zuanne Bragadin avvenne il 29 aprile 1746 a Ca’ Soranzo a San Polo in circostanze quanto mai particolari.

Giacomo era stato assunto come violinista alla festa di nozze di una delle discendenti Soranzo con Girolamo Corner della casata Corner detta “de la Regina”. La festa dura tre giorni ed il secondo giorno, mentre si appresta a lasciare il palazzo, un’ora prima dell’alba, sulla porta d’acqua nota un senatore in toga rossa che, mentre saliva sulla sua gondola, perde una busta, Casanova la raccoglie e gliela porge, il senatore per ringraziarlo gli offre un passaggio fino a dove al tempo abitava in calle del Carbon nei pressi di Rialto.

Durante il tragitto in gondola il senatore accusa un forte torpore al braccio e subito dopo viene colto da un malore e sarà proprio Casanova a soccorrerlo e riportarlo a Ca’ Bragadin a Santa Marina, il senatore, grato per avergli salvato la vita, lo adotta come figlio e di fatto sarà per un lungo periodo il suo protettore ma anche il finanziatore delle sue dissennate imprese amorose ed economiche. Con Bragadin come finanziatore i giorni passano tra una puntata al ridotto di Ca’
Dandolo, l’Osteria del Salvadego in bocca di piazza a San Marco, salotto buono del patriziato e cuore politico e religioso della Repubblica di Venezia.

Casanova continua nella sua vita dissennata e sarà proprio il senatore a consigliargli, a fronte di un interessamento da parte dell’inquisitore Nicola Tron, di prendersi un periodo di vacanza all’estero per evitare guai con il Supremo Tribunale e così ritroveremo il giovane Giacomo a zonzo per l’Europa in una sorta di esilio dorato.

Chiesa di Santa Maria degli Angeli, Murano

Dopo aver lasciato Venezia il primo giugno 1750 per la Francia, dove si affilia alla massoneria e ha una tenera storia d’amore con Henriette, Giacomo Casanova, vi fa rientro nel maggio del 1753, lui dice all’anti vigilia dell’Ascensione.

Arriva a Venezia da Vienna passando per Trieste, durante il suo soggiorno nella capitale austriaca il libertino conobbe Pietro Metastasio, famoso poeta e drammaturgo dell’epoca. Sarà proprio la presenza di Casanova a San Marco nel giorno della Sensa (festa dell’Ascensione ndr) ad innescare una serie di incontri che caratterizzano uno dei capitoli più avvincenti della sua monumentale autobiografia, la prima C.C., al secolo Caterina Capretta, fa innamorare a tal punto il libertino da fargli pronunciare la parola matrimonio! Ma il padre della giovane corre ai ripari mettendola nel convento di Santa Maria degli Angeli a Murano dove la giovane educanda Caterina propizierà, a sua insaputa, l’incontro tra Casanova e la monaca più famosa M.M. al secolo Marina Morosini dei Morosini del ramo del Pestrin.

Murano diventa così una meta fissa per Giacomo che nel casino (erano dei piccoli appartamenti di lusso in cui incontrare amanti e giocare d’azzardo) del residente francese Joaquim De Bernis si apparta spesso con la monaca Morosini descrivendo gli incontri erotici nei minimi particolari ne L’Histoire de ma vie e sdoganando il francese come voyeur mentre Caterina Capretta tristemente esce di scena.

La vita sregolata ed il continuo infrangere le regole della Repubblica Serenissima suggeriscono a Casanova di spostarsi da Ca’ Bragadin in un piccolo appartamento in calle de la Gorna ai Santi Giovanni e Paolo, anche per tutelare il buon nome del suo benefattore che a più riprese gli consiglia di tenere un profilo più basso ed una vita più morigerata, rimanendo però inascoltato.

Da un po’ di tempo il Supremo Tribunale dei tre inquisitori di Stato ha messo alle calcagna del libertino un confidente, tale Gio Batta Manuzzi, un orese (orafo ndr) in disgrazia, che ha il compito di produrre riferte (verbali di sorveglianza ndr) e la produzione sarà copiosa e sufficiente per far decidere l’incarcerazione di Giacomo Casanova ai Piombi.

Il 26 luglio 1755 di prima mattina il Messer Grande Mattio Varutti si presenta nell’abitazione di calle della Gorna e arresta Giacomo Casanova sequestrando anche alcuni libri compromettenti che trattavano di occultismo e magia tra i quali “La clavicola di Salomone” ed il “Picatrix”. I commemoriali di quell’anno, custoditi al Museo Correr, in data 29 luglio infatti ci fanno sapere che: “Giacomo Casanova, figlio di una Comediante fu retento in Prigione Dal Capitan Grande e stava alla Cavallerizza…”.

I motivi dell’arresto sono abbastanza chiari: la frequentazione della monaca M.M. e la condotta dissennata e contraria alle rigide regole di uno Stato oligarchico che in quel secolo vedeva il Doge intento a reprimere i cattivi costumi; meno probabile fu l’arresto a causa della sua appartenenza alla massoneria perché Giacomo Casanova, epicureo per vocazione, non fu mai un massone convinto ma piuttosto uno che dalla massoneria trasse molti vantaggi.

Con l’immagine della porta del camerotto dei Piombi che si chiude pesantemente alle sue spalle ed il carceriere Lorenzo Basadonna che gira la chiave nella serratura finisce anche la gioventù di un impenitente libertino.

„MATANA”: IL WESTERN DI LEO ORTOLANI

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Tra le opere più interessanti che Leo Ortolani ha pubblicato dopo la conclusione di “Rat-Man” va sicuramente menzionata la miniserie del 2021 “Matana”, ispirata ai classici del cinema western, su tutti gli spaghetti western di Sergio Leone. Come in altri suoi fumetti, l’autore parmense si diverte a citare i suoi film preferiti e a inserire nella storia alcuni dei più famosi attori di Hollywood.

Il protagonista di questa storia in sei parti, il pistolero Matana, è ovviamente l’ennesimo alter ego di Rat-Man. Pur essendo un efficiente e a volte spietato cacciatore di taglie, Matana mantiene tutte le caratteristiche comiche e caricaturali del goffo supereroe ortolaniano. Ad accompagnarlo nel suo viaggio sono tre personaggi: lo schiavo afroamericano Isaia (basato sul poliziotto Brakko, alleato di Rat-Man), la transessuale Djanga (nuova versione di Cinzia, altro personaggi fondamentale della saga originale) e il misterioso Speranza, ritratto con le fattezze di Clint Eastwood nei film di Leone. La missione dei quattro eroi è trovare e uccidere un vecchio nemico di Speranza, il pericoloso criminale noto come El Muerto.


Com’era lecito aspettarsi, i personaggi e la trama di “Matana” rientrano perfettamente nell’estetica western e rispecchiano tutti gli stereotipi associati al Far West. La storia è quindi piena di duelli e sparatorie, cittadine di frontiera, cowboy, criminali e impiccati. Tutti questi elementi, ovviamente, sono filtrati dal tipico humour di Ortolani: anche se la vicenda narrata nel fumetto è violenta e non mancano dettagli piuttosto macabri, a prevalere sono, come sempre nelle opere di Leo, la comicità surreale e il gusto della citazione cinematografica.


E le citazioni non sono poche. Oltre a Clint Eastwood, l’aspetto di diversi altri personaggi è basato su celebri attori legati al cinema western, come Lee Van Cleef, Klaus Kinski o Danny Trejo. Il fumetto è ricco anche di riferimenti ironici alle colonne sonore degli spaghetti western, in particolare durante i duelli, tanto che nell’ultimo episodio, durante lo scontro finale tra Speranza e El Muerto, compare addirittura Ennio Morricone con l’orchestra. Inoltre, le copertine dei singoli albi della serie sono ispirate alle classiche locandine dei film di Sergio Leone,
Sergio Corbucci o Gianfranco Parolini. Lo stesso nome “Matana” ricorda quello di Sartana, protagonista di numerose pellicole spaghetti western, mentre i titoli dei vari episodi (come “Arriva Matana… preparati a morire!”) sono un evidente omaggio a quei film. Vale la pena di ricordare che la primissima versione di “Matana” risale ai primi anni Ottanta, quando un Leo adolescente disegnò “Per un pugno di fragole”, che ovviamente era la parodia di “Per un pugno di dollari” di Sergio Leone.


Un elemento interessante del fumetto è un problema decisamente contemporaneo, quello del razzismo, che emerge dalle interazioni tra Matana e Isaia. Non si tratta di un tema nuovo nelle opere di Leo Ortolani, ma assume particolare rilevanza nel contesto del West. Molte gag di “Matana”, infatti, si possono leggere come una critica del razzismo presente nella società americana (e non solo) e dell’infinito dibattito sul politicamente (s)corretto nel cinema e nella vita reale.


I sei numeri di “Matana”, pubblicati da Panini Comics, sono usciti tra marzo e agosto del 2021.

FOTO: SŁAWOMIR SKOCKI, TOMASZ SKOCKI