Secondo la finalista del prestigioso “Arte Laguna Prize” di Venezia per ottenere successo bisogna avere voglia di lavorare, seguire le offerte sul mercato ed essere aperti. Laureata all’Accademia delle Belle Arti di Varsavia si è trasferita in Toscana nel 2005, subito dopo l’università. Da 8 anni abita a Milano dove ha fondato la sua scuola “Arte con Marta”. Ha già all’attivo circa 50 mostre individuali e collettive ed è stata premiata in numerosi concorsi.
Sei la finalista di “Arte Laguna Prize 2019” di Venezia, brava!
Sì l’anno scorso sono entrata nel gruppo di 30 finalisti, scelti tra 8365 artisti di tutto il mondo! Pensavo che questo concorso fosse troppo grande per me. Qualche anno fa ho preparato un’opera ma non l’ho mandata. Ma quando ho ricevuto una mail che mi diceva che sono tra le finaliste ho dovuto prima assicurarmi che non fosse un errore e subito dopo mi sono iscritta ad altri tre concorsi. Gli artisti oggi hanno tante possibilità per far conoscere i loro lavori! Bisogna solo essere determinati, stare al passo con le offerte, iscriversi ai concorsi. Tanti artisti dopo la laurea diventano pigri e si lamentano in continuazione. Aspettano che qualcuno li scopra, offra loro qualcosa, gli organizzi la vita. Invece dobbiamo agire! I contatti verranno col tempo, io non ne avevo nessuno quando mi sono trasferita in Italia. I genitori dei miei studenti chiedono spesso: “Marta, che cosa farà mio figlio/a dopo la scuola artistica?” Che domanda! È una professione come le altre. Lavori e guadagni. Attualmente sto lavorando ad un progetto di pittura di un cappotto per la stilista milanese Fiorella Ciaboco per la Fiera della canapa di Milano. Gli ordini sono una grande soddisfazione.
Dopo “Arte Laguna Prize” hai avuto una mostra a Białystok
Ho vinto il concorso del presidente della regione per la borsa di studio artistico. Ho scritto un progetto per una mostra collegata al giubileo annuale della strada storica Kilińskiego in cui si trova la Galleria WOAK (Centro di animazione culturale del Voivodato).
È un posto speciale per me perché il mio professore di disegno, Bogdan Marszeniuk, ha esposto le sue opere lì. Alle sue lezioni ho perfezionato la mano. Il professore era severo ma dopo non ho avuto problemi di passare gli esami per ASP (l’Accademia delle Belle Arti). Grazie al concorso nella Galleria WOAK, ho avuto la prima mostra nella mia città da quando l’ho lasciata nel 2001, prima per Varsavia e dopo per la Toscana e Milano.
Che cosa ti piace di più in Italia?
Il caffè e la moda. Qui gli uomini non hanno paura di sperimentare con i colori, non bisogna essere un artista per indossare una giacca viola con i calzini gialli.
Al quarto anno dell’Accademia ho partecipato al programma Erasmus e sono partita per la Toscana che mi ha incantata così tanto che, dopo la laurea nel 2005, mi ci sono trasferita. Dal punto di vista professionale e finanziario sono stata alla grande. Ho realizzato murales, vetrine, insegne, mobili, mi sono occupata di arti applicate e grafica. Ma non era quello che mi aspettavo dalla mia vita. Non mi sono trasferita in Italia per essere una decoratrice. Ho sempre voluto dipingere quadri. Dunque, dopo 5 anni, ho deciso di ricominciare in una città grande. Non avevo niente da perdere. Nella vita bisogna rischiare, avventurarsi in acque profonde.
Non potevi dipingere in Toscana?
Pietrasanta è una città artistica con tante gallerie ma è difficile per i giovani sfondare li. E io volevo andare avanti. Ho preso in considerazione Bologna, Torino, Firenze. Come al solito, ha deciso il caso, perché non ho mai considerato Milano. Ho rischiato. Solo dopo un anno i proprietari delle gallerie milanesi hanno cominciato a notarmi. Le mie prime mostre le ho fatte in Galleria Arte Utopia. Attualmente collaboro con la Galleria Question Mark Daniele Decia, accanto cui ho aperto la scuola Arte con Marta. Abito a Milano da 8 anni e sto bene.
Potresti lasciare Milano?
Sì ma solo per New York che mi ha incantata con la sua frenesia! Sono strana, mi piacciono i posti rumorosi, il disordine, la varietà e il dinamismo. Voglio vivere dove sta succedendo qualcosa. I miei quadri sono il contrario del mio carattere. Il lavoro mi rilassa dipingere è come fosse la mia terapia.
Sono pazza dell’architettura e penso che sia la mia strada da anni. In Toscana mi sono innamorata dell’architettura, dei palazzi, grazie alla luce e ai colori. In Italia il sole è forte, sottolinea e dà vita ai colori. Non solo palazzi ma perfino la biancheria stesa ad asciugare è bella. Perciò, nonostante il diploma in pittura, questo era il mio campo di studio, ho fatto una specializzazione addizionale: la pittura murale. Al liceo ho fatto studi di grafica e questo è visibile nel mio stile. Dipingo quadri semplici e lineari, tutti sono sorpresi che non uso un righello. Ho percorso una lunga strada di sviluppo e oggi sento che con la preparazione fornita dal liceo artistico a Supraśl e ASP a Varsavia non ci sono cose che non posso fare.
Come lavori?
Ti faccio un esempio. Uno dei dipinti più grandi, Via Negroli, è stato creato dal fascino dell’edificio, visibile dal mio balcone. In posizione fantastica, con splendidi appartamenti. Ho deciso di dipingerlo con le luci in tutte le finestre. Così ho dato ai proprietari degli appartamenti le schede con le informazioni su chi sono, che vivo di fronte e sto preparando la documentazione fotografica per il prossimo quadro. Insomma gli ho spiegato che non sono una stalker.
Ho chiesto di accendere tutte le luci alle 21:00 in un giorno specifico. Lo hanno fatto, mi hanno persino salutato dai balconi. Era buio solo in un appartamento, i cui proprietari hanno trovato la scheda dopo essere tornati dalle vacanze. Poi mi hanno trovato su internet e mi hanno scritto. Sapevano che stavo dipingendo il loro edificio perché avevano guardato i miei quadri col binocolo. Dopo avermi contattata, mi hanno invitato a cena. Ammetto che da allora ho iniziato ad abbassare le tende. Il quadro alla fine è stato realizzato, anche loro hanno acceso la luce e ho aggiunto la loro finestra. Siamo diventati amici. E alla fine hanno comprato questo quadro e l’hanno appeso in casa in modo tale che quando le finestre sono aperte posso vedere il mio quadro sulla loro parete di casa.
La tua scuola
La scuola Arte con Marta l’ho sviluppata gradualmente, dalle lezioni individuali alle case di clienti, alle lezioni di gruppo. Al momento ho circa 70 studenti e la mia scuola è stata selezionata per partecipare al Festival del Disegno di Fabriano 2019, il che per i miei studenti significa una esperienza di prestigio e lezioni gratuite di natura morta. Faccio lezione nella mansarda della galleria d’arte Question Mark. Nelle vetrine puoi vedere i quadri. Le persone entrano, parlano, prendono il tè e spesso rimangono in classe. Confermo che gli italiani sono una nazione di artisti; ci sono molte persone con passione e non è difficile trovare studenti di ogni età, una signora di 80 anni ha iniziato a dipingere in pensione.
I prossimi progetti
A giugno lavorerò per l’organizzazione benefica del Lions Club, saranno murales sul tema di Milano. Dopo prenderò parte all’arrangiamento dell’Hotel Vik Milano a 7 stelle, che avrà anche una galleria d’arte. Per questo progetto sono stata selezionata dal critico d’arte italiano Alessandro Riva. Ogni camera d’albergo è decorata con opere di un artista diverso. Inoltre, come complemento dei miei dipinti, dipingerò la struttura di un armadio in legno con l’immagine degli edifici di notte. Quest’estate, su commissione delle autorità di Milano, 10 artisti, con me inclusa, copriranno con i dipinti le mura della cittadella che circonda l’archivio della città. Ogni artista deve dipingere un argomento, selezionato da documenti storici dall’archivio, e mantenere i colori dei simboli di Milano, in modo che tutte le opere formino un insieme. Naturalmente, io sono stata diretta al dipartimento di architettura. A settembre presenterò un’installazione dei miei dipinti alla prima mostra collettiva della SAC Art Foundation, recentemente creata dalla scultrice italiana Nicoletta Candiani.
Come ti guardano gli italiani?
Secondo gli stereotipi l’artista è visto come un perditempo che sta al bar e un polacco come una persona laboriosa. Bè allora c’è qualcosa di vero perché da polacca lavoro molto anche se ormai mi considero in parte italiana, abito qui da 13 anni, ho la famiglia italiana e penso in italiano quando preparo nella mia testa il piano della giornata.