“Bianche oblunghe come le navi greche drasticamente tagliate dal basso”, ripensai a questa citazione passando per le strade di ciottoli e mattoni, eredità della famiglia d’Este. Si tratta del frammento tratto dalla poesia “Le nuvole su Ferrara” di Z. Herbert, noto e spesso rievocato. Mi sono ricordato di un mio amico che aveva citato i versi di questa poesia in modo che non me ne fossi mai scordato. Tanto è vero che “il ricordo” è una parola chiave per Ferrara che senza dubbio mi sarebbe servita come l’hashtag sotto ogni foto di questa città misteriosa.
Ferrara è situata quasi in Veneto, infatti dista soli sette chilometri da questa regione. Tuttavia fa parte dell’Emilia-Romagna ed è la più grande tra le città della parte nordorientale della regione. I suoi confini sono delimitati dal fiume Po. La sua posizione, per così dire, sconvolge l’ordine della linea retta delle città del nord a partire da Piacenza, per poi passare per Modena, Bologna fino a Rimini. Da questo deriva la sensazione che Ferrara sia un’isola, una città a sé stante, il che emerge anche dalla storia della città. Simbolo indiscusso di Ferrara è il Castello Estense che sorge imponente nel centro storico ferrarese, circondato da un ampio fossato richiamante la grandezza della famiglia Estense che fondò la propria grandezza su questa pianura. Questa costruzione è anche la prova del crescente malessere sociale in contrasto alla vita sontuosa della corte. Infatti Niccolò II d’Este, temendo lo scoppio di una rivolta sociale, decise di costruire questa fortezza nel 1385. È interessante osservare come pure le prigioni sotterranee del castello siano un simbolo di dualismo del sistema di valori rinascimentale, da una parte la celebrazione della bellezza e dall’altra la grande spietatezza. Le prigioni sono caratterizzate da interni limitati e cupi, d’estate umidi e d’inverno gelidi. Anche una visita breve lascia una sensazione di terrore.Ed è proprio questa l’immagine che porteremo via con noi lasciando Ferrara, piuttosto che il ricordo della Cattedrale Romana oppure il Campanile (il cui progetto è attribuito a Leon Battista Alberti). Il castello fu costruito alla fine del XIV secolo, tuttavia la struttura che vediamo oggi è l’effetto della ricostruzione del 1544 effettuata sotto il regno di Ercole II d’Este, figlio di Alfonso d’Este e Lucrezia Borgia. Di fatti è proprio qui che risiedette la figlia del celebre papa che difese la propria sede dagli interessi politici del padre. Tuttavia la fine del XVI secolo è anche per Ferrara la fine di una certa epoca che lasciò la città in letargia per molto tempo.
Uno degli ambasciatori letterari di Ferrara in tempi più vicini a noi è lo scrittore Giorgio Bassani. Nella sua prosa narra del crepuscolo di un altro tempo, il mondo di una società dimenticata e dei luoghi di memoria di cui si interessano solo le targhe di marmo o quel che rimane dei ghetti, ossia la sorte della comunità ebraica degli anni ’30 e ’40 del ventesimo secolo, durante l’era del fascismo. “Il giardino dei Finzi Contini” del 1962 è uno dei suoi romanzi più celebri grazie al quale è possibile accedere al giardino della memoria per scontrarsi con il trauma della guerra, nonché un omaggio alla città tutt’ora attraversata da un misterioso vuoto. Nel 1970, il regista Vittorio de Sica realizzò un’opera cinematografica basato proprio sul romanzo di Bassani ed è uno di quei film che possiamo rivedere più volte e nel quale uno dei protagonisti principali è senza dubbio Ferrara. Se te la volessi immaginare, basta che pensi a una città con ciottoli e mattoni, densa di edifici bassi ed estesa su un’area piatta come un tavolo. Ferrara è simile a Ravenna e altre città dell’Emilia-Romagna dove la passione per la bicicletta come mezzo di trasporto pubblico è notevole. Penso che sia molto piacevole muoversi in bicicletta tra le non troppo strette vie del labirinto ferrarese. Giorgio Bassani, nel suo romanzo “La passeggiata prima di cena” descrive così una delle vie più movimentate del centro storico di Ferrara: “[…] corso Giovecca intorno alla fine del secolo XIX (una specie di lunga carraia nell’insieme piuttosto informe, col suo ruvido ciottolato, più degno di un paesone della Bassa che di un capoluogo di provincia, scompartito nel mezzo dalle esili righe parallele delle rotaie del tram […]”.
Seguendo il percorso delle antiche vie ferraresi è possibile giungere a due luoghi particolarmente importanti: il Palazzo dei Diamanti e il Palazzo Schifanoia. Il primo palazzo, ossia il Palazzo dei Diamanti si trova in via Ercole I d’Este, e qui bisogna aprire una parentesi. Ercole fu il leggendario sovrano e duca di Modena e Ferrara che tra gli anni 1478-1479 capeggiò le truppe fiorentine nella guerra contro il papa e il Regno di Napoli manifestando un attivo appoggio nei confronti dei Medici. Durante il suo governo, Ferrara superò i centomila abitanti, sviluppò il sistema finanziario, mentre la corte estense diventò una tra le più importanti corti rinascimentali italiane che ebbe l’onore di ospitare i più celebri umanisti del tempo come Pietro Bembo o Giovanni Pico della Mirandola. Il Palazzo dei Diamanti è senz’altro il simbolo del tempo che fu costruito alla fine del XV secolo, ora parte della Galleria Estense, un’importante tappa dell’itinerario. Sulle pareti troviamo appesi importanti ritratti dei rappresentanti di spicco della scuola ferrarese che tutt’ora sembra sottovalutata, eppure la maggior parte del pubblico colto conosce bene gli inquietanti, nonché bizzarri e smodati quadri del pittore Cosmé Tura, nato e morto a Ferrara. Nelle sale della galleria meritano l’attenzione anche i lavori di Francesco Cossa e Il Garofalo. Il secondo palazzo, chiamato Schifanoia, è caratterizzato dalle pareti interne addobbate con gli affreschi realizzati dagli artisti già menzionati prima. Ho trovato un’informazione interessante riguardo al nome del palazzo “Schifanoia” che apparentemente prende origine dal “schiavar la noia” (lett. schifare la noia). In effetti è impossibile parlare di noia se pensiamo alla vasta collezione di quadri da esaminare, suddivisi in dodici sezioni che corrispondono ai dodici mesi dell’anno e ognuno di questi a sua volta spartito ulteriormente in tre fasce. Nell’insieme creano una vera e propria glorificazione della narrativa illuminata rinascimentale, un’opera di cui gli Este possono essere indubbiamente orgogliosi.
La sera “le strade di ciottolato e mattoni” diventano sempre più scure, creando un labirinto un po’ da un sogno e un po’ da cronaca nera, per poi talvolta sfociare in una piazza aperta. Pure Michelangelo Antonioni proveniva da Ferrara. Forse è stata proprio l’atmosfera della sua città natale che lo ispirò a mostrare in modo ricorrente le inquadrature delle strade vuote, come quella che osserviamo negli ultimi fotogrammi del lungometraggio “L’eclisse”. Nelle prossimità dell’incrocio tra la Via Piangipane e il Corso Porta Reno ho avuto l’impressione di essere arrivato alla fine del mondo. Il vento soffiava forte e il sole tramontava, sentivo arrivare il temporale mentre nel bar accanto, un po’ affollato, la gente si radunava per bere qualcosa, e poi il silenzio. Ed è proprio il silenzio che fa da culla ai ricordi. È magnifico il modo in cui Herbert conclude la sua poesia: “vedo chiaramente le nuvole sopra Ferrara […] proprio in esse e non nelle stelle si risolve il destino”.
tłumaczenie it: Natalia Kogut