Lancia Astura III TIPO 233 CORTO 1936 – il carro di Bellona

0
387

È difficile concentrarmi e scrivere: le mani tremano e si stringono a pugno quando vedo dei banditi che distruggono le case dei nostri vicini. Il colore rosso non è più associato a Maranello, ma al sangue degli eroi che ricopre la terra ucraina.

Cari ucraini, resistete! Ricordate che la stragrande maggioranza dei dittatori finisce miseramente in disgrazia. Io credo fermamente che sarà così anche per il vostro carnefice. Gloria all’Ucraina!

La scelta del modello non è quindi casuale, poiché ci riporta ai tempi in cui l’Italia era governata da una dittatura. Il dittatore ai tempi dell’antica Roma era il leader a cui veniva conferito il potere assoluto, soprattutto in tempi di crisi o di guerra. La prima volta successe nel 501 a.C. Doveva averlo visto la dea romana della guerra, Bellona, una donna dal volto crudele, sempre in piedi in marcia sul carro nero di Marte. Bellona aveva un tempio a lei dedicato nei campi marziali romani, dove i senatori dell’impero ricevevano delegazioni da paesi non molto favorevoli a Roma, e dove furono dichiarate guerre e vennero accolti i generali.

La Lancia Astura nasce in un’epoca in cui gli italiani subivano i discorsi pomposi di Mussolini e si lasciavano convincere di poter tornare ad essere un impero, come quello dell’antichità. La monumentale Astura, che fluttuava per le strade di Roma come un transatlantico, era un simbolo ideale della grandezza evocata dai fascisti e divenne quindi la limousine ufficiale del governo. Anzi, divenne un carro su cui i dignitari italiani camminavano verso le guerre, prima in Africa e poi in Europa, per portare alla fine il loro Paese al collasso.

Prima che ciò accadesse, però, il Duce regalò una di queste ammiraglie a Hitler nel 1938, il quale non l’aveva mai veramente utilizzata, preferendo una Mercedes Benz 770. A dire il vero, lo stesso Mussolini preferiva le Alfa Romeo, ne possedeva decine. Col passar del tempo, ogni nuovo modello dell’azienda milanese, guidato dal collaudatore Alfa Romeo Sig. Guidotti, era prima consegnato al Duce, perché potesse esprimerne la sua opinione. A quanto pare Mussolini incontrò l’amore della sua vita proprio alla guida di una 1750 decappottabile, ripetendo più volte il sorpasso dell’Astura, in cui Claretta Petacci si recava con la famiglia ad Ostia. Il 25 aprile 1945 intrapresero insieme l’ultimo viaggio della loro vita, fuggendo da Milano sull’Alfa 6C 2500 Berlinetta Touring del 1939, verso la Svizzera. Tre giorni dopo erano morti e la loro auto, dopo più di 20 anni di attesa in un capannone di campagna, fu acquistata da un ufficiale americano per soli $ 300 per poi essere spedita negli Stati Uniti.

Come accennavo, l’Astura era un’auto monumentale, aulica e, allo stesso tempo, quasi teatrale. Sebbene la sua carrozzeria possa essere maggiormente associata all’Art Déco italiana, ovvero allo stile Liberty, si abbinava ai sempre più numerosi edifici del modernismo fascista.

In Polonia torna ogni tanto l’idea di demolire il Palazzo della Cultura e della Scienza a Varsavia, che è percepito come un simbolo del comunismo, mentre gli italiani guardano al problema dell’architettura lasciata dai fascisti in modo completamente diverso. Trattano quegli edifi ci come parte della loro storia, che non può essere invertita, ma non vogliono tacere né cancellare nulla: ecco com’era [da noi invece di recente, e purtroppo, sempre più spesso, si usa quel “cancelletto per la storia”]. Ecco perché il quartiere romano dell’EUR il quale fu creato nello spirito del fascismo imperiale per l’EXPO del 1942, non solo non fu poi demolito, ma la sua costruzione è andata completandosi quasi fino al 1960, e quindi in un’Italia nuova e rinata. Certo, sono stati rimossi tutti i possibili simboli fascisti: appunto – possibili – perché cosa si poteva fare con l’edifi cio più importante, il Palazzo della Cultura Italiana, noto anche come il Colosseo quadrato, dove il numero di archi di facciata in verticale e in orizzontale fa venire in mente soltanto… Benito Mussolini!

Nel 1931, durante il salone di Parigi, la Lancia presenta due nuovi modelli che segnano la fi ne dell’epoca “greca” e l’inizio dell’epoca “romana”: l’Artena e l’Astura. Negli anni che precedevano la seconda guerra mondiale, la Lancia torinese mantiene uno stretto rapporto con il governo fascista, il quale sosteneva fortemente la modernizzazione dell’industria. Lo dimostrano chiaramente anche i nomi dei nuovi modelli che si discostano dalla tradizione di utilizzare l’alfabeto greco a favore di nomi di località legate al mito fondativo del potere di Roma antica. Abbiamo quindi: Artena, Aprilia, Ardea, Augusta, Ro e Astura, un piccolo fiume del Lazio meridionale e una torre difensiva vicino alla quale la Repubblica Romana nel 338 a.C. sconfi sse le truppe dell’Unione Latina, conquistando così il potere lungo l’intera costa del Mar Tirreno.

Le Astura furono prodotte in quattro serie tra il 1931 e il 1939, per un totale di quasi 3.000 automobili, il che per un’auto di lusso, e quindi piuttosto costosa, [il prezzo del solo telaio della 3a serie era di oltre 38.000 lire] era una cifra abbastanza significativa. Tenendo conto degli ordini del governo era comunque facile da spiegare. Il numero di aziende che hanno sviluppato per loro le carrozzerie ha reso le singole auto molto diverse l’una dall’altra. C’erano delle decappottabili, spider, limousine, berline, coupé, non solo con carrozzerie italiane ma anche prodotte da aziende tedesche e inglesi. Le più belle le dobbiamo però ai virtuosi italiani, come l’Astura 233C Aerodinamica della manifattura milanese Castagna, o una piccola serie prodotta dalla Touring nello stile della Flying Star da loro inventata nel 1931, ovvero con strisce cromate che corrono lungo l’intera vettura e cadono dolcemente verso la parte posteriore, assomiglia davvero a una cometa di passaggio. Alcuni modelli erano destinati prettamente allo sport, vi ricordate la perla del Museo Nicolis, la Astura MM Sport, con la carrozzeria dell’azienda Colli [Gazzetta It. 87]? Soltanto Pininfarina lanciò oltre 50 diverse versioni dell’Astura, erano brevi serie e talvolta anche singole copie.

La più apprezzata fu la serie III [1933-37], di cui 1243 telai lasciarono la fabbrica Lancia pronti per l’installazione, con 2 versioni di interasse. Poiché l’auto non aveva troppa potenza, solo 82 CV, il produttore suggerì che le fabbriche delle carrozzerie dovessero utilizzare le soluzioni più leggere possibili. Nello stabilimento Farina, per ordine di Francesco Bocca, un concessionario Lancia di Biella, furono costruite 6 decappottabili basate su un telaio più corto, il cui nome ufficiale era Lancia Astura 233C Tipo Bocca. Proprio questa versione è rappresentata dal modello Minichamps. Poiché al momento è difficile ottenere i dati sulle dimensioni delle singole versioni di Astura, devo fidarmi dell’azienda stessa. Anche se ha un bell’aspetto, sfortunatamente ha anche dei difetti, per esempio non vi si apre nulla. Ognuna delle quattro versioni a colori è limitata, in modo abbastanza strano: 999 bianche, 150 blu e nere ciascuna, ma solo 50 sono state rilasciate in colore bordò. Come si può vedere dalle foto, io sono proprietario della versione più rara, ma il mio entusiasmo si raffredda al pensiero che Minichamps pensava che nessuno l’avrebbe comprata.

Spero sinceramente che entro il giorno in cui il presente numero della Gazzetta va in stampa, il dio romano Leto avrà il tempo di guardare negli occhi i barbari e gli ucraini saranno già in procinto di ricostruire la loro patria: libera e indipendente.

Lancia Astura III 233C

Anni di produzione: 1933-1937
Esemplari prodotti: 1243 [335 della versione C]
Motore: V-8 17°
Cilindrata: 2973 cm3
Potenza/RPM: 82 CV / 4000
Velocità massima: 130 km/h
Accelerazione: n.d.
Numero di cambi: 4
Distanza interasse: 3100 mm
Il peso a vuoto e le dimensioni dipendono
dalla versione del telaio.