Il 10 di settembre del 2011, a Londra, nel cimitero della chiesa di St. Nicholas a Chiswick, davanti all’Ambasciatore d’Italia, si svolgeva una simbolica cerimonia per celebrare il completamento dei lavori di restauro della tomba di uno dei più grandi poeti italiani. E la data non era casuale: lo stesso giorno, ma dell’anno 1827, a Turnham Green, un villaggio poco distante da Londra, assistito dalla figlia Floriana, che devota e affettuosa lo accudì fino alla morte, si era infatti spento, in esilio, ammalato di idropisia e segnato da stenti, delusione e nostalgia Ugo Foscolo. La salma venne così deposta nel cimitero di Chiswick, in un misero tumulo anonimo, segnato solo da un sasso, su cui l’amico inglese Hudson Gurney aveva inciso il nome.
Al posto di quella semplice pietra, però, in seguito Gurney, ricordando quanto i “Sepolcri, simbolo di affetto e di civiltà, fossero la sua estrema illusione”, volle adeguatamente ricordare il poeta e l’amico italiano seppellito in terra straniera, facendo realizzare un più che decoroso sacello – quello restaurato nel 2011 – assegnando l’incarico allo scultore torinese Carlo Marochetti, il quale, in luogo di quella pietra, che era divenuta presto illeggibile, costruì un parallelepipedo in granito, che richiamava un’ara romana, legato da un nastro con la scritta “accingar zona fortitudinis” (“sarò cinto dalla cintura della fortitudine”: una frase tratta dal foscoliano Didymi Clerici prophetae minimi Hypercalypseos liber singularis), scelta in omaggio alla fortitudine dimostrata da Ugo Foscolo nel 1815, quando, invitato dal governo austriaco a collaborare alle iniziative culturali del nuovo regime, dopo un primo momento di incertezza se accettare o meno, alla vigilia del giorno in cui avrebbe dovuto prestare giuramento di fedeltà agli stranieri invasori, non ebbe però più esitazioni e decise di lasciare definitivamente l’Italia, per andare in volontario esilio.
Congedandosi allora dalla madre, aveva scritto una toccante lettera, in cui tra l’altro diceva: «L’onore mio e la mia coscienza mi vietano di dare un giuramento che il presente governo domanda per obbligarmi a servire nella milizia, dalla quale le mie occupazioni e l’età mia e i miei interessi mi hanno tolta ogni vocazione. Inoltre tradirei la nobiltà, incontaminata fino ad ora, del mio carattere col giurare cose che non potrei attenere, e con vendermi a qualunque governo. Se dunque, mia cara madre, io mi esilio, tu non puoi né devi né vorrai querelartene, perché tu stessa mi hai ispirati e radicati col latte questi generosi sentimenti; e mi hai più volte raccomandato di sostenerli». Da quel giorno, Foscolo non tornerà più in Italia.
In Svizzera rimane fino al 1816, prima di decidere di trasferirsi in Inghilterra, a Londra, dove trova inizialmente migliore accoglienza, per la fama ottenuta soprattutto come autore dei Sepolcri e per non essersi piegato di fronte a Napoleone, odiato nemico degli inglesi. Si ritrova così spesso al centro di chiacchiere e di scenate, accadute nei migliori salotti londinesi, dove il veneziano, oltre a fare sfoggio della sua eloquenza, si abbandonava però pure a gesti impulsivi, che creavano spesso disagio ai malcapitati presenti. Come Sir Walter Scott, il famoso scrittore, che in una pagina del suo diario, datata 24 novembre 1825, ne dipinge ironicamente un eloquente ritratto: «A proposito di forestieri, a Londra albergava, un quattro o cinque anni fa, uno di quegli animali che sono leoni (inteso, il termine, come celebrità letteraria) dapprima, ma che in un paio di stagioni diventano con regolare metamorfosi cinghiali (seccatori), un certo Ugo Foscolo, immancabile nella bottega dell’editore Murray e nei ritrovi letterari. Brutto come un babbuino e insopportabile presuntuoso schiamazzava, infuriava e disputava senza aver nemmeno un’idea dei principi secondo i quali gli uomini di giudizio ragionavano, e strepitava tutto il tempo come un maiale quando gli tagliano la gola».
Nonostante il suo caratteraccio, a Londra fu comunque apprezzato per l’innegabile ingegno. La vita lussuosa della capitale inglese, però, gli farà spendere più denaro di quanto potesse permettersi, e fu perciò costretto a lavorare sempre più alacremente, per pagare debiti che si accumulavano altrettanto velocemente. Finché nel 1822 non ritrova la figlia Floriana, nata in Francia fra il 1805 e il 1806 dalla relazione con Lady Fanny Emerytt Hamilton, dalla quale riceve le tremila sterline da lei avute in eredità da nonna Lady Walker, che Ugo investe in una magnifica villa, il Digamma Cottage, facendola arredare con gusto raffinato e dove vive serenamente fino al 1823, quando il numero dei creditori torna a farsi pressante ed è quindi costretto a lasciare tutto per andare ad alloggiare in un modesto appartamento, nel quale continua a scrivere incessantemente, soprattutto opere di critica letteraria, finché, ridotto agli stremi, vende tutti i suoi libri ed impartisce lezioni private. Rifiuta, infine, fin troppo sdegnosamente, il sincero aiuto di alcuni amici e preferisce vagare sotto falso nome, girando Londra di quartiere in quartiere, per sfuggire ai creditori e all’arresto. Ma la sua fibra comincia a cedere, vuole morire nella sua terra patria, però è troppo tardi, ormai il destino sta per compiersi. Trattenuto da varie incombenze, da Londra non riuscirà mai a partire e morirà in terra straniera.
Davanti alla sua tomba inglese si inginocchieranno dei grandi italiani, come Giuseppe Mazzini e Garibaldi, che, assieme a tanti altri eroi del Risorgimento, considereranno Ugo Foscolo un esempio e un maestro di grandi virtù, capace di accendere gli animi patriottici. Tardivamente, nel 1871, le spoglie del vate giungeranno poi in patria, ad unificazione italiana compiuta, venendo trasportate a Firenze per esser tumulate in Santa Croce e poter alfine riposare accanto a quelle degli altri compatrioti illustri, che egli stesso aveva celebrato nei suoi Sepolcri; lasciando pertanto vuota, dimenticata ed in progressivo degrado l’arca di Londra.
Nel 2011, però, come abbiamo detto all’inizio, quel sepolcro è stata restituito ad adeguato decoro e nuovo splendore, per merito del Foscolo Appeal Fund, un’associazione benefica formata da italiani residenti a Londra, che ha voluto ricordare con questo gesto, assieme al poeta Foscolo, anche e soprattutto i valori sprigionanti dalla sua esperienza di uomo e di letterato: «Il lavoro di restauro della tomba – ha infatti detto l’avvocato Rocco Franco, quel 10 settembre – è stato terminato in concomitanza con le celebrazioni per l’anniversario dell’unità d’Italia. Cioè di quella patria che è uno dei valori insopprimibili esaltati da Foscolo nella sua “religione delle illusioni”, insieme all’amore, alla poesia, alla bellezza, all’arte, alla libertà e alla giustizia».