La Sartiglia di Oristano

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Il Carnevale a Oristano, città di origine medievale della costa occidentale sarda, vuol dire solo una cosa: Sartiglia.

La Sartiglia è una giostra equestre con radici lontane. I primi documenti che ne testimoniano l’esistenza a Oristano sono datati 1547-48 e riferiscono di una “Sortilla” organizzata in onore dell’Imperatore Carlo V, probabilmente nel 1546.

Il gioco consiste in una corsa a cavallo in cui il cavaliere deve cercare di infilzare, con la spada o con la lancia, un anello sospeso al centro di un determinato percorso.

Il nome Sartiglia deriva dal castigliano Sortija, che a sua volta ha origine dal latino sorticola, anello, che ha una radice nel termine sors che significa fortuna.

Ed è proprio la fortuna a simboleggiare questa gara. Infatti, in connessione con antichi riti agrari, il maggior numero di anelli centrati rappresenta tuttora il miglior auspicio per un abbondante raccolto in primavera.

Rispetto al passato è cambiata la forma del “bersaglio” che oggi è una stella, appesa in un nastro di raso verde in prossimità dei palazzi della curia arcivescovile della città.

Si pensa che siano stati i Crociati ad averla introdotta in Occidente, fra il 1118 e il 1200, dopo averla appresa dai Saraceni. Tale giostra equestre conobbe un’ampia diffusione in Spagna e siccome i rampolli dell’aristocrazia sarda erano mandati a studiare presso la Corte d’Aragona, è probabile che lì conobbero la Sartiglia che successivamente importarono a Oristano.

Non si conosce la data esatta della prima edizione della giostra tuttavia in origine la Sartiglia era riservata alla sola nobiltà. La tradizione racconta che durante gli anni di dominazione aragonese, in occasione del carnevale, la popolazione locale, animata da un profondo odio nei confronti dei conquistatori, approfittasse della confusione e dell’anonimato della maschera per attaccar briga con i soldati della corona spagnola.

Per porre un freno a queste sanguinose risse, il canonico oristanese Giovanni Dessì, decise di affidare a delle corporazioni di arti e mestieri (dette Gremi) l’organizzazione della Sartiglia, ponendo come imperativo la fine delle manifestazioni di violenza. Così, secondo la tradizione popolare, la domenica e il martedì di carnevale del 1543 si corse la prima edizione della Sartiglia alla quale partecipò pure il popolo.

L’oristanese doc aspetta la Sartiglia con fervore quasi religioso. Per un vero appassionato, infatti, appena ultimata un’edizione della giostra è già tempo di pensare a quella successiva. Ai Gremi dei contadini e dei falegnami è affidata la scelta dei rispettivi capo-corsa: i “Componidoris”.

Essere scelto come Componidori è l’onore più grande per un sartigliante e c’è chi attende la nomina da una vita. Ma, purtroppo, non tutti possono avere questo privilegio. Si debbono possedere riconosciute doti da cavallerizzo nonché la stima e il rispetto del mondo dei cavalieri e degli associati dei rispettivi Gremi.

I nominativi dei capo-corsa sono ufficializzati il giorno della “Candelora”. In tale ricorrenza, i rappresentanti delle corporazioni si recano presso le chiese dei rispettivi Santi protettori dove, durante la messa, vengono benedetti dei ceri decorati con i colori sociali delle corporazioni: rosso per il Gremio dei contadini e rosa e celeste per quello dei falegnami.

A quel punto, le massime autorità dei due Gremi si recano rispettivamente nelle abitazioni dei prescelti Componidoris per consegnare loro i ceri benedetti. I prescelti scelgono allora i rispettivi luogotenenti che li accompagneranno nel prestigioso compito: Su Segundu (il secondo) e Su Terzu (il terzo). I terzetti così creati formeranno le pariglie di testa delle edizioni di domenica e di martedì.

A pochi giorni dalla Sartiglia l’atmosfera a Oristano è frizzante. La grande macchina organizzatrice comincia a predisporre le strade che accoglieranno la storica giostra. Si montano le tribune, poi viene posata la sabbia nei percorsi… la città va in tilt per un paio di giorni. Ma l’entusiasmo è a mille.

La domenica della Sartiglia, di buon mattino, per le strade del centro cittadino un araldo a cavallo, accompagnato dai tamburini e trombettieri, dà lettura dell’annuncio dell’imminente corsa.

I cavalieri si recano nelle scuderie che nei giorni precedenti hanno adornato con bandierine colorate e rami d’alloro assieme a familiari e amici. Cominciano ad arrivare gli ospiti. L’atmosfera è gioiosa e tutti danno una mano nella preparazione della festa. Chi arrostisce la carne e il pesce, chi versa da bere l’immancabile vernaccia, chi offre agli ospiti i dolci tipici della tradizione oristanese. I cavalli vengono spazzolati a dovere e vengono fissate le bellissime coccarde che andranno ad adornare la bardatura del cavallo.

Aiutati da familiari e amici, i tre componenti della pariglia indossano il costume e dopo aver calato la maschera sono pronti a uscire. Saliti in groppa dei destrieri il terzetto si avvia verso l’uscita, tra gli auguri e gli applausi dei presenti, per recarsi al luogo della vestizione del Componidori.

La vestizione è una delle fasi più suggestive della Sartiglia. La cerimonia ha come palcoscenico un tavolo “sa mesitta”, sul quale è posta una sedia. Una volta salitoci il cavaliere non potrà più mettere piede in terra fino al momento della svestizione, a giostra conclusa. È infatti in atto il processo di trasformazione in semi-dio e il contatto con il suolo annullerebbe la sua sacralità portando gravi sventure. Il Componidori viene vestito da giovani fanciulle in abito sardo, “sas massaieddas”, sotto la guida di una donna esperta, “sa massaia manna”. La maschera viene imposta sul viso e viene cucita sulle fasce che circondano il volto del cavaliere. Successivamente viene fissato il velo e il capello a cilindro. Così vestito il Componidori si leva dalla sedia e dinnanzi ai presenti si erge una figura senza sesso, dal volto inespressivo, inavvicinabile, una divinità scesa in terra su cui sono riposte le speranze per la prosperità dell’anno che verrà. A questo punto cala un silenzio surreale. Viene fatto entrare il cavallo della divinità e il Componidori ci sale in groppa direttamente dal tavolo. Ricevuto dal Presidente del Gremio uno scettro di pervinche e viole mammole, il semidio benedice i presenti. All’esterno troverà tutti i cavalieri e una folla festante. Benedetto il pubblico, capo-corsa e cavalieri si avviano in processione verso il centro città.

Arrivati nei pressi del sagrato della cattedrale, un triplice incrocio di spade tra Componidori e Su Segundu sancisce l’inizio della giostra.

Al Componidori il privilegio di tentare per primo, così, allo squillar delle trombe, manda al galoppo il suo destriero dirigendosi a braccio teso verso la stella. Se la stella viene infilzata il pubblico esplode in un boato mentre se la manca si leva un’esclamazione di delusione. Dopo di lui correranno i suoi luogotenenti e successivamente tutti i cavalieri ai quali il Componidori concederà la spada. A coloro capaci di centrare la stella verrà data in premio una stelletta d’argento, che potrà diventare d’oro qualora riescano a bissare il successo anche il martedì. Al Componidori e al suo secondo invece questa sorte potrebbe capitare già domenica in quanto al termine delle corse con la spada si cimenteranno nella corsa con “su stoccu”, una lancia in legno tornito.

Al termine della gara il capo-corsa si misura nella difficile prova della “remada”, la corsa col cavaliere disteso sulla schiena, benedicendo con “sa pippia e maju” tutti i presenti.

Conclusa la corsa alla stella il capo-corsa e i suoi cavalieri si recano fuori le antiche mura per correre le pariglie, le spettacolari evoluzioni a cavallo.

Al Componidori non è concesso rischiare di cadere pertanto potrà effettuare il passaggio soltanto da seduto, appoggiando le mani sulle spalle dei suoi luogotenenti. Gli altri cavalieri, invece, danno sfogo a tutta la loro abilità  effettuando pericolose acrobazie in piedi sulla groppa dei cavalli in corsa.

L’onore dell’ultima discesa spetta ancora al Componidori che, stavolta affiancato dai suoi compagni, replica la benedizione della “remada”.

Una volta ricompattato, il corteo si avvia verso la sede del Gremio, dove il Componidori ritornerà uomo. Tornato al tavolo dove è stato vestito le massaieddas tolgono la maschera al semi-dio. Mentre le trombe e i tamburi celebrano il cavaliere, i bicchieri si riempiono di vernaccia e si da inizio alla festa in onore di colui che per un giorno è stato il Re di  Oristano.

Il martedì successivo la replica con la Sartiglia del Gremio dei falegnami, per un’altra giornata di spettacolo, e quando anche la maschera del Componidori di martedì verrà sfilata la Sartiglia potrà dirsi conclusa.

A quel punto, non resterà che aspettare una nuova edizione della Sartiglia.