L’articolo è stato pubblicato sul numero 62 della Gazzetta Italia (aprile-maggio 2017)
Nel ricercato Ristorante Senses, a Varsavia, lo chef stellato Andrea Camastra propone raffinate esperienze sensoriali che soddisfano palato, vista, olfatto. Un approccio alla cucina scientifico capace di far dialogare materie prime di qualità con una meticolosa ricerca della migliore cottura e dei più sfiziosi accostamenti. Camastra, nato a Bari trentasei anni fa e con 27 anni di lavoro alle spalle in ogni tipo di cucina tra cui quelle di alcuni dei migliori ristoranti europei, ha sviluppato una sua filosofia culinaria che tende alla fascinazione del cliente attraverso una emozione a tutto tondo.
Al Senses serviamo piatti che producono emozioni gustative, visive, olfattive e che vengono accompagnati da una precisa descrizione degli ingredienti che svela al cliente tutti i segreti del cibo che sta mangiando. Portate che sono il frutto di ricerca, sperimentazione, rischio, ma che alla fine sono in grado di stupire il cliente che di piatto in piatto si avventura in una sorprendente, indimenticabile, esperienza sensoriale. Ragione per cui alla ricerca sui cibi, si affianca quella sull’estetica e sul servizio. Questo senza perdere mai il contatto con l’essenza dei piatti, ovvero la loro intrinseca qualità: il gusto.
La base essenziale di ogni piatto è la qualità del prodotto?
Certo, per quanto l’esperienza debba essere multisensoriale non si deve mai perdere di vista la base di ogni buon piatto, ovvero la qualità degli ingredienti. Per alcuni prodotti, controllati in tutte le fasi della loro crescita, ci avvaliamo di due nostre aziende che abbiamo a Rzeszow. Tutto il resto lo cerchiamo con attenzione in varie parti d’Europa. Per il pesce abbiamo una barca a nostro servizio alle isole Far Oer che ci fornisce di crostacei, salmone, merluzzo e altri pesci. Perché le Far Oer? Perché lì c’è il secondo mare – dopo quello delle Hawaii – più pulito al mondo e anche perché la temperatura dell’acqua è costante tra gli 8 e i 10 gradi e questo comporta che l’animale non deve modificarsi geneticamente e non crea gli enzimi che ad esempio a volte rendono il crostaceo troppo papposo. Naturalmente compriamo anche moltissimi prodotti mediterranei come cozze, aragoste, granchi, capesante e poi il meglio dell’Italia ovvero olio, mozzarelle, prosciutto, carciofi e verdure in generale.
È ancora rintracciabile la Puglia dentro i tuoi piatti?
L’anima italiana e regionale non va mai perduta e a volte emerge nei piatti, qui al Senses ad esempio facciamo la vera focaccia pugliese oltre ad usare tanti prodotti del sud Italia. Ma la filosofia del mio cucinare è più scientifico-innovativa che tradizionale. Ho due laboratori in cui sperimento ed elaboro per poter offrire piatti sempre nuovi e cucinati nel miglior modo possibile. Credo molto nello studio delle qualità organolettiche dei cibi che vanno valorizzate trovando il punto ideale di cottura. La tradizione l’apprezzo solo nei piatti classici e semplici. Se torno in Puglia e, a casa o in un piccolo ristorantino, mangio un piatto tradizionale va benissimo, ma il valore della tradizione per me si ferma al piacere di ritrovare per un attimo l’emozione della memoria, ma deve restare circoscritto a questa dimensione, se va oltre la tradizione rischia d’essere un freno.
Nel tuo giro del mondo lavorativo hai poi messo radici in Polonia, a proposito che cosa apprezzi della cucina locale?
Mia moglie è polacca, e dopo aver visitato molte volte questo paese ho deciso di stabilirmi qui. È difficile dire quale sia un piatto che mi piace particolarmente, perché mi piace tutto se fatto bene, di base preferisco mangiare prodotti coerenti alla stagione. Le zuppe in Polonia sono fantastiche, c’è una grande varietà. Comunque la cucina mondiale andrebbe guardata con occhi meno regionali perché ci sono similitudini e contaminazioni ovunque, ad esempio i pierogi polacchi, sono i ravioli italiani, e si ritrovano con vari nomi e diverse elaborazioni in tutto l’Oriente.
Nel frattempo anche in Polonia la cucina è diventata un tema mediatico forte, sono esplosi i format televisivi in cui chef stellati o dilettanti si sfidano all’ultimo sapore. Che ne pensi?
Premesso che per me ogni tipo di mangiare, dalla trattoria al ristorante stellato, dalla pizza al fast food, va rispettato, registro positivamente il fatto che la cucina oggi abbia questa grande ribalta mediatica. Detto questo però non confondiamo il mondo professionale con quello televisivo. Non nascondo che anche io guardo questi programmi, ed è giusto che ci siano, ma bisogna saper distinguere tra l’arte di saper apparire nel mezzo televisivo e la capacità d’esser cuoco, il cuoco non deve essere sempre come una pop star, anzi nella maggior parte dei casi il nostro mestiere non ha nulla da spartire con le luci della ribalta. Essere cuoco è soprattutto un’attività dura che richiede passione, tante ore di lavoro e poco sonno, questo dovrebbe essere il vero messaggio da far passare nelle televisioni perché il rischio è che i giovani aspiranti chef perdano il contatto con i tratti salienti del mestiere, rischiando d’essere più apparenza che sostanza.
Una filosofia del lavoro che ha portato Andrea Camastra a diventare il secondo chef in Polonia ad ottenere la stella Michelin che è l’ultimo degli innumerevoli riconoscimenti raccolti dal cuoco pugliese le cui ricette si possono provare al Ristorante Senses a patto di riuscire a trovar posto vista la lista d’attesa di settimane. Dopotutto Senses accoglie al massimo 40 persone alla volta che vengono deliziate attraverso numerose, sorprendenti portate. Camastra è anche al centro dell’iniziativa, organizzata da Confalavoro Lombardia, che a breve porterà al piano zero del grattacielo Zlota nel cuore di Varsavia un’area con degustazione delle eccellenze agroalimentari italiane.
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Chef Andrea Camastra: www.sensesrestaurant.pl/szef