Intervista a Jan Ostrowski, storico dell’arte ed ex-direttore del museo Castello del Wawel
A giugno del 2018 le è stato conferito il premio Gazzetta Italia per i suoi meriti nel rafforzare i rapporti italo-polacchi. Quando e in quale occasione sono cominciate le sue relazioni con l’Italia?
In quanto storico dell’arte è naturale che i miei interessi si concentrino sull’Italia: una delle principali fonti della cultura e dell’arte europea. Ancora ai tempi universitari imparare i nomi dei monumenti italiani, che avevano un suono alquanto originale, per noi era una sfida. Per esempio, la pronuncia di luoghi come “Santa Maria sopra Minerva” oppure “Palazzo Massimi alle Colonne” è bellissima, non le pare? Seguendo il consiglio di mio padre già dal primo anno dell’università ho cominciato a studiare l’italiano. Dopo un anno ero in grado di comunicare e quando sono andato in Italia, dopo il secondo anno, me la cavavo abbastanza bene. Questo è stato un bel po’ di tempo fa, era il lontano 1967. Dieci anni dopo, grazie alla borsa di studio della fondazione di Roberto Longhi, ho passato tutto un anno accademico a Firenze. All’epoca ero ormai uno storico dell’arte abbastanza maturo, avevo già conseguito il mio dottorato di ricerca e durante questo soggiorno ho raccolto i materiali per il libro che è diventato la base per la mia abilitazione. Successivamente sono tornato in Italia spesso.
Che cosa ammira dell’Italia e cosa non le piace?
Dal punto di vista di storico dell’arte l’Italia è una una terra promessa, una delle patrie dell’arte europea. La sua forza sta nella moltitudine di monumenti e opere d’arte che attirano milioni di persone. E poi l’Italia è un bellissimo paese, un vero giardino d’Europa, avvantaggiato dal punto di vista geografico: mare caldo e meravigliose montagne. Italia significa anche buona cucina e ottimo vino. Allo stesso tempo l’italiano medio è molto aperto, con simpatia approccia gli stranieri, soprattutto quando si rende conto che può comunicare in italiano. Se dovessi proprio indicare una qualità che meglio caratterizza gli italiani di sicuro proporrei la franchezza, la facilità di relazionarsi con gli altri, e penso che a noi non farebbe male prendere esempio da loro. Eppure, nonostante la sua unicità e bellezza, l’Italia ha anche qualche problema, che comunque è normale, poiché niente è perfetto. Questi problemi vengono a galla quando si comincia a conoscere meglio il paese. In Italia di sicuro colpisce la smisurata sproporzione tra il Nord e il Sud, soprattutto dal punto di vista economico e di sviluppo. Poi, dopo averci vissuto qualche tempo, uno si rende conto pure della abbastanza faticosa burocrazia, anche se temperata dalla spontaneità e disinvoltura degli italiani. Ma a mio avviso i vantaggi prevalgono sicuramente.
Come descriverebbe le relazioni tra Polonia e Italia?
Ci piace vedere Italia e Polonia come paesi vicini. La Polonia è un paese cattolico e perciò è naturale che si interessi alla Santa Sede. Se gli Italiani vedono in noi un paese vicino? Penso che l’italiano medio non sappia molto sulla Polonia e la vede piuttosto quale stato lontano ed esotico. Quest’ottica cambia quando gli capita di venire in Polonia. Dalla mia esperienza mi risulta che gli italiani qui si adattano velocemente e ci stanno molto bene.
Possiamo considerare Cracovia una delle città più italiane in Polonia?
Prendendo in considerazione i numerosissimi monumenti di grande rilievo eseguiti dagli artisti italiani, possiamo reputare Cracovia, specie il Wawel, quale capitale italiana della Polonia. Oltre Cracovia merita menzionare Zamość e Sandomierz. Chiaramente queste sono città molto meno conosciute, ma altrettanto legate alla cultura italiana.
Che cosa direbbe agli italiani per invogliarli a visitare Wawel?
Penso che quelli che vengono non abbiano bisogno di essere incoraggiati. Wawel è il punto cardine per ogni turista che visita Cracovia. Ascoltando le lingue parlate dai visitatori, molto spesso sento proprio l’italiano e credo che una volta arrivati a Wawel sentino la sua italianità.
In quanto storico dell’arte potrebbe darci qualche nome degli artisti italiani che particolarmente le stanno a cuore?
Preferirei evitare di cadere nei cliché quali per esempio Michelangelo oppure Raffaello, ma d’altronde è inevitabile, perché in fin dei conti è stata proprio l’Italia, oltre a Olanda e Francia, a mettere al mondo i migliori artisti. A parte i nomi di spicco sono particolarmente legato ad alcuni pittori del periodo di manierismo, ossia della seconda metà del Cinquecento. Per esempio: Agnolo Bronzino oppure Giulio Cesare Procaccini.
Quali pittori polacchi le piacerebbe far conoscere ai nostri lettori italiani?
Rimanendo sempre a Cracovia agli italiani indubbiamente piace Wit Stwosz, e poi la pittura ottocentesca con Matejko in prima linea. Inoltre, le opere di Mateiko oppure Chełmoński sono molto diverse da quello che gli italiani possono vedere nel loro paese. Particolarmente consiglierei agli italiani di visitare la Galleria d’Arte in Sukiennice.
È contento di aver ricevuto il Premio Gazzetta Italia e quali sono i suoi futuri progetti per consolidare i rapporti italo-polacchi?
Sì, vorrei ringraziare tanto per il Premio, mi sono trovato in ottima compagnia, e poi anche la cerimonia è stata eccezionale. Dirigendo un museo importante e poi essendo tuttora uno storico dell’arte attivo, rimango sempre a contatto con l’Italia. La mostra dell’arte quattrocentesca organizzata a Perugia, dove tra l’altro andrà un quadro della collezione di Wawel, di sicuro sarà un altro evento che in qualche modo unirà la cultura polacca con quella italiana. Grazie ai doni della Contessa Karolina Lanckorońska siamo in possesso di tante preziose opere d’arte datate al primo Rinascimento, tra le quali anche questo quadro.