Il mio amico Microbiota

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Vi presento il microbiota: se ancora non lo conoscevate, da oggi diventerà il vostro miglior amico. Si stima che sia composto da almeno 38.000 miliardi di batteri, un numero almeno paragonabile alle cellule umane, ma c’è chi sostiene siano molti di più. Tanti vero? Altro che amico immaginario, la sua è una presenza molto, molto concreta che ci tiene sempre compagnia!

Ma partiamo dall’inizio: cos’è il microbiota? Con questo termine si fa riferimento alla totalità dei microrganismi che vivono e colonizzano un ambiente. Nello specifico, batteri, lieviti, virus e parassiti ospiti del nostro organismo. La maggior parte è concentrata nel tratto intestinale, ma tutto il corpo (tranne cervello e sistema circolatorio) ospita una parte di questa grande comunità microbica.

Il microbiota umano è definito come «l’insieme dei microrganismi che in maniera fisiologica, o talvolta patologica, vivono in simbiosi con il corpo umano» (F. Piccini, Alla scoperta del microbioma umano). Quando queste comunità vivono in equilibrio, vi è una condizione definita di eubiosi.

Il microbiota può essere, però, rapidamente alterato da fattori esterni come la dieta, l’ambiente, lo stile di vita, passando alla condizione opposta di disbiosi: è a quest’ultima che si deve l’aumentata incidenza di patologie tipiche della società contemporanea, definite “malattie del progresso”, come le patologie metaboliche, infiammatorie, cardiovascolari, oncologiche, autoimmuni, fino anche alla depressione e ai disturbi d’ansia.

Quando viviamo in una condizione di eubiosi, il microbiota è in grado di svolgere una serie di funzioni essenziali di tipo metabolico (sintesi di sostanze utili all’organismo), di tipo enzimatico, di protezione e stimolo verso il sistema immunitario, e di eliminazione di sostanze tossiche. Il ruolo che svolge un microbiota in buon equilibrio, è fondamentale per la salute generale dell’organismo.

I fattori che invece intervengono negativamente nella composizione del microbiota sono essenzialmente di due tipi. In primo luogo, la presenza di infezioni che sopraggiungono dall’esterno e danno luogo ad una disbiosi acuta, con sintomi facilmente rilevabili come diarrea, meteorismo, crampi addominali. Altri fattori invece agiscono in modo lento e subdolo, determinando uno stato di disbiosi cronica, che non viene immediatamente percepita.

È il caso delle alimentazioni scorrette (per esempio le diete iperproteiche o con un eccesso di carboidrati), lo stile di vita sbagliato (carenza di attività fisica, fumo, abuso di alcool, ecc) e infine l’assunzione di farmaci (soprattutto cortisonici e contraccettivi orali). L’alterazione del microbiota intestinale comporta, dal punto di vista metabolico, un’alterata permeabilità intestinale, e quindi il passaggio di sostanze tossiche, allergeni, microbi, nel torrente circolatorio e quindi a tutto l’organismo. Ecco perché è necessario mantenere lo stato di eubiosi.

Esiste una correlazione stretta tra ciò che mangiamo, i microbiomi che abitano l’intestino e il nostro stato di salute. Che dieta seguire per un microbiota sano? Sicuramente una dieta ricca di fibre è più vicina a quella originaria dell’uomo: prima dell’era industriale, infatti, la nostra specie si è nutrita per millenni di vegetali e di poca cacciagione.

Molto importante inoltre è la varietà della dieta, anche se oggi non è semplice a causa della perdita di biodiversità, e dunque della varietà del cibo. Assumere microrganismi probiotici è la cosa più importante da fare. Li troviamo in molti alimenti fermentati, fra cui i più comuni sono lo yogurt, il kefir e anche le verdure fermentate, facilissime da preparare in casa.

Potete stuzzicare il tutto mentre leggete un buon libro, anzi, due! Per approfondire l’argomento, vi consiglio “Alla scoperta del microbioma umano” (di Fabio Piccini) e “L’intestino felice” (di Giulia Enders).