Fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Łódź era una delle città più importanti della Seconda Repubblica di Polonia. Era abitata da oltre 230.000 ebrei, che costituivano il 33% della popolazione della città. Łódź era un centro importante della vita sociale, culturale, economica e politica degli ebrei.
Tutto cambiò con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. L’esercito tedesco occupò la città l’8 settembre 1939. Fin dai primi giorni dell’occupazione, gli ebrei di Łódź furono sottoposti a severe repressioni. Le repressioni assunsero forme diverse, a volte molto brutali: dalla costrizione a eseguire lavori di pulizia duri e umilianti, ad essere privati dei loro beni fino a subire violenze ed essere uccisi. Furono sanzionati dalla legge di occupazione introdotta dalle autorità tedesche attraverso ordinanze. Le repressioni riguardavano quasi ogni ambito della vita. Gli ebrei furono cacciati dal lavoro e fu loro vietato di gestire attività commerciali, privandoli così dei loro mezzi di sostentamento. Fu vietato loro di celebrare le festività, di utilizzare i trasporti pubblici, fu introdotto il coprifuoco e alla fine del 1939 fu vietato loro di lasciare la città.
L’isolamento sociale fu aggravato dall’ordine a tutti gli ebrei di indossare segni di riconoscimento: inizialmente bracciali gialli sul braccio destro, dall’11 dicembre furono sostituiti da Stelle di Davide cucite sugli abiti. Nello stesso tempo, tutti i negozi e le attività commerciali di proprietà di ebrei furono contrassegnati da una Stella di Davide gialla posta in un luogo visibile.
La fase successiva fu l’isolamento fisico nel ghetto creato nel febbraio 1940. Il piano di creare un “quartiere chiuso” a Łódź fu infine attuato l’8 febbraio 1940 con un ordine del presidente della polizia Johannes Schaefer, pubblicato sul quotidiano più importante: Lodzer Zeitung. I reinsediamenti nel “quartiere ebraico” iniziarono immediatamente e durarono fino all’inizio del marzo 1940, culminando nel cosiddetto “giovedì di sangue” del 7 marzo, quando i tedeschi uccisero centinaia di persone che opponevano resistenza.
In poco più di 4 km2 furono stipate oltre 163.000 persone. Due strade di passaggio, Zgierska e Limanowskiego, dove passava la linea del tram, furono escluse dall’area del ghetto. Per rendere possibili gli spostamenti tra le diverse parti del ghetto, furono costruite tre passerelle di legno sulle strade: due su via Zgierska (presso via Podrzeczna e Lutomierska) e una su via Limanowskiego (presso via Masarska). Ben presto divennero uno dei simboli del ghetto. Nell’aprile del 1940, il nome di Łódź fu cambiato in Litzmannstadt, quindi il ghetto viene spesso indicato come il ghetto di Litzmannstadt.
Chaim Mordechaj Rumkowski, il capo nel ghetto, si prefisse di creare il maggior numero possibile di posti di lavoro che dovevano giustificare l’esistenza del “quartiere chiuso”. Rumkowski convinse i tedeschi che c’era bisogno di persone impiegate nell’industria tedesca; aderì alla politica della “salvezza attraverso il lavoro”. Con la deportazione di gruppi sempre più ampi di persone, divenne chiaro quanto fossero illusorie queste speranze.
Le condizioni del ghetto – mancanza di cibo, di medicinali e lavoro duro – portarono a un tasso di mortalità estremamente elevato tra i suoi abitanti. La situazione era aggravata da condizioni sanitarie disastrose. Quando il ghetto fu liquidato nell’estate del 1944, si contarono oltre 43.000 morti che furono sepolti nella parte occidentale del cimitero, in via Bracka, nel cosiddetto campo del ghetto.
Nell’autunno del 1941, prima che si stabilisse il piano per la “soluzione finale della questione ebraica”, le autorità tedesche decisero di reinsediare gli ebrei che vivevano nel Vecchio Reich nei territori occupati, compreso il ghetto di Łódź. In ottobre un gruppo di 20.000 ebrei del Reich e del Protettorato e 5.000 rom dell’Austria orientale furono deportati nel ghetto. I reinsediati non conoscevano lo scopo del loro viaggio e questo gruppo comprendeva molte persone per le quali il contatto con il ghetto fu uno shock. C’era un numero non trascurabile di cattolici e protestanti riconosciuti come ebrei sulla base delle leggi razziali di Norimberga. Il loro arrivo fu uno dei momenti più importanti della storia del ghetto. Quasi del tutto non abituati alle condizioni del ghetto, incapaci di parlare la lingua e scollegati dalla loro vita precedente, i reinsediati provenienti dall’Ovest sono stati collocati nei cosiddetti alloggi collettivi.
Le deportazioni dal ghetto di Łódź a Chełmno iniziarono nel gennaio 1942: dapprima fu trasportato a Chełmno un gruppo di rom del cosiddetto campo zingari, seguito dai detenuti del ghetto. Le deportazioni continuarono fino all’autunno del 1942.
Il 3 settembre i tedeschi chiesero che tutti i bambini sotto 10 anni e gli anziani sopra 60 fossero deportati dal ghetto. Rumkowski decise di informare di persona gli abitanti del ghetto delle richieste delle autorità, organizzando a tal fine un discorso pubblico nella piazza dei pompieri. Il 5 settembre, per ordine delle autorità tedesche, fu annunciata una “szpera” (dal tedesco Gehsperre – chiusura) nel ghetto. A nessuno fu permesso di lasciare la propria casa sotto la minaccia delle punizioni più severe. Gruppi speciali della polizia tedesca e del Servizio d’ordine ebraico visitarono i successivi quartieri di strada, dove, dopo aver raccolto gli abitanti, i funzionari tedeschi selezionavano quelli in grado di lavorare e gli altri destinati allo sfollamento. La gente disperata nascondeva i propri figli e gli anziani nella speranza di salvargli la vita. Fino al 12 settembre, più di 15.500 persone furono catturate e deportate dal ghetto verso la morte.
In totale, più di 77.000 ebrei e 4.300 rom furono deportati e uccisi tra il gennaio e il settembre 1942 e nel giugno 1944.
Il 15 giugno 1944, quando nel ghetto c’erano ancora circa 75.000 persone, Heinrich Himmler ne ordinò la liquidazione. Tra il 23 giugno e il 14 luglio 1944, oltre 7.100 persone furono deportate dal ghetto e uccise nel sito di Chełmno nad Nerem. Il 15 luglio le deportazioni furono brevemente interrotte e dopo la loro ripresa i trasporti andarono direttamente al campo di Auschwitz-Birkenau. Dal 5 al 28 agosto 1944 furono deportate quasi tutte le persone rimaste nel ghetto.
Dopo la liquidazione del ghetto, un gruppo di circa 1,5 mila persone fu lasciato nei suoi locali come un cosiddetto “commando d’ordine”, il cui compito era preparare i macchinari, le materie prime e i beni di maggior valore, che si trovavano nel ghetto, per il trasporto nel Reich. Quelli che rimasero nel ghetto liquidato dovevano essere uccisi in fosse comuni precedentemente preparate nel cimitero ebraico. Tuttavia, i tedeschi non riuscirono a farlo prima che l’Armata Rossa entrasse in città. Il 19 gennaio 1945, circa mille persone furono liberate dall’ex ghetto.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Łódź era una città diversa. Edifici, case, fabbriche sopravvissero (utilizzate durante la guerra per il bene del Reich). Un gran parte degli abitanti non c’era più, sparita dallo spazio cittadino. Rimasero gli edifici e la memoria.
Tłumaczenie it: Vanda Asipenka