Il calcio gode di una popolarità sconfinata e attira l’attenzione di milioni di tifosi provenienti da tutto il mondo che sostengono le proprie squadre dal vivo oppure davanti allo schermo. Questo fenomeno risulta particolarmente visibile in Italia dove la notorietà del calcio e della squadra nazionale supera di gran lunga i confini del gioco. Basti guardare alcune immagini dei tifosi italiani che festeggiavano la vittoria degli Azzurri negli Europei per capire che questo sport nel Bel Paese va oltre il suo valore sportivo.
Gli Europei che sono cominciati a Roma l’11 giugno con una commovente cerimonia di apertura allo Stadio Olimpico hanno portato in tutta l’Italia un’allegria difficile da spiegare. Da un giorno all’altro gli italiani stanchi dell’incubo della pandemia e dei sacrifici che sembravano non finire mai, hanno iniziato a sorridere e tirarsi su di morale grazie a quegli 11 uomini che correvano dietro un pallone. E questo è accaduto perché per gli italiani il calcio «rappresenta un momento di condivisione, socializzazione, incontro di sentimenti, speranze esaudite o deluse» (D’Amore 2014, p.39). E questa volta le speranze non sono state vane, la finale a Londra ha fatto sognare tutti, dai più piccoli che seguivano la partita fino a tardi (quella notte nessuna mamma italiana aveva alcuna intenzione di mandarli a letto presto) ai più anziani, dalle donne agli uomini, dai tifosi occasionali a quelli che al calcio dedicano una vita intera. Per loro questo torneo è stato come una lunga battaglia contro i pregiudizi e le opinioni critiche di chi non ama il calcio italiano. E questo paragone non è casuale, anzi, a pensarci bene ogni partita assomiglia a una battaglia contro se stessi, contro gli avversari, contro diversi nemici, è una battaglia per se stessi, per la vittoria, per gli altri o forse per un mondo migliore.
Nel linguaggio del calcio si segnala il frequente ricorso alle metafore e alle iperboli belliche dovuto ad alcune caratteristiche che accomunano questa disciplina sportiva alla guerra. Marino D’Amore, giornalista italiano e autore del libro “Footballinguistica”, nota che «in fondo una partita di calcio non è nient’altro che la metafora di una battaglia in cui un esercito invasore tenta in tutti i modi di conquistare la porta della città nemica, mentre l’esercito attaccato tenta di sconfiggere il primo facendo lo stesso. Il gol diventa così la trasposizione agonistico-sportiva di quella conquista, realizzata indossando i colori del proprio gonfalone, del vessillo cittadino o nazionale» (D’Amore 2014, p. 11). In primo luogo bisogna sottolineare che il calcio come ogni sport di squadra comporta lo scontro fra due gruppi costituiti da singoli individui che si uniscono e collaborano per raggiungere l’obiettivo collettivo, cioè la vittoria. Per questo motivo risulta molto importante la capacità di saper giocare (combattere) insieme che infl uisce sulle potenzialità della squadra. Quale componente fondamentale di ciascuna battaglia e di ciascuna partita alla pari con la collettività si trova l’individualità. In questo contesto i calciatori vengono paragonati ai guerrieri che sono in grado di ribaltare le sorti della battaglia grazie al carattere oppure alla genialità. Inoltre, fra le qualità che garantiscono il successo sul campo, sia quello di calcio che quello di battaglia, si possono menzionare: la forza di volontà, lo spirito di sacrificio, il coraggio, la resistenza allo stress e la capacità di assunzione del rischio e delle responsabilità. Vale la pena porre l’attenzione sulla figura del portiere che viene percepito dai tifosi e dai giornalisti come un eroe costretto a difendere la propria porta, e non di rado deve da solo recuperare errori commessi dai propri compagni di squadra. Un’altra figura che spicca sul campo è quella dell’attaccante a cui viene affidato il compito di segnare un gol che porterebbe il proprio team alla vittoria. Per realizzare questo obiettivo l’attaccante deve sconfiggere i difensori della squadra avversaria, e di conseguenza il suo ruolo viene associato a quello del soldato che tenta di combattere il nemico (Barroccu 2007, pp. 10-11).
Rimanendo nel tema della conquista che accosta il calcio alla battaglia vale la pena mettere in evidenza un’altra caratteristica comune di questi campi, cioè l’elaborazione di strategie che servono per sorprendere l’avversario e trionfare. Nel calcio nei panni dello stratega appare di solito l’allenatore che crea schemi di attacco e difesa, basandosi sulle potenzialità dei giocatori e cercando di individuare i punti deboli della squadra rivale. Ogni partita viene preceduta da analisi approfondite di statistiche svolte con lo scopo di prepararsi al meglio per lo scontro. Inoltre, sia sul campo di battaglia che sul campo di calcio, per conseguire un vantaggio sul rivale bisogna prima dedicare più tempo possibile ad esercitarsi e praticare diverse varianti per poter metterle in atto durante l’incontro (Barroccu 2007, p. 50). La figura dell’allenatore risulta simile a quella del capo dell’esercito in quanto a fornire istruzioni e mantenere viva la motivazione all’interno della squadra. Per di più chi svolge questo ruolo deve osservare attentamente tutto quello che succede sul campo per poter effettuare sostituzioni durante la partita. I calciatori vengono sostituiti non solo per ragioni tattiche, ma soprattutto in caso di stanchezza o infortunio. Un altro aspetto sotto cui il calcio assomiglia alla battaglia è il contatto fisico fra giocatori che comporta il rischio di infortuni gravi e di contusioni. Alcuni scontri tra calciatori terminano con sanguinamenti e lacrime di dolore. Tuttavia, occorre sottolineare che il calcio attuale è meno violento di quello del secolo scorso grazie a regole precise e presenza dell’arbitro, nonostante ciò nel linguaggio calcistico si attinge spesso alle immagini belliche, iperbolizzando avvenimenti sul campo (Barroccu 2007, pp. 49-50).
Durante questi Europei gli Azzurri sono stati per noi tutti un esempio fulgente di collaborazione, unione e forza d’animo. Ci hanno dimostrato che non bisogna mai arrendersi davanti a una lunga strada da fare per raggiungere un obiettivo o davanti a vari ostacoli. Da Lorenzo Insigne che è riuscito a conquistare la maglia numero 10 dopo molti sacrifici a Leonardo Spinazzola che nonostante il doloroso infortunio non ha smesso di sostenere i suoi compagni. Per non parlare di Gianluigi Donnarumma che ci ha insegnato a mantenere la calma e di Roberto Mancini che ha iniziato a allenare la squadra azzurra in uno dei momenti peggiori nella storia calcistica del Bel Paese, essendo fra i pochi a credere nella pronta rinascita del calcio italiano. Gli Azzurri con le loro gesta hanno ispirato tante persone a dare il meglio di se stesse e ci hanno ricordato che i valori come unione, dedizione, solidarietà e spirito di sacrificio aiutano a vincere sie le battaglie sul campo di calcio che quelle nella vita.