Quinto episodio*
Associamo i western principalmente alle storie sul Far West e i cowboy, a spettacolari scene di inseguimenti a cavallo e duelli, nonché alle opere di maestri del cinema, come John Ford (“Ombre rosse”, “Rio Grande”, “Sentieri selvaggi”), Fred Zinnemann (“Mezzogiorno di fuoco “) o Howard Hawks (“Il fiume rosso”, “Un dollaro d’onore”). Anni fa, il genere fortemente convenzionale divenne una delle specialità della cinematografia americana. Un elemento importante della sua poetica era la palese divisione del mondo rappresentato in chiare contrapposizioni: bene e male, legge e illegalità, bianco e nero (che corrispondeva anche ai colori di queste produzioni). Nella sua forma classica, il western era caratterizzato da una specifica iconografia e costruzione dello spazio-tempo. In una parola, ordine.
Ma furono i cineasti italiani [1] guidati da Sergio Leone (1929-1989) a realizzare una vera e propria “rivoluzione copernicana” nel genere western, nelle loro opere trasformarono la narrativa tradizionale e gli schemi tematici. Gli Spaghetti Western (conosciuti anche come “maccheroni western” o meglio “western all’italiana”) furono realizzati negli anni Sessanta e Settanta tra Italia e Spagna (utilizzando paesaggi infiniti, selvaggi e bruciati dal sole). Il western italiano ha portato sullo schermo una sorta di “nuova mitologia” basata sulla follia, sulla sanguinosa brama di potere e denaro; un nuovo mondo (moralmente ed eticamente meno chiaramente dicotomico) in cui notiamo l’ anti-eroismo dei protagonisti. Gli eroi non solo “buoni”, ma anche – rifacendosi al famoso titolo – “cattivi” e “brutti”. Il “western all’italiana” introduce anche una rappresentazione (senza precedenti!) di violenza estrema, quasi naturalistica. Violenza spesso inutile e ironicamente punteggiata da una vena di umorismo nero.
Nel 1964 Leone realizzò il primo capitolo della cosiddetta “Trilogia del dollaro”, o “Per un pugno di dollari” [2]. Clint Eastwood (nato nel 1930) ha interpretato il ruolo cult del pistolero spietato, senza nome. La musica del film è stata composta da Ennio Morricone (1928-2020), amico di Leone già dai tempi dei banchi di scuola. Le indimenticabili colonne sonore dell’artista nato a Roma hanno portato freschezza, intensità e animalità nelle storie dei western all’italiana (fischi, urla, colpi di frusta e in una delle composizioni più famose possiamo persino riconoscere l’ululato caratteristico del coyote). La collaborazione dei tre ha portato gli spaghetti western ai vertici della popolarità, rendendoli star internazionali.
L’originalità dei film di Leone si basa anche sulla celebrazione della forma, dello stile del film che a volte si distingue come aspetto principale del racconto. I primi piani dei volti, degli occhi e delle mani dei personaggi vengono descritti spesso come Leone’s close up; e sono stati chiaramente presi in prestito da Quentin Tarantino per il suo lavoro. Le scene delle sfide tra cowboy e dei duelli prolungate nel tempo assumono forma di spettacoli operistici in cui la scala della tensione drammatica (anche a causa dell’epico sfondo musicale) raggiunge il suo apice; l’azione viene poi neutralizzata con una soluzione immediata. Dopotutto, la pistola deve sparare indipendentemente dalla latitudine.
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Ennio Morricone (1928-2020) – leggendario compositore italiano, direttore d’orchestra, arrangiatore, vincitore di due Oscar (alla carriera [2007] e per la musica originale del film “The Hateful Eight” [2016]). Nella sua ricca filmografia possiamo trovare numerosi esempi di cinema di genere (dalla commedia, ai gialli, fino agli spaghetti western, che sono diventati il suo pezzo forte) e cinema d’autore (ha composto, tra gli altri, per Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, Franco Zeffirelli, Elio Petri e Giuseppe Tornatore, nonché per Terrence Malick, Roland Joffé, Brian De Palma). Le sue colonne sonore sono talvolta più famose dei film da cui provengono (basti pensare al tema “Chi mai”, che è apparso per la prima volta in “Maddalena” di Jerzy Kawalerowicz [1971], film oggi dimenticato e poco riuscito). Lo stile di Morricone era caratterizzato da una straordinaria volontà di sperimentare, dal desiderio di ripristinare nell’ambito della musica applicata suoni veri, provenienti dalla realtà. Le sue composizioni vengono inoltre contrassegnate da una straordinaria sensualità, morbidezza e melodiosità.
*Il quinto episodio era originariamente destinato a essere dedicato a “Un borghese piccolo piccolo” di Mario Monicelli. Tuttavia, l’improvvisa e triste notizia della scomparsa di Ennia Morricone mi ha portato a un diverso tipo di riflessione. Il film con Sordi sarà analizzato nel sesto episodio della nostra serie.
[1] Vale la pena di approfondire la tematica degli spaghetti western studiando altri cineasti del genere, incluso Sergio Corbucci (“Django” con Franco Nero nel ruolo principale, “Il grande silenzio”), Duccio Tessari (la serie su “Ringo” con Giuliano Gemma), Enzo Barboni (“Lo chiamavano Trinità…”) o Damiano Damiani (“Quién sabe?”) .
[2] È interessante notare che, dopo la prima del film, Leone è stato accusato (giustamente!) di aver plagiato la “La sfida del samurai” di Akira Kurosawa (1961). Pertanto “Per un pugno di dollari” viene spesso definito come il remake del menzionato film giapponese. La trilogia di Leone include anche “Per qualche dollaro in più” e “Il buono, il brutto, il cattivo”.