Guido Fuga, architetto e disegnatore, è nato a Venezia nel 1947. A partire dal 1968 ha collaborato con Hugo Pratt alla creazione di celebri serie come “Corto Malteseˮ o “Gli scorpioni del desertoˮ, disegnando molti elementi e dettagli di vignette e strisce. Insieme allʼaltro fondamentale assistente di Pratt, Raffaele “Leleˮ Vianello, è autore del libro illustrato “Corto Scontoˮ, dedicato ai misteri e alle curiosità di Venezia, nonché di diverse opere a fumetti create dopo la morte di Pratt. Il fumetto è comunque solo uno dei tanti interessi e attività di Fuga, che ha lavorato nei più diversi campi dellʼarte.
Nellʼintervista che segue avremo modo di scoprire molte curiosità e aneddoti sullʼorigine delle avventure di Corto Maltese, sul lavoro dei disegnatori e sulle persone reali che ispirarono alcuni dei personaggi di Pratt.
Come è avvenuto il suo ingresso nel mondo del fumetto? Come è nata la collaborazione con Hugo Pratt?
Tutto inizia nel ʼ68, mi ero da poco iscritto ad architettura. In compagnia della mia fidanzata Mariolina incontrammo Pratt nella libreria di una carissima amica, Nini Rosa (che avrebbe ispirato lʼEsmeralda di “Corto Malteseˮ). Il maestro, intrigato dalla mia morosa (minigonna e capelli cortissimi, insomma la Venexiana Stevenson delle avventure di Corto), ci invitò la sera stessa a casa sua a Malamocco a mangiare un’ottima pastasciutta bella speziata. Da quell’incontro nacque una lunga amicizia, con l’invito alla collaborazione per tutte le parti che Pratt non aveva voglia di disegnare e che voleva fossero fatte a regola d’arte: mezzi militari, treni, fondi architettonici… Io li chiamavo gli effetti speciali. Hugo aveva da poco firmato il contratto con “Pifˮ per delle storie da 20 pagine con il personaggio di Corto Maltese. In pratica era la vera nascita del personaggio, che nella “Ballata del mare salatoˮ era un comprimario come Rasputin, mentre i veri protagonisti erano i due ragazzini. La prima copertina della “Ballataˮ in Italia aveva Pandora e Cain in primo piano e sullo sfondo i due compari.
Cosa ci può raccontare della sua carriera di disegnatore? Quali opere tra quelle a cui ha lavorato ricorda con più piacere?
La mia storia col fumetto è stata episodica perché ho seguito tante cose: illustrazione, storyboard, disegni di tappeti, tavoli a tarsia marmorea, collaborazione con l’artista concettuale Alighiero Boetti per una quindicina di anni… Quando morì Pratt, con il collega Lele Vianello, anche lui collaboratore del maestro, realizzai la storia “L’ultimo voloˮ, poi “Le Ali del Leoneˮ, sulla storia dell’aviazione, e “Cubanaˮ. Insieme abbiamo anche realizzato la guida di Venezia “Corto Scontoˮ, libro che ha avuto un grande successo editoriale.
A partire dagli anni Sessanta il fumetto italiano ha conosciuto una grande evoluzione, diventando una forma dʼarte vera e propria. Quali artisti considera fondamentali ancora oggi?
Per quanto riguarda i grandi del fumetto italiano, a parte Pratt, direi Dino Battaglia, Guido Crepax, Sergio Toppi, poi Vittorio Giardino, Milo Manara e il bravissimo Andrea Pazienza, morto troppo presto.
Com’era lavorare con Hugo Pratt? Quali opere da voi realizzate ha trovato più interessanti e quali le sono rimaste più impresse?
Fra le opere realizzate con Pratt le più amate sono di sicuro “Corte Sconta detta Arcanaˮ e la “Favola di Veneziaˮ, che si è sviluppata giorno per giorno chiusi nello studio di Malamocco, con Mariolina che faceva i colori. Era un progetto nato da Alberto Ongaro che collaborava con il settimanale “L’Europeoˮ e doveva uscire settimanalmente con due pagine a colori. Poi, dopo un incontro a Londra dove all’epoca viveva Ongaro, Hugo ha trovato delle scuse per non lavorare con il vecchio amico e collaboratore perché, penso io, non voleva che un altro mettesse in bocca le parole ai suoi eroi, che poi erano i suoi alter ego. Da buon gemelli era doppio: da una parte Corto e dall’altra Rasputin… Se qualcun altro scriveva i suoi personaggi, era un po’ come se gli rubassero l’anima.
Come nascevano le singole storie, passando dai bozzetti alle tavole complete?
Per la realizzazione delle storie alle spalle c’era una grande ricerca bibliografica. Non c’erano computer, Hugo preparava una sorta di storyboard dove mi dava a grandi linee la disposizione dei miei aerei, blindati ecc. In seguito decideva dove voleva andare a fnire e la storia si sviluppava a braccio, come la “Favola di Veneziaˮ, improvvisata pagina dopo pagina con il litigio con Ongaro.
Lʼimportanza di Venezia per la storia del fumetto italiano è fondamentale: quali aspetti della città, della sua storia e dei suoi monumenti hanno ispirato maggiormente il vostro lavoro?
Venezia, come poi, dopo la morte di Pratt, abbiamo ben raccontato nella nostra guida della città “Corto Scontoˮ, è un palcoscenico speciale per l’immaginario del maestro e non solo. I due labirinti, urbano e acqueo, sono un enigma intrigante per i sognatori e ricercatori di simboli e arcani.
Quanto era importante lʼelemento fantastico ed esoterico nelle storie di Corto Maltese e in altre opere di Pratt?
Pratt si rifaceva spesso all’elemento esoterico come chiave per ricollegarsi al mito che per lui era la chiave per sciogliere ogni enigma e l’origine di tutte le storie. Corto ha un atteggiamento ambivalente verso credenze magiche e non; spesso assiste a riti iniziatici e voodoo che non comprende ma accetta. Il Maltese si traccia da solo la linea della fortuna della mano con un coltello, essendo nato senza: evidentemente pensa di modificare da sé
il corso delle cose.
Nelle opere di Pratt è molto presente il tema della lotta delle popolazioni indigene contro la dominazione bianca. Una simile ottica derivava soprattutto dalle sue vicende biografiche dellʼartista o rifletteva una particolare sensibilità politica?
Pratt è l’ultimo cantore della fine del colonialismo, con una ricerca dei dettagli, divise, mostrine, mezzi e così via. Sicuramente l’esperienza da ragazzino in Africa gli offrì paesaggi e divise militari che lo affascinarono. Poi c’era lo spirito dei tempi, con il risveglio della gioventù di tutto il mondo occidentale in quella rivolta che era dalla parte delle vittime del colonialismo. Pratt coglieva benissimo come stavano le cose, con in più la sua ironia: lo ricordo bene quando chiedeva delle proteste universitarie a me, studente sessantottino d’architettura, e si chiedeva perché non si cospargessero i docenti con il bitume e le piume come nella frontiera americana a lui tanto cara.
Comʼera Pratt nella quotidianità? Quanto di lui possiamo realmente ritrovare nel personaggio di Corto e in altri eroi da lui creati?
Pratt era un uomo orchestra, che se entrava in un locale diventava il centro d’attrazione di tutto l’ambiente e se aveva una chitarra cantava in modo magnifico il suo amato Burl Ives e le canzoni sudamericane con cui aveva avuto a che fare per più di dieci anni a Buenos Aires. Ricordo ancora riunioni alcoliche nella casa a Malamocco, con il maestro che cantava e arrivava la sera, con tutti gli amici al buio, incantati ed ebbri, persi in una dimensione atemporale. Pratt era magico e se voleva ti faceva morire dal ridere con il teatro immaginario che sapeva evocare. Ma adesso basta, perché sarei anche stanco di ricordare quei tempi meravigliosi. Spero di essere stato esaustivo, poi si può sempre inventare quello che si vuole come faceva Hugo, il grande affabulatore un poʼ bugiardo, ma geniale…
foto: Sławomir Skocki, Tomasz Skocki
***
Ti interessa la storia del fumetto italiano? Clicca qui per leggere altri articoli dalla nostra serie “Komixando”.
Abbiamo per te altri articoli su Hugo Pratt, la sua via e opere. Puoi leggerli qui.