Gianluca Migliorisi, 30 anni di Polonia

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Da Roberto Baggio ad Andrzej Wajda, da Vicenza a Varsavia, tra amore, sport e tanto lavoro. Possiamo sintetizzare così gli ultimi trent’anni di Gianluca Migliorisi, manager di successo, oggi Managing Director di Artsana Poland (brand Chicco e Recaro), storica azienda italiana di prodotti per bambini.

Ho messo piede per la prima volta in Polonia il 30 ottobre 1989. Accompagnavo mio padre che aveva creato un canale import-export nel settore gioielleria tra Vicenza, capitale italiana dell’oreficeria, e la Polonia. C’erano appena state le prime libere elezioni del Parlamento, premier era Tadeusz Mazowiecki e presidente della Repubblica Wojciech Jaruzelski. La Polonia da qualche tempo era diventata un paese di grande attualità politica e sociale. Ricordo con quanta partecipazione in Italia si seguirono i primi scioperi a Danzica e poi la parabola di Solidarnosc, l’elezione a papa di Karol Wojtyla e poi i successi della nazionale di calcio polacca e l’arrivo in Italia di Zbigniew Boniek e Wladyslaw Zmuda, insomma in un decennio la Polonia salì alla ribalta dei media europei e italiani uscendo dal cliché di dimenticato territorio dell’Europa orientale per diventare un paese in cui stavano avvenendo trasformazioni sociali importanti che spesso avevano connessioni con l’Italia.

Da promessa del calcio vicentino a manager varsaviano attraverso quali tappe?

Ero un’agile seconda punta del Laghetto, squadra satellite del Vicenza, da cui sono usciti giocatori arrivati fino alla serie A. È un periodo della mia vita che ricordo con nostalgia, in quegli anni giocammo una partita contro il Caldogno e mi ritrovai in campo a sfidare un certo Roberto Baggio… La mia carriera si interruppe a causa di un incidente d’auto in seguito del quale dovetti restare sei mesi fermo, un peccato perché c’erano tre squadre importanti che mi avevano puntato gli occhi addosso e chissà come sarebbe andata. Chiusa la parentesi calcistica, durante gli studi, supportavo mio padre nell’azienda orafa di famiglia e cominciai a viaggiare tra Vicenza e la Polonia, in particolare a Plock dove avevamo un laboratorio e Varsavia dove si svolgevano gli incontri d’affari. Anni in cui conobbi anche la mia futura moglie e il mio futuro suocero grazie al quale, con invidia di tanti miei connazionali, ho imparato abbastanza rapidamente a parlare un fluente polacco. Il segreto fu seguirlo di sera in garage a smontare e rimontare motori di auto, era inverno, temperature sotto zero, e lì cominciando da cacciavite e tenaglia ho iniziato la scalata per parlare questa non semplicissima lingua.

E imparando il polacco è cambiata anche la vita lavorativa?

Una serie di circostanze internazionali fecero impennare il prezzo dell’oro, tutto divenne più complicato e mio padre preferì dedicarsi all’attivita a Vicenza e anch’io preferii cambiare settore, l’occasione si presentò ad un incontro con vari imprenditori che lavoravano tra Italia e Polonia. Lì conobbi i rappresentanti dell’Agip che vendevano olii industriali in Slesia. La padronanza della lingua era un valore aggiunto e mi scelsero per rappresentarli a Varsavia ma prima mi fecero 8 mesi di corsi a Roma con docenti delle migliori università italiane su marketing, project managment, informatica. Fu una straordinaria opportunità di aggiornamento. In Agip restai un paio d’anni ma non ero del tutto convinto di quel lavoro. La grande svolta fu nel 1994 quando ebbi un contatto con la Ferrero, seguii la trafila per l’assunzione che all’epoca si faceva in Olanda, e alla fine mi presero. La Ferrero è stata sicuramente l’azienda che mi ha cambiato dal punto di vista lavorativo, sono passato dalla logistica al trade marketing fino al commerciale diventando il primo area manager in Polonia non polacco. È stata una lunga, dal 1994 al 2000 (con 3 anni passati a Poznan dove è nata mia figlia), bellissima esperienza di vita con un marchio che ha prodotti unici ed un grande fiuto aziendale. All’inizio vendevamo soprattutto i Tik Tak, Kinder Sorpresa, le praline, i Kinder Bueno fino ad arrivare alla Nutella, prodotto che, ci volle tempo per farlo conoscere e apprezzare dai polacchi.

E poi la Chicco?

Ero giovane e con grande volontà e curiosità di intraprendere nuove sfide in un contesto, il mercato polacco degli anni ’90, in forte fermento, e la Ferrero mi aveva veramente assorbito molte energie. Nel frattempo in Polonia erano arrivate tutte le grandi aziende, io parlavo polacco e avevo esperienza del paese, questo mi servì per trovare lavoro prima in Barilla e poi in Segafredo che assorbì una torrefazione di Bochnia dove mi recavo continuamente. All’epoca nacque il mio secondo figlio e avevo bisogno di tornare a Varsavia e così accettai l’offerta della Ardo, azienda di elettrodomestici, per cui lavorai finché non morì mio padre. Quello fu un momento complicato, tornai a Vicenza per il tempo necessario a mettere a posto la situazione perché all’epoca mio padre gestiva tre negozi di articoli per bambino multibrand tra cui la CAM produttore di carrozzine, seggiolini e passeggini. E quel contatto fu un’altra opportunità di sviluppo perché una volta liquidati i negozi divenni agente per la CAM in Polonia, ma fu in realtà il passo decisivo che mi portò alla Chicco che in Polonia era l’azienda di riferimento del made in Italy nel settore bambino. La Chicco aveva qualche problema nella distribuzione, lo feci presente all’azienda un paio di volte finchè successe che mi convocarono alla sede generale di Grandate. Era l’estate del 2011, incontrai i massimi vertici dell’Artasana il gruppo che tra i vari marchi gestisce anche Chicco e mi fecero una proposta che non potevo rifiutare. Lavorare per Artsana mi ha consentito un buon sviluppo professionale e parallelamente la Chicco in Polonia ha raddoppiato i fatturati diventando una delle aziende leader del settore.

Dall’alto di questa grande esperienza commerciale come definiresti il cliente medio polacco e quello italiano?

Sono sicuramente diversi. Il polacco è un cliente che prima di acquistare si informa nel dettaglio, sa tutto e poi è molto meticoloso nel pretendere e verificare l’efficienza del prodotto, insomma è un cliente pragmatico e che ha come faro il prezzo. L’italiano è più umorale, si lascia consigliare e dà molta importanza all’estetica e alla novità del prodotto.

Come descriveresti la Polonia ad un italiano che volesse venire qui a vivere?

È un paese che è cambiato molto negli ultimi anni e in cui rimane comunque una grande differenza tra le città e la campagna. A Varsavia, come nelle altre grandi città, c’è tutto, è una capitale cosmopolita, e c’è una grande offerta di lavoro, anche se naturalmente rispetto a quando sono venuto io non è così facile fare una scalata professionale in poco tempo. Sicuramente è avvantaggiato chi si trasferisce qui avendo in mano un mestiere o una certa preparazione culturale o commerciale.

Polonia ed Europa, rapporto contraddittorio?

Penso che la Polonia abbia tanto da guadagnare nell’aprirsi all’Europa così come il vecchio continente avrebbe un grande bisogno di avere una Polonia protagonista e leader all’interno dell’Unione europea. Ma al momento la sensazione è che questo paese sia ingabbiato nel passato, metaforicamente potremmo descrivere la Polonia come un corpo forte e vitale che corre in avanti ma con lo sguardo rivolto all’indietro. Ed è un peccato perché la Polonia ha tutti i requisiti per giocare un ruolo cruciale all’interno del continente, e se lo facesse a giovarsene sarebbe indirettamente anche l’Italia per ragioni storico-culturali.

Polonia e Italia, due paesi che si completano bene a vicenda?

Sì è così e forse oggi in un momento in cui la Polonia si sviluppa ad un ritmo doppio rispetto all’Italia, il rapporto è ancora più interessante. L’energia polacca si completa perfettamente con lo spirito e l’empatia italiana. Per far capire ad un polacco chi sono gli italiani gli farei vedere “Mediterraneo” di Salvatores, siamo un popolo che anche nelle circostanze più difficili sa arrivare al cuore di una persona.

A proposito di cinema e i tuoi ruoli nei film polacchi?

Mi sono divertito a fare un po’ di comparsate nei film “Sniadanie do lozka”, “Plebania”, “Ranczo”, “W11”, ma soprattutto in questo paese ho avuto la fortuna di conoscere persone di altissimo livello come Andrzej Wajda, i cui film mi hanno aperto gli occhi sulla Polonia, o come l’ex premier Jozef Oleksy politico di una erudizione infinita e tanti altri tra cultura e mondo dello sport.