Giacomo Casanova e il suo teatro

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1635

Il poeta, traduttore, compositore, autore di testi teatrali, scrittore delle Repubblica delle Lettere, ricevuto alla corte di Varsavia da Stanislao Augusto re di Polonia.

Giacomo Casanova, nell’ottobre del 1765, all’età di quarant’anni, conosciuto, ormai, presso le corti di mezza Europa, proveniente da San Pietroburgo, approda a Varsavia, nelle vesti del Conte Jakub Kasanów, a cui aggiunge il cognome di sua madre, De Farussi, dal momento che lei è molto nota in città, come attrice, per aver ivi debuttato anni addietro, con grande successo. Ha portato con sé due bagagli: quello contenente le sue esperienze e quello contenente i suoi scritti, soprattutto versi e testi per il teatro. Egli infatti si definisce poeta improvvisatore, declamatore di versi poetici, comico, commediante, commediografo, drammaturgo, traduttore, scrittore, ballerino di minuetto, compositore di musica – un teatrante a tutto tondo, insomma! – e va dicendo in giro di essersi esibito nei vai salotti e di aver calcato le assi dei palcoscenici di mezza Europa, al pari di suo padre e di sua madre. Invece, in realtà, è stato unicamente a Trieste, che egli, frequentando, come era suo solito, i salotti dell’alta società, dopo aver affascinato e magari sedotto alcune dame, improvvisandosi capocomico, ha potuto allestire con costoro, una sorta di compagnia teatrale – composta di dilettanti – e proporre così una recita in casa del barone Königsbrunn. Invece qualche esperienza in teatro come autore, l’aveva effettivamente avuta già nel 1752 a Parigi, dove era stato introdotto dal suo amico Antonio Balletti. Qui, infatti, la famosa Comédie-Italienne ha messo in scena “Les Thessaliènnes ou Arlequin au sabbat”, una sua farsa scritta in collaborazione con François Le Prévost, a cui, peraltro, ne son seguite di nuove.

Tra le sue opere figurano, la versione italiana, dal francese, della tragedia “Zoroastro”, pubblicata a Dresda nel 1753; gli scritti “Lana caprina: epistola di un licantropo”, del 1772 e “Istoria delle turbolenze della Polonia”, del 1774; le commedie in tre atti “La Moluccheide, o sia i gemelli rivali”, del 1753 e “La forza della vera amicizia”, sempre del 1773, rappresentata lo stesso anno a Trieste, dalla Compagnia del comico milanese Onofrio Paganinni e ripresa, l’anno successivo, al Teatro Bandeu di Gorizia. Tra le sue opere poetiche, invece, appaiono due composizioni in versi, “Ode per la Passione di Cristo” e “Sonetto sulla Redenzione”, scritte a Frascati nel 1771, una delle quali, declamata a Roma in occasione della Pasqua. Giacomo Casanova, come poeta, è membro, con lo pseudonimo di ‘Eupoleme Pantaxene’, dell’Accademia dell’Arcadia presso la Colonia di Parma, nonché membro dell’Accademia degli Infecondi a Roma. Anche suo fratello Giovanni, pittore, disegnatore, incisore, è pastore arcade, con lo pseudonimo di ‘Saurio Trocense’.

Lascia Varsavia nell’aprile del 1766, diretto in Podolia, quindi sempre in territorio polacco, dopo esser essere stato colpito ad un braccio da un colpo di rivoltella in seguito al famoso duello che ha generato, peraltro, tre ulteriori feriti, il Conte Branicki, colpito gravemente ad un fianco, il Conte Carlo Tomatis, colpito da un proiettile di striscio e il Conte Moszy?ski, colpito invece in pieno volto.

Giacomo Casanova continuerà, fino alla morte, a scrivere e a comporre opere diverse, particolarmente per il teatro. Ne menziono qui, tra le altre, ancora due, “La felicità di Trieste”, una cantata a tre voci, del 1774 e “Le Polemoscope ou la calomnie démasquée par la prèsence d’esprit”, una tragi-commedia in francese, pubblicata postuma a Parigi, nel 1886.

Però, oggi, come nel passato, benché egli – esperto duellatore di spada – si sia sforzato di dimostrare d’essere anche abile duellatore di penna, gli studiosi e i critici continuano a mettere in discussione il valore e la validità storica di molte sue opere letterarie, per cui tutti sono concordi nell’affermare che, escludendo le composizioni autobiografiche, il resto della sua produzione non ha ottenuto alcun successo, né durante la sua vita, né dopo la sua morte. Se egli ha quindi ricevuto qualche consenso, l’ha ottenuto, eventualmente, soltanto come scrittore di opere autobiografiche, in quanto espresse con più cura e con più entusiasmo, un successo che però è venuto comunque stranamente a manifestarsi soltanto negli anni successivi alla sua morte, quando la sua figura affascinante di avventuriero leggendario e di seduttore irrefrenabile stava ormai gradatamente e simpaticamente passando alla storia.