Dopo il grande successo durante l’ultima rassegna del nuovo cinema italiano CinemaItaliaOggi, “Finché c’è prosecco c’è speranza” di Antonio Padovan entra nelle sale cinematografiche polacche. Dal 6 luglio, grazie alla distribuzione di Aurora Films, potremo fuggire tra le colline dolci di Conegliano e Valdobbiadene dove si coltiva l’uva dedicata solo alla produzione del prosecco, il vino che sta conquistando sempre più ammiratori anche in Polonia.
Tra il tono leggero del racconto, l’ironia delle battute e l’incantevole bellezza e delicatezza delle immagini con una grande attenzione ai dettagli, pian piano ci cattura la storia di Desiderio Ancilotto, proprietario di un vasto terreno dedicato alle vigne il cui modo di lavorare la terra, senza pesticidi e facendo “riposare” parte del terreno, è considerato da altri una pessima strategia d’affari. Ancillotto si suicida, però è comunque al centro delle indagini quando iniziano ad essere uccise persone legate al cementificio che lui riteneva inquinasse la zona. A investigare sul caso c’è l’ispettore Stucky (Giuseppe Battiston) che con il suo goffo ma simpatico modo di fare, cerca di conquistare la gente chiusa del posto per arrivare alla verità.
Come nasce l’idea del film?
Antonio Padovan: “Nasce soprattutto dalla nostalgia della mia terra dopo aver vissuto dodici anni a New York. Sai, quando vai via da un posto e poi ci torni apprezzi di più la bellezza e a volte anche la bruttezza della città nativa. Chi ci abita si abitua un po’ a queste cose. Io invece tornando una o due settimane all’anno notavo di più la bellezza dei dettagli di un palazzo o della piazza dove sono cresciuto. Quindi ho la doppia anima dell’abitante e del turista a casa mia. E sempre di più mi è venuta voglia di farne un film perché non ci sono molte pellicole che raccontano questa terra a parte il capolavoro “Signore e Signori” di Pietro Germi. Tra l’altro nel film volevo fare l’omaggio a quel film girando la scena con i piccioni in piazza. Purtroppo uno dei sindaci ha fatto sterminare tutti i piccioni a Treviso perciò ho dovuto portare 24 piccioni per girare quella scena. Sono stati pochi ma insomma un richiamo al grande film sono riuscito a farlo.”
Da dove arriva l’ispirazione per la sceneggiatura?
“Una volta ho letto un libro che mi ha suggerito mia sorella. La storia mi è piaciuta, soprattutto due cose: il fatto che fosse un giallo che come storia su un grande schermo si vende sempre bene e che il protagonista è mezzo persiano mezzo italiano. Poi il caso ha voluto che, sempre a Treviso, ci fosse un incontro con l’autore, Fulvio Ervas. Gli ho detto, “Guarda, non ho soldi né produttore ma mi piacerebbe fare un film basato sul tuo libro” e lui mi ha detto subito di sì e abbiamo iniziato a scrivere la sceneggiatura.”
Come si convince un attore così richiesto come Giuseppe Battiston a recitare in una produzione indipendente?
“È stato un colpo di fortuna! Lui mi è sempre piaciuto come attore quindi, anche se sapevo che sarebbe stato difficile, ho deciso di mandargli la sceneggiatura. Ho fatto bene perché poi Battiston stesso mi ha confessato che da sempre sognava di interpretare il ruolo dell’investigatore in un film poliziesco. Aveva già avuto la promessa di un ruolo simile in un progetto di Carlo Mazzacurati ma visto che il regista è mancato, il film non è mai stato realizzato. Quindi quel suo sogno l’ho realizzato io.”
È la tua prima esperienza da regista?
“Questa è la mia opera prima. Da 5-6 anni faccio le pubblicità, ho fatto qualche corto di cui alcuni hanno fatto il giro dei festival, uno è andato perfino a Cannes e questo mi ha dato un po’ di visibilità.”
Hai altri progetti in cantiere?
“Sì, insomma non è ancora ufficiale ma da ottobre dovrei cominciare un nuovo film. Dovrebbe essere sempre con Battiston, girato in Italia ma non in Veneto. Purtroppo il Veneto è un problema perché non ha la film commission. Il mio film, senza polemiche, è l’unico film italiano che ha avuto un po’ di successo ed è uscito senza nessun finanziamento pubblico perché parla un po’ dell’inquinamento, tema che per alcuni può essere scomodo.”