Ferrari 250 LM – Non stop!

0
70

L’articolo è stato pubblicato sul numero 79 della Gazzetta Italia (febbraio-marzo 2020)

… 4 Con lo sguardo percorri di nuovo la macchina dall’altra parte della pista. Un’auto di cui ti fidi completamente;

… 3 Ancora una volta nella tua mente percorri questi pochi metri che vi separano;

… 2 Nei pensieri, salti sul sedile e allo stesso tempo giri la chiave di accensione. La mano scivola rapidamente sulla leva del cambio, mentre i piedi rilasciano la frizione e danno gas al motore;

… 1 Senti solo il battito del tuo cuore, quando l’orologio batte le 16.00 e la bandiera francese si piega sulla pista sfiorando l’asfalto;

  … Parti, inizi a correre, le 24 ore più lunghe della tua vita sono appena iniziate.

Così alla fine degli anni ’50 poteva presentarsi lo start per uno dei partecipanti alla gara 24 Heures du Mans [24h Le Mans] sulla pista Circuit de la Sarthe. La gara di endurance più difficile, più veloce e più esigente al mondo sia per i piloti che per le auto di corsa endurance.

La velocità media in una gara F1 è di 248 km/h [record di M. Schumacher del 2003], che è un risultato scarso rispetto a quelle di NASCAR dove le velocità medie hanno superato abbondantemente i 300 km/h. Nella 24 ore di Le Mans del 2010 è stato raggiunto il record di velocità di 225 km/h media. È da considerarsi un risultato meno soddisfacente rispetto a quelli di F1 e NASCAR? Non necessariamente, infatti se confrontiamo le distanze su cui queste velocità medie sono state misurate, vediamo che quella di F1 è stata calcolata su 307 Km, NASCAR su 805 km, mentre Le Mans Audi R15 TDI Plus su un percorso di oltre 5400 km! Occorre tener conto anche del numero di pit stop e il tempo perso dai piloti, che nel caso di Lea Mans, si devono cambiare al volante. Ad esempio: Gran Premio F1 d’Italia 2011, su una distanza di 307 km e con in media 1,7 pit stop per auto, contro le 24 ore di Le Mans 2012, su una distanza di 5151 km e ben 33 pit stop.

Abbiamo ancora la 24 Ore di Dayton, ma lì le auto non lasciano mai l’autodromo, mentre per Le Mans quasi la metà del percorso attraversa strette strade pubbliche attorno le città!

24h Le Mans ha anche un suo lato molto oscuro per gli incidenti, tra cui tanti anche mortali. Tuttavia non potrebbe essere diversamente, se consideriamo il fatto che la gara coinvolge contemporaneamente le auto di diverse classi sportive e che, durante un solo giro, le auto superano per quattro volte i 320 km/h. Uno dei percorsi “scatenanti il demone della velocità” è il tratto di 6 km rettilinei di Hunaudieres [Mulsanne Straight], dove nel 1925 durante la terza edizione della gara, morì Marius Mestivier, prima vittima della 24h Le Mans. Nel 1988 WM P88 con il motore Peugeot raggiunse sullo stesso tratto una velocità di 405 km/h, il che costrinse gli organizzatori a dividerlo in due corsie per temperare la velocità dei piloti.

Tra i molti eventi più o meno drammatici, uno in particolare si ricorda come il giorno più tragico nella storia dei motori. L’11 giugno del 1955. Quando i primi equipaggi stavano per finire il 35° giro, la Jaguar guidata da Hawthorn rientrò improvvisamente nell’area di servizio per il suo primo pit-stop subito dopo aver sorpassato in doppiaggio Lance Macklin. Tale manovra sorprese il pilota doppiato che per non scontrarsi sulla Jaguar in frenata rapida, svoltò a sinistra, finendo dritto sotto le ruote di Pierre Levegh che sopraggiungeva ad alta velocità. La Mercedes di  Levegh, venne catapultata in aria girandosi più volte tra il pubblico. L’auto frantumata e in fiamme uccise oltre 80 persone e ne ferì altre 200. Ciò nonostante, la gara non fu interrotta, come venne affermato in seguito, per non intensificare il panico tra le decine di migliaia di fan riuniti intorno alla pista. Il mondo rimase sconvolto. La Mercedes da allora non ha più partecipato a Le Mans fino al 1987, mentre in molti paesi è stata vietata l’organizzazione di gare [in Svizzera questo divieto è ancora oggi in vigore, anche se di recente le auto elettriche hanno ricevuto un consenso condizionato per fare gare].

La pista Circuit de la Sarthe, aperta nel 1906, ha invece un fama meno tragica. È una pista brillante nella sua semplicità, una trovata pubblicitaria dell’azienda Dunlop. Stiamo parlando di una passerella a forma di pneumatico che corre sopra la pista e sebbene piste simili si possano vedere altrove, questa è speciale poiché costruita nel 1923 e quindi coetanea e silenziosa testimone di tutte le edizioni della 24 ore di Le Mans.

Torniamo per un momento all’inizio della gara a Le Mans. I piloti che volevano scattare in testa alla corsa dovevano correre fino alla propria auto e avviarla il più velocemente possibile. Per accelerare l’intera procedura, la Porsche ha posizionato l’interruttore di avviamento e la leva del cambio sui lati opposti del volante, in questo modo il conducente poteva girare la chiave e ingranare la prima nello stesso momento. Non c’era tempo per allacciare le cinture di sicurezza, quindi praticamente nessuno lo faceva fino alla prima uscita di servizio. Nel 1969, secondo quanto riferito, Jacky Ickx si ispirò al “piccolo passo del primo uomo che atterrò sulla luna” dello stesso anno, si avvicinò alla sua macchina camminando ostentatamente. Con estrema calma allacciò le cinture di sicurezza, controllò tutti i sistemi e partì per ultimo per poi effettuare per primo il check-in dopo le 24 ore di corsa. Tale dimostrazione di ragione e il tragico incidente di John Woolfe avvenuto già al primo giro di quella stessa gara, hanno convinto gli organizzatori a cambiare la modalità di inizio della competizione a partire dall’anno successivo. 

Tra i vari tipi di Ferrari presenti alla 33^ edizione della gara c’era la Ferrari 250 LM. L’auto è stata creata sulla base del modello 250 P, che gli avrebbe dovuto garantire l’approvazione per i collaudi nella categoria GT. Questa volta però la FIA non si fece ingannare come alcuni anni prima quando l’azienda di Maranello lanciò la 250 GTO. Con 32 esemplari, la Ferrari ha dovuto accettare di gareggiare solo nella categoria prototipi. Ironia della sorte, il prototipo del nuovo modello mostrato nel 1963 fu acquistato da Luigi Chinetti, capo del team N.A.R.T. La sua auto non ha terminato la prima gara, nella seconda ha preso solo un ottavo posto, e nel terzo … è andata completamente bruciata.

Le auto successive avevano un motore più grande, il corpo montato su un telaio tubolare di Vaccari realizzato da Scaglietti secondo il progetto di Pininfarina. Alcuni elementi sono stati presi in prestito dalla seconda serie di 250 GTO. Il modello 250 LM, anche se un po’ esagerato, doveva competere nella classe prototipo più forte, ebbe una serie di successi rilevanti, incluso un doppio podio nella 24 ore di Le Mans del 1965.

Davanti a noi abbiamo una replica [HW Elite 5000 pz. Limitato] dell’auto con il telaio 6313 che lasciò Maranello nel 1964 in colore rosso. Il suo proprietario era una delle più famose scuderie Ecocie Francochamps, belga, fondata da Jacques Swaters. L’auto è stata tradizionalmente dipinta di giallo, lasciandone due piccole strisce di vernice originale. Nel 1965, i belgi hanno registrato la partecipazione di due 250 LM, ricevendo i numeri 25 e 26. La numero 26 fu anche cofinanziata da Georges Marquet Team, mentre al volante si trovarono Pierre Dumay e Gustave Gosselin.

Dopo un’ottima guida notturna domenica 20 giugno 1965, proprio questa squadra era in testa, quando improvvisamente una delle ruote posteriori, non sopportando più il peso, esplose perforando il sottile corpo in alluminio. Dopo aver cambiato la ruota, la vettura è ritornata in pista con un’enorme “lacerazione” lungo l’intero parafango. Sfortunatamente non è stato possibile recuperare il tempo perso, i piloti hanno chiuso al secondo posto, cedendo il podio a un altro team a bordo di Ferrari 250 LM, la squadra N.A.R.T. I vincitori non hanno celebrato però la vittoria versando lo champagne sui loro fan, questa tradizione sarebbe nata due anni dopo anche a Le Mans, quando Dan Gurney scosse una gigantesca bottiglia di magnum “Moet & Chandon” spruzzando l’intero team trionfante di Ford. Quella stessa bottiglia con l’autografo del pilota per trent’anni ha decorato come paralume la casa del fotografo della rivista Life che rese immortale l’intero evento.

Non ho menzionato Le Mans nel contesto del cinema, in cui la gara è presente grazie a un uomo chiamato “King of Cool” e alla sua Ferrari 250 Berlinetta Lusso.

Anni di produzione: 1963-65
Quantità prodotta: 31 pezzi [+ 1 con motore 2953 cm3]
Motore: V-12 60 °
Dislocamento: 3.285,7 cm3
Potenza / giro: 320 CV / 7500
Velocità massima: 295 km / h
Accelerazione 0-100 km / h (s): 4.5
Numero di marce: 5
Peso in ordine di marcia: 820 Kg
Lunghezza: 4090 mm
Larghezza: 1700 mm
Altezza: 1115 mm
Interasse: 2400 mm

foto: Piotr Bieniek
traduzione it: Amelia Cabaj