Genocidi e drammi familiari. Il clima cupo che in questi anni si respira quasi ad ogni latitudine del pianeta è abbondantemente rappresentato dai film in concorso a questa 71^ edizione della Mostra del Cinema.
Oggi vi presento due storie drammatiche e intense, una di grandi dimensioni, il genocidio armeno ad opera dei Turchi e l’altra intensamente familiare legata alla paranoia di una madre ossessiva.
“The cut” di Fatih Akin (vi ricordate il suo film “Soul Kitchen”?), è un film epico vecchio stile, lungo 2 ore e 20 minuti, e con ambientazioni sontuose e costose. Attorno alla figura di Nazareth Manoogian (interpretato da Tahar Rhamin), armeno, padre di due figlie, strappato dalla sua famiglia, si racconta il genocidio del popolo armeno avvenuto durante la prima guerra mondiale ad opera dei Turchi. Nazareth miracolosamente sfuggito al genocidio cercherà dopo la fine del conflitto le figlie, partendo dal deserto della Mesopotamia per arrivare fino al North Dakota. Un ricerca resa facile o difficile a seconda della variegata umanità che incontra sul suo cammino. Un film avventuroso e drammatico che nel raccontare una storia di un secolo fa sembra attualissimo. Se vi piacciono i colossal del genere guardatelo.
Dolore e dramma sono protagonisti anche di “Hungry hearts”, firmato da Saverio Costanzo, secondo film italiano in concorso (ma girato in inglese). Qui il dramma si esprime nella dimensione più privata possibile ovvero il rapporto tra madre e figlio. Jude e Mina si conosco casualmente, si piacciono e mettono al mondo un figlio. La sensibilità preparto di Mina si tramuta in una ossessione possessiva ed egocentrica. Fantasie messianiche sul ruolo che avrebbe il figlio unite ad un veganismo intollerante portano il piccolo alla malnutrizione e ad uno sviluppo ritardato. Il padre Jude per amore di Mina regge fin troppo ai deliri della compagna, cercando di nutrire il bambino di nascosto finchè la situazione precipita ed entra in gioco la madre di Jude. Un film intenso non adatto ai cuori sensibili sul tema della maternità.
A completare il clima cupo che regna nella maggior parte delle trame che vengono presentate quest’anno a Venezia, spendiamo due parole sul film “H.” di Rania Attieh e Daniel Garcia, un’opera che rientra nella sezione Biennale cinema-college, ovvero tra film aiutati da un contributo destinato a progetti da idearsi e svilupparsi in 11 mesi e da presentarsi alla Mostra. Il film con buone capacità stilistiche racconta una storia di cambiamenti ed estraneazioni causate da un evento inspiegabile avvenuto in una sperduta cittadina americana. Protagonisti anziane signore che accudiscono bambole come fossero esseri umani e artisti che confondono emotività, fisicità, arte arrivando ad una finale disintegrazione del senso di vivere.
Che dire, speriamo in un cambio tematico nei prossimi film. A domani!
A questo link una videoclip di “The cut”: http://paolozennaro.com/gazzettaitalia/4654.mp4}