Donne nella ‘Ndrangheta

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Foto: Alina Gamza

 

Nell’ambito della ‘Ndrangheta, l’organizzazione criminale originaria della Calabria, il ruolo delle donne suscita un crescente interesse da parte di studiosi e giornalisti. Nonostante l’immagine tradizionale che spesso le dipinge come figure subordinate o marginali, le donne della ‘Ndrangheta rivestono un ruolo ben più articolato e, talvolta, paradossale, oscillando tra la vittimizzazione e l’attivismo all’interno della struttura criminale.

Uno dei ruoli principali delle donne della ‘Ndrangheta è quello di custodi della cultura e della tradizione familiare. In un sistema patriarcale in cui l’onore della famiglia è al centro di tutto, le donne assumono la responsabilità di educare i figli, inculcando valori di lealtà e odio verso i nemici della cosca. Molti ragazzi vengono cresciuti con l’obbligo morale di vendicare la morte violenta di un parente, spesso un padre ucciso in una faida. A soli 14 anni, questi giovani si trovano a portare sulle spalle il peso di un odio radicato, che li trasforma in strumenti di vendetta. Le figlie, fin da bambine, vengono educate con l’intento di diventare le mogli di membri della ‘Ndrangheta. Per le madri, inculcare questa mentalità rappresenta un modo per garantire la continuità della famiglia e dell’organizzazione, anche a costo di sacrificare l’innocenza dei propri figli.

Vittime del sistema patriarcale

Le donne della ‘Ndrangheta sono spesso vittime di una cultura che le priva di ogni scelta. Spesso costrette a sposare uomini scelti dalla famiglia, molte di loro non hanno la possibilità di amare liberamente. Il controllo patriarcale si estende anche alla loro vita sentimentale dopo la morte o la condanna dei mariti: intraprendere una nuova relazione viene percepito come un tradimento, e ciò molte volte porta alla morte. Un caso emblematico racconta di una madre che, dopo la morte del marito, desidera ricostruire una vita sentimentale. Questo desiderio, percepito come un affronto dai suoi figli, la conduce a una tragica fine: uno dei suoi stessi figli la uccide, alimentando un circolo vizioso di violenza e repressione.

Le donne nella ‘Ndrangheta: custodi, leader e protagoniste silenziose

Ci sono donne che si identificano pienamente con il ruolo assegnato loro dalla ‘Ndrangheta e svolgono funzioni chiave che garantiscono la sopravvivenza e la crescita dell’organizzazione. Spesso gestiscono le finanze familiari, proteggendo i beni dalle confische e investendo le risorse in modo strategico, assicurando così la stabilità del clan. Ricoprono anche il ruolo di “postine”, trasmettendo informazioni tra i detenuti e i membri dell’organizzazione, permettendo la continuazione delle attività criminali nonostante gli arresti. Casi eccezionali, come quello di Maria Serraino o Edyta Kopaczyńska, dimostrano che le donne possono assumere ruoli di leadership, organizzando il traffico di droga, stringendo alleanze e prendendo decisioni strategiche in un mondo dominato dagli uomini.

Le storie di donne ribelli

La lotta per la libertà di Maria Concetta Cacciola

Maria Concetta Cacciola, originaria di Rosarno, un piccolo centro nella Piana di Gioia Tauro, è un esempio tragico di quanto sia difficile spezzare le catene della ‘Ndrangheta. A soli 13 anni, Maria viene costretta a sposare un uomo che non ama, entrando così in un mondo di sofferenze e privazioni. La sua famiglia, legata ai clan della zona, esercita su di lei un controllo oppressivo. Quando decide di collaborare con i magistrati antimafia, inizia un percorso di speranza ma anche di enorme sofferenza. La sua decisione di testimoniare è accompagnata da terribili pressioni psicologiche. La madre, il padre e il fratello la convincono a ritrattare tutto ciò che ha raccontato alle autorità, minacciandola di toglierle i figli e sottoponendola a violenze fisiche e psicologiche. Tutto ciò la porta al limite. Maria, isolata e disperata, si toglie, secondo la famiglia, la vita bevendo acido muriatico il 20 agosto 2011, ma si sospetta che i genitori possano aver versato l’acido, uccidendola.

La ribellione di una madre: Giuseppina Pesce

Giuseppina Pesce, anch’essa proveniente dalla Piana di Gioia Tauro, decide di spezzare il ciclo di violenza per proteggere i suoi figli. Cresciuta in una famiglia di spicco della ‘Ndrangheta, Giuseppina è una delle prime donne a collaborare con la giustizia. La sua testimonianza porta all’arresto di molti membri della sua famiglia e svela i meccanismi interni della cosca. Le pressioni su di lei sono immense: sua madre cerca di convincerla a ritrattare, promettendole protezione e affetto. Tuttavia, Giuseppina rimane ferma nella sua decisione, affrontando la solitudine e il pericolo. La sua storia è una testimonianza di quanto sia difficile, ma possibile, ribellarsi a un sistema così radicato.

Il sacrificio per la giustizia di Lea Garofalo

Lea Garofalo, originaria di Petilia Policastro, un piccolo paese in provincia di Crotone, decide di denunciare le attività criminali della sua famiglia per offrire un futuro migliore alla figlia Denise. Dopo anni di abusi e oppressione dalla parte della propria famiglia, Lea collabora con la giustizia, rivelando informazioni preziose sui clan locali. Nonostante il programma di protezione, Lea viene rapita e uccisa nel 2009 dal suo ex compagno Carlo Cosco e dal fratello Vito. Lea viene brutalmente strangolata da Cosco e subisce numerosi colpi al volto prima che il suo corpo, nascosto in uno scatolone, venga bruciato e distrutto per cancellare ogni traccia. La morte di Lea Garofalo diventa un simbolo della lotta contro la ‘Ndrangheta e della forza delle donne che scelgono di ribellarsi a un destino imposto dalla criminalità organizzata.

Ewelina Pytlarz: la resilienza di una polacca contro l’oppressione della ‘Ndrangheta

Ewelina Pytlarz, una donna di Dąbrowa Tarnowska, è un simbolo di coraggio di fronte alla violenza della ‘Ndrangheta. La donna polacca si ritrova prigioniera subito dopo il matrimonio con Domenico Mancuso, uno sposo inizialmente ideale. Ewelina si rende conto di aver sposato un uomo appartenente a una famiglia calabrese legata alla criminalità organizzata quando si oppone alle azioni del marito. Sottoposta a maltrattamenti fisici e psicologici, Ewelina si trova isolata e indigente, ma la sua determinazione la porta a chiedere aiuto ad Angela Napoli, una attivista contro la ‘Ndrangheta. Nonostante le minacce, racconta ai giudici le aggressioni subite e testimonia con grande coraggio contro la famiglia Mancuso durante il processo. Oggi vive sotto protezione, lontano da un passato di oppressione, portando la sua storia come esempio di resistenza e speranza.

Un Mondo di Contraddizioni

Le donne della ‘Ndrangheta vivono in un mondo di contraddizioni: sono al tempo stesso vittime e protagoniste, custodi della tradizione e della speranza del cambiamento. Esplorare le loro storie significa immergersi in un universo complesso, dove le dinamiche di genere si intrecciano con quelle del potere e del crimine. Questa duplice realtà, intessuta di dolore e coraggio, evidenzia come il ruolo delle donne nella ‘Ndrangheta non possa essere ridotto a un’unica narrativa. Esse rappresentano una chiave di lettura fondamentale per comprendere non solo il funzionamento dell’organizzazione, ma anche le sfide più ampie legate alla giustizia sociale e al cambiamento culturale nel contesto italiano.

Per approfondire il tema, si consiglia di leggere in lingua italiana: “Onora la madre. Storie di ’Ndrangheta al femminile” scritto dalla giornalista Angela Iantosca, “Fimmine ribelli. Come le donne salveranno il paese dalla ’Ndrangheta” dell’autore italiano Lirio Abbate, “Le ’ndranghetiste dell’est. Profili internazionali della mafia calabrese” di Arcangelo Badolati, “Vittime e ribelli – donne di ’ndrangheta da Lea Garofalo a Giuseppina Pesce” di Umberto Ursetta, e il libro di Dina Lauricella “Il codice del disonore. Donne che hanno fatto tremare la ’Ndrangheta”. In versione polacca, è disponibile anche “The Good Mother. The true story of the woman who took on the world’s most powerful mafia”, ovvero “Dobre matki. Prawdziwa historia kobiet, które przeciwstawiły się najpotężniejszej mafii świata” di Alex Perry, che è stato adattato in una serie disponibile sulla piattaforma Disney+. I libri in lingua italiana, inclusi i titoli sopra menzionati, sono per lo più disponibili presso l’Istituto di Cultura Italiana di Cracovia.