Gli Istituti Italiani di Cultura nel mondo svolgono un ruolo fondamentale nella diffusione e promozione della cultura e della lingua del Bel Paese. In Polonia abbiamo la fortuna di averne due di cui quello di Varsavia ha appena accolto la neo direttrice Donatella Baldini a cui chiediamo una panoramica sulle attività dell’Istituto.
Donatella Baldini: Presentare il ruolo degli Istituti in due parole non è semplice, ma si possono sottolineare un paio di punti essenziali: gli Istituti sono parte della amministrazione pubblica italiana, sono uffici all’estero del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, e operano in stretto raccordo con l’Ambasciata di riferimento, mantenendo comunque una loro autonomia di programmazione. Nella loro azione di promozione della cultura italiana gli istituti si pongono come luoghi di incontro, di scambio e riflessione condivisa, prima di tutto con le realtà culturali del paese ospitante. Nel caso di Varsavia, come in quello dell’altro Istituto operante in Polonia, a Cracovia, diretto dal collega e amico Ugo Rufino, con cui la collaborazione è costante e proficua, la sfida è data dalla ricchezza della tradizione di dialogo tra i due paesi, che obbliga a una selezione a volte dolorosa anche tra progetti di grande pregio. L’impostazione bilaterale non è però esclusiva: la vocazione dell’Istituto è l’apertura anche ad altri incroci di civiltà e di culture, basti pensare all’impegno nel cluster EUNIC, che vede i centri culturali di diversi paesi europei coinvolti in iniziative congiunte. È chiaro che il centro dell’attività dell’Istituto riguarda la promozione della cultura italiana, quella storicizzata e quella contemporanea, attraverso iniziative quali mostre, concerti, festival di cinema, conferenze, seminari. In quest’ottica sento la grande responsabilità di offrire una programmazione di qualità, all’altezza degli interlocutori polacchi, non solo della loro profonda conoscenza, ma anche del loro amore per l’Italia e della curiosità per la vita culturale di oggi. In questo compito, spero di poter contare su quella che ritengo una condizione indispensabile per il buon esito delle iniziative, cioè la conferma delle numerose collaborazioni con le istituzioni e i partner locali coinvolti nella passata programmazione dell’Istituto. Nella loro offerta c’è molta attenzione per l’Italia: sono qui da poche settimane, ma ho già notato una diffusa presenza italiana in eventi culturali, soprattutto nella musica che qui è seguitissima grazie a una rete capillare di iniziative sul territorio, ma anche negli altri settori. E sono rimasta davvero ammirata di trovare in tanti interlocutori polacchi incontrati in questi primi giorni un’assoluta padronanza della lingua italiana. D’impulso vorrei subito ricambiare con lo studio del polacco – studiare le lingue per me è passione e piacere – speriamo di averne il tempo!
L’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo e ad ottobre c’è la settimana della lingua italiana, quali iniziative avete in programma?
La promozione linguistica è parte essenziale della promozione culturale: la lingua è una fondamentale chiave d’ingresso in ogni comunità nazionale, ce ne fa comprendere meglio lo sguardo sul mondo. Il grande interesse suscitato dalla lingua italiana è un dato particolarmente significativo in quanto molto spesso riconducibile a motivazioni culturali. L’associazione tra Italia e senso del bello è una delle ragioni che alimenta lo studio della nostra lingua, e penso che questo valga anche in Polonia, dove questa motivazione si va ad aggiungere, rafforzandole, a altre ragioni accademiche e professionali che incoraggiano allo studio della nostra lingua. Per la prossima Settimana della lingua italiana nel mondo l’istituto prevede eventi dedicati all’anniversario dantesco (il 700esimo anno dalla morte, avvenuta nel 1321) che si aggiungono alle bellissime iniziative già realizzate in Polonia, che ho potuto seguire online dall’Italia. In ogni caso, Dante non si può esaurire in un anniversario e continuerà a essere parte della nostra offerta culturale, grazie a iniziative già in cantiere, anche nei prossimi anni.
Quanto è importante promuovere la cultura italiana per rinforzare l’immagine del paese all’estero?
È fondamentale! L’immagine dell’Italia all’estero è inscindibile dall’ammirazione per il suo patrimonio culturale ed è intimamente legata al fascino di città d’arte come Roma, Firenze, Napoli e Venezia e a capolavori artistici, vere e proprie icone del bello, conosciuti e celebrati in tutto il mondo: dalla straordinaria fioritura di opere d’arte nell’epoca dei Comuni e delle Signorie, alle forme di espressione artistica più recenti, come l’opera lirica nell’Ottocento e il cinema o il design nel secolo scorso, l’Italia è nell’immaginario internazionale associata a ideali di armonia e di bellezza, anche nello stile di vita quotidiano. Approfondire la conoscenza sia del passato sia della creatività contemporanea contribuisce senz’altro a valorizzare l’immagine complessiva del nostro paese e ad accrescerne il prestigio sulla scena internazionale. Promuovere la cultura significa condividere esperienze e interessi, ovvero diffondere i valori di cui la nostra cultura è portatrice e al tempo stesso riflettere sulla nostra storia e confrontarsi con i problemi posti dal mondo in cui viviamo. La promozione culturale ha poi un effetto propulsivo per l’intero sistema Italia, ad esempio, ha contribuito a valorizzare alcuni settori come il design, la moda o la viticoltura che si contraddistinguono per i saperi artigianali profondamente radicati nella nostra cultura. Inoltre, una migliore conoscenza della nostra ricchezza culturale può anche favorire un turismo più consapevole, alleggerendo la pressione sulle grandi città e valorizzando il patrimonio diffuso di borghi e località che solo per dimensioni possono esser dette minori.
Tra Italia e Polonia c’è uno speciale legame storico e culturale?
I legami storici, culturali e religiosi tra i due popoli sono da secoli molto stretti; eminenti studiosi li hanno documentati e continuano ad approfondirne le peculiarità. Nel periodo recente, vorrei ricordare prima di tutto la figura di Giovanni Paolo II, che ha sicuramente contribuito a rafforzare l’amicizia tra i due popoli, e sottolineare come la Polonia sia stata negli ultimi decenni del secolo scorso un centro di attenzione in Italia, sia culturale sia politico. Credo che per tanti altri sia stato difficile separare l’interesse con cui si scoprivano i film di Zanussi e di Wajda, il teatro di Grotowski, la poesia di Milosz, dalla trepidazione con cui si seguiva il coraggioso cammino polacco verso la democrazia. E chiudo con un piccolo episodio personale: ero a Milano un paio di settimane fa, e sono andata a Brera approfittando del fatto che la pinacoteca fosse riaperta ma ancora non troppo affollata; lungo la strada ho notato una lapide, posta su un bell’edificio settecentesco, che commemora le legioni del generale Dabrowski che lì ebbero il loro quartier generale, quelle legioni in cui fu concepito l’inno nazionale polacco. Anche senza cercarle, le testimonianze dei legami tra Italia e Polonia si possono trovare a ogni passo!
L’anno prossimo si celebra il bicentenario della morte di Canova, sono già previste delle iniziative?
Con Canova rimaniamo in quel periodo storico appena ricordato, drammatico per l’Italia e ancor più per la Polonia, che però è culturalmente un’epoca ricca di novità, di fermenti. Canova ne è uno dei più celebri interpreti a livello internazionale –la sua fama arrivò fin nell’allora giovane repubblica degli Stati Uniti d’America– ed è una figura che, per il suo rilievo pubblico, invita ad approfondimenti artistici e storici. Anche in considerazione del contesto in cui ha operato, e dell’importanza che il neoclassicismo ebbe anche in Polonia, mi pare molto interessante prevedere iniziative su Canova. Abbiamo già qualche idea, che speriamo di poter presto concretizzare in un preciso programma.
Quali sono le prime impressioni sull’ambiente polacco-italiano di Varsavia?
Nonostante sia a Varsavia da poco tempo sono rimasta colpita dal gran numero di italiani e italiane che hanno scelto di vivere stabilmente qui a Varsavia e dalla diffusa volontà che ho potuto riscontrare di tenere saldi i rapporti con l’Italia. Sono sicura che troveremo il modo di lavorare assieme, anche calibrando una parte della programmazione dell’Istituto sulle esigenze di questa comunità attenta e vivace.
Quali sono le esperienze più interessanti della sua vita lavorativa all’estero?
Prima dell’impegno negli istituti, avevo già lavorato all’estero come lettrice di Italiano nelle università di Reykjavík, Islanda, e di Galway, Irlanda: in Islanda ho avviato il corso di studi in italianistica ed è stato molto bello poter mandare i primi studenti islandesi in scambi Erasmus con università italiane, a Firenze, Genova e Trieste. Adesso a Reykjavík opera stabilmente una cattedra d’italiano. In Irlanda, dove ho vissuto più tempo, ho trovato un ambiente molto vivace e dinamico: la simpatia per l’Italia degli studenti mi ha convinto perfino ad allestire, nonostante gli scarsissimi mezzi, un adattamento de L’uomo nudo e l’uomo in frac di Dario Fo. Specie nei giovani, mi ha anche colpito l’intensità del sentimento di appartenenza europea: è curioso che proprio in un’isola io abbia avuto più forte la sensazione di vivere tra cittadini d’Europa. Negli ultimi due decenni ho lavorato in due tra i più grandi Istituti di cultura all’estero, a Parigi e più recentemente a New York, dove ho collaborato con un direttore, lo scrittore Giorgio van Straten, da cui ho imparato molto, sia nei contenuti sia nel metodo. Non è facile scegliere tra tutti gli eventi che mi hanno coinvolto. La più bella soddisfazione è stata vedere in tante occasioni la risposta appassionata del pubblico: per le conferenze, come quella in cui Salman Rushdie ha ricordato Umberto Eco; per i concerti jazz, come quello di Fabrizio Bosso con il suo quartetto; per le mostre di grafica e illustrazione, e di pittura con straordinari capolavori come il Ritratto di Dante del Bronzino o la Cleopatra morente di Cagnacci. E poi avere l’occasione di dialogare dal vivo con famose personalità della cultura come, ad esempio, Nanni Moretti e Maurizio Pollini.
Stiamo uscendo da un terribile periodo pandemico, ora c’è grande attesa per il ritorno agli eventi in presenza.
Mi auguro veramente d’essere in uscita da questo periodo così faticoso per tutti, e purtroppo doloroso per tanti, di lunghissima emergenza. Grazie alle campagne vaccinali gli aspetti più drammatici della pandemia si stanno riducendo, ma occorre consolidare la coscienza civica e non dimenticare che le misure quotidiane di prevenzione del contagio sono una doverosa forma di rispetto per gli altri. Di questo occorre tener conto anche nella programmazione dell’istituto: siamo davvero felici di ripartire con eventi in presenza, segnatamente la rassegna di cinema contemporaneo al Kino Muranow, ma attenti a rispettare il distanziamento, con l’auspicio di poter gradualmente tornare, dopo la pausa estiva, a forme di presenza più partecipate. Senza dimenticare una lezione della pandemia: la centralità, per la comunicazione, dei canali offerti dagli sviluppi digitali- tecnologici, strumenti oggi imprescindibili per assicurare visibilità alle nostre iniziative.
C’è una linea particolare che seguirà nella programmazione dell’Istituto?
Il compito dell’Istituto è prima di tutto offrire una programmazione equilibrata e articolata in tutte le principali forme di espressione artistica, e questo sarà anche il quadro in cui intendo muovermi, all’interno del quale mi pare interessante offrire ampio spazio alla riflessione sull’Europa, sottolineando la prospettiva storica, per parlare di comuni radici e scambi culturali ma anche per non dimenticare il travaglio del percorso, ancora nel secolo scorso così tragico, che ci ha portato a questo prezioso esito di dialogo, collaborazione, unione.