Novembre, da qualche anno, è il mese in cui si promuove la cultura della cucina italiana nel mondo alla quale è dedicata un’intera settimana su iniziativa del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale nel solco dell’eredità di Expo Milano 2015. L’obiettivo è approfondire: il rapporto fra il cibo e la sostenibilità ambientale, la cultura del cibo, la sicurezza alimentare, il diritto al cibo, l’educazione alimentare, le identità dei territori e la biodiversità.
Pensando al cibo italiano dobbiamo ricordare quali cambiamenti sono stati fatti negli anni grazie al marketing dei prodotti alimentari che, fino al dopoguerra, venivano venduti sfusi. Molte aziende italiane sono diventate famose per l’imballaggio, il confezionamento del cibo sia cotto sia crudo, ricordando come la confezione, oltre ad assicurare la protezione e l’igiene, diventi un prezioso contenitore, funzionale per la grande distribuzione e la stessa esportazione di prodotti che ci hanno resi famosi nel mondo.
Il vero cambiamento è stato portato senza dubbio dall’arrivo della tivù. Nel 1957 difatti ci sono due novità nella quotidianità italiana: la nascita dei primi Supermarket e un programma televisivo che diventò l’appuntamento fisso alla sera per molte famiglie italiane, il Carosello.
Nel dopoguerra, verso la fine degli anni ’50, con il diffondersi della televisione, la pubblicità diventa una delle novità del piccolo schermo, non più limitata a giornali o riviste, bensì trasformata in una serie di cortometraggi con intermezzi musicali. È in quel momento che le aziende legate ai prodotti alimentari come la Barilla, la Pavesi, la Ferrero, la Lavazza credono nella creatività di grafici, fumettisti, artisti, noti o che lo diventeranno perché in grado di ideare un nuovo linguaggio pubblicitario in un cortometraggio innovativo o nel packaging. Si assiste così al rilancio di prodotti fino a quel momento conosciuti ma che grazie alla televisione entrano nell’uso quotidiano di milioni di italiani.
Ci furono anche realtà che adottarono questi innovativi linguaggi, incorporandoli nel proprio logo e marchio, diventando negli anni icone dello stile e della cultura italiana, come Bialetti.
Celebre è il caso de L’Omino coi baffi, creato dal fumettista Paul Campani ed ispirato a Renato Bialetti, titolare dell’azienda succeduto al padre Alfonso Bialetti, inventore dell’iconica Moka Express. La famosa caffettiera, ideata negli anni Trenta del secolo scorso, grazie alla giusta visione della produzione industriale, venne acquistata da milioni di italiani diventando così il simbolo del rito italiano del caffè. Noto era anche lo slogan che L’Omino coi baffi ripeteva: “…sembra facile ma non è; per fare un buon caffè ci vuole la vostra esperienza, la vostra cura e… la Caffettiera Moka Express Bialetti”.
Del resto il caffè per gli italiani è un culto, come il tè per gli inglesi. Per questo anche nei bar e nelle pasticcerie italiane era stata inventata la macchina per fare il caffè che sottolineava l’ingegneria e la ricerca tecnologica di prestazione per rendere la bevanda buona e in pochi minuti. L’azienda La Cimbali che produceva queste macchine già dagli anni Trenta, fu la prima a vincere il Compasso d’Oro grazie al progetto Pitagora disegnato dai fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni. Ancora una volta questi progettisti stupivano con la loro eleganza nel disegno delle linee pulite ed essenziali di un oggetto in acciaio inox, permettendone la riproducibilità in serie.
Un altro importante industriale negli anni Sessanta decise di investire nell’arte per lanciare il suo prodotto nel mondo della pubblicità: Lagostina. Scelse La Linea di Osvaldo Cavandoli, una figura di un piccolo uomo sorridente con un grande naso che cammina su una linea infinita dalla quale prende forma, per raccontare della pentola a pressione, presentata al mercato italiano nel dopoguerra. Era un prodotto, come recitava lo slogan, che enfatizzava per il tipo di cottura i sapori e faceva risparmiare tempo alle casalinghe e alle donne che lavoravano. Questo oggetto, come tanti altri per il mondo alimentare e la cucina, doveva soddisfare le prestazioni per la cottura, la produzione di pietanze prelibate o di buone bevande con un design funzionale ma soprattutto accattivante per l’acquirente.
Così gli oggetti di uso quotidiano per la cucina e la tavolacdiventano belli perché i designer dagli anni Sessanta fino ai giorni nostri vengono chiamati a ridisegnare forme esistenti ma con nuovi materiali come l’acciaio inossidabile, affinchè la pietanza che vi viene servita o la ricetta cucinata diventi preziosa agli occhi dei commensali.
Nel nostro immaginario non possiamo dimenticare i vassoi, i cestini e i portafrutta dell’azienda Alessi, che nelle cene o pranzi della domenica dei nostri nonni facevano diventare l’apparecchiatura ed il servizio della tavola elegante e bello. Questi oggetti per la tavola dal design raffinato che ancora oggi regaliamo ed acquistiamo perché diventati icone di stile nascono dalla sperimentazione e dall’innovazione di un tipo di lavorazione come nel caso della ricerca tecnologica sul filo di metallo piegato condotta dall’Ufficio Tecnico Alessi. Non per nulla questa abilità ha permesso alla stessa azienda di avere successo, continuando a mantenere nel catalogo la famiglia di contenitori per la tavola e la cucina dall’approccio semplice, ma allo stesso tempo contemporaneo.
Altre aziende italiane che nei primi anni del Novecento nacquero con una produzione spesso artigianale iniziarono a produrre in serie nel dopoguerra, grazie alla continua lavorazione di innovativi materiali, mantenendo la lungimiranza di investire sul talento di architetti e designer per creare serie e collezioni per il mondo della tavola e della cucina.
Il design italiano, anche nella settimana dedicata alla cultura del cibo italiano, ricorda il saper fare e la creatività dell’Italia: dall’estro di prepare gustose pietanze per far conoscere in modo diverso gli ingredienti più famosi al mondo all’abilità dell’ideazione e progettazione di semplici stoviglie che riescono a valorizzare sia le ricette pensate da chef stellati sia i piatti del quotidiano.