Detto con parole contemporanee la colomba pasquale è uno spin off, un diversamente panettone utile ad allungare la stagione dei dolci natalizi. La novità era stata sperimentata da Motta negli anni Trenta, ma la consacrazione è datata 1953 e a diffonderla è stata la veronese Melegatti. Il quotidiano di Verona, “L’Arena” scrisse: «Il pandoro viene maritato».
Il pandoro era stato inventato e brevettato da Domenico Melegatti a fine ottocento, aveva depositato il brevetto il 14 ottobre 1894. Il pasticcere veronese aveva denudato, spogliandolo da glassa, mandorle e granella di zucchero, il “nadalin”, ovvero l’antico dolce natalizio tipico della città e, una volta aggiunti uova e burro, permettendogli di lievitare fino a tre volta l’altezza originaria.
Con la colomba torna invece all’antico: l’impasto è più simile a quello tradizionale della focaccia e viene ricoperto con la glassa. La novità è data dalla forma: una specie di volatile, in modo da ricordare la colomba bianca che annuncia la Pasqua e proprio colomba il nuovo dolce viene chiamato. In realtà quello di allungare la stagione produttiva era un po’ un cruccio di tutti i produttori di panettoni e pandori: il picco delle vendite era Natale, per affrontarlo bisognava assumere personale stagionale, ma passate le festività la produzione precipitava. A questo fine la milanese Motta aveva concepito il Buondì: un dolcetto monoporzione, una specie di panettoncino tascabile, che poteva costituire la merendina per i bambini nelle scuole. Anno di nascita del Buondì? 1953, lo stesso della colomba della Melegatti; non è affatto un caso.
La colomba Motta, riprodotta nel 1930 anche in un manifesto pubblicitario del grafico Marcello Dudovich, non sembra aver avuto il successo che poi arriderà a quella della Melegatti, imitata dagli altri produttori.
Pasqua è la festa dei dolci con le uova, alti, soffici; la ragione è molto semplice: le galline in primavera riprendono a fare le uova. Inoltre c’è gran voglia di tornare ai cibi di grasso dopo le privazioni a cui si è stati costretti durante la Quaresima.
Oggi abbiamo completamente perduto il senso di queste stagionalità, anche perché siamo abituati a trovare sempre tutto nei banchi dei supermercati.
I cristiani, invece, possono usare il lievito e quindi il dolce tipico pasquale molto spesso la focaccia, declinata in modo diverso secondo le regioni. A Torino e in Piemonte si prepara una ciambella lievitata e decorata con le ciliegie sotto spirito e sempre una ciambella conclude il pranzo pasquale a Bologna. A Genova si preparano, i cavagnetti, ovvero cestini di pasta che racchiudono un uovo sodo, molto simili alle titole triestine, così come un uovo sodo si può trovare nella scarcella pugliese che viene confezionata a forma di ciambella oppure di treccia. Quella che a Genova si chiama torta pasqualina non è tuttavia un dolce, ma una torta salata che all’interno di un involucro di pasta contiene erbaggi cotti e uova. A Trieste, ma anche nell’Istria croata e slovena nonché nella Stiria austriaca, il dolce tipico pasquale è la pinza, una focacciona ricchissima di burro e uova che si mangia a metà mattina per accompagnare il prosciutto cotto al forno, con senape e rafano fresco grattugiato, mescolando, dolce, salato e piccante. A Firenze e in Toscana il dolce pasquale è lo zuccotto, un semifreddo fatto con pan di Spagna, ricotta, panna e cacao che la leggenda vuole sia stato invenzione di Bernardo Buontalenti, il geniale architetto al servizio della corte dei Medici.
Ad Ascoli Piceno, nelle Marche, a Pasqua si mangia la pizza di formaggio, una focaccia salata fatta col formaggio e le uova, un tempo se ne usavano quaranta, uno per ogni giorno di quaresima e si cominciava impastare e far lievitare un paio di giorni prima. Anche a Roma si consuma per Pasqua un focaccia salata (ma senza formaggio nell’impasto), la pizza cresciuta, ovvero lievitata che accompagna salumi e uova sode. Il dolce pasquale di Napoli, invece, è una meraviglia della pasticceria: la pastiera, una delle eccellenze italiane in assoluto. Nella forma assomiglia a una crostata, ma è ripiena di ricotta e grano cotto nel latte, aromatizzata con cannella e vaniglia. A Salerno la si fa col riso al posto del grano. Il successo di questa bontà dolciaria è stato tale che oggi la pastiera si trova tutto l’anno e non più solo a Pasqua.
A Palermo e in Sicilia la Pasqua è contrassegnata dalla cassata, un dolce di origine araba, ed è fatta con ricotta, frutta candita e glassa, mentre nell’altra grande isola, la Sardegna, a Pasqua si mangiano le formaggelle, ovvero dolci preparati con ricotta o formaggio (dipende dalle zone), uvetta, zafferano e arancio. C’è da dire che molti di questi dolci pasquali, non dappertutto per fortuna, sono stati abbandonati a favore della colomba già confezionata.
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Pillole culinarie è una rubrica di approfondimento sulla storia della cucina curata dal giornalista e scrittore Alessandro Marzo Magno. Dopo essere stato per quasi un decennio il responsabile degli esteri di un settimanale nazionale, si è dedicato alla scrittura di libri di divulgazione storica. Ne ha pubblicati diciassette, uno di questi “Il genio del gusto. Come il mangiare italiano ha conquistato il mondo” ripercorre la storia delle più importanti specialità gastronomiche italiane.