Chili Tv si espande anche in Polonia

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Nell’Europa delle start up con testa a Berlino e distribuzione nelle varie periferie dell’intero, Italia compresa, capita anche un’eccezione. Chili, piattaforma italiana per la distribuzione di film in streaming, ha cominciato un’espansione in quattro Paesi del vecchio continente: in questi giorni in Austria, a fine gennaio in Polonia, entro marzo in due grandi mercati come Germania e Regno Unito.

Per farlo, i sei manager che la gestiscono e il fondo di private equity di Antares di Stefano Romiti hanno acquisito il 30% delle quote che erano ancora in mano a Fastweb, rendendosi così totalmente indipendenti dall’operatore telefonico che aveva lanciato il servizio nel 2012. A luglio lo stesso fondo e il veicolo Investinchili hanno concluso un aumento di capitale di circa 8 milioni di euro finalizzato all’espansione internazionale. «L’obiettivo è andare anche in altri Paesi – commenta a Linkiesta Stefano Parisi, ex ad di Fastweb e Confindustria Digitale e oggi presidente e fondatore di Chili -. Per farlo andremo sul mercato entro il 2016. Stiamo pensando di fare un’Ipo in Borsa per finanziare l’espansione all’estero».

Chili Tv è ancora una realtà relativamente piccola. I clienti attivi, a dicembre 2014, sono circa 400mila e la crescita media mensile è tra i 20 e i 30mila utenti. Per fare un paragone, Netflix negli Usa conta su 40 milioni di abbonati. Il fatturato del 2014, spiega Parisi, sarà di circa 4 milioni di euro, più del doppio del 2013.

L’espansione sul mercato europeo ha proprio lo scopo di diventare grandi. «Il nostro scopo è allargare molto il mercato potenziale – spiega Parisi -. È un mercato che in Europa sta ancora nascendo» e non ha i numeri degli Stati Uniti. «I quattro nuovi Paesi rispetto all’Italia hanno dei tassi di utilizzo di Internet e smart Tv più elevati. In Italia il 70% di chi ha le smart tv le usa come le vecchie tv non connesse, mentre il 45% delle case non ha internet».

Stefano Parisi, Chili tv
Stefano Parisi, presidente e fondatore di Chili

Nei nuovi Paesi, dove la società con sede a Milano andrà con partner locali, «contiamo di raggiungere il break even in 12-18 mesi. Avremo una quota di mercato che non sarà estremamente rilevante ma sarà sufficiente». Questo perché «è un business altamente scalabile e permette l’espansione all’estero pur lasciando gli uffici solo in Italia. Abbiamo assunto nella nostra sede persone che parlano il tedesco e il polacco per l’assistenza ai clienti».

In Austria, Germania e Regno Unito c’è però un problema: al contrario dell’Italia, e della Polonia, Netflix è già arrivata, con il suo catalogo sterminato e gli investimenti commisurati a un fatturato che nel 2013 ha superato i 4,3 miliardi di dollari. In Germania e Austria lo sbarco c’è stato nel settembre 2014, mentre nel Regno Unito nel 2013. La prospettiva di concorrere con un rivale tanto muscoloso non spaventa però Parisi. «Se in Italia ci fosse Netflix – commenta – saremmo contenti. Noi abbiamo dovuto spiegare a tutti i clienti che cosa sia il video streaming. Preferiamo avere il 10% di un mercato grande che l’80% di un mercato piccolo. Rispetto ad altri concorrenti (in Italia i principali sono Infinity e iTunes, oltre al servizio on demand di Sky, ndr) noi siamo più economici, perché non abbiamo abbonamenti fissi, e abbiamo film più recenti». Il catalogo di Chili Tv, aggiunge, è di 5mila film, contro i «circa mille» di iTunes. «Il nodo non è tanto il numero di film ma l’aiuto alla scelta – spiega -. Il valore è che conosciamo il cliente, possiamo proporre dei film congeniali a lui e alla famiglia. I motori di raccomandazione riducono il più possibile l’ansia».

Quello che viene considerato il principale concorrente però in Italia è lo streaming illegale, che ha un valore stimato di 3-400 milioni di euro all’anno. Secondo Parisi l’Agcom (l’Autorità per le comunicazioni) con il nuovo regolamento ha cominciato a chiudere con più efficacia i siti pirata. «C’è però la questione delle finestre: dopo che sono usciti nelle sale, i film per tre mesi non possono essere distribuiti su altre piattaforme: questo è il vero ossigeno per la pirateria. Penso che sia una politica sbagliata».

Infine un ostacolo è il doppio problema della banda larga: è presente in poche case e servirebbe più copertura della banda ultra-larga, perchè «ormai più del 60% della capacità trasmissiva in Italia è coperta da video-streaming». «Dal punto di vista dello sviluppo della banda ultra larga – aggiunge Parisi – siamo indietro, ma possiamo crescere. Ci sono piani industriali già partiti di Telecom, Fastweb e Vodafone». Quanto alla penetrazione così bassa di internet, per il fondatore di Chili Tv «la tv può essere un driver. Le case senza internet sono quelle dove non ci sono i pc. Gli operatori telefonici devono capire che può essere un modo per aumentare la penetrazione e dovrebbero fare offerte specifiche».

Fabrizio Patti – linkiesta.it

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