Biella è conosciuta in tutto il mondo come la “città della lana”, per l’antica lavorazione dei tessuti, risalente già al periodo medievale e che nel periodo dell’industrializzazione, all’inizio dell’Ottocento, ha cominciato la sua massima espansione grazie alle firme di Cerruti, Piacenza, Piana, Sella e Zegna, per citarne solo alcuni. Tra i filati biellesi più pregiati, ricordiamo la lana di cachemire e il “fresco lana”.
La tradizione tessile incarna profondamente l’identità territoriale di questa zona del Piemonte, dominata dalla moltitudine di fabbriche che invadono tutta la provincia, su un itinerario immaginario lungo circa 50 km, conosciuto come “La strada della lana”, un percorso progettato dal DocBi-Centro Studi Biellesi e dal Politecnico di Torino con la finalità di far conoscere il patrimonio architettonico manifatturiero del Biellese dell’Otto-Novecento attraverso i fondovalle e le comunità. Il percorso mostra gli antichi e i moderni lanifici e i sistemi territoriali e sociali ad essi collegati, come i sentieri degli operai creati tra le alture boscose per raggiungere il posto di lavoro, le opere idrauliche di derivazione dai torrenti per fornire le fabbriche e le centraline elettriche, le evidenze urbanistiche, come le case dei villaggi operai, i convitti, gli asili, i complessi ricreativi e dopolavoristici. Dalla fine degli anni ’90 il settore tessile ha cominciato una lenta regressione, cui però, parallelamente, ha seguito la crescita del comparto dedicato al lusso. Attualmente molti degli stabilimenti industriali sono chiusi, ma una parte di questi è stata riutilizzata e trasformata in musei, centri culturali e sportivi.
Il filo conduttore delle principali attività locali è l’acqua: essa, con le sue buone proprietà chimico-fisiche, oltre ad aver svolto una funzione essenziale nell’industria tessile, è famosa per la ricerca artigianale dell’oro nei torrenti Elvo e Cervo, che per secoli hanno attratto cercatori d’oro da tutta Italia e non solo. L’acqua biellese, è senza dubbio l’origine della tradizione alimentare locale, prima tra tutte quella casearia. Il Biellese vanta diversi riconoscimenti per i prodotti locali, come il presidio slow food per il burro della Valle Elvo e per il formaggio Maccagno, ma anche per la Paletta di Coggiola (il prosciutto di spalla di maiale). Altri prodotti tipici sono la Toma biellese e il riso della Baraggia, entrambi protetti dal marchio DOP. A portare il nome di Biella in giro per il mondo sono il marchio di birra Menabrea e quello dell’acqua Lauretana.
Sulla tavola dell’ospite in visita a Biella, non possono mancare polenta concia e bagna cauda, possibilmente non nello stesso pasto, vista la consistenza dei piatti!
La città di Biella ha origini risalenti al periodo paleocristiano: all’epoca, la città sorgeva nella località Biella Piazzo, una zona collinare sovrastante il quartiere Biella Piano. Il borgo vero e proprio nacque nell’882, quando il vescovo Uguccione di Vercelli concedette cospicui privilegi a chi volesse abitarvici, per facilitare la costituzione di un Comune (che avrebbe avuto effettivamente inizio nel 1245) al fine di creare per il vescovado un rifugio sicuro dalle lotte tra ghibellini vercellesi e guelfi biellesi, sfruttando quindi la posizione collinare e protetta del Piazzo. Questo, circondato da mura difensive, si popolò molto rapidamente, divenendo centro della vita culturale e amministrativa di Biella. Nel 1370 Biella cadde sotto la dominazione dei Savoia e nel 1722, con l’occupazione francese, venne elevata a sede vescovile, ponendo fine alla dipendenza spirituale da Vercelli; di conseguenza, vennero aboliti tutti i privilegi feudali sui quali il Piazzo si era sviluppato e le stesse istituzioni civiche, una dopo l’altra, scesero a Biella Piano, la quale vide il suo pieno sviluppo all’indomani del fenomeno dell’industrializzazione, dal 1700 in avanti. Dalla fine del Cinquecento è documentata la presenza di un nucleo ebraico residente al Piazzo, e agli inizi del Settecento, come nel resto del Piemonte, fu istituito il ghetto. Oggi il Piazzo, con il suo borgo medievale, è la parte storica più affascinante della città di Biella, anche grazie ai caratteristici ristoranti di cucina biellese e ai numerosi eventi artistici e teatrali, responsabili della rinascita culturale del quartiere. Questo, è collegato a Biella Piano tramite numerose coste e salite medievali, oltre ad una piccola funicolare, in grado di trasportare fino a 25 persone, che dal 1885, anno di apertura dell’impianto, è diventato uno dei simboli del Piazzo.
Dal 1911 al 1958, dal centro della città partiva un collegamento tramviario verso Oropa, località che nella seconda metà dell’Ottocento ospitava uno dei primi stabilimenti idroterapici in Italia, meta di personaggi illustri come Carducci, D’Annunzio, Marconi, Duse e i principi di Casa Savoia. Ad ogni modo, Oropa è conosciuta più per il suo Santuario, il più importante Santuario mariano delle Alpi, situato a 1200m di altezza. Le sue origini risalgono al IV secolo, per opera di S. Eusebio. In principio, le chiese di S.Maria e di S.Bartolomeo erano un punto di riferimento fondamentale per i viaggiatori che transitavano da est verso la Valle d’Aosta. Nel corso degli anni, il sito ha subito diverse trasformazioni ed è diventato un’importante meta di pellegrinaggi e visite devozionali, in una delle quali aveva preso parte (nel 1989) anche Papa Giovanni Paolo II. Il cuore del Santuario è costituito dalla Basilica Antica, realizzata nel 1600 come adempimento del voto che la Città di Biella fece in seguito all’epidemia di peste del 1599. La Basilica si erge sul punto dove un tempo sorgeva la chiesa di Santa Maria e conserva al suo interno il Sacello eusebiano, contenente la statua della Madonna Nera, simbolo del Santuario di Oropa. Si narra, che S. Eusebio portò con sé la statua dalla Palestina nel IV secolo d.C, mentre fuggiva dalla persecuzione ariana e che la nascose tra le rocce su cui ora sorge la Cappella del Roc.
Per ultimo, vale la pena parlare di un altro luogo di interesse culturale nella provincia di Biella, vale a dire il borgo del Ricetto di Candelo, che recentemente ha ricevuto importanti riconoscimenti, prima dall’ANCI, per il quale dal 2002 fa parte del Club dei Borghi più belli d’Italia e successivamente dal Touring Club Italiano, per cui Candelo è Bandiera Arancione dal 2007. Quella del borgo è una struttura fortificata tardo-medievale (XIII-XIV sec.) realizzata dalla comunità contadina. La sua funzione era proteggere i beni della comunità, quindi i prodotti della terra, primi tra tutti le granaglie e il vino; solo in estremi casi di pericolo, vi si rifugiava anche la popolazione. Il ricetto con la sua pianta pseudo-pentagonale, occupa una superficie di circa 13.000mq ed è circondato da mura difensive costruite con ciottoli di torrente posti a spina di pesce, ai cui angoli garantivano la difesa quattro torri rotonde. L’esclusivo uso contadino del sito, ha garantito una perfetta conservazione del monumento, ad oggi, uno fra i meglio conservati in Europa. Il borgo è stato inoltre oggetto di approfonditi studi, anche da parte di università straniere; Durante l’anno, il borgo ospita numerosi eventi artistici e fiere di vario genere, come l’esposizione-competizione “Candelo in fiore”, o l’evento enogastronomico “Vinincontro al Ricetto”.