Nel XXI secolo c’è ancora spazio per la musica classica nella nostra vita? Agata Igras, flautista talentuosa che da anni insegna flauto presso l’Università della Musica di Varsavia ci parla del ruolo della musica classica nel mondo di oggi e del suo effetto benefico su grandi e piccini. Dà insegnante, con una lunga esperienza, ci indica come incoraggiare i bambini a suonare strumenti e fare musica.
Lei è docente presso l’Università della Musica Fryderyk Chopin di Varsavia. Da dove arriva la sua passione per la musica classica e com’è cominciato il suo percorso musicale?
Vengo da una famiglia senza tradizioni musicali vere e proprie, anche se entrambi i miei genitori hanno orecchio per la musica. Sono stata la prima in famiglia a studiare musica, una scelta arrivata un po’ per caso. Quando avevo 7 anni, durante una vacanza di famiglia in Turchia, ho visto su un maxischermo il videoclip di “Fusion”, che univa in sé la musica classica (Rondò Russo di Saverio Mercadante) e la disco. Mi sono subito innamorata di questa musica e della flautista che la suonava. Canticchiavo continuamente questa melodia. Allora mio papà mi ha comprato ad un mercato locale un flauto di legno da suonare e per riprodurre le melodie che mi piacevano. I miei genitori, avendo notato un particolare talento in me, mi hanno iscritto ad una scuola musicale per testare le mie capacità. L’istruzione musicale vera e propria l’ho cominciata solo nella 4^ classe della scuola elementare, fatto che oggi non succede quasi più perché i bambini iniziano ad imparare da quando hanno 6 anni e quindi ho dovuto recuperare i primi anni del percorso scolastico. Poi, durante i miei studi, presso la stessa università dove oggi insegno, mi sono resa conto che il mio desiderio era quello di insegnare. Sono quindi molto felice che l’università mi abbia offerto un ruolo di insegnare qui. Ormai lavoro all’università da 12 anni, da qualche tempo insegno anche in una mia classe. Oltre a suonare uno strumento, insegnare e sostenere la crescita dei giovani la musica è anche la mia grande passione e quindi adoro questo lavoro.
Per lei al primo posto c’è sempre stato il flauto o ha avuto qualche dubbio riguardo la scelta dello strumento?
Se dovessi cominciare la mia formazione musicale da capo, forse sceglierei uno strumento armonico, per esempio il violoncello, ma non ho rimpianti sulla scelta del flauto. È stato amore a prima vista, anzi a primo suono. Amo tantissimi strumenti quali violoncello e arpa, ma il flauto è da sempre quello che sento più vicino.
Lei ha studiato anche nei Paesi Bassi, ha collaborato con flautisti e compositori di tutto il mondo. Qual è, secondo lei, il ruolo della musica nella cooperazione e comunicazione interculturale?
La musica è un linguaggio universale, capace di superare le diversità, culturali e non solo. Grazie alla musica è molto più facile parlare di diverse culture, scambiare esperienze e dare contributi nella produzione artistica. La musica classica è davvero piena di elementi provenienti da diversi paesi fatto che, per noi musicisti, è molto educativo e ci permette di condividere conoscenze e scoprire diverse tradizioni e usanze.
Ha un compositore italiano preferito? Qual è, secondo lei, l’elemento più importante per quanto riguarda l’impatto italiano sul patrimonio musicale dell’Europa?
Le composizioni italiane per il flauto provengono soprattutto dal barocco e dal primo romanticismo: Saverio Mercadante realizzò le sue composizioni a cavallo tra il romanticismo e il classicismo. Oltre a Mercadante dobbiamo menzionare Antonio Vivaldi, compositore di innumerevoli concerti per flauto, il cui contributo è assolutamente inestimabile. Il mio compositore italiano preferito è però l’operista Giacomo Puccini. Per me l’Italia vuol dire soprattutto opera. Se dovessi fare qualcos’altro nella vita, sarei una cantante d’opera e non una strumentista. Ecco quant’è grande il mio amore per l’opera. Amo la musica di Puccini, la sua ricchezza espressiva, tonale, le armonie senza precedenti. Le sue composizioni sono una fonte dell’ispirazione infinita. E proprio tra le composizioni per l’opera, soprattutto tra le composizioni italiane, ritroviamo bellissime parti per il flauto. Verdi e Puccini, due compositori importantissimi per la storia dell’opera, ebbero una grande influenza nello sviluppo della musica classica in termini di armonia e tonalità. Le composizioni per il flauto negli anni seguenti attinsero molto a questa tradizione. Le melodie composte da Puccini non hanno eguali nella storia dell’opera e dell’orchestra sinfonica in generale.
Torniamo al tema dell’istruzione. Come sappiamo, la musica ha un enorme impatto sullo sviluppo dei bambini. Secondo lei, cos’è importante nella formazione primaria dei più giovani?
La gioia. Ritengo che sia la gioia la cosa più importante, perché grazie ad essa imparare a suonare uno strumento non è più un obbligo, ma diventa un piacere. Suonare un flauto dolce nella scuola elementare è associato a stress e sofferenza, invece questo processo dovrebbe essere un piacere. Suonando possiamo aprirci e trasmettere emozioni positive. Dunque, la cosa più importante è incoraggiare i bambini, fargli vedere che la musica può dargli gioia e in questo modo renderli sempre più interessati e curiosi. Se attiriamo la loro attenzione c’è la possibilità che che restino coinvolti, che gli venga voglia di cantare, ballare, suonare, di toccare uno strumento, strimpellare un po’… Non si sa mai che cosa succede dopo, ma queste attività hanno un’enorme effetto benefico sullo sviluppo del cervello e sulla coordinazione psicomotoria. Si dice che la musica addolcisca i costumi, che è vero, ma secondo me anche calma i nervi. Ci permette di dare libero sfogo alle emozioni, il che è fondamentale per la salute mentale. Oggi bambini e adolescenti fissando gli schermi si staccano dal mondo esterno, dai coetanei, ma anche da se stessi. Tramite la musica posso riprendere contatto con le loro emozioni, guardare dentro se stessi ed esprimersi. Avvicinando i miei figli alla musica già da bambini, ho visto con i miei occhi l’impatto positivo della musica, anche sul loro inconscio. La musica può calmare, stimolare, insomma evocare diverse reazioni e alleviare il disagio. Proprio su queste proprietà si basa la musicoterapia.
Ai primi di marzo ha partecipato ad una conferenza stampa dedicata al flauto re.corder, di cui abbiamo parlato nel numero 90 di Gazzetta Italia. Che cosa L’ha spinta a partecipare a questo progetto?
Prima cosa: sono molto felice che gli ideatori di questo progetto si siano rivolti proprio a me. Devo ammettere che sono rimasta stupita da questo strumento per le sue numerosissime funzionalità e sostengo questo progetto pienamente. Penso che il re.corder possa essere usato in tanti ambiti diversi. E la convinzione delle possibilità di sfruttare le sue modalità nella scuola, nella musicoterapia, ma anche lavorando con le persone con disabilità o con persone anziane mi fa credere ancora di più in questo progetto. Mi auguro davvero che fra poco sia uno strumento ben conosciuto e diffuso.
Lei ha suonato il flauto re.corder? Come descriverebbe questa esperienza?
Sì, l’ho suonato, ovviamente. Suonare il re.corder è qualcosa di completamente diverso dal modo tradizionale di suonare il flauto e richiede di adottare alcune nuove tecniche, ma la quantità di suoni che può emettere è davvero straordinaria. Il re.corder si suona normalmente soffiando, ma anche solo toccando i fori. Per me è molto importante il fatto che questo strumento imposta automaticamente l’intonazione e dunque ogni persona che lo suona, anche se non ha un ottimo orecchio musicale, può emettere suoni piacevoli e chiari. Anche quando vogliamo suonare in duetto e suoniamo due note diverse, possiamo essere sicuri che queste note siano compatibili. Questa modalità è tremendamente importante, in quanto rende più facile suonare ai piccoli bambini e li incoraggia ad entrare nel mondo della musica. Pensiamo ad una classe piena di bambini: proviamo a creare una piccola orchestra con i loro strumenti e possono immediatamente capire cosa vuol dire formare un coro di suoni e quanto sia magica questa esperienza, sia per il corpo sia per la psiche. Purtroppo è molto difficile (o quasi impossibile) evocare emozioni positive quando un grande gruppo di bambini che hanno appena cominciato la loro avventura con la musica prova a suonare i normali flauti dolci. Secondo me il re.corder verrà usato soprattutto come strumento di primo approccio con la musica, un primo contatto del tutto positivo. E speriamo che questo tipo di esperienza positiva incoraggi poi i bambini a suonare altri strumenti, magati il violino o il violoncello. Ai bambini sicuramente piacerà la possibilità di creare composizioni complicate con l’uso delle funzioni avanzate del re.corder in modo accessibile a tutti.