È stato come a Genova: una catena di eventi si susseguiva nella memoria all’infinito, proprio come le pianure dell’Emilia-Romagna e del Veneto. Non volevo visitare IL balcone solo per dispetto, volevo dimenticare tutti i balconi. A dire la verità, la mia meta era l’altare di San Zeno, lo scopo era di seguire il geniale Mantegna, un’artista così legato a questa regione e dintorni. Proprio lì, in una vetrina di una pasticceria, mi ha sorpreso la “torta Russa”, splendida, tipica della zona, che alla fine non ho assaggiato… Ma sembrava più attraente e più dolce del mito shakespeariano della città.
Non potevo però dimenticare i balconi. In Piazza delle Erbe a Verona i balconi sono magnificamente fioriti, formando delle ghirlande favolose che Mantegna non dimenticò di includere nel suo altare meraviglioso a San Zeno. Pensavo alle parole con cui Muratov descrisse la città e questa piazza: “la mattina dell’estate brilla qui sul pavimento bagnato, nei flussi dell’acqua cristallina della fontana, nei colori della frutta e della verdura, che profumano di terra e di giardino sotto gli ombrelloni della bancarella”. Ho sempre voluto vederlo e così me lo ricordo. Verona fa parte del Veneto e ogni dubbio riguardante l’appartenenza storica lo dissipa il Leone di San Marco, esposto su ogni edificio di questa piccola, ma piuttosto benestante città che in certi luoghi ricorda un paesino di provincia.
Sono arrivato a Verona direttamente dal Lago di Garda con un pullman che avevo trovato miracolosamente ad una stazione di Sirmione. Il posto in cui sono arrivato sembrava completamente diverso, alterato dalle acque dell’Adige. A proposito, è sorprendente la vivacità, audacia e ampiezza dello scorrere di quel fiume alpino. La Città Antica è infatti un promontorio che da Porta Nuova e Porta Palio (metà XVI secolo, realizzata da Michele Sanmichele), attraversa il quartiere Cittadella, fino al Ponte Pietra, e raccoglie in sé tutte le ricchezze veronesi. La Basilica di cui ho parlato è situata nel quartiere del padrone della città, san Zeno, ed è un esempio dell’architettura dell’Italia settentrionale del XII secolo: portici e campanili con righe impressionanti di pietra e mattoni sulle mura. L’opera di Andrea Mantegna è la prima dossale rinascimentale di questo tipo. La composizione scultorea si mescola con la decorazione pittorica, formando un tutto complementare, basta solo notare le colonne che danno l’impressione che la scena nel portico sia più spaziosa e reale: la Sacra Conversazione che coinvolge anche il patrono della chiesa, san Zeno, che sta lì, con capelli neri corvini, barbuto, tenendo orgogliosamente un pastorale. Vale la pena dare un’occhiata ai dipinti sulla predella: sono copie di quelli rubati da francesi nel 1797. I dipinti originali sono esposti al Louvre a Parigi e al museo di Tours. Si può dire che sia stata una sorta di punizione da parte di Napoleone per l’opposizione degli abitanti (non solo nella città di cui parliamo) contro l’invasore francese.
Passeggiando da San Zeno Maggiore lungo l’Adige raggiungiamo il Museo di Castelvecchio, testimone del regno degli Scaligeri. Il periodo del massimo potere della dinastia scaligera fu il XIV secolo e il regno di Cangrande II Della Scala, che però non superò mai lo splendore dei Visconti o dei d’Este, nonostante le sue grandi ambizioni, soprattutto per quanto riguardava l’unificazione dell’Italia quando era all’apice del suo potere. A questo proposito viene richiamato spesso Dante, un ospite frequente della corte. Prendendo in considerazione le questioni pratiche e non quelle umanistiche il Signore di Verona aveva l’abitudine di invitare alla corte personaggi di ogni tipo che erano stati esiliati dalle loro patrie e il grande poeta fiorentino probabilmente vi si sentiva come un estraneo. La pietra tombale di Cangrande Della Scala in centro della città, vicino alla Piazza dei Signori, con le sue torri gotiche, è una delle tracce più interessanti del legame degli scaligeri con la patria veronese. A Castelvecchio invece si sente non solo lo spirito dei vecchi tempi, ma anche il profumo di vernice e legno perché proprio qui viene esposta una collezione notevole d’arte, circondata dalle stanze decorate meravigliosamente, ma con modestia. Se vogliamo visitare Venezia, già qui troveremo un pezzo di questa città, nelle pitture di Veronese, Bellini o Tintoretto. Degne di nota sono le opere di artisti veronesi quali Stefano di Verona e Pisanello. Quest’ultimo merita un commento più lungo: tracce della produzione artistica di uno degli artisti italiani più noti (un medaglista) si possono ritrovare in tutta Verona. In primo luogo bisogna visitare la chiesa di Santa Anastasia. In alto, sopra l’arcata della navata destra, possiamo ammirare “San Giorgio e la principessa” con il protagonista che sta per partire. L’immagine è piena di dettagli del lignaggio della corte che l’artista incontrò durante i suoi viaggi artistici, ospitato da grandi signori. Un’esperienza simile la troviamo nella chiesa San Fermo Maggiore, nella scena dell’Annunciazione, con un ruvido angelo “gotico”, illuminato da un raggio misterioso.
Un’altra cosa che cattura lo sguardo durante le passeggiate è certamente il patrimonio antico della città. La struttura più rappresentativa è l’anfiteatro dell’Arena di Verona del I sec d.C., utilizzato fino ad oggi come palcoscenico di spettacoli prestigiosi, che ospita sia pop star sia l’opera. La Piazza Brà e i suoi dintorni sono un punto d’incontro all’aperto, un po’ caotico. La vista della vicina sede del Comune di Verona nello stile neoclassico e delle conifere che le stanno intorno mi ricordava (forse è assurdo)… la Lituania. Da nostri vicini dell’Est non si vedono però le magnifiche antichità che si trovano dietro ogni angolo veronese. Oltre alla costruzione ispirata dal Colosseo di cui abbiamo già parlato, vale la pena visitare anche l’Arco dei Gavi o la Porta Borsari che appare dal nulla davanti a noi. Mi ha impressionato molto la Porta Leoni, poco appariscente, ma perfettamente “integrata” in un edificio moderno. L’architettura moderna di Sanmichele è una bellissima continuazione di questa tradizione.
Nell’aria di Verona c’è qualcosa che incoraggia drammi amorosi, scontri politici, magari è la piattezza del terreno, catturata al meglio in una piccola piazza poco caratteristica, la piazza di S. Pietro Incarnario. Il carattere italiano è sempre in cerca di euforia, estasi, ma qui geograficamente parlando non ci sono tante emozioni e quindi forse è bene che Shakespeare ci abbia messo un po’ di pepe, inventando una trama così tragica. Verona è una città veramente splendida, nella quale uno potrebbe abitarvi a lungo mesi e che ho imparato ad apprezzare sul posto. Le sere d’estate con i concerti e i balli fino a tardi in una delle piazze più grandi della città. Le bellezze artistiche di tutte le epoche, dall’Antichità, attraverso l’oscurità del Medioevo, fino alla Modernità, che sembrano sospese nell’aria sopra un bicchiere di vino rosso Valpolicella, un po’ aspro come le mura medievali, ma buonissimo, hanno segnato i miei migliori ricordi.
foto: Dawid Dziedziczak
traduzione it: Justyna Bryłka