Aspettando la prima visione dell’ultimo film di Nanni Moretti, Habemus Papam, con curiosità immaginavo quali reazioni avrebbe suscitato in Polonia. Ero convinta che il regista de La stanza del figlio e de Il Caimano non mi deludesse, sapevo però che l’intenzione di Moretti avrebbe potuto essere mal interpretata dal pubblico polacco. Moretti – recentemente tornato sotto le luci della ribalta mondiale come presidente della giuria del Festival del Cinema di Cannes – è un regista controverso, lo si può amare o odiare. In più, il tema che ha deciso di affrontare nel film ha fatto sì che il pubblico polacco si dividesse. Per qualcuno il film è anticlericale e deridente il grande polacco, Giovanni Paolo II, altri invece hanno accolto il film con calore, considerando che è la storia di un uomo a cui capita di dover assumere una grande responsabilità che sente essere più grande di lui. Nanni Moretti ha affrontato il tema, come in tutti i suoi film, con distanza e arguzia. È difficile però che lo spettatore medio capisca l’idea del regista. Infatti non è facile interpretare le sue opere cinematografiche, sempre piene di metafore e simbologie. Prima di guardare un film di Moretti forse è meglio conoscere la figura di questo regista complicato e straordinario, che produce vero cinema d’autore. Come ammette lui stesso, Moretti cerca sempre di fare lo stesso film, ma di farlo ogni volta meglio. Conferendo ai protagonisti i suoi tratti di carattere, il regista combatte le proprie debolezze e deridendole crea qualcosa simile alla psicoanalisi. I motivi che ricorrono in tutti i suoi film, la politica, lo sport, l’infanzia, le manie e le ossessioni della psiche umana, confermano questa tesi. Tornando però a Habemus Papam, Moretti vi ha usato alcune riprese, che hanno come obiettivo verificare, se si percepisce l’opera filmica in modo realistico oppure simbolico. Il gioco inizia già dal titolo: “Abbiamo il papa”. Solo alla fine si rileva che per tutto il film Moretti ha bluffato, facendoci seguire la figura di un uomo normale, come tutti noi, che deve prendere una decisione molto difficile. Il protagonista, interpretato da Michel Piccoli (dall’aspetto molto simile a Giovanni Paolo II) si sottopone a sedute di psicoanalisi, per capire sé stesso, le sue angosce e i suoi desideri. Emerge che le emozioni represse nell’animo e la sua vera natura non sono adatte a fargli ricoprire l’incarico cui è stato chiamato. Il regista sottolinea la nostra umanità, la possibilità di fermarci e ripensare alla nostra vita. Moretti tocca una questione delicata, un uomo che preferisce essere attore invece che Papa. Non si deve però essere troppo severi verso il protagonista attraverso la cui figura Moretti ci ricorda che ogni nostra decisione deve essere saggia e in accordo con la nostra coscienza, questo è il vero messaggio del film.