Scena Quinta: FEDERICO BAROCCI.
Urbino 1603. La bottega di Federico Barocci.
MUSICISTA: (Fuori scena, emette un suono con uno strumento)
BAROCCI: Perché sono fuggito da Roma e mi sono ritirato nella mia Urbino? (Gridando) Perché le strade di Roma son divenute così insicure, con tutti quei lazzaroni, plebe di campagna, che i viaggiatori sono invitati dalle autorità a dare la borsa in custodia ai banchieri. E a girare di notte per i vicoli non c’è da stare affatto tranquilli. Pefino il Papa, nelle cerimonie, prima di bere dal calice, deve servirsi della fistola, della storta. Ma soprattutto, mi sono ritirato nella mia Urbino, perché a Roma mi hanno avvelenato… il corpo, la mente, il sangue!
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: (Al centro della scena) E ora tutti mi vengono a dire che sono malato, perché, secondo loro, io starei vivendo il mio corpo come un luogo insidioso, inabitabile. Tutti bravi a dire! Io sto male, in conseguenza di quel subdolo ed infame avvelenamento. Altro che! (Pausa) Qui almeno io abito il mio corpo, nel senso che mi sento a casa! Soltanto qui, nella mia città, mi sento tranquillo, accolto da me, dentro di me, in uno spazio che mi riconosce e mi contiene. E ciò mi permette di sperimentarmi in un benessere che caratterizza la mia esistenza, il mio stare al mondo.
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: Io sono figlio e nipote di incisori e scultori. Ed anche se ho studiato l’arte del
mio conterraneo Raffaello e ho avuto rapporti con Michelangelo, col Vasari e con gli Zuccari, per me è stata determinante l’arte del mio vero ed unico maestro: Correggio. Infatti ho tradotto, in composizioni spesso teatrali, la grazia e la vivacità dei colori, proprie del pittore emiliano piuttosto che quella tragica ‘terribilità’ di Michelangelo. E poi, seppur col mio spirito cristiano, io non ho rappresentato e non rappresento in modo aulico i fasti della Chiesa, anche se tra i miei committenti c’è stato anche il papa, ma io ho inteso e intendo toccare direttamente l’animo dei fedeli, suscitando in loro una commozione tale che poi spesso ho visto e vedo tramutarsi in devozione.
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: (Al centro della scena) Checché se ne dica, non sto certo vivendo, al pari di taluni, la malattia come scelta di vita. Lo sa bene Lìlio, l’allievo che m’è stato sempre vicino! Se ora sento dolore allo stomaco e ieri alla testa, ripeto, è perché sono stato avvelenato. Invece giù tutti a sentenziare: “Il tuo isolamento ti sta portando progressivamente a sentirti turbato, quasi paralizzato in una situazione che prima o poi ti apparirà senza uscita. Se continui a vivere in quest’isolamento finirà che non potrai più vivere la tua vita. E sopraggiungerà lo sconforto quando t’accorgerai di non farcela più a vivere. E allora ti succederà di incominciare a bere per cercare d’alleviare il dolore e la disperazione. E così di fojetta in fojetta vedrai sparire anche quei pochi scudi d’oro che ti rimangono” .
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: Invece, a dispetto di tutti, io son qui che creo. E poi sono anche ritrattista, disegnatore ed incisore di acqueforti. E la mia vita è colorata. E i miei colori sono il rosa e l’azzurro del cielo, il colore delle arance, il grigio delle pietre umbre, il rosso ocra delle terre di Siena. Ho abbandonato Roma con dolore, non crediate! La Roma a me cara per la presenza di Caravaggio, del Cardinale Cesare Baronio, del Cavalier Marino, di Filippo Neri, del Cavalier D’Arpino di fra’ Deo Gratias, di Rubens, di Pomarancio. Per Pippo Bono ho dipinto una ‘Presentazione di Maria al Tempio’, per gli Oratoriani una ‘Visitazione’. Ma andate ad osservare la mia ‘Deposizione’, il mio ‘Trasporto di Cristo al sepolcro’, tutta la mia opera! Io dipingo in modo tale che lo spettatore che si avvicini ad un mio dipinto deve essere subito catturato come in una rete di affetti, di stati d’animo, di occhiate, tutte espressioni che voglio invitino a partecipare emotivamente a quel momento che io ho fissato sulla tela. Ogni mia opera ha sempre visto la luce dopo un lunghissimo e sofferto arco di tempo, caratterizzato da ripensamenti e impaginazioni compositive diversificate, perché io ho sempre cercato di raggiungere il modo più adeguato per aderire più intimamente all’essenza delle cose o dei momenti. Le mie figure devono sembrare animate dal di dentro come da un vortice di vento che arriva a scuotere i panneggi. E i miei guizzi luminosi contro cieli cupi devono apparire come riverberi della tempesta mentale dei miei personaggi.
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: (Al centro della scena) Ma ora lasciatemi stare! Lasciatemi solo! Dico anche a voi! (Indica il pubblico) Ricordate che noi tutti siamo in balia del Male. È lui che governa il mondo, che non ci consente di scegliere di nascere, che non ci consente, o quasi, di scegliere di ammalarci o di morire. Egli peraltro ci costringe ad essere spesso suoi strumenti: quando ad esempio minacciamo, aggrediamo o uccidiamo. Anche la natura è al servizio del Male. Guardate le sue catastrofi, le sue carestie, le sue epidemie. A volte mi vien da pensare che hanno ragione quelli della Riforma quando asseriscono che l’uomo in un certo senso nasce già predestinato. Sono la Predestinazione e la Grazia che tolgono all’uomo il libero arbitrio!
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: Se io dico queste cose è perché conosco il „vero”. Certo il mio „vero”, sia nella vita che nella pittura, è il mio „vero”, come il mio temperamento lo sente. Io, infatti, nella vita e nella pittura, sono un artista raffinato e sensibile, ma sono anche uno attento a tutto e a tutti. Sulle mie tele, come ho già detto prima, creo effetti particolari di luci, di forme evanescenti e sfaldate, di colori pastosi e leggeri, però prediligo le composizioni festose e adorne, nell’abbondanza di drappi e svolazzi, ma soprattutto amo creare composizioni affollate di persone e animali. Sì, di animali …, anime pure!
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: (Mentre lascia la scena per uscire) Certo, la vita stanca! Col passar del tempo la vita, di per sé, stanca chiunque. Scopriamo peraltro che la nostra vita sta volgendo al termine proprio quando sentiamo sopraggiunge questa stanchezza. Un po’ come quando avvertiamo la presenza del nostro cuore, che allora ci si accorge di avere quell’organo malato o quando incominciamo ad aver paura d’aver paura, che si prende coscienza d’aver perduta la serenità. Di questo ed altro ancora ne sa certamente qualcosa quel sant’uomo di Cesare Baronio che ha davanti agli occhi ogni momento la morte. Se non avesse la Fede a rigenerarlo, a ricrearlo… . Eppure, malgrado il mio egoismo di certi momenti, dettato dalla difesa al mio malessere , io sento che il Cardinal Baronio è con me, è dalla mia parte. Ho saputo che sovente egli è in meditazione davanti alle mie tele in Santa Maria in Vallicella, non crediate! Assieme a quell’anima santa di Pippo Bono (Pausa). Loro, tutti e due, sì che sono dalla mia parte!
MUSICISTA: (Accenna un suono)
BAROCCI: Pippo Bono. Sì, Padre Filippo Neri! Ecco perché, prima di lasciare Roma, ho scelto di dipingere in suo onore, un’edicola proprio accanto alla sua antica Chiesa di San Girolamo della Carità, un medaglione da sospendere sullo spigolo del palazzo lì accanto, sorretto da due putti, con dentro una miniatura a tempera, dipinta su una lastra d’ardesia, che rappresentasse “Lui che si china a baciare il piedino del Bambino Gesù sotto lo sguardo dolcissimo della Madonna” . Ecco … (Esce di scena)