Intreccio di amicizia e amore (Parte 1)

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Joanna Ewa Janusz

Mi trovavo quell’estate, come tutti gli anni, in vacanze in un posto al sud della Polonia sul lago Ro?nowskie vicino a Nowy S?cz, nome difficile da pronunciare “Zbyszyce”, un posto però che ha segnato il percorso di tutta la mia vita. Com’è abitudine nella mia famiglia, allora ancora composta di tre figli adolescenti, due fratelli ed io, stavamo prendendo il caffè quando dalle finestre vediamo entrare nel cortile della parrocchia 4 persone, di cui tre erano vestiti da “stranieri” con un prete polacco che avevamo conosciuto anni or sono. Mio papà entusiasta alla vista degli ospiti, si affaccia dalla finestra della casa parrocchiale e guardando le scarpe degli arrivati, indovina immediatamente la loro provenienza, salutandoli con un italiano perfetto: “Benvenuti Italiani”. Tutti quanti rimangono sorpresi dalla accoglienza fatta in italiano e si fermano sbalorditi. Ci affrettiamo per capire il motivo della visita e il prete ci fa capire che i suoi amici si trovano in Polonia per cercare le orme del lontano antenato della signora Mariadele. La conversazione si fa sempre più animata tra mio papà e Aroldo, il marito della signora, come se i due si conoscessero da sempre. Tutti quanti per fortuna parliamo qualche lingua straniera e cerchiamo di fornire più informazioni possibili sul posto dove ci troviamo. Non posso dimenticare e non ricordare il caro prete Jan che a tutti costi voleva dare le spiegazioni sulla chiesa sia in italiano che in latino con qualche parola in inglese. Pian piano ci incamminavamo verso la chiesetta antica di stile barocco e non smettevamo di chiacchierare con delle persone meravigliose con una grande conoscenza della storia del mio paese. Essendo anche mio papà appassionato di storia, la scintilla di reciproca intesa tra i due scatta a tal punto da scambiarsi gli indirizzi per poi far evolvere il nostro incontro casuale di Zbyszyce in un qualcosa che durerà nei tempi. Il tempo scorre come in una favola con un lieto fine ma più che fine l’inizio di una amicizia profonda. Meno male che ho il papà che ama tenere la corrispondenza, un romantico polacco, oserei dire. Non solo un medico ma un poeta di passione con un grande amore per la storia del suo paese. Così dopo un anno di scambio regolare di corrispondenza con Aroldo che ci lasciava senza parole ogni volta che ci scriveva le sue lettere (poi scopriremo che Aroldo a parte essere un professore, è anche uno scrittore), progettiamo il primo viaggio a Lecco da un invito così caloroso dei nostri amici italiani.

Preparativi su preparativi e l’emozione di conoscere tutta la famiglia degli amici di Lecco. Erano ancora tempi bui in Polonia dopo il crollo del muro di Berlino ma siamo ottimisti nell’attraversare le frontiere. Intanto i mesi passano e arriva il fatidico giorno di agosto in cui saliamo in una macchina piena di bagagli e partiamo. La strada è stata tracciata da mia mamma molti mesi prima che pensava sarebbe stata la via più breve e più sicura per arrivare a Lecco, compresa la consulenza addirittura di un ex soldato che aveva fatto nel passato tanti viaggi.

Le prime ore di viaggio scorrono come niente fosse senza troppi problemi alle frontiere, tranne qualche controllo di routine, ahimè, e pensiamo di pernottare in un paesino austriaco non lontano dalla frontiera con l’Italia, ormai vicina. Tutto ci sembra irreale sia a noi adolescenti, usciti per la prima volta dai confini della Polonia, che ai miei genitori con mia mamma super autista e mio padre preoccupato. Arrivati sul posto, verso le ore serali, troviamo un motel dotato di tutti comfort e piscina con un splendido paesaggio montuoso in campagna in stile “bavarese”. Dormiamo esausti dopo la prima tappa del viaggio e emozionati  al pensiero di rivedere il giorno dopo tutta la famiglia di Mariadele e Aroldo.

Al mattino seguente, dopo una buonissima colazione, ripartiamo ormai fiduciosi nella fine imminente del viaggio. Purtroppo all’arrivare ai piedi del Passo dello Stelvio, il buon umore all’improvviso svanisce e tanta paura ci assale a vedere la cima e la strada montuosa che si snoda fino alla fine della cima lontana e irraggiungibile. Mio papà ci impauriamo e vogliamo rinunciare, mentre mia mamma ottimista di natura con i miei fratelli non si arrendono e andiamo avanti. Guardiamo in alto ma la strada sembra non avere fine. Vediamo gli altri autisti tranquilli. Con la nostra Audi grande viaggiamo sulle curve piccole di un passo, uno dei più alti in Europa. Ci stiamo rendendo conto che la via scelta con grande cura sulla cartina analizzata da tante persone sembra non sia stata interepretata correttamente. A fatica arriviamo in cima ma non è finita. Sentiamo il fresco della montagna con l’immagine indimenticabile del posto infernale ma bello. Iniziamo a scendere poco alla volta, sollevati, quando all’improvviso i freni della nostra Audi smettono di reggere. Sento la brusca frenata di mia madre e il suo rifiuto, per la prima volta, di procedere. La Provvidenza che ci guidava nel corso di tutto il nostro viaggio non ci fa rimanere a piedi, neanche ci accorgiamo e c’è una famiglia italiana che prende l’iniziativa. Il marito determinato sale sulla nostra macchina ed accompagna mio padre e i miei fratelli quasi fino a Bormio, mentre io e mia madre saliamo sulla macchina dei nostri soccorritori guidata da una coraggiosa signora. La signora ci fa capire che la tecnica per scendere dalla montagna esiste e non bisogna lasciarsi prendere dal panico.

Arriviamo a Bormio di notte, non manca molto a Lecco. Avvisati della nostra avventura i nostri amici lecchesi, ripartiamo. Tante gallerie ci accompagnano fino a Lecco. L’aria tiepida ci fa capire che siamo di nuovo in pianura. Arriviamo a Lecco alle 2 di notte ed i nostri amici, nonostante l’ora, ci attendono svegli a braccia aperte. Che bello vedere Lecco alla luce dei lampioni e la gente serena che cammina sul lungo lago che a vederci, gridano amichevolmente: Ciao Polacchi, Papa Wojty?a, “Solidarno?? evviva”. Che accoglienza dopo le vicissitudini sullo Stelvio. Ancora un momento e siamo in via Roma dai nostri cari che svegli nella notte vogliono darci un benvenuto caloroso. Mariadele con la cena pronta ma io emozionata non riesco mangiare, tutto sembra incredibile. Di notte non chiudo occhio. L’afa per noi sconosciuta ci impedisce a dormire. Un caldo che non abbiamo mai provato. La mattina seguente sentiamo il fruscìo piacevole di casa e lo squillare del telefono ininterrottamente . Ci svegliamo sereni con Mariadele che si assenta dal lavoro per stare un po’ con noi. Si sente l’odore del buon caffè italiano e la lingua italiana che mi fa nascere il desiderio di apprenderla il prima possibile almeno così come lo sa mia nonna paterna. Nella mia famiglia da parte di mio papà, tutti quanti parlano italiano per merito della nonna Krystyna. La nonna che nel passato ostacolata da varie difficoltà politiche e tecniche è riuscita nonostante tutto a trascorre un po’ di tempo in Toscana ed Umbria e studiare italiano presso l’Università di Perugia per Stranieri. Il mio desiderio viene captato da Aroldo che mi fa conoscere l’Università di Bergamo con la facoltà di Lingue e Letterature Straniere. Allora mi mancavano ancora due anni all’esame di maturità ma il pensiero di poter studiare e laurearmi a Bergamo mi aiuta nell’apprendimento dell’italiano. Dopo due settimane trascorse con i nostri amici sul lago, uno dei più belli che si possa immaginare, e con il carico di nozioni sulla storia di Lecco e dei dintorni, ritorniamo in Polonia. So già cosa scegliere dopo il liceo. Poco tempo prima ero ancora indecisa tra medicina e musica ma ora so che voglio studiare le lingue in Italia, a Bergamo. Inizia un duro lavoro quotidiano in cui affronto inizialmente con l’aiuto di papà, la grammatica italiana. Ho solamente due anni per preparami all’esame di ammissione all’università ma l’idea di poter compiere gli studi a Bergamo con l’aiuto dei nostri cari amici, mi dà le ali. Non mi arrendo neanche di fronte al congiuntivo che mi spiazza un po’ ma vengo aiutata dalla nonna. Purtroppo le difficoltà per poter sbrigare i documenti per fare la domanda di ammissione all’università, ci scoraggiano ma Aroldo ci aiuta con il suo intervento presso l’ambasciata. A quei tempi era fondamentale l’invito dei cittadini italiani per poter andare in Italia. Così iniziamo le pratiche ufficiali e il mio sogno si sta avvicinando ma forse neanche mi sto rendendo conto di cosa sto per fare. Studiare all’università italiana con la mia conoscenza vaga dell’italiano studiato da sola. Un altro momento di difficoltà a livello burocratico ma entra in scena mamma, allora appena dopo aver partorito il mio terzo fratellino. Chiama l’ambasciata di Warszawa di persona. Posso fare l’ultimo viaggio a Warszawa e questa volta è l’ultimo il viaggio per ritirare il documento mancante  necessario per l’università di Bergamo. Nel frattempo siamo sempre in contatto amichevole con i nostri amici. Certo nella mia mente sorgono dei dubbi se me la caverò e naturalmente subentra la paura della lontananza ma io non mollo il mio sogno. Voglio studiare a Bergamo. Poter formarmi in Italia come una volta lo facevano i miei compatrioti durante il periodo di Rinascimento mi rende predisposta a sopportare tutto. Arrivo presto all’esame di maturità e poi il fatidico settembre. Partiamo per Bergamo io, papà e Aroldo ed io e fra poco potrò sostenere l’esame. Ho studiato tanto, ogni giorno ripassavo tutto quanto ma sento altri candidati stranieri davanti alla porta che parlano italiano in maniera libera e disinvolta. “Cosa ci faccio qui, mi domando tremante”. Danno meno di  dieci posti per i candidati dall’estero. Invece al momento dell’esame, l’emozione cala e sento che rispondo a tutte le domande del professore. Inizio sentire più sicurezza e convinzione. Finito l’esame sento le parole: “Vada in segreteria per informarsi cosa occorre per fare l’iscrizione”. Non mi sembra ancora vero il buon Aroldo è sorridente e fiducioso. Così, dopo due mesi circa, arrivo da sola con un pullman dalla Polonia per iniziare una sfida grandissima che mi sono scelta io. Aroldo mi attende alla stazione e poi ci rechiamo a casa con il treno. (prima parte – continua nel prossimo numero)