Duo Piazzola a Roma e in Vaticano

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Due giovani musicisti, Janek Pentz e Piotr Zubek, hanno deciso di affrontare il tango di Astor Piazzolla in modo non convenzionale. Il duo ha reso immortale la sua interessantissima versione di questa musica in un CD. Un evento insolito nella loro carriera artistica è stata l’esecuzione di opere di Piazzolla per Papa Francesco in Vaticano (Piazzola era figlio di un emigrante italiano nato in Argentina che ha trascorso la sua infanzia nella Piccola Italia di New York).

Piotr si è laureato presso il dipartimento di jazz e performance vocale della Bednarska di Varsavia e attualmente studia logopedia clinica. Janek, invece, sta terminando gli studi presso il dipartimento strumentale dell’Università di Musica Frédéric Chopin di Varsavia, specializzandosi in chitarra classica. Prima di iniziare la sua formazione musicale di tipo accademico, ha iniziato a sperimentare la tecnica del fi ngerstyle, una tecnica chitarristica che permette di suonare contemporaneamente melodia, linea di basso, percussioni e accordi. Questo approccio permette di suonare da soli, creando l’impressione della presenza di più musicisti o addirittura di un intero gruppo.

Come vi siete conosciuti? Piotr, perché hai scelto Janek e la sua chitarra?

PZ: È semplice! Andiamo d’accordo! Tempo fa ci siamo conosciuti all’incontro degli insegnanti. Io con il mio programma musicale e Janek con il suo. A quel tempo non cercavo qualcuno che suonasse uno strumento, cercavo una persona con un’anima simile alla mia e l’ho trovata.

JP: Piotrek può confermare come sui brani musicali abbiamo lavorato insieme. Facevamo brainstorming, cercando delle direzioni musicali non strumentali. Quello che era per noi la cosa più importante, “di cuore”, era la linea musicale, la quale è in modo pazzesco distintiva, così “piazzolana”, che qualsiasi cosa avessimo fatto, sarebbe sempre stata la sua musica. Giravamo intorno a questo nucleo, cioè la melodia, e cercavamo di trovare gli spazi musicali, che all’inizio sembravano essere assenti ed invece si riusciva ad abbinarli con le linee musicali che ci interessavano, che erano nostre. A questo punto ammiravo il potenziale di Piotrek per quanto riguarda la sua libertà di pensare e improvvisare. Da parte mia ho aggiunto la tecnica del fingerstyle.

Com’è successo che avete suonato per il papa in Vaticano?

PZ: Grazie alla gentilezza dei diplomatici polacchi, degli imprenditori e con l’immenso sostegno della nostra amica, l’insegnante d’inglese e tedesco Ewa Drobek, siamo riusciti ad
incontrarci con i cardinali polacchi in Vaticano. Abbiamo suonato per Papa Francesco e, grazie a questo soggiorno, abbiamo trascorso molto tempo a Roma. Abbiamo suonato nelle case d’accoglienza ed è stata un’esperienza incredibile. Temevamo che si trattasse di incontri di convenienza. Ci è capitato di suonare per beneficenza in molti posti in Polonia e sappiamo cosa significhi suonare ai concerti “forzati”.

Piotr, che cosa canti durante questi incontri, Piazzola?

PZ: Diverse canzoni! In polacco e in altre lingue. Molte opere popolari, ampiamente conosciute.

Cosa avete suonato nelle case d’accoglienza romane?

PZ: Piazzola, ma anche “Canzone lunare”. È un brano con il titolo italiano ma il testo polacco. È una composizione di Janek. Ne ero entusiasta e ne ho scritto il testo.

JP: Si è scoperto che in queste case c’erano solo uomini tra i 30 e i 60 anni. Non sapevamo se avrebbero voluto ascoltarci.

Qualcuno vi ha accompagnato?

PZ: Certamente! Il cardinale Krajewski, elemosiniere papale che si prende cura di questo posto. Nonostante Krajewski sia un ecclesiastico di alto livello è molto vicino a questa gente. Non ha potuto essere presente ai nostri concerti però dopo ci ha incontrato. Purtroppo, non sappiamo parlare italiano. Abbiamo cercato di comunicare con gli ospiti che non conoscevano altre lingue oltre all’italiano. Sapevamo qualche parola e lo spagnolo che grazie alle similitudini ci ha aiutato un pochino.

JP: La cosa interessante è che una mezz’ora prima del concerto, quando siamo arrivati e abbiamo iniziato a prepararci, loro erano già seduti e stavano aspettando.

PZ: Finito il nostro primo brano scoppiano gli applausi e qualche grido di approvazione! Questi uomini di stazza imponente si alzano in piedi, applaudono, si rallegrano e hanno le lacrime agli occhi!

Con quale pezzo avete cominciato il concerto?

JP: Con il brano di Astor Piazzola, con testo di Horacio Ferrera “Chiquilín De Bachín” che inizia con le parole: “di notte un angelo con la faccia imbrattata / vende le rose ai tavolini della sala da bowling Bachín”. Bachín è il ristorante che Piazzola frequentava volentieri con i suoi compagni del primo gruppo, tra cui c’era Horacio Ferrer. La canzone è triste, parla della gente di strada.

PZ: Questa musica li ha commossi! Ci hanno ringraziato, ci hanno stretto la mano. E sebbene conoscessero solo poche parole in inglese e noi ne conoscessimo altrettante in italiano, abbiamo sentito la gratitudine e la grande gioia che ci hanno trasmesso.

JP: Questo ci ha davvero incoraggiato. È stato uno dei più bei concerti che abbia mai fatto in vita mia. Pur avendo suonato completamente a livello acustico.

In quali altri posti avete suonato a Roma?

PZ: Abbiamo suonato dove abitavamo cioè dalle suore Orsoline. È il posto in cui è stata conservata la stanza di Sant’Orsola Ledóchowska. Ci siamo esibiti nella bellissima cappella. Non tutte le suore conoscevano il polacco, però una di loro traduceva le nostre parole in italiano, quindi siamo riusciti a comunicare.

Pensate di preparare qualcosa con la musica italiana?

JP: Certo! La musica italiana ci piace un sacco. La lingua italiana canta. Entrambi vogliamo impararla. Anche perché l’episodio italiano verrà ripetuto quest’anno!