Andrzej Dera: la crescita della Polonia continuerà supportata dall’energia nucleare e senza entrare nell’euro

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Il 2023 sarà un anno probabilmente decisivo sia per l’auspicata fine del conflitto in Ucraina, sia per capire quali saranno le conseguenze geopolitiche, a livello europeo, dell’aggressione russa all’Ucraina. In questo clima un ruolo da protagonista lo giocherà sicuramente la Polonia accreditata a diventare, per ragioni geografiche, logistiche ma anche di vicinanza socio-culturale, il paese cruciale nei nuovi rapporti tra Europa e Ucraina. Su questi argomenti e sullo stato attuale dello sviluppo economico della Polonia ne parliamo con Andrzej Dera, Segretario di Stato presso la Cancelleria del Presidente della Polonia, in una intervista esclusiva che il politico ha rilasciato a Gazzetta Italia.

Quanto il conflitto Russia-Ucraina ha spostato geopoliticamente l’Ucraina verso l’Unione Europea?

Andrzej Dera: La guerra ha cambiato completamente le relazioni tra l’Ucraina e l’UE. In Ucraina è in corso una guerra che contrappone valori europei a valori antidemocratici, rappresentati dalla dittatura di Putin. L’Ucraina è schierata con l’Occidente. L’atteggiamento dell’Ucraina è cambiato radicalmente, oggi ambisce di far parte dell’UE e della NATO. Putin voleva ricostruire l’impero sovietico ma gli ucraini hanno dimostrato di voler difendere il loro Stato e l’osservanza delle norme del diritto internazionale. A mio avviso, in prospettiva, non c’è altra possibilità che l’entrata dell’Ucraina nell’UE e nella NATO, ma ci vorrà sicuramente del tempo. Anche la Polonia ha dovuto fare delle riforme negli anni Novanta, ed oggi penso che l’Ucraina sia convinta e consapevole di dover cambiare praticamente tutto in termini di legalità, mentalità e istituzioni statali. Questo processo è già iniziato e secondo me non si può tornare indietro. L’unica domanda è quando accadrà, secondo noi prima succede meglio è.

Come immagina la fine della guerra e a quali condizioni? Intendo il futuro della Crimea e del Donbass?

AD: Non ci sarà mai pace fino a quando tutti i territori occupati illegalmente dalla Russia non verranno restituiti. Ci sarà pace quando l’integrità territoriale sarà rispettata. La pace deve essere costruita su solide fondamenta. Oggi le fondamenta sono il diritto internazionale. Se qualcuno viola questi standard, deve aspettarsi una reazione decisa. È difficile immaginare di cercare una pace a tutti i costi in una situazione in cui l’aggressore ne esce con dei vantaggi e lo Stato attaccato con degli svantaggi.

La Polonia avrà un ruolo da protagonista nella ricostruzione dell’Ucraina? Sappiamo che ci sono programmi governativi che stanno verificando quali aziende polacche potrebbero lavorare alla ricostruzione dell’Ucraina, a che punto siamo?

AD: Al momento sono in corso colloqui sulla ricostruzione dell’Ucraina dopo la fine della guerra. Saranno gli ucraini a decidere come ricostruire il loro Paese. L’Ucraina deve decidere da sola chi farà cosa e dove. Al momento tutto l’Occidente ha interesse alla ricostruzione dell’Ucraina, perché da un lato la guerra significa distruzione, tragedia, enormi perdite, dall’altro, dopo la fine della guerra, c’è la ricostruzione, ci sono i profitti e lo sviluppo di economie. Anche la Polonia ha interesse in questa prospettiva, ma tutto sarà legato agli accordi tra Polonia e Ucraina e saranno gli ucraini a decidere come e con chi ricostruire il Paese.

I rapporti UE-Polonia sono complessi in particolare per la questione dello Stato di Diritto, pensa che alla fine la Polonia accoglierà le richieste dell’UE? E così riceverà i Fondi del Recovery Fund?

AD: La Polonia è un paese che rispetta le leggi. In Polonia non abbiamo problemi con il rispetto degli accordi, ma la valutazione della Commissione europea è diversa. Questo è un gioco politico. L’opposizione politica in Polonia ha la maggioranza nel Parlamento europeo, quindi dalla Polonia arrivano informazioni false, che qui qualcosa non va, che non rispettiamo le leggi. Ma non facciamo niente di diverso rispetto agli altri paesi europei. Vogliamo essere trattati alle stesse condizioni degli altri Stati membri. La migliore prova della riluttanza dell’Unione Europea è stato l’accordo tra il presidente Andrzej Duda e la presidente della Commissione, Ursula Von Der Leyen, sulla legge della Corte Suprema. Abbiamo seguito le istruzioni della Commissione. Ma dopo la liquidazione della Camera disciplinare, è emerso che non era abbastanza. Il punto è semplicemente che la Polonia non deve ricevere fondi dal Recovery Fund e questo perché si spera che questo braccio di ferro con l’Europa abbia un impatto sul cambio di governo in Polonia.

Il rapporto debito-PIL in Polonia è peggiorato, c’è da preoccuparsi?

AD: Gli investimenti di miliardi di zloty da parte di tante aziende in Polonia dimostrano che il Paese è attraente e in via di sviluppo dal punto di vista economico. Questa è una prova concreto che economicamente il Paese sta bene. Certo, viviamo in tempi difficili. Prima c’è stata la pandemia, poi si è aggiunta la crisi determinata dalla guerra, perché anche se oggi la guerra è ancora un fenomeno locale, gli effetti sono globali. Oltre allo scontro militare, la battaglia principale è nel settore energetico. L’aumento dei prezzi dell’energia ha avuto un impatto negativo sui costi di produzione e operativi delle imprese. Ciò ha portato a un’inflazione più elevata, contro la quale stiamo attualmente combattendo tutti nel mondo. I paesi hanno scelto modelli diversi per affrontare questa crisi. Quelli con un’inflazione più bassa hanno una disoccupazione più alta. La Polonia ha adottato una strategia diversa. Secondo noi, il lavoro è la cosa più importante, con uno stipendio stabile, ma questo ci è costato un’inflazione leggermente più alta. Siamo ottimisti, il mercato si sta lentamente stabilizzando, il prossimo anno sarà ancora difficile, ma tutto indica che questa situazione migliorerà in futuro.

L’inflazione è molto forte pensa che si fermerà nel 2023?

AD: Così dicono le previsioni. Tutto dipende ancora dalla situazione in Ucraina, perché sicuramente avrà un impatto sull’economia europea e mondiale.

C’è la possibilità che si apra una riflessione sull’entrata della Polonia nell’Euro?

AD: Per ora, questo tema è fuori agenda. Il mondo politico polacco non è entusiasta dell’introduzione della valuta comune europea in Polonia. Possiamo vedere quali effetti ha causato la sua introduzione in altri paesi. Adottare l’euro provoca un aumento dei costi per i cittadini.

C’è stato recentemente un forte aumento del costo del lavoro, c’è il rischio che la Polonia perda il suo appeal di paese business friendly (ovvero che attira investimenti stranieri) a favore di altri paesi dell’area?

AD: Penso che lo stesso fenomeno stia accadendo ovunque. L’aumento del costo del lavoro nei paesi più ricchi è un dato di fatto. Noi pure ci stiamo rapidamente avvicinando a questi paesi in termini economici. Certo, il costo del lavoro in Polonia crescerà, attualmente è ancora inferiore a quello dei vecchi paesi dell’UE, ma il tasso di crescita del nostro Paese è così alto che presto non ci saranno grandi differenze nel costo del lavoro tra gli altri paesi europei. Ne siamo contenti, perché se fossimo ancora una terra di manodopera a basso costo, significherebbe che lo sviluppo economico del nostro Paese non è dei migliori. Vogliamo la ricchezza dei polacchi.

La Polonia è indietro sulla riconversione energetica sostenibile, pensa che riuscirà a mantenere gli impegni internazionali sull’abbandono del carbone?

AD: L’energia convenzionale non può essere sostituita solo con energia verde. L’energia deve essere basata su una fonte stabile. La Francia, ad esempio, fa affidamento sull’energia nucleare e sull’energia verde. La Germania ha voluto basarsi sulla energia data dal gas russo. La Polonia ha sempre sottolineato che era una strategia disastrosa, perché la Russia utilizza l’energia come uno degli elementi per fare una guerra ibrida. I tedeschi se ne sono accorti solo adesso e ora si ritrovano in una situazione problematica. Il governo polacco ha già preso le sue decisioni: costruiremo centrali nucleari, che saranno la base del nostro sistema energetico. Nella prospettiva di 10-15 anni si passerà dall’energia basata sul carbone a quella basata sull’energia nucleare. Anche l’energia verde in Polonia sta andando molto bene, se il ritmo di sviluppo del fotovoltaico e di altre fonti energetiche è impressionante e notevole in Europa anche la Polonia mostra di non essere indietro in questo campo.

L’elezione di Giorgia Meloni a premier italiano apre nuove prospettive nelle relazioni italo-polacche? E nella collaborazione tra i due paesi all’interno dell’UE?

AD: Rispettiamo le scelte di tutti i Paesi. Ogni stato è sovrano e ha il diritto di eleggere i rappresentanti dei partiti politici che soddisfino al meglio le loro aspettative. Siamo lieti che il Primo Ministro d’Italia abbia un quadro di valori simile a quello delle autorità polacche. Certamente questo sistema di valori spingerà ad una maggiore comprensione e ad un avvicinamento tra i due paesi. Tuttavia ribadisco che il governo polacco non ha problemi a rapportarsi anche con i rappresentanti di altri paesi che sono portatori di valori diversi. Certo è sempre più facile comunicare con un amico.

Secondo il Warsaw Enterprise Institute nel 2043 la Polonia entrerà nel G20 e nel 2050 sarà al livello della Germania, quanto sono affidabili queste previsioni?

AD: Si tratta di previsioni basate sul ritmo di sviluppo della Polonia. La Polonia vanta uno dei tassi più alti di sviluppo come paese. I polacchi hanno potenzialità tali che se vengono create le giuste condizioni, si dimostrano laboriosi, parsimoniosi e innovativi. Non abbiamo problemi di questo tipo. Se qualcuno non blocca il nostro sviluppo, penso che queste previsioni potrebbero avverarsi anche prima di quanto pensano molti esperti, perché la Polonia è un grande Paese con grandi potenzialità, e se non ci sono freni esterni, possiamo davvero fare molto, quindi condivido appieno questo ottimismo.